«Elementi pesanti di incostituzionalità in ben 19 commi». È il giudizio della Commissione Affari Costituzionali del Senato sulla manovra. «Un testo che si fonda sulle sabbie mobili», commenta Mariangela Bastico (Pd) quando il «dramma» per il centrodestra si è già consumato: un parere esplosivo, che ha fatto saltare gli equilibri del Pdl.
Urla, insulti, attacchi, sospensioni di seduta: così raccontano la giornata i senatori presenti. Giornata iniziata già con il «richiamo» del presidente della Commissione Carlo Vizzini, che accusava il governo di «disertare la seduta». Erano i primi segnali di una guerra intestina, capitanata dal «frondista» Lucio Malan. Così Luigi Casero si è precipitato a «rappresentare» l’esecutivo.
Nonostante gli sforzi, il governo (e in particolare Giulio Tremonti) non è riuscito ad evitare il peggio: quattro paginette redatte dai membri del Pdl votate in alcuni punti anche dalle opposizioni. Approvato e affondato. «Questo parere demolisce il decreto - continua Bastico - Gli appunti sono così pesanti che la commissione Bilancio non potrà non tenerne conto».
A scorrere il testo si capisce perché. Il comma che esclude dai tagli di personale i dipendenti della Presidenza del consiglio viene commentato come «irragionevole», determinando un regime di favore di alcuni lavoratori rispetto ad altri. Ancora: la misura che in determinate circostanze, prevede il possibile differimento del pagamento della tredicesima mensilità senza interessi, «oltre a comprimere il diritto costituzionale alla retribuzione (art. 36 della Costituzione) - scrivono i senatori - appare gravemente vessatoria nei confronti dei lavoratori, anche considerando che il raggiungimento degli obiettivi programmati da parte dell’amministrazione di appartenenza non è nella disponibilità del lavoratore, che si troverebbe così a subire una sanzione per una responsabilità non sua».
Esattamente quello che sostiene il centrosinistra e il sindacato. La commissione «boccia» anche altre parti della norma sulla liquidazione dei pubblici, ripetendo l’accusa di «irragionevolezza». I senatori non concedono nulla neanche sulle festività soppresse. Ci si chiede se i risparmi - peraltro non quantificati - possano giustificare la soppressione «di ricorrenze civili come la liberazione dal nazifascismo (25 aprile), la festa del lavoro e la nascita della Repubblica».
Bocciatura completa anche sul contributo di solidarietà. «Si segnala che la scelta di utilizzare il reddito necessariamente dichiarato come unico indice di ricchezza sul quale commisurare il contributo - si legge nel parere - non appare sufficientemente rispettoso del principio in base al quale “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione), ponendosi anche in sostanziale violazione del principio di uguaglianza (articolo 3 della Carta)».
La commissione argomenta che - esattamente come sostiene il pd - «a causa della presenza di una vasta area di evasione fiscale, a subire gli effetti del prelievo sarebbero, in gran parte, i redditi da lavoro dipendente, mentre gli altri redditi, anche molto più elevati, ma indebitamente sottratti a tassazione, non sarebbero colpiti, così come esenti dal contributo sarebbero le ricchezze patrimoniali, anche molto ingenti». Persino il tabù della patrimoniale viene infranto nero su bianco.
Ma il colpo ferale al testo confezionato in Via Venti Settembre arriva dall’osservazione sull’articolo 4, quello che introduce la liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. «Appare necessaria - si legge nel parere - al fine di evitare possibili censure di incostituzionalità e perché sia assicurato il pieno rispetto della volontà popolare, un’attenta verifica delle compatibilità di tale nuova disciplina con gli effetti abrogativi prodotti dall’esito di due dei quattro referendum popolari del 12 e 13 giugno».
Come la sola Unità ha scritto, anche i senatori sottolineano il fatto che le nuove norme calpestano i risultati referendari, nel silenzio assordante degli opinionisti. Per finire, un attacco frontale alla norma che abroga i Comuni sotto i mille abitanti. «Le misure sono censurabili sotto molteplici aspetti», scrive la Commissione. Primo aspetto: quello della democrazia, visto che l’opposizione non avrebbe più alcuna rappresentanza.
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