Si salvi chi può - Berlusconi alle corde. E nel Pdl scatta la corsa al riposizionamento. Così parlamentari, ministri e capicorrente lavorano al dopo-Silvio
(di Marco Damilano - l'Espresso)
Oh, io sono ancora vivo!", è esploso Silvio Berlusconi quando gli hanno sventolato le agenzie con l'ennesimo intervento di Angelino Alfano in una festa politica di fine estate, già calato nella parte del numero uno in pectore, troppo. Dopo un ruvido colloquio di chiarimento c'è stato un pubblico scambio di effusioni. "Nel 2013 il nostro candidato sarà Silvio Berlusconi", ha promesso il segretario del Pdl. "Il mio sogno è vedere Alfano a Palazzo Chigi e Gianni Letta al Quirinale", ha giurato il Cavaliere al raduno dei giovani azzurri. Ma la commedia degli inganni non si ferma qui. Perché nel partito e nella maggioranza è l'ora dei sospetti, che precede il tradimento e la fuga.
Negli ultimi giorni, con la tempesta delle intercettazioni sul caso Tarantini e la possibilità di una nuova manovra economica in arrivo, ancora più pesante delle precedenti, il corteo delle voci che hanno chiesto a Berlusconi di fare il classico "passo indietro", segnale inequivocabile del tramonto di qualsiasi leadership, si è affollato di voci mai udite finora. Leader, sottoleader, ministri, governatori di regione, sindaci del centrodestra. Ciascuno per conto suo, a costruirsi il futuro senza Silvio.
Sciogliete le righe e giù dal Titanic, uno spettacolo mai visto, neppure all'epoca di Tangentopoli: "Allora c'erano partiti che smisero di combattere e si sciolsero da un momento all'altro", spiega il deputato Giorgio Stracquadanio: "Oggi c'è un partito che non si può sciogliere perché non si è mai costruito".
Non è un bel segnale, ad esempio, che perfino un fedelissimo come Antonio Tajani, attualmente parcheggiato nella Commissione europea, senta il bisogno di riunire i suoi amici nel prossimo fine settimana ad Assisi con l'obiettivo di fare da controcanto al sindaco Gianni Alemanno nella capitale, come capofila dell'operazione Ppe, il ricongiungimento dei partiti che in Europa si ritrovano nel Partito popolare europeo, dal Pdl all'Udc di Pier Ferdinando Casini.
Né che un forzista della primissima ora, uno che lavorava in Publitalia e che nel '92-93 ha fatto parte del gruppo di testa di Forza Italia, come il ministro della Cultura Giancarlo Galan si metta a rilasciare interviste al super-antiberlusconiano "Fatto quotidiano" in cui nega di aver mai fatto davvero parte della corte di Arcore. L'ex Doge della regione Veneto frequenta con assiduità a Roma i salotti che andavano per la maggiore prima dell'avvento di Berlusconi e che intendono sopravvivergli [...] Serate mondane e politiche: il ministro non si tira indietro se c'è da esprimere un giudizio sul collega Tremonti, su Berlusconi o sull'ingresso in politica di nuovi cavalieri come Luca Cordero di Montezemolo, benedetto anche in pubblico da Galan.
Il ministro della Cultura non è da solo. In Lombardia c'è Roberto Formigoni che è in aperta rottura con il gruppo dirigente romano del Pdl, compreso il ciellino Maurizio Lupi. A Roma si sono smarcati Alemanno e la governatrice Renata Polverini. Il sindaco è impegnato a ricucire un rapporto con Fli e con Gianfranco Fini, il dialogo con Italo Bocchino è quotidiano, potrebbe tornare utile per mettere su una base di partenza in caso di primarie per la guida del centrodestra [...]
La governatrice Polverini la mossa l'ha già fatta: ha sparato ai quattro venti che ritiene macchiata la credibilità internazionale di Berlusconi e che ci vorrebbe qualcuno in grado di dirgli in faccia di ritirarsi. E dire che Silvio l'ha aiutata a essere eletta alla presidenza della Regione Lazio quando il Pdl per risse interne non era neppure riuscito a presentare la sua lista a Roma: viva la gratitudine. Per la Polverini è la traccia della sua personale exit strategy: in alleanza con Pier Ferdinando Casini e con il di lui suocero Francesco Gaetano Caltagirone, in un nuovo partito di centro da far nascere sulle rovine del Pdl, magari con quello che resta della creatura berlusconiana guidato da Alfano.
Nell'ultimo fine settimana i movimenti centrifughi sono stati così numerosi che il neo-segretario del Pdl è stato costretto per la prima volta ad alzare la voce contro i "soloni" che nel Pdl criticano e non si danno da fare per il bene del partito: un chiaro riferimento al presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu che aveva chiesto a Berlusconi di collaborare a un patto di legislatura con le opposizioni, un modo gentile per avvertirlo che il tempo del suo governo è finito. Il guaio, per Alfano, è che il partito dei soloni è in aumento, incoraggiato dalla paura di morire berlusconiani, di terminare la carriera politica con questa legislatura. Non solo nel Pdl, ma anche nella Lega dove la debolezza fisica e politica di Umberto Bossi ha portato alla luce una divisione senza precedenti nel gruppo dirigente del partito.
Lunedì scorso il figlio del Capo, il consigliere regionale lombardo Renzo Bossi, ha chiamato il segretario organizzativo Gianfranco Salmoiraghi e gli ha chiesto di convocare in fretta e furia una riunione del consiglio federale in via Bellerio con all'ordine del giorno una misura-choc: l'espulsione dal Carroccio del sindaco di Verona Flavio Tosi, un altro big della maggioranza che non aveva risparmiato critiche al centrodestra e aveva chiesto a Berlusconi di dimettersi. Il blitz del cerchio magico bossiano sembrava destinato a riuscire. Quel giorno erano assenti il ministro Roberto Maroni, capocorrente di Tosi, in visita in Tunisia e Giancarlo Giorgetti, il più ascoltato da tutte le anime del Carroccio, bloccato a Roma per esaminare la manovra nella commissione Bilancio della Camera. Invece alla fine l'assalto è fallito. Ma alla vigilia del raduno a Venezia del 18 settembre e del settantesimo compleanno di Bossi il monolite leghista è solo un ricordo. Tra i deputati circolano le stampate della Velina Verde, l'ultima arrivata tra le agenzie di stampa ufficiose, che si propone di tornare alle origini della Lega, "quella dura e pura di Bossi", contro "i romani travestiti da padani", ovvero gli amici di Maroni. E giù accuse di consulenze ben retribuite, clientele e il contorno delle immancabili affiliazioni massoniche per personaggi che sarebbero vicini al ministro dell'Interno.
Le due leghe che si contendono il potere a Roma, quella della famiglia Bossi e quella di Maroni, sono attese per la settimana prossima alla prova del voto sull'arresto del deputato Pdl Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti. Nella giunta per le autorizzazioni a procedere la Lega ha votato contro l'arresto, ma in aula manterrà fino all'ultimo libertà di coscienza, come fece a luglio nel caso di Alfonso Papa, e si è visto com'è andata: l'onorevole è da due mesi detenuto a Poggioreale. Il voto su Milanese e quello successivo sulla mozione di sfiducia per il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano rappresentano i possibili incidenti su cui il governo rischia di inciampare. Anche perché nel Pdl è in corso la conta per spostare deputati da una corrente all'altra. Nell'impresa sono mobilitati gli uomini dell'ex ministro Claudio Scajola, si spostano a gruppetti in Transatlantico nonostante i guai giudiziari del loro leader, desiderosi di salvarsi dall'epurazione voluta da Denis Verdini, e quelli legati al sottosegretario Gianfranco Miccichè, gli Arancioni, visibili per la cravatta in tinta con il colore del movimento, che si sono già messi in proprio uscendo dal gruppo parlamentare del Pdl.
Telefonate, cene, colloqui allusivi: "Tu da che parte stai?". L'obiettivo minimo di tanto attivismo è un rimpasto di governo, anzi, un rimpastone: via i ministri considerati inutili o inadeguati ("Romani, Prestigiacomo, Carfagna, Brambilla, chi li ha visti, quanti voti portano?", sbottano nel Pdl), dentro una nuova squadra più agguerrita. Ma nessuno si sente di escludere uno scenario più drammatico, la crisi di governo con Berlusconi travolto dalle tempeste finanziarie e dalle inchieste giudiziarie. "Siamo come nel '92: c'è la crisi economica, ora siamo meno soli di allora in Europa ma non è detto che sia un vantaggio, c'è la crisi della politica che all'epoca riguardava i partiti e ora colpisce i singoli parlamentari insultati per strada, c'è la magistratura scatenata, con minore credibilità ma con più potere", riassume Stracquadanio. "Se in questa situazione Berlusconi riesce a reggere ancora qualche mese si va verso una transizione dolce, con qualche inevitabile scossone. Altrimenti...". Altrimenti se crolla Silvio viene giù tutto: quante volte è stato scritto e ripetuto negli ultimi dieci anni? La novità di queste ultime settimane è che lo dicono anche dalle parti del Cesare di Arcore. Aspettando le idi di settembre.
Falchi e colombe nel bunker - Resa condizionata o resistenza a oltranza? Così si dividono i consiglieri del premier
Fedele Confalonieri - "Silvio, ti distruggeranno". Fidel, l'amico di sempre, da quando B. aveva "il ciuffo come uno schiaffo", è il Luigi Einaudi di Arcore: l'uomo delle prediche inutili. Metti la testa a posto, non inseguire le bambine, non giocare alla politica che ti fai male... Quello niente, tutto il contrario. Gli consiglia la resa condizionata, ma sarà inascoltato, al solito. Anche ora, che il ciuffo non c'è più.
Marcello Dell'Utri - Nel '93, al contrario di Letta e Confalonieri, fu il più deciso sponsor del progetto Forza Italia, a Palermo indagano da anni per capire se in proprio o per conto terzi. Oggi, a settant'anni, teorizza il riflusso nel privato: vende la villa di Como, "devo pagare c. e ramurazzi", piange miseria come un Tarantini qualsiasi, "ero un principe e non lo sono più". Nobiltà decaduta, meno male che Silvio c'è.
Giuliano Ferrara - "Ho fatto un numero alla Bombacci", si esaltò anni fa: l'ex comunista finito a piazzale Loreto con il Duce e Claretta. L'Elefantino è da Mentana a magnificare la mala educacion di Silvio contro i parrucconi, in mutande contro quelli che la sera leggono Kant, contro il Cav, se serve, ma a maggiore gloria del Cav. Sostiene il resistere resistere resistere. Il piacere del cupio dissolvi, a cercare la bella morte.
Vittorio Feltri - L'ultimo bersaglio sono i disfattisti, gli anti-italiani, i pasticcioni del Pdl che ambiscono a spartirsi l'eredità berlusconiana. I traditori: Pisanu, Polverini, Formigoni. Per loro però neppure un pizzico di trattamento Boffo, un monolocale se non a Montecarlo almeno a Santa Marinella. Niente, solo editoriali accigliati. Segno che nel bunker Feltri s'annoia.
O attende di spartire.
Daniela Santanchè -Passo indietro di Silvio? Ah, ah, ah, Daniela se la ride. "Sono gli altri che devono scappare per la vergogna, i cretini, i miracolati del Pdl", reagisce con la consueta sottigliezza. Per fortuna, l'avevamo lasciata al telefono con Briatore sconfortata: "Qui crolla tutto". Depressa per il suo effetto sul voto di Milano: vittoria di Pisapia. Alè, Dany è tornata, davvero tutto è perduto.
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