Sembra che le Far Oer esistano davvero, e che siano un piccolo paradiso, nonostante la pioggia. E non solo perchè ogni tanto permettono alla scalcagnata nazionale pallonara italiana di vincere 1-0 una partita... Mi ha molto incuriosito questo reportage di Franco Brevini, sull'ultimo numero dell'Espresso, che vi propongo.
Se non fosse per la nostra Nazionale di calcio, che periodicamente si incontra con la rappresentativa di questo misterioso Carneade dell'alto-Atlantico (l'ultima volta, venerdì 2 settembre), pochi in Italia conoscerebbero le Far Oer. E pensare che quasi un secolo fa proprio nel piccolo arcipelago tra Norvegia e Islanda era atterrato il bergamasco Antonio Locatelli, un pioniere dell'aviazione, che stava tentando di attraversare l'Atlantico tre anni prima di Lindberg. Ce lo ricorda Magni Arge, AD dell'Atlantic Airways, la minuscola compagnia aerea che collega le Far Oer al resto del mondo.
Fuori la pioggia batte implacabile sull'erba verdissima dell'isola di Vàgar, dove si trova l'unica pista delle isole, tracciata dagli inglesi durante la prima guerra mondiale, quando occuparono le Far Oer per contrastare l'azione dei nazisti. Piantate nel gran fiume caldo-umido della corrente del Golfo, a 430 chilometri dall'Islanda, 600 dalla Norvegia e 300 dalla Scozia, le Far Oer godono di un clima relativamente temperato per la latitudine di 62 nord. Ma piove per almeno 300 giorni all'anno e, per sottolineare l'estrema variabilità, la gente qui dice che in un solo giorno si sperimentano tutte e quattro le stagioni. Ma i faroesi hanno saputo adattarsi alle avverse condizioni meteorologiche, come facevano l'altro giorno a Tjørnuvik, sull'isola di Streymoy, una madre con un bambino, che passeggiavano in spiaggia avvolti in una tuta da sci.
Tutti i primati delle Far Oer attengono alla sfera del lillipuziano. Tórshavn è la più piccola capitale del mondo, il suo Parlamento il meno affollato che ci sia, la locale squadra di calcio rappresenta nell'Uefa il terzo membro in ordine di grandezza, poche altre monete corrono in così poche tasche e poche altre lingue su così poche bocche. Il faroese è infatti una varietà del ceppo norreno parlato in tutta la Scandinavia nell'età vichinga. Irto di misteriosi grafemi, è usato con orgoglio dai 48.642 abitanti delle 18 isole, che si servono anche della locale corona, del tutto equiparata a quella danese.
A Tórshavn vive quasi la metà della popolazione. Ordine e nitidezza nordici, gabbiani, via vai di navi, poche auto. L'appuntamento con il primo ministro è a Tinganes, una penisola gremita di casette rosse affacciate sul mare, dove si trova la sede del governo. La receptionist è al telefono e decidiamo di chiedere informazioni a un ragazzo che sta passando nel corridoio. Porta capelli biondi a spazzola, jeans e un girocollo nero di lana. "Il primo ministro? Sono io, si accomodi pure". Negli uffici governativi c'è una sobria atmosfera Ikea, non fosse per qualche antico olio che ritrae i predecessori di Kaj Leo Johannesen, oggi alla guida dell'esecutivo faroese e già uomo di punta della locale Nazionale di calcio.
"Il Føroya Løgting, il nostro Parlamento, ha oltre mille anni", spiega, "ma ha solo 32 membri. Dal punto di vista amministrativo siamo una provincia della Danimarca, pur godendo di ampie autonomie dal 1948. Il tema della secessione è sempre vivo, ma molti fanno notare la debolezza della nostra economia, che per il 97 per cento dipende ancora dalla pesca".
In effetti la maggior parte degli uomini qui alle Far Oer ha un passato di pescatore. Harald Joensen abita sull'isola di Mykines in una casa nera con le finestre bianche e il tetto coperto d'erba. Per tutta la mattinata abbiamo camminato nel vento delle creste della penisola di Mykineshòlmur, osservando milioni di pulcinella di mare e di sule che pescavano rumorosamente nell'oceano. Gli ornitologi hanno identificato 300 specie di uccelli, 40 delle quali vivono stabilmente qui. Le altre frequentano queste remote isole, che costituiscono un vero e proprio paradiso per il birdwatching, perché si trovano sulle rotte migratorie del Nord-Atlantico.
Rientrati nel villaggio, Harald ci offre una minestra calda e ci parla dei vent'anni trascorsi su un trawler a pescare gamberetti al largo della Groenlandia. "Erano quasi tutte barche delle Far Oer. Spesso mi alzavo a mezzanotte e andavo avanti a pescare fino alle cinque di mattina. Il termometro toccava i 30 gradi sotto zero, ma il cielo era pieno di stelle e il trawler procedeva al minimo tra gli iceberg". Gli facciamo notare la durezza, ma Harald taglia corto: "Una vita come tante".
Un altro capitano di trawler lo incontriamo nel piccolo porto presso Kirkjubøur, che nel Medioevo fu il centro ecclesiastico e culturale delle Far Oer. È in pensione, ma ogni giorno con il suo minuscolo peschereccio sfida le onde lunghe e livide dell'oceano. "In due ore ho tirato su 200 chili di pesce", dice brandendo orgoglioso un merluzzo di almeno sei-sette chili, "qui le acque sono ricchissime". Una passione, questa per il mare, che il sangue vichingo della popolazione locale non cessa di alimentare, con riti millenari che possono lasciare sconcertato un osservatore esterno. È il caso dell'annuale mattanza delle balene pilota, i cui viscidi dorsi neri ricoprono intere spiagge.
Le Far Oer non sono ancora entrate nei cataloghi delle agenzie di viaggio, anche se qualche lussuosa nave da crociera, grande come il centro storico di Tórshavn, fa uno scalo di poche ore. Eppure fra 111 arcipelaghi sparsi in tutto il mondo la rivista "National Geographic" ha scelto queste solitarie isole: "Autentiche, incontaminate e destinate a restare così". Il mare che da millenni si accanisce con le sue burrasche ha scavato profondi fiordi, in fondo ai quali si celano minuscoli villaggi colorati. Ci sono centri come Trøllanes o Mikladalur, sull'isola di Kalsoy, dove vivono solo una ventina di persone. Anche a Mykines, nell'unico paese dell'isola, che costituisce l'ultimo avamposto prima dell'Islanda, abitano una trentina di persone e d'inverno a causa delle avverse condizioni atmosferiche può accadere che restino isolate per giorni dal resto dell'arcipelago.
Le comunicazioni costituiscono la vera sfida per le piccole comunità che possono resistere su questi scogli solo se si mantengono in contatto fra loro. Ecco perché sono stati costruiti una serie di ponti e di tunnel sottomarini, che anche con il maltempo consentono di transitare da un'isola all'altra. E il tempo qui può essere davvero cattivo. Qualche giorno fa Òlavur Poulsen ci ha condotto sul Sørvàgsvatn, l'unico lago di grandi dimensioni. Qua e là dalla spessa coltre dei cumuli filtravano raggi di sole, che su quel paesaggio ottenevano l'effetto di luci stroboscopiche.
Ripartiamo verso Klaksvik, su a nord, sull'isola di Bordoy. I prati sono punteggiati di pecore. Ce ne sono 70 mila. Con quell'ispida lana idrorepellente ogni madre confezionerà per i figli il maglione bianco e nero con il caratteristico disegno nazionale. Riprende a piovere e tutto torna a infradiciarsi. Fra i pascoli si scorgono i recinti in cui gli allevatori stanno tosando le pecore. La testa di un montone dalle imponenti corna ricurve è bloccata in una specie di ghigliottina per consentire la tosatura. Ci osserva tutto bagnato anche lui come il pastore, la lana, l'erba dei pascoli, e bela rauco nella nebbia.
(di Franco Brevini - l'Espresso)
...questa la parte "paradiso terrestre... poi, periodicamente, un branco di balene, o di balene-delfino, seguendo la calda Corrente del Golfo, si avvicina troppo al "paradiso", e le acque limpide dei suoi fiordi diventano rosse. Di sangue.
Alla mattanza oscena partecipano tutti, grandi e bambini. E' una festa collettiva. Forse per sfamare 48.000 abitanti non servirebbe, questa carneficina...
Quante Isole Far Oer si potrebbero nutrire con la metà di questo bottino?
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