Come molti lettori sanno, non ho mai nutrito una irrefrenabile ammirazione per questo sedicente ministro, un sottovuoto spinto che, quando parla, dice benissimo il nulla. Riporto quindi con un sottile piacere sadico questo magistrale articolo di Furio Colombo)
Frattini, il Liberatore della Libia (di Furio Colombo)
Pare che sia Franco Frattini, e non tutta la messa in scena dei ribelli libici e della Nato, il vero liberatore della Libia. Se lo state ad ascoltare nell’assemblea delle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, lo scorso mercoledì 7 settembre, ecco che cosa vi annuncia.
Vi annuncia che l’Ambasciata italiana a Tripoli (un edificio bruciato dalle cantine al tetto) è aperta, funziona, con il tricolore che sventola non si sa da quale pinnacolo. Non esistono prove o fotografie del glorioso evento, ma l’annuncio è sempre stato il pezzo forte (e l’unico) di questo governo.
Vi annuncia che l’Italia ha ricostruito tutte le condotte di acqua potabile di Tripoli, rendendo possibile il ritorno della vita normale.
Vi annuncia (cito) che “l’Italia sostiene tutti i tentativi in corso negoziando con tutte le tribù”, benché non vi sia traccia né notizia di tale negoziati e neppure di contatti con entità diverse che finora non si sono ancora coalizzate.
Stranamente il ministro Frattini, che pure è – ci garantisce – il vero deus ex machina della nuova Libia, non ci dice nulla delle carceri di Gheddafi, se siano state aperte, se siano state svuotate, se siano usate per rinchiudere i mercenari (veri o presunti) e collaborazionisti, e sotto quale autorità, e con quali garanzie. Eppure era stato lui ad annunciarci, in piena guerra, che Gheddafi stava aprendo le sue prigioni per riversare sull’Italia i suoi peggiori criminali. Ci ha detto di avere “fonti di servizi segreti” sull’argomento.
Alle Commissioni riunite Frattini ha detto (giuro) che è merito dell’Italia e del governo italiano se questo non è avvenuto, ovvero se una sua affermazione falsa si è rivelata falsa. Poi ci ha assicurato che (cito) “l’Italia è in testa” fin da maggio affinché si realizzi l’accordo di associazione tra Unione europea e Libia, e sia convocata entro nove mesi (avete letto bene, nove mesi) l’Assemblea costituente che darà alla Libia libera una nuova Costituzione e chiamerà il popolo libico alle urne.
Ma niente paura, questa non è un’iniziativa o un piano politico. Solo annuncio. Dentro l’Italia, se quegli impiccioni dei mercati non disturbassero, funzionerebbe ancora, data la benevola condiscendenza del sistema di informazione italiano e delle opposizioni, gentilissime, al governo di Arcore.
Per essere utile e preciso, il ministro Frattini ha voluto annunciare anche “le priorità”, tanto non costa niente, è solo un annuncio. Però rivelatore. Ecco: primo, il controllo delle frontiere; secondo, bloccare “il traffico di esseri umani” (strana definizione per il fiume di disperati che fugge dallo sterminio e dalla fame del Corno d’Africa; eppure persino il ministro degli Esteri Frattini dovrebbe sapere della guerra ventennale e della spaventosa carestia che tormentano Somalia, Eritrea, Etiopia).
Ma tutto ciò serve per introdurre alla frase detta, quasi con candore, da un uomo la cui faccia tosta deriva anche da questa qualità rara in politica, il candore. Ha detto, il 7 settembre 2011 il ministro degli Esteri Frattini: “Il Trattato di amicizia e partenariato con la Libia (nel trattato originale era “la grande Jamahirya libica”) sarà riattivato”. Pensate che è la stessa persona che, all’inizio dell’operazione franco-inglese, non ancora Nato, a cui l’Italia aveva offerto le basi ma non gli aerei, aveva detto alla Camera che “il trattato è sospeso”. Dopo l’inizio dei bombardamenti Nato con partecipazione italiana aveva spiegato: “Un trattato è fra governi. Non c’e più quel governo, non c’è più il trattato”. E infine aveva assicurato che il voto del Consiglio di sicurezza che aveva autorizzato i voli Nato, ha annullato (ha proprio detto annullato) contestualmente il trattato.
Non era vero niente, parola di Frattini. Il trattato italo-libico contestato in quasi ogni articolo dalle Nazioni Unite, dall’Agenzia dei Rifugiati, dall’Unicef, da Right Watch, da Amnesty International e da ogni organizzazione umanitaria del mondo civile, è vivo e opera assieme a noi. Da un lato distribuisce ricchezza (ricordate? Ci costa 20 miliardi di dollari in cinque anni, questi cinque anni) dall’altro controlla le frontiere degli altri, usa le motovedette italiane, spara a vista e affonda gli emigranti proprio come Gheddafi [...]
Furio Colombo
Questo paese deve ritrovare il gusto di non lasciare nulla nello sgabuzzino dell'oblio. Leggendo questo impietoso ritratto di Frattini tracciato da Furio Colombo, non ho potuto evitare di riandare con la mente a quella tragicommedia di Frattini assiso nel salotto di Bruno Vespa, a far finta di coordinare - in favore di telecamera e con l'abito buono - l'operazione "Quattrocchi", della cui avvenuta uccisione il ministro in Facis, tragica caricatura di uomo di stato, era perfettamente informato. Gli unici a non sapere, informati dalla succursale governativa c/o Porta a Porta, erano i familiari di Quattrocchi. Informati attraverso una trasmissione costruita nel peggior stile Endemol. Non manca niente: la morte in diretta, lo sgub di Vespa... Mancava solo un plastico, ma non è escluso che un plastico postumo, prima o poi, possa arrivare.
Non ho mai avuto grande simpatia per Quattrocchi e per i suoi soci, di cui non si è mai capito bene cosa facessero in Iraq, perchè, per conto di chi. E neppure per quei buffi personaggi di contorno che - anzichè consumare nel silenzio e nella discrezione il loro eventuale dolore - dal giorno della morte di Quattrocchi in poi, non si sono persi un solo "evento" di AN. Arrivavano puntuali, buffamente avvolti nel tricolore (bandiera di quel paese e di quel ministro che non li avevano mai rispettati, ma sempre usati), e poi andavano via, ridicoli e soli, così come erano arrivati.
Credo quindi che sia un dovere civico ricostruire - e lo faccio attraverso questo estratto dell'articolo del 16 aprile 2004 di Luana Benini su abusi.it - quella miserabile trasmissione centrata intorno a quella miserabile comparsata di un abito d'alta sartoria, con dentro il nulla. Tafanus
Frattini a «Porta a Porta»: cento minuti di bugie (di Luana Benini)
La ricostruzione di quelle due ore è impietosa e lascia di stucco. Nel salotto di Vespa, di fronte ai familiari degli ostaggi [...] il ministro degli Esteri Frattini sapeva la verità fin dall’inizio. La sapeva due ore prima dell’annuncio dell’uccisione di Quattrocchi data dal vicedirettore di Libero, Renato Farina. Di certo Frattini, secondo la ricostruzione, era stato avvisato dalla Farnesina. Avrebbe dunque finto davanti alle telecamere di non sapere. E alla fine di tutta questa pantomima la famiglia Quattrocchi ha appreso dell’assassinio del suo congiunto proprio dalla tv. La versione peggiore del «Grande Fratello». La morte in diretta.
Ora Renato Farina accusa: se avessi saputo che i familiari non erano stati avvisati «non mi sarei mai permesso di infliggere quella tremenda punizione». Ma il ministro, dice, mi aveva assicurato che erano stati avvisati. Vespa conferma che di fronte alla richiesta specifica (sono stati avvisati i familiari?) il ministro aveva annuito, e scarica la responsabilità. Un pasticcio che comunque lo giri è inquietante.
Mentre Frattini non smentisce e non chiarisce, fioccano le interrogazioni. «La Farnesina sapeva dell’uccisione di Fabrizio Quattrocchi fin dalle 22,15? E perché allora il ministro ha fatto dare in diretta tv e soltanto a mezzanotte la notizia? Perchè nessuno ha avvertito prima la famiglia? Che spiegazione intende dare il ministro al proprio comportamento?» Sono i quesiti che i deputati Ds della commissione esteri della Camera [...] pongono al governo [...]
"...In ogni caso va denunciato un comportamento irresponsabile, una insensibilità inaudita. Chiunque può sbagliare, ma lui, il giorno dopo, ha rivendicato come un merito il suo stare di fronte alle telecamere..." [...] «Un comportamento inaccettabile da parte del ministro - spiega il ds Antonello Cabras che non esclude la richiesta di dimissioni -. È emerso che lui sapeva benissimo come stavano le cose. Lo sapeva da fonte Farnesina. Non può neanche nascondersi dietro il fatto che stava verificando la notizia. La notizia l’aveva avuta tramite l’ambasciatore che a sua volta l’aveva ricevuta dall’emittente tv Al Jazeera. E invece di starsene al suo posto operativo è rimasto in tv a fare quella parte che hanno visto tutti» [...]
Silenzi, omissioni, bugie. Ma i fatti impongono delle risposte. «I casi sono due - dice Paolo Gentiloni - o l’amministrazione degli Esteri ha gestito tutta la partita per due ore senza disturbare il ministro che stava da Vespa, e questa francamente mi pare l’ipotesi peggiore che però tendo ad escludere perché paradossale, oppure il ministro sapeva. Lo sapeva anche Vespa? A prescidere da tutto ciò, la cosa incredibile è il livello di cinismo personale. Stai in tv e fai finta di nulla, fai il finto stupito, non avverti i familiari delle vittime. Se non altro io andrei in tv a chiedere scusa». La stessa valutazione del ds Pietro Folena: «Farebbe bene a presentarsi dimissionario alle Camere. ma sappiamo che purtroppo non accadrà».
Giovanna Melandri è tranchant: «Non sarebbe accaduto in nessun paese europeo. È immaginabile un ministro inglese, francese, tedesco che nel cuore di una emergenza sta sprofondato nella poltrona in un talk-show? È stata la rappresentazione di una degenerazione della politica, dell’assenza di senso delle istituzioni». Ci sono le condizioni per chiedere le dimissioni? «Secondo me sì. Ma la richiesta di dimissioni dovrà discendere da una valutazione del partito e del gruppo parlamentare».
Rosy Bindi risponde ironica: «Va bene che Vespa è la terza Camera dopo Montecitorio e il Senato, un ministro può anche sbagliarsi e pensare di essere al posto giusto, ma io avrei preferito che in quel momento drammatico il capo della Farnesina fosse al suo posto di lavoro». Dopo la ricostruzione di quelle ore drammatiche però c’è qualcosa di più. C’è il sospetto che il ministro abbia strumentalizzato l’evento per raggranellare qualche consenso. «Se davvero sapeva dell’uccisione di Quattrocchi si è reso responsabile di un comportamento gravissimo». Ci sarebbero le condizioni per chiedere le dimissioni? "Io più che chiederle me le aspetterei. Posso capire che una richiesta di dimissioni da parte nostra potrebbe apparire come un tentativo di strumentalizzare a nostra volta, in un momento così tragico, a fini politici. Dovrebbe essere lui a trarre le conseguenze"
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