In Parlamento ha parlato a Borse chiuse. Una decisione presa in extremis. E, nonostante questa accortezza, consigliatagli evidentemente da chi ancora mantiene una briciola di buon senso, non si è trattenuto: «Ho tre aziende quotate e sono anch’io in trincea». Quello di Berlusconi è stato quasi un lamento che lasciava trasparire un dolore verghiano. Per la «roba». Si tratta di un fatto molto grave e che non deve essere archiviato con sufficienza. Perché il capo di un governo non può, nella sua veste e in una sede istituzionale, rappresentare le preoccupazioni per i propri interessi finanziari in un contesto in cui i cittadini e gli investitori temono per i loro risparmi.
Il presidente del Consiglio, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha compiuto un altro passo che non sarebbe immaginabile in qualsiasi altro paese europeo. Ha detto: «I cittadini non si spaventino dei mercati. Ho aziende in Borsa e, se avessi dei risparmi investirei prepotentemente nelle mie aziende che continuano a fare utili».
Qui non c’è conflitto d’interessi che possa essere invocato. C’è molto di più. C’è il proprietario di imprese che è a capo del potere esecutivo e che fa il piazzista in favore delle sue società quotate. Cosa ci può essere di più inconciliabile e inaccettabile? Forse ci sarà pure. Ma l’aspetto ancor più desolante è che non succederà nulla (...insomma, questo ormai può andare in giro solo se accompagnato dalla badante... NdR)
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