Certo che per essersi accorti persino a Micromega, all'Espresso, al Fatto che "c'è del marcio nel populismo", qualcosa di devastante dev'essere successo (e non siamo ancora alla fine) fra i commensali che tentano di dividersi quel segmento di mercato, che non si sposta (e ne siamo felici) da quel perenne 15% complessivo. Un segmento sul quale si accaniscono sempre più ferocemente i quattro contendenti, senza riuscire né a far lievitare la torta, né a strappare in maniera definitiva una fetta più grossa agli altrri. Anzi... la torta si sta ammosciando come un soufflé venuto male.
Vogliamo ricordarle, le tappe di questa enorme pagliacciata?
Prima fase - Settembre 2008: primo "Vaffanculo-Day". Per questa intelligente manifestazione, le partership non si contano (prima, durante e dopo): Grillo, Di Pietro, Pancho Pardi, Travaglio, Oliviero Beha, Elio Veltri, Micromega, Adinolfi... Si raccolgono 350.000 firme per una legge di iniziativa popolare scritta talmente coi piedi che la legge non andrà mai neanche in commissione. Una boiata pazzesca. Seguono fiumi di dibattiti televisivi, sempre con la stessa compagnia di giro.
Seconda fase - Novembre 2009: Il Popolo Viola prepara il primo No-B-Day. Grillo dapprima sposa il movimento. Poi, di colpo, dal suo blog sparisce qualsiasi riferimento. Grillo ha scoperto che non salirà sul palco a fare la prima ballerina, e quindi quel movimento non gli interessa più. Nel frattempo il modesto Tafanus produce una massa enorme di documentazione, che inchioda Di Pietro, e in parte Ferrero, come manovratori occulti del "Movimento". Manovratori di seconda fila tutti legati a Tonino: Franca Corradini, il cui sito è "ospitato" sul server di un parlamentare toscano dell'IdV; il patetico Gianfranco Mascia, che finirà - dopo tanta fatica sempre in prima linea della seconda linea - a fare l'impiegato di Tonino nelle strutture dell'IdV; coloro che credevano di essere una struttura nata "dal basso", finiscono col prendersi a pesci in faccia, con siti web e pagine facebook contrapposte, e con reciproche minacce di querele. Qualcuna di queste minacce, più o meno velate, di querele, arriva persino in direzione dell'umile Tafanus: dal desaparecido Pascale, da Franz Mannino, da Franca Corradini... Si occuperanno di me, però, solo dopo il 5 Dicembre. Ora non hanno tempo. Sono troppo impegnati a preparare la rivoluzione. Sta per scoppiare la rivoluzione, e non sanno cosa mettersi... Alla fine una sciarpetta o una pochette viola saranno sufficienti. Il "Movimento creato dal Sig. Dalbasso" naufragherà in un mare di risate e di risse.
L'ultimo segno di vita di questa pagliacciata sarà il movimento dei "fischiettatori" anti - Napolitano (dietro sempre loro, i patetici Tonino & Gianfranco): riescono a portare davanti al Quirinale i "Fischiettatori": movimento i cui membri sono dotati di un'arma fine-di-mondo: dei fischietti, coi quali svegliare Morfeo-Napolitano. Risultato: la popolarità di Napolitano, in pochi mesi, passa dal 55/60% all'84%. Un successone. Di Napolitano. Le ricordo, le foto di gruppo dei fischiettatori: signore romane dei quartieri alti, armate di fischietto e sciarpetta d'ordinanza, borsa di Fendi, cagnolino pechinese al guinzaglio... Insomma una vera rivoluzione di popolo.
Nichi, ma cosa dichi? Entra in scena Nichi. Vince le primarie in Puglia, viene disciplinatamente eletto coi voti di Sel e del PD, ma rimane vittima di un delirio di onnipotenza. Parla sempre più spesso come l'Oracolo di Giovinazzo, ed inizia un'OPA sul PD, cxhe nei periodi di massimo splendore (ma solo per poche settimane) porterà SeL all'8% nei sondaggi. A Milano viene eletto sindaco Pisapia, e in Vendola cresce il senso di onnipotenza. A Milano, alla Grande Festa, sale sul palco e piscia fuori dal vaso, attribuendosi - con toni striduli e fuori luogo - la vittoria di Pisapia. Poi qualcuno gli fa notare - voti di lista alla mano - che Pisapia ha preso voti dall'area dell'astensionismo, dal PD (29%), e anche da SeL (4%). Nichi si da una calmata, ma ormai la pisciata è fatta. E mentre Nichi predica, con toni da Savonarola e formats linguistici finto-Saramago, di etica e di legalità, non riesce a dare spiegazioni soddisfacenti dei suoi strani rapporti col clan dei Columella, e con don Verzé socio di Berlusconi. Intanto in Puglia la sanità formato Nichi fa acqua da tutte le parti. Un anno e mezzo per una mammografia, restaurazione dei tickets per coprire i 240 miliardi "del vecchio conio" regalati a don Verzé, un assessore alla sanità targato PD finito in galera, ospedali medio-piccoli chiusi per preparare il mercato all'ingresso di Don Verzè e dei suoi cari... Un disastro.
La Leopolda: Entrano in scena i "rottamatori", guidati da Renzi & Civati. Prima fermata, Firenze; seconda fermata, Arcore; terza fermata, lo sfasciacarrozze. Ricordate? i nostri Due Eroi non fanno in tempo a mettersi insieme, che già si sfasciano. Motivo scatenante: la cena carbonara di Matteo Renzi ad Arcore. Piace tanto sia a Silvio che a Barbara, Matteo. il Ciwati osa scrivere sul suo blog "io non ci sarei andato". E' troppo, per il boy-scout Renzi. Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu. Il sodalizio si rompe di fatto. Il sito del movimento, [prossimaitalia.it], passa dalle 3/4.000 visite del momento del lancio, alle meno di 300 attuali. Renzi & Ciwati abbandonano di fatto il sito, che vola sempre più in basso. Attualmente (ultimi dati Alexa) vale circa 1/14mo del pur modesto Tafanus. Il Tafanus, per il gestore del sito, era un "troll", una sorta di disturbatore. Il sito dei rottamatori non è ancora morto, ma non ha una bella cera.
E intanto il mite Bersani, senza insultare nessuno (ma senza piegarsi a nessuno) parlando come mangia, e facendo una "rivoluzione silenziosa", ha portato il PD al 30%, e cioè ad essere il primo partito italiano, senza cercare di rubare le patatine al vicino di tavolo, ma rubando piuttosto nel campo avverso. Come si dovrebbe fare in una coalizione. Nel frattempo, i cani all'osso del 15% continuano a sbranarsi sempre più. Tonino cambia pelle, e ci informa di non essere mai stato "uomo di sinistra". Lo sapevamo, Tonino, e lo scriviamo da anni. Tonino e Nichi si sbranano in silenzio. la sinistra dura e pura corre veloce verso la totale irrilevanza politica. Il grillismo si sfascia fra lotte intestine, e lotte fra aspiranti leaderini e leadership reale della Casaleggio, e del suo marketing virale. Sono patetici. Adesso scoprono l'esistenza della Casaleggio. Noi ne parliamo da più di tre anni, e per almeno due anni l'unica reazione che abbiamo avuto da campo dei grillini è stata: "Perchè tanto astio nei confronti di Grillo?"... Ho smesso di rispondere. Anche la mia pazienza ha dei limiti.
Oggi, dopo che l'anno scorso c'era stata la silenziosa fuga del "Fatto" dal grillismo, e la fuga rumorosa di Micromega dal "toninismo", finalmente anche l'Espresso inizia un processo di "ravvedimento operoso", e scopre cosa sta succfedendo al populismo italiano. Meglio tardi che mai. Quello che segue è un approfondimento che potete trovare su l'Espresso oggi in edicola. Tafanus
La svolta dell'IdV - Tonino al centro della bufera - Di Pietro non vuole fare il doppione di Vendola. E allora sfodera la tessera dc del papà e guarda al Terzo polo. Ma i suoi non ci stanno. Ecco che cosa gli rimproverano
Se non fosse un ciclone, non si chiamerebbe Antonio Di Pietro. Animale da palcoscenico oltreché da transatlantico, cuore contadino e anima mediatica, bravo quanto Berlusconi a sembrare un non professionista della politica pur essendolo, capace di inscenare una svolta e negarla nello stesso tempo, ciclone si conferma anche adesso che gioca (pare) la carta del profilo moderato o, come dice lui, di "proposta". Basta piazza, andiamo oltre l'antiberlusconismo, proclama oggi l'uomo che più di tutti ha incarnato il "No B.": dall'Idv, all'Idv2, per gli appassionati della numerazione progressiva. Un riposizionamento che ha fatto insorgere la base sul Web, l'ala sinistra del partito, e anche gli amici del popolo viola: "Non abbiamo forse detto per due anni che il nostro paese vive un'anomalia democratica? Che la protesta ha un valore costituente?
Cosa è cambiato? Berlusconi è ancora lì. Quale oscuro vantaggio tattico dovrebbe spingerci ad abbassare la guardia?", gli hanno scritto spiazzati in una lettera aperta. L'altolà più forte è arrivato dall'uomo che ormai contende a Di Pietro il primato carismatico nel partito, Luigi De Magistris: "Cercare la svolta centrista è un errore", ha tuonato il neo sindaco di Napoli, tra un'emergenza rifiuti e l'altra, "non è ciò che vogliono i nostri sostenitori". Da Strasburgo Gianni Vattimo si dice perplesso: "Sono d'accordo con Luigi, non vorrei che si perdesse troppo il legame con la gente arrabbiata". Da Roma Francesco Barbato, deputato ma senza tessera, con soavità spara la parola magica. Congresso. "Ci sarà pure l'Idv2 per Di Pietro. Per me non è cambiato nulla", spiega: "E se fosse vero quel che leggo, se si vuol modificare il posizionamento del partito, serve un congresso straordinario e io lo chiederò ".
Vera o presunta che sia, improvvisa o invece da tempo meditata, la più recente pennellata del leader Idv ha spazzato in pochi giorni l'immagine del "compagno Tonino", tutto megafono e movimenti, lungamente coltivata. Prima la chiacchierata con Berlusconi nell'aula di Montecitorio, poi, soprattutto, una serie di suggestioni che hanno trovato il loro trionfo in un'intervista al "Corriere della Sera", tutta suonata al ritmo di "Berlusconi è una persona sola", "se fa le riforme vere lo sosterrò", "attaccarlo non basta più", accompagnata con il basso continuo del "io vengo dai cattolici, dai moderati", "ho studiato in seminario", "non sono un uomo di sinistra".
Per dimostrarlo, Di Pietro ha persino giocato la carta della famiglia, come prima di lui usavano fare Ciriaco De Mita e Clemente Mastella: "Mio padre aveva la tessera della Dc. La Libertàs, la chiamava". Parole in libertà? Tutt'altro. Se è vero che il leader Idv si prodiga in "rassicurazioni", spiegando "che continueremo a chiedere le dimissioni del premier", quel che emerge parlando con gli esponenti più in vista del partito è un vero e proprio mutamento di prospettiva. "Per noi la primavera del 2011 segna il D-day, una svolta politica che è avvenuta nel Paese: inizia una nuova fase, e quindi anche un altro ruolo per noi", spiega il portavoce del partito Leoluca Orlando. Ma guai a parlare di svolta centrista, perché "l'Idv non è né di centro, né di destra. Epperò nemmeno di sinistra, e forse De Magistris ha frainteso questo". Tutti hanno cura di articolare, del resto, il "post-ideologismo" dell'Idv ("In Europa non a caso siamo nel gruppo dei liberaldemocratici", è il refrain), così come l'assenza di qualsiasi tentazione Terzopolista.
"La nostra permanenza nel centrosinistra non si discute, non tireremo fuori il coniglio dal cilindro", assicura il capogruppo al Senato Felice Belisario, "siamo stati radicali quando serviva, ma a questo punto dobbiamo costruire un'alternativa di governo: dunque argomentare, non urlare". Un passaggio che, puntualizza il presidente dei deputati Idv, Massimo Donadi, non nasce oggi: "Un anno fa il nostro congresso si intitolava "Dalla protesta alla proposta". Si teorizzò una svolta che allora era prematura e che oggi stiamo avviando. Chi si finge stupito o deluso - penso per esempio a Pancho Pardi - farebbe meglio ad avere più memoria, e lealtà". Pronta la replica del senatore dell'Idv che fu tra gli animatori dei girotondi: "La svolta di Di Pietro non mi convince, mi sembra più tattica che strategica: provare a pescare tra i moderati delusi può anche andare bene se funziona, ma alla lunga ci porta verso un orizzonte che non è il nostro. È vero che Sel ci sottrae una parte del nostro elettorato, ma non è nemmeno una tragedia: il nostro bacino futuro è tra gli astensionisti, che sono tanti, e hanno bisogno di una radicalità costituzionale che possiamo interpretare meglio di altri".
A guardare bene, sembra proprio questa l'inconfessata origine della svolta "moderata": il tema delle alleanze nel centrosinistra, e in fondo la paura di essere scaricati dal Pd. È il capitolo più scottante, per un partito che a partire dal 2008 ha "riempito" a colpi di antiberlusconismo il vuoto lasciato dalla sinistra-sinistra e che ora, in tempi di vendolismo rampante, si ritrova di nuovo la casella occupata. Un problema non da poco, per il "sensitivo" Di Pietro che, confessano nel retropalco dei Valori, sfodera l'anima moderata perché a questo punto sa di essere un alleato più appetibile come alternativa a Casini, piuttosto che come doppione di Vendola. "Insomma, non possiamo stare fermi quando meditano di lasciarci indietro", confidano. La questione è talmente delicata che nell'Idv, più che affrontata di petto viene evocata. Si coglie tra il dipietrese "progetto ad includendum, invece che ad escludendum", il continuo battere su un'idea "ambiziosa" per costruire "un partito di massa" e quell'aggettivo, "soli", che stranamente spunta qua e là nei conversari.
Si esplicita con il timore che "una parte del Pd ci voglia escludere dall'alleanza, imbarcando invece l'Udc", come spiega Pardi ("Ho appunto scritto una lettera aperta a Vendola per chiedergli cosa farebbe in questo caso") e l'orgogliosa rivendicazione della propria forza. "Alle prossime elezioni arriveremo a due cifre", spiega Maurizio Zipponi che viene dalla Fiom, "perché gli altri prima di decidere impiegano mesi, noi no. Se Bersani ci vuol chiamare benissimo, se non ci convoca fa niente: noi parliamo all'area elettorale che ha deciso di partecipare al referendum, il nostro progetto è partito e funzionerà". Un progetto che, spiega più sornione Orlando "per funzionare ha bisogno di tutti: spero che nessuno voglia lasciarci da soli, comunque faremo di tutto per evitarlo". Perché, aggiunge ripescando un classico del gergo democristiano, "vogliamo essere il lievito culturale per il centrosinistra: vogliamo dire il suo centro, categoria che io rifiuto? Diciamolo" (...certo che il pensiero che il "lievito culturale" del centro-sinistra possa essere assunto dal partito degli ex De Gregorio, dei Razzi, degli Scilipoti, delle Marylin Fusco, è qualcosa che fa scorrere dei brividi lungo la schiena... NdR)
Del resto, che Di Pietro possa essere credibile come leader moderato, lo dice pure Pino Pisicchio, che abbandonò l'Idv per l'Api in polemica con la "metamorfosi di sinistra" dell'ex magistrato: "Qualche anno fa mi disse: io sono un democristiano, e sposo quei valori con un forte senso della legalità. Certo sarà complicato per lui far rientrare l'immagine di politico delle piazze e dell'ultra sinistra, ma la sua può essere una svolta durevole". Verso dove? "Chissà, alla fine casa sua potrebbe diventare il Terzo polo". Il Pd è avvertito.
Grillini contro grillini: l'implosione di chi voleva cambiare il mondo con la politica-spettacolo
Una riunione convocata in segreto, con divieto di video e foto, e quattro nomine piovute dall'alto: ecco la vicenda che ha scatenato la tempesta tra i seguaci di Beppe Grillo. Lo scorso 18 giugno a Milano, gli oltre cento eletti del Movimento 5 Stelle sono stati radunati da Beppe Grillo e dalla Casaleggio Associati, la società che gestisce il blog e la comunicazione del comico. L'incontro è stato l'occasione per fare il punto della situazione e annunciare la nomina di quattro "coordinatori", scelti dalla Casaleggio. Una decisione che ha acceso la riunione e i cui strascichi hanno alimentato per giorni il dibattito nei forum e nei Meetup della rete di Grillo, compresi i big del Movimento. "I ruoli di coordinatori tecnico-politici andavano condivisi, non dico con la base, ma almeno con i 135 eletti", ha scritto Davide Bono, consigliere regionale del Piemonte.
Tra Bono e l'altro piemontese Vittorio Bertola, consigliere comunale di Torino, e uno dei quattro "nominati" dalla Casaleggio, si accende un duro scontro verbale non privo di stoccate personali. "Non esiste alcun coordinatore nazionale", ha risposto Bertola "se non nella testa di Bono, che rosica perché lo voleva fare lui". Ma dopo aver alimentato la diatriba, il primo a gettare acqua sul fuoco è proprio Bono, che a qualche giorno di distanza cambia posizione. "È stato solo un problema di comunicazione, alla fine si tratta di ruoli tecnici", dice a "l'Espresso". "Qualche candidato si è sentito tirato in ballo per ragioni personali ed è stata montata una polemica che però è già rientrata".
Sulla stessa linea anche David Borrelli, consigliere di Treviso, un altro dei quattro "nominati". "Sono polemiche normali e già viste", dice. "È una questione banale: noi chiedevamo a chi gestisce il blog di Beppe di poter fare alcune cose on line, come votare i programmi, scambiarci le idee.
E nella riunione è stato proposto a quattro persone, con un profilo da informatici, di dare una mano". Se va tutto così bene, ci si chiede perché nei forum e nei Meetup lo scontro si sia propagato tanto in fretta. "La mia impressione è che queste polemiche siano state alimentate da altro", continua Borrelli. "Forse da antipatie interne ai piemontesi, ma non conosco abbastanza la situazione per dirlo. Comunque noi lavoriamo alla luce del sole e queste cose possono succedere". Non è dello stesso parere un altro esponente del Movimento, che chiede di non essere citato: "Non bisogna fare l'errore di ridurre questa storia a una lite tra consiglieri. Abbiamo un problema di trasparenza per colpa di una sola persona: Gianroberto Casaleggio". Il fondatore della Casaleggio Associati è una figura discussa: numerosi critici ed ex sostenitori di Grillo sostengono sia il vero "burattinaio" del comico. Serenetta Monti, candidata dei grillini a sindaco di Roma nel 2008, ha detto apertamente che "Grillo prende ordini dalla Casaleggio". Altri spiegano che "Beppe ha un animo da artista e non vuole seguire l'organizzazione, così si fida della Casaleggio che, invece, vuole controllare tutto. Se qualcuno dei candidati alza la voce finisce in "lista nera", scomparendo dagli articoli del blog".
(di Susanna Turco e Mauro Munafò - l'Espresso)
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