Malgrado nessuno abbia preso nella minima considerazione le tesi da me esposte nell'Elogio della Recessione (Ed La Vita Felice, Milano), in questi ultimi tempi tutte le previsioni contenute nel libretto si sono puntualmente realizzate: la recessione c'è, la ripresa manca, all'autarchia ci si avvicina sempre di più, la crescita (+0,10%) in Germania si appresta a scendere sotto lo zero, dove peraltro si continuerà a definirla crescita, sia pure col segno "meno" davanti.
In questo quadro, tenendo presente il detto inglese "If you can't beat them, join them", non capisco perchè la mia visione della recesssione come un fatto positivo, educativo, costruttivo (che è assai meglio gestire e controllare, anzichè subirla oborto collo sperando che passi)... non debba essere neppure contemplata, almeno come ipotesi. Due precedenti illustri:
il 27 febbraio del 2009, Obama ha detto che la crisi non è un momento passeggero, da cui ci si possa riprendere tornando alla scriteriata "crescita" di un tempo, ma l'adattamento a una "definitiva" situazione reale, all'acccettazione di un passo indietro inevitabile e non evitato;
nel giugno dello stesso anno Benedetto XVI ha invitato il mondo a guardare alla recessione come a un'utile "occasione" per un ripensamento del nostro modo di vivere e per il ritorno ad un ritmo più saggio ed umano.
Domanda: Tre cretini, Obama Benedetto e il sottoscritto? Nessuno - tra i politici, gli economisti, le teste d'uovo dei giornali, si abbasserà a prendere in considerazione le ipotesi e le tesi ventilate nel libro di cui sopra? Tutti lì, a inseguire la chimera della ripresa, ad auspicare il ritorno al vortice produzione-consumo, anche là dove già si produce troppo, e nessuno ha
soldi da sprecare nel superfluo? Bah!...
Cordiali saluti
Luigi Lunari
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