La bella morte - In questi ultimi due giorni sono stato via da Milano, per una ragione triste. Stare accanto ad una famiglia amica, che aveva subito un lutto. La morte - improvvisa ma non inattesa - della mater familiae del gruppo (che chiamerò Laura). Se n'è andata senza soffrire, dopo sedici anni di lotta contro un tumore iniziato dal fegato, e finito chissà dove... Sedici anni di cure, dentro e fuori dagli ospedali, dentro e fuori dalla chemio. Sempre elegante, sempre attivissima, sempre motore delle iniziative assistenziali che si sviluppavano nella sua cittadina.
L'altro giorno si è accasciata al suolo. L'hanno portata in ospedale, ma si è ripresa, ed ha voluto essere riportata a casa. Ma dopo pochi minuti, si è accasciata di nuovo. L'hanno ricoverata di nuovo, e quando si è ripresa l'hanno messa a letto con una flebo. Quando l'infermiera di turno è ripassata poco dopo per un controllo, se n'era andata. Serenamente, senza sofferenze fisiche, senza disturbare... Nessun medico è stato un grado di dire cosa abbia ceduto, quale sia stata la causa scatenante. Probabilmente tutta la macchina aveva ceduto di colpo. Ho trovato i figli, il marito, il fratello quasi sereni. Sapevano che doveva succedere, ed erano quasi felici che fosse successo così. Senza sofferenza, e forse senza consapevolezza.
La brutta vita - L'altra sera, mentre eravamo sul sagrato della chiesa dove - alla vigilia del funerale - si stava svolgendo una funzione religiosa per Laura, ed io stavo chiacchierando con suo figlio, si è avvicinato a lui un ragazzo sui 35 anni, un po' strano (diciamo dall'aspetto e dal comportamento un po' "schizzati"). Pantaloncini corti, t-shirt, scarpe da ginnastica, magro come un chiodo, un sacchetto di plastica in mano, si è avvicinato a fare le condoglianze al figlio di Laura, poi è andato via, quasi di corsa, nella cittadina quasi deserta (erano le 22,30). Devo aver guardato il mio amico, inconsapevolmente, con aria interrogativa. Allora mi ha raccontato...
Questo ragazzo aveva perso la moglie, in luglio, per un tumore che non è durato 16 anni, ma pochi mesi. Improvviso, devastante, doloroso. Ha avvertito il colpo, nel cuore e nella testa. Da luglio, tutte le sere esce per le strade della cittadina, col suo sacchetto di plastica (che contiene, mi è stato spiegato, un paio di forbici e del nastro adesivo). Gira per tutta la città, per rattoppare, incollare, tenere su i manifesti mortuari affissi in luglio per la morte della moglie, e che cominciano a sbriciolarsi sotto l'alternarsi del sole e della pioggia. Gli attacchini conoscono questo fatto, e non ricoprono quegli spazi con altre affissioni. Lui questi rattoppi li fa con un senso d'urgenza incredibile, come se quei manifesti - che iniziano inesorabilmente a cadere a pezzi - fossero l'ultimo legame con la compagna perduta. Come se - una volta caduto l'ultimo pezzetto di carta - sua moglie fosse morta, allora e solo allora, per sempre. Sono stato colto da una grande tristezza...
Scusate, amici, non volevo trasmetterla a voi, ma solo liberarmi di un pezzetto di questa tristezza parlandone, condividendola...
Tafanus
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