ATTENZIONE! Questo è un blog dedicato alla politica pornografica, o alla pornografia politica! Aprire con cautela!
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« agosto 2011 | Principale | ottobre 2011 »
Scritto il 18 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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La bella morte - In questi ultimi due giorni sono stato via da Milano, per una ragione triste. Stare accanto ad una famiglia amica, che aveva subito un lutto. La morte - improvvisa ma non inattesa - della mater familiae del gruppo (che chiamerò Laura). Se n'è andata senza soffrire, dopo sedici anni di lotta contro un tumore iniziato dal fegato, e finito chissà dove... Sedici anni di cure, dentro e fuori dagli ospedali, dentro e fuori dalla chemio. Sempre elegante, sempre attivissima, sempre motore delle iniziative assistenziali che si sviluppavano nella sua cittadina.
L'altro giorno si è accasciata al suolo. L'hanno portata in ospedale, ma si è ripresa, ed ha voluto essere riportata a casa. Ma dopo pochi minuti, si è accasciata di nuovo. L'hanno ricoverata di nuovo, e quando si è ripresa l'hanno messa a letto con una flebo. Quando l'infermiera di turno è ripassata poco dopo per un controllo, se n'era andata. Serenamente, senza sofferenze fisiche, senza disturbare... Nessun medico è stato un grado di dire cosa abbia ceduto, quale sia stata la causa scatenante. Probabilmente tutta la macchina aveva ceduto di colpo. Ho trovato i figli, il marito, il fratello quasi sereni. Sapevano che doveva succedere, ed erano quasi felici che fosse successo così. Senza sofferenza, e forse senza consapevolezza.
La brutta vita - L'altra sera, mentre eravamo sul sagrato della chiesa dove - alla vigilia del funerale - si stava svolgendo una funzione religiosa per Laura, ed io stavo chiacchierando con suo figlio, si è avvicinato a lui un ragazzo sui 35 anni, un po' strano (diciamo dall'aspetto e dal comportamento un po' "schizzati"). Pantaloncini corti, t-shirt, scarpe da ginnastica, magro come un chiodo, un sacchetto di plastica in mano, si è avvicinato a fare le condoglianze al figlio di Laura, poi è andato via, quasi di corsa, nella cittadina quasi deserta (erano le 22,30). Devo aver guardato il mio amico, inconsapevolmente, con aria interrogativa. Allora mi ha raccontato...
Questo ragazzo aveva perso la moglie, in luglio, per un tumore che non è durato 16 anni, ma pochi mesi. Improvviso, devastante, doloroso. Ha avvertito il colpo, nel cuore e nella testa. Da luglio, tutte le sere esce per le strade della cittadina, col suo sacchetto di plastica (che contiene, mi è stato spiegato, un paio di forbici e del nastro adesivo). Gira per tutta la città, per rattoppare, incollare, tenere su i manifesti mortuari affissi in luglio per la morte della moglie, e che cominciano a sbriciolarsi sotto l'alternarsi del sole e della pioggia. Gli attacchini conoscono questo fatto, e non ricoprono quegli spazi con altre affissioni. Lui questi rattoppi li fa con un senso d'urgenza incredibile, come se quei manifesti - che iniziano inesorabilmente a cadere a pezzi - fossero l'ultimo legame con la compagna perduta. Come se - una volta caduto l'ultimo pezzetto di carta - sua moglie fosse morta, allora e solo allora, per sempre. Sono stato colto da una grande tristezza...
Scusate, amici, non volevo trasmetterla a voi, ma solo liberarmi di un pezzetto di questa tristezza parlandone, condividendola...
Tafanus
Scritto il 17 settembre 2011 alle 12:00 | Permalink | Commenti (23)
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Scritto il 17 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (8)
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Si salvi chi può - Berlusconi alle corde. E nel Pdl scatta la corsa al riposizionamento. Così parlamentari, ministri e capicorrente lavorano al dopo-Silvio
(di Marco Damilano - l'Espresso)
Oh, io sono ancora vivo!", è esploso Silvio Berlusconi quando gli hanno sventolato le agenzie con l'ennesimo intervento di Angelino Alfano in una festa politica di fine estate, già calato nella parte del numero uno in pectore, troppo. Dopo un ruvido colloquio di chiarimento c'è stato un pubblico scambio di effusioni. "Nel 2013 il nostro candidato sarà Silvio Berlusconi", ha promesso il segretario del Pdl. "Il mio sogno è vedere Alfano a Palazzo Chigi e Gianni Letta al Quirinale", ha giurato il Cavaliere al raduno dei giovani azzurri. Ma la commedia degli inganni non si ferma qui. Perché nel partito e nella maggioranza è l'ora dei sospetti, che precede il tradimento e la fuga.
Negli ultimi giorni, con la tempesta delle intercettazioni sul caso Tarantini e la possibilità di una nuova manovra economica in arrivo, ancora più pesante delle precedenti, il corteo delle voci che hanno chiesto a Berlusconi di fare il classico "passo indietro", segnale inequivocabile del tramonto di qualsiasi leadership, si è affollato di voci mai udite finora. Leader, sottoleader, ministri, governatori di regione, sindaci del centrodestra. Ciascuno per conto suo, a costruirsi il futuro senza Silvio.
Sciogliete le righe e giù dal Titanic, uno spettacolo mai visto, neppure all'epoca di Tangentopoli: "Allora c'erano partiti che smisero di combattere e si sciolsero da un momento all'altro", spiega il deputato Giorgio Stracquadanio: "Oggi c'è un partito che non si può sciogliere perché non si è mai costruito".
Non è un bel segnale, ad esempio, che perfino un fedelissimo come Antonio Tajani, attualmente parcheggiato nella Commissione europea, senta il bisogno di riunire i suoi amici nel prossimo fine settimana ad Assisi con l'obiettivo di fare da controcanto al sindaco Gianni Alemanno nella capitale, come capofila dell'operazione Ppe, il ricongiungimento dei partiti che in Europa si ritrovano nel Partito popolare europeo, dal Pdl all'Udc di Pier Ferdinando Casini.
Né che un forzista della primissima ora, uno che lavorava in Publitalia e che nel '92-93 ha fatto parte del gruppo di testa di Forza Italia, come il ministro della Cultura Giancarlo Galan si metta a rilasciare interviste al super-antiberlusconiano "Fatto quotidiano" in cui nega di aver mai fatto davvero parte della corte di Arcore. L'ex Doge della regione Veneto frequenta con assiduità a Roma i salotti che andavano per la maggiore prima dell'avvento di Berlusconi e che intendono sopravvivergli [...] Serate mondane e politiche: il ministro non si tira indietro se c'è da esprimere un giudizio sul collega Tremonti, su Berlusconi o sull'ingresso in politica di nuovi cavalieri come Luca Cordero di Montezemolo, benedetto anche in pubblico da Galan.
Il ministro della Cultura non è da solo. In Lombardia c'è Roberto Formigoni che è in aperta rottura con il gruppo dirigente romano del Pdl, compreso il ciellino Maurizio Lupi. A Roma si sono smarcati Alemanno e la governatrice Renata Polverini. Il sindaco è impegnato a ricucire un rapporto con Fli e con Gianfranco Fini, il dialogo con Italo Bocchino è quotidiano, potrebbe tornare utile per mettere su una base di partenza in caso di primarie per la guida del centrodestra [...]
La governatrice Polverini la mossa l'ha già fatta: ha sparato ai quattro venti che ritiene macchiata la credibilità internazionale di Berlusconi e che ci vorrebbe qualcuno in grado di dirgli in faccia di ritirarsi. E dire che Silvio l'ha aiutata a essere eletta alla presidenza della Regione Lazio quando il Pdl per risse interne non era neppure riuscito a presentare la sua lista a Roma: viva la gratitudine. Per la Polverini è la traccia della sua personale exit strategy: in alleanza con Pier Ferdinando Casini e con il di lui suocero Francesco Gaetano Caltagirone, in un nuovo partito di centro da far nascere sulle rovine del Pdl, magari con quello che resta della creatura berlusconiana guidato da Alfano.
Nell'ultimo fine settimana i movimenti centrifughi sono stati così numerosi che il neo-segretario del Pdl è stato costretto per la prima volta ad alzare la voce contro i "soloni" che nel Pdl criticano e non si danno da fare per il bene del partito: un chiaro riferimento al presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu che aveva chiesto a Berlusconi di collaborare a un patto di legislatura con le opposizioni, un modo gentile per avvertirlo che il tempo del suo governo è finito. Il guaio, per Alfano, è che il partito dei soloni è in aumento, incoraggiato dalla paura di morire berlusconiani, di terminare la carriera politica con questa legislatura. Non solo nel Pdl, ma anche nella Lega dove la debolezza fisica e politica di Umberto Bossi ha portato alla luce una divisione senza precedenti nel gruppo dirigente del partito.
Lunedì scorso il figlio del Capo, il consigliere regionale lombardo Renzo Bossi, ha chiamato il segretario organizzativo Gianfranco Salmoiraghi e gli ha chiesto di convocare in fretta e furia una riunione del consiglio federale in via Bellerio con all'ordine del giorno una misura-choc: l'espulsione dal Carroccio del sindaco di Verona Flavio Tosi, un altro big della maggioranza che non aveva risparmiato critiche al centrodestra e aveva chiesto a Berlusconi di dimettersi. Il blitz del cerchio magico bossiano sembrava destinato a riuscire. Quel giorno erano assenti il ministro Roberto Maroni, capocorrente di Tosi, in visita in Tunisia e Giancarlo Giorgetti, il più ascoltato da tutte le anime del Carroccio, bloccato a Roma per esaminare la manovra nella commissione Bilancio della Camera. Invece alla fine l'assalto è fallito. Ma alla vigilia del raduno a Venezia del 18 settembre e del settantesimo compleanno di Bossi il monolite leghista è solo un ricordo. Tra i deputati circolano le stampate della Velina Verde, l'ultima arrivata tra le agenzie di stampa ufficiose, che si propone di tornare alle origini della Lega, "quella dura e pura di Bossi", contro "i romani travestiti da padani", ovvero gli amici di Maroni. E giù accuse di consulenze ben retribuite, clientele e il contorno delle immancabili affiliazioni massoniche per personaggi che sarebbero vicini al ministro dell'Interno.
Le due leghe che si contendono il potere a Roma, quella della famiglia Bossi e quella di Maroni, sono attese per la settimana prossima alla prova del voto sull'arresto del deputato Pdl Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti. Nella giunta per le autorizzazioni a procedere la Lega ha votato contro l'arresto, ma in aula manterrà fino all'ultimo libertà di coscienza, come fece a luglio nel caso di Alfonso Papa, e si è visto com'è andata: l'onorevole è da due mesi detenuto a Poggioreale. Il voto su Milanese e quello successivo sulla mozione di sfiducia per il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano rappresentano i possibili incidenti su cui il governo rischia di inciampare. Anche perché nel Pdl è in corso la conta per spostare deputati da una corrente all'altra. Nell'impresa sono mobilitati gli uomini dell'ex ministro Claudio Scajola, si spostano a gruppetti in Transatlantico nonostante i guai giudiziari del loro leader, desiderosi di salvarsi dall'epurazione voluta da Denis Verdini, e quelli legati al sottosegretario Gianfranco Miccichè, gli Arancioni, visibili per la cravatta in tinta con il colore del movimento, che si sono già messi in proprio uscendo dal gruppo parlamentare del Pdl.
Telefonate, cene, colloqui allusivi: "Tu da che parte stai?". L'obiettivo minimo di tanto attivismo è un rimpasto di governo, anzi, un rimpastone: via i ministri considerati inutili o inadeguati ("Romani, Prestigiacomo, Carfagna, Brambilla, chi li ha visti, quanti voti portano?", sbottano nel Pdl), dentro una nuova squadra più agguerrita. Ma nessuno si sente di escludere uno scenario più drammatico, la crisi di governo con Berlusconi travolto dalle tempeste finanziarie e dalle inchieste giudiziarie. "Siamo come nel '92: c'è la crisi economica, ora siamo meno soli di allora in Europa ma non è detto che sia un vantaggio, c'è la crisi della politica che all'epoca riguardava i partiti e ora colpisce i singoli parlamentari insultati per strada, c'è la magistratura scatenata, con minore credibilità ma con più potere", riassume Stracquadanio. "Se in questa situazione Berlusconi riesce a reggere ancora qualche mese si va verso una transizione dolce, con qualche inevitabile scossone. Altrimenti...". Altrimenti se crolla Silvio viene giù tutto: quante volte è stato scritto e ripetuto negli ultimi dieci anni? La novità di queste ultime settimane è che lo dicono anche dalle parti del Cesare di Arcore. Aspettando le idi di settembre.
Falchi e colombe nel bunker - Resa condizionata o resistenza a oltranza? Così si dividono i consiglieri del premier
Scritto il 16 settembre 2011 alle 19:15 | Permalink | Commenti (2)
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ARGENTARIO - Direttore de "Il Foglio" e commentatore politico, Giuliano Ferrara di certo non ha molto tempo per le vacanze. Quest'estate però ha approfittato del bel tempo per passare qualche giorno di relax all'Argentario. "Novella2000" l'ha paparazzato in barca, mentre a largo si concede un bagno da una barca. Dopo "l'immersione", il giornalista si cambia, lanciandosi in un mini-strip a favore di paparazzo. Non è la prima volta per Ferrara, nel 1990 era già incappato "senza veli" nell'obbiettivo indiscreto dei fotografi...
Scritto il 16 settembre 2011 alle 14:30 | Permalink | Commenti (7)
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MILANO - Il giudice per le indagini preliminari di Milano, Stefania Donadeo, ha respinto la richiesta di archiviazione della procura di Milano, sollecitando invece il pm a formulare la richiesta di rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi, accusato di concorso in rivelazione di segreto d'ufficio per la vicenda della fuga di notizie sull'intercettazione tra Giovanni Consorte e Piero Fassino ai tempi della tentata scalata di Unipol alla Bnl. I pubblici ministeri, stando a quanto si è saputo, potrebbero formulare la richiesta di processo per il presidente del Consiglio già domani.
Secondo la valutazione del gip, il nastro con la conversazione rubata fu un "regalo ricevuto" da Silvio Berlusconi "stante l'approssimarsi delle elezioni politiche". La pubblicazione dell'intercettazione su Il Giornale, infatti, scrive la Donadeo nell'ordinanza con cui ha ordinato l'imputazione coatta per il premier., "avrebbe leso, così come è stato, l'immagine di Piero Fassino".
Inoltre il gip evidenzia come la reazione di Berlusconi quando gli viene offerta l'intercettazione illegale "non è di disapprovazione, bensì di compiacimento e di riconoscenza". Infatti, si sottolinea ancora nell'ordinanza, "unico interessato alla pubblicazione della notizia riguardante un avversario politico era proprio il destinatario del regalo, Silvio Berlusconi, stante l'approssimarsi delle elezioni politiche".
Il gip ha anche disposto l'iscrizione nel registro degli indagati di Maurizio Belpietro, direttore di Libero, che all'epoca della fuga di notizie sull'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte era direttore de Il Giornale. Nell'ambito della stessa vicenda lo stesso giudice ha già rinviato a giudizio con rito ordinario il fratello del premier, Paolo Berlusconi, ed ha definito con riti abbreviati e patteggiamenti la posizione di altri tre imputati. Le carte relative alla posizione del leader del Pdl tornano ora in Procura dove il magistrato dovrà formulare una richiesta di rinvio a giudizio che sarà valutata successivamente da un gup.
"E' una decisione infondata", ha commentato Nicolò Ghedini, legale del presidente del Consiglio. "A Milano nulla mi stupisce. Tra l'altro c'è una conclamata incompetenza territoriale", ha aggiunto. Maurizio Belpietro si è detto tranquillo: "Di questa storia non so nulla. Ho pubblicato la notizia delle intercettazioni perché mi era arrivata da un collega che me la ha data. Di tutto il resto non so nulla", ha detto.
Secondo il portavoce del sindaco di Torino "la decisione del gip di Milano, che definisce addirittura 'un regalo elettorale al premier' l'intercettazione pubblicata dal giornale della famiglia Berlusconi, conferma che ai danni dell'onorevole Fassino è stata ordita una trappola al fine esclusivo di denigrare il leader del principale partito di opposizione. Siamo fiduciosi che l'opera della magistratura accerterà fino in fondo tutta la verità".
Stando alla ricostruzione della procura, il fratello del premier, editore de Il Giornale, e l'imprenditore Fabrizio Favata si erano recati ad Arcore alla vigilia del Natale del 2005 per fare ascoltare al capo del governo il nastro contenente l'intercettazione della telefonata in cui Piero Fassino domandava all'allora presidente dell'Unipol Giovanni Consorte: "allora abbiamo una banca?". La telefonata venne poi pubblicata da Il Giornale il 31 dicembre dello stesso anno, nonostante fosse ancora coperta da segreto istruttorio. Secondo diversi analisti, la fuga di notizie ebbe un netto impatto sull'elettorato e fu decisiva nel favorire il centrodestra nelle elezioni del 2006. (Repubblica.it)
Legge del taglione, o legge del coglione? Dunque, colui che l'altro ieri ha chiesto a Napolitano un decreto legge - l'ennesimo - per imbavagliare le intercettazioni (e mandato cordialmente affanculo dal Presidente della Repubblica), a sua volta le accettava in regalo, suo fratello le pubblicava alla vigilia di importanti elezioni, con evidenti effetti sull'esito elettorale, se è vero, come è vero, che ancora oggi - persino a sinistra - pochi ricordano il fatto che le intercettazioni su Fassino siano state pubblicate quando erano ancora coperte dal segreto istruttorio, ma tutti ricordano l'infelice frase "Abbiamo una banca?"
Belpietro di dichiara ignorante. Non sapeva niente. Lui ha ricevuto la notizia da un collega (di cui non fa il nome); non si è preoccupato di informarsi e di informarci sulle fonti; NON HA VERIFICATO SE LA NOTIZIA FOSSE O MENO PUBBLICABILE. Lui ha pubblicato e basta. Il ruolo di Direttore Responsabile di un giornale ridsotto a quello di Direttore Responsabile di una discarica, dove chiunque può arrivare con l'Ape e scaricare (anzi, discaricare) qualsiasi porcheria. E per questo lavoro di alta responsabilità gli danno pure un non irrilevante stipendiuccio... Tafanus
Scritto il 16 settembre 2011 alle 09:45 nella Berlusconi, Media , Politica | Permalink | Commenti (7)
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...povero Silvio... ormai non è il migliore degli ultimi 150 anni neanche come insultatore... Ecco la risposta della Merkel alle profonde riflessioni di Berlusconi sulla "culona inchiavabile":
La satira di Simone Salis sui presunti giudizi sul Cancelliere tedesco che il nostro premier avrebbe confidato al telefono a Tarantini... Vero? Falso? non c'è niente di più vero delle cose verosimili...
Scritto il 16 settembre 2011 alle 08:00 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (8)
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Troppo frettolosamente si è smesso di parlare di Marcoule, e del perchè la follia umana abbia ritenuto di costruire delle centrali nucleari prima, e dei siti di trattamento e stoccaggio di scorie radioattive dopo, in un piccolo paradiso terrestre, sopravvento ad aree densamente popolate come Avignone, Aix-en-Provenze, Marsiglia, Tolone, Cannes, Antibes, Nizza, Montecarlo, Cuneo, Torino, Genova...
Speriamo di fare cosa utile riprendendo questo articolo su BBC News, che mi è stato segnalato da Lorenzo Bellavita, dal Canada. L'articolo dice ciò che non è stato detto sui giornali francesi e italiani di regime. Riportiamo il testo integrale, e, in calce, una sintetica traduzione in italiano. Tafanus
The Marcoule site dates back the dawn of the French nuclear age
The Marcoule site is one of the oldest in France, and played a significant role in the development of the French nuclear and thermonuclear deterrents. It opened in 1956 - well after the US began the era of nuclear armaments, at a time when France was among the nations looking to gain their own seat at the nuclear table.
The earliest reactors generated first data and then plutonium for the first successful French test in 1960. Other defence-oriented reactors followed - and as the world contemplated a new generation of much bigger bombs with much bigger destructive capacity, a new reactor at Marcoule was built to produce tritium, fuel for hydrogen (or thermonuclear) weapons.
On the civilian side, the site also housed the experimental Phenix fast-breeeder reactor, and - since 1995 - it has combined fissile uranium and plutonium into mixed oxide (MOX) fuel, which can be used in nuclear power stations. However, like other sites such as the UK's Sellafield that date from the dawn of the nuclear age, Marcoule's principal activity these days is cleaning itself up.
In the 1950s and into the 60s, the priority was to get the job done - to meet the military imperative of fuel production, to irradiate whatever needed irradiating, without much of a thought about how the facilities would eventually be rendered safe. Marcoule is now dealing with the legacy of radioactive waste that created.
Reports in French media suggest the latest incident occurred in a facility storing waste, with a fire and an explosion killing one person and injuring a further four. So far, authorities are saying there has been no release of radioactive material. The French nuclear programme does not have a stellar record of transparency.
In environmental circles, particular opprobrium is reserved for officials who in 1986 claimed the Chernobyl accident would have no impact on France - a statement lampooned as indicating officials believed radioactive fallout observed national boundaries.
What the incident implies for the future of the French nuclear programme is not entirely clear. If it remains a relatively minor matter, it will probably be passed off as the type of thing that regrettably happens in all types of industrial facility.
However, Marcoule is on the list of candidate sites to host one of the European Pressurised Water Reactors (EPRs) that according to government policy are to provide the next generation of French citizens with nuclear electricity.
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Il sito di Marcoule è uno dei più vecchi in Francia, ed ha avuto un ruolo importante nello sviluppo degli arsenali nucleari in Francia. E' stato aperto nel 1956, all'epoca in cui la Francia era fra le nazioni che volevano guadagnarsi un posto a tavola fra i paesi dotati di armi nucleari.
I reattori più vecchi hanno fornito i primi dati, e quindi il plutonio necessario per i primi test nucleari francesi nel 1960. Altri reattori orientati da ragioni militari hanno fatto seguito, e mentre il mondo inseguiva una nuova generazione di bombe atomiche con un sempre più elevato potere distruttivo, a Marcoule era stato costruito un nuovo reattore, con lo scopo principale di produrre tritio, necessario alla produzione di bombe termonucleari all'idrogeno.
Il sito ha ospitato anche il reattore autofertilizzante sperimentale Phenix, e, a partire dal 1985, ha combinato l'uranio fissile e il plutonio derivato dalla fissione nel MOX (Mixed Oxide), combustibile nucleare che può essere impiegato nelle centrali termo-nucleari. Tuttavia, come accade ad altri siti risalenti ai primordi dell'era nucleare (ad es. Sellafield nell'UK), la principale attività odierna di Marcoule è quella di ripulire se stessa.
Negli anni '50 e '60 la priorità era quella di "fare il lavoro" - di soddisfare l'imperativo militare di produrre combustibile nucleare, di irradiare qualunque cosa necessitasse di essere irradiata, senza preoccuparsi troppo di come, alla fine, gli impianti avrebbero potuto essere messi in sicurezza. Marcoule adesso è alle prese col lascito delle scorie radioattive che ha creato
Circa questo incidente, le autorità francesi dicono che non c'è stato follout radioattivo. Ma l'ente nucleare francese non gode di una storia adamantina di trasparenza.
Nei circoli ambientalisti, sono ricordati con orrore gli amministratori che nel 1986 hanno giurato che Chernobyl non avrebbe avuto alcun effetto in Francia. Un'affermazione derisa dalla satira, che ha chiesto a questi amministratori se fossero convinti che il fallaout radioattivo avrebbe rispettato i confini amministrativiu dei singoli paesi.
Cosa implichi l'incidente di Marcoule sul futuro nucleare della Francia non è ancora chiaro. Se rimarrà una faccenda relativamente piccola, sarà fatta passare come un "incidente industriale", di quelli che possono succedere in qualsiasi tipo di impianto industriale.
E tuttavia non piuò essere trascurato il fatto che Marcoule è uno dei siti candidati ad ospitare una delle centrali nucleari di tipo EPR (European Pressurised Water Reactors), che secondo i piani della Francia dovrebbero fornire elettricità da nucleare alle future generazioni di francesi.
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Sempre li... sempre al centro di un contesto altamente antropizzato, fra Avignone, Aix-en-Orivence, Marsiglia, Nizza, Tolone, Canne.... E mentre un numero crescente di paesi occidentali sta rinunciando, esplicitamente o de factu, alla follia nucleare, la Francia continua imperterrita - almeno a parole - ad andare avanti in questa enoreme follia del XX secolo (spero non del XXI...).
I costi del nucleare? Nessuno li conosce, quelli veri. Li conosceremo quando, a fronte di centrali che hanno prodotto per 30 anni 800/1000 megawatt, potremo aggiungere al costo di progettazione, costruzione, funzionamento, quelli per lo stoccaggio delle scorie eterne, e quelli del decommissioning. Cari nuclearisti de 'noantri, vi spiace se ne riparliamo fra 10 anni, per sapere quale sia stato il costo effettivo e TUTTO COMPRESO del kilowatt prodotto dalle centrali, quando e se saranno messe in sicurezza le scorie, e quando e se si saranno compiuti i processi di decommissioning?
Allora, forse, qualcuno capirà che il costo vero del nucleare sarà stato dieci volte superiore a quello di qualsiasi altra fonte energetica. Tafanus
(Traduzione di Antonio Crea)
Scritto il 15 settembre 2011 alle 16:45 nella Ambiente, Nucleare | Permalink | Commenti (2)
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...scusate, ma io sono uno all'antica... certi neologismi mi danno l'orticaria. E così, le troie continuo a chiamarle troie, anche se ormai è d'obbligo l'updated "escort"...
Sono otto gli indagati nell'inchiesta della procura di Bari sulle escort che l'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ha portato nelle residenza del premier Berlusconi tra il 2008 e il 2009. Tra loro, oltre a Claudio e Gianpaolo Tarantini, anche Sabina Began (foto a sinistra), soprannominata l'ape regina e a detta di molti la preferita del presidente del Consiglio. Oltre a loro Salvatore Castellaneta, Pierluigi Faraone, Letizia Filippi, Francesca Lana, Massimiliano Verdoscia.
Il procuratore di Bari, Antonio Laudati, e i pubblici ministeri Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis contestano agli indagati l'associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Ma nelle dieci pagine dell'avviso di conclusione delle indagini, notificato questa mattina agli otto indagati (i fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini, le starlette Sabina Began, Francesca Lana e Letizia Filippi, l'avvocato Salvatore Castellaneta, "il referente delle feste private di Berlusconi a Milano, Pierluigi Faraone, Massimiliano Verodscia) viene documentato lo scambio tra favori sessuali e partecipazione ad appalti pubblici, di cui il presidente del consiglio Silvio Berlusconi diventa lo snodo.
Scrivono i pm: "Il Tarantini promotore e organizzatore dell'associazione, al fine di consolidare il rapporto con Silvio Berlusconi (avviato nell'estate del 2008), ottenere per il suo tramite, incarichi istituzionali e allacciare avvalendosi della sua intermediazione rapporti di tipo affartistico con i vertici della Protezione civile, di Finmeccanica spa, di società a quest'utlima collegate (Sel Proc sc., Selex sistemi integrati spa e Seicos spa), di Infratelitalia spa e altre società, provvedeva a:
1) Ricercare le donne, personalmente o per il tramite di altri partecipi, persuadendole a prostituirsi o rafforzando il loro iniziale proposito di prostituirsi, in occasione degli incontri che egli stesso organizzava presso le residenze di Silvio Berlusconi;
2) Selezionare le donne, personalmente o per il tramite degli altri partecipi, secondo specifiche caratteristiche fisiche (giovane età, corporatura esile)
3) Impartire, in occasione di tali incontri, disposizioni sull'abbigliamento da indossare e sul comportamento da assumere;
4) Sostenere le spese di viaggio e soggiorno delle donne provenienti da varie parti d'Italia, mettere loro a disposizione il mezzo per raggiungere il luogo dell'incontro".
L'elenco (forse) completo delle "trasportate" nel lettone del drago
Nell’atto notificato agli indagati i pubblici ministeri indicano i nomi delle donne «indotte all’attività di prostituzione esercitata in favore di Silvio Berlusconi». Ci sono grandi nomi del mondo dello spettacolo, compresa Manuela Arcuri, che tuttavia rifiutò. Scrivono infatti i pm: «Gianpaolo Tarantini la indusse a prostituirsi in favore di Silvio Berlusconi con la promessa che lo stesso l’avrebbe favorita per la conduzione del festival di Sanremo, non riuscendo a portare a termine il suo proposito a causa del rifiuto opposto della stessa».
Altre donne, al contrario, accettarono lo scambio e parteciparono alle “serate galanti” organizzate nelle residenze del Presidente del Consiglio: Maria Teresa De Nicolò, detta Terry (palazzo Grazioli), Carolina Marconi, Daniela Lungoci (villa San Martino), Francesca Lana, Hawa Kardiatau, Karen Buchanan (palazzo Grazioli), Camille Charao Cordeiro (Palazzo Grazioli), Barbara Montereale (villa Certosa), Sara Tommasi, Sebbar Fadoua (Palazzo Grazioli), Chiara Guicciardi (palazzo Grazioli), Vanessa di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro (palazzo Grazioli), Maria Josefa De Brito Ramos (palazzo Grazioli), Grazia Capone (Arcore e villa San Martino), Luciana de Freitas Francioli (Arcore), Michaela Pribisova, Maria Ester Garcia Polanco (centro Messeguè di Melezzole), Mariasole Caci (Arcore), Ioana Visan, Barbara Guerra, Patrizia D’Addario (palazzo Grazioli), Sara Tommasi, Lucia Rossini (palazzo Grazioli).
VIDEO - ...e la Began disse: "Silvio ci sfama tutte"
FOTO - Tutte le "fidanzate" di Berlusconi
(di Carlo Bonini e Giuliano Foschini - Repubblica - 15/09/2011)
Scritto il 15 settembre 2011 alle 12:15 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (6)
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...ci ha provato di nuovo... ieri è andato da Napoliatno, col pretesto di parlare della manovra (la quinta), ed ha buttato lì un ballon d'essai su una eventuale norma sulle intercettazioni, da inserire nel decreto sulla manovra. E' stato cortesemente, ma fermamente e non qualunquemente, mandato a cagare...
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Prima di farci una pugnettina sui rimbalzini degli ultimi giorni in borsa, inquadriamo la cosa in un arco di tempo più significatico (così evitiamo ogni rischio di eiaculatio precox
Scritto il 15 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (15)
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Berlusconi alla ricerca di chi faccia la rivoluzione per conto suo
Come era prevedibile, il circo Barnum organizzato in fretta e furia con tanto di viaggio capestro alla Ue è servito solo a rinviare l’incontro con i pm di alcune ore. Nella gita fuori porta il premier ha comunque trovato modo di ribadire la sua personalissima concezione della politica. Chiedendo per esempio alla Ue di obbligarci ad una riforma delle pensioni, così che gli elettori se la possano prendere con Bruxelles e non con il governo in carica.
E’ l’ultima acrobazia di un uomo che da vent’anni dice di volere più strumenti per governare, ma intanto è sempre alla ricerca di un prestanome. Perfino in Europa, che evidentemente somiglia nella sua testa a un gasparros qualsiasi, uno dei tanti che in questi anni hanno messo la faccia al suo posto quando era meglio non farsi vedere troppo.
La rivoluzione, perfino quella liberale, non è un pranzo di gala. Qualcuno, prima o poi, dovrà spiegare al Cavaliere che non è nemmeno un ballo in maschera.
(di Marco Bracconi)
La "Manovra Epocale Quinquies", e il tagliando di Tremonti
Qualcuno lo spieghi ad Angelino Alfano: sicuro che tutti si siano spellati le mani per applaudire a questa manovra quinquies, già bisognosa di un "tagliando" (per usare un eufemismo tremontiano) ancor prima di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale? Ecco cosa scrive James Mirrlees, Nobel per l'Economia 1996, dagli 'European Colloquia' in corso ad Iseo:
"...non c'é nessun problema ad aumentare l'aliquota Irpef sui redditi più elevati, perché questo non ha impatto sui consumi, mentre un aumento dell'Iva è una misura che va nella direzione sbagliata. Sicuramente il fondo Monetario Internazionale sarà contrariato da questa misura, e penso che farà molte pressioni sull'Italia, anche perché questo pacchetto non è sufficiente...''
Scritto il 14 settembre 2011 alle 19:30 nella Berlusconi, Economia | Permalink | Commenti (0)
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La Scuola siamo Noi - MaryStar Gelmini, malafede, o semplice ignoranza? - I dati Ocse e lo "strabismo" della Gelmini
(di Corrado Zunino - Repubblica)
Ma di che sta parlando, ministro Gelmini? L'Ocse, l'Organizzazione dei paesi più industrializzati del mondo, la inviterebbe a proseguire nelle sue politiche "taglia e privatizza"? C'è un limite alle interpretazioni, e alle bugie.
Non è vero, come mette nero su bianco sui dossier distribuiti al ministero della Pubblica istruzione, che in Italia cresce il tempo pieno delle scuole elementari: quelle tabelle mischiano il tempo pieno da 40 ore, per il quale sono garantiti i due maestri, con il tempo prolungato, per il quale non è garantito un bel niente. Ed è facile fare il record storico degli insegnanti di sostegno se si usano, si rottamano per lanciarli nel difficile compito di seguire i portatori di handicap, docenti di geografia e matematica senza preparazione specifica.
"I dati Ocse indicano alcuni risultati positivi del governo?", dice lei. Certo, stia a sentire: gli insegnanti italiani hanno visto le loro retribuzioni scendere dell'un per cento in nove anni mentre "gli altri" hanno toccato aumenti del 7 per cento. Che deve fare il suo ministero "per proseguire nelle politiche intraprese"? Comprimere ancora la spesa per gli insegnanti fannulloni, congelare ad libitum gli scatti d'anzianità visto che per i prossimi 30 mila precari assunti non ci saranno avanzamenti automatici per otto stagioni?
E poi, dice l'Organizzazione per lo sviluppo economico: in Italia la media dei laureati è intorno al 20 per cento, la media Ocse è del 37,4%. Anche sui diplomati siamo dieci punti indietro. Da noi lavora quasi l'ottanta per cento dei laureati, tra chi non ha neppure un diploma si scende al 51,2%: forse un'università che forma e sforna lavoro andrebbe meglio finanziata. Così non è: tagli e tagli. Fra i 34 paesi membri ci sono 2,9 milioni di studenti in movimento, quasi nessuno viene in Italia (l'1,8%, e il dato è in calo). Avanti anche qui con le politiche governative? Da noi l'81,7% degli studenti universitari non prende una borsa di studio, non conosce welfare. Le ha falcidiate lei, per volontà di Giulio Tremonti, le borse di studio o no?
E' un fatto supportato da un dato: nei paesi più ricchi, democratici e a libero mercato (l'Italia resta dentro queste categorie) gli altri tagliano nella Difesa, negli Interni, ma investono in scuola, università e ricerca. Nella conoscenza. Gli altri. Lei si vanta che dal 2000 al 2008 (quando, per altro, era appena arrivata) la spesa delle scuole per ogni studente sia aumentata del 6%. "Gli altri", in media, l'hanno aumentata del 34%. Da noi lei, ministro, è riuscita a controfirmare un piano risparmi che assicura tagli alla scuola fino al 2025. E già spendiamo per l'istruzione solo il 4,8% del Pil: siamo al 29° posto sui 30 paesi che hanno offerto i dati. Ministro Gelmini, fino a quando la propaganda?
La magnifica scuola della Gelmini: fino all'anno scorso, bastava portarsi da casa la carta igienica; da quest'anno, meglio portarsi anche la sedia.
Scritto il 14 settembre 2011 alle 14:45 nella Politica | Permalink | Commenti (8)
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Santoro annuncia i suoi “Comizi d’Amore”, un evento santoriano settimanale destinato alla trasmissione sulle cenerentole del sistema: digitale terrestre di varie tv locali, il web, magari anche il passaggio sulla piattaforma Sky. Insomma, all’esterno della piattaforma culturale della tv generalista, costituita dai sei canali RaiSet nonché da La7 che, nel dopo Mentana, è riuscita a non essere risucchiata nella nebulosa delle tv di nicchia.
Già tutti stanno lì a domandarsi se anziché “Comizi d’Amore” quelli di Santoro non si trasformeranno presto in “Lacrime Amare” per la impossibilità di far tornare i conti. La tv, si sa, costa molto, anche se Santoro dovesse lavorare gratis, la pubblicità vuole i grandi numeri e le contribuzioni volontarie ben presto diventano svogliate, a meno ché non si trovi il modo di fidelizzarle.
Come pensa Santoro di affrontare questi ostacoli? Presentando il progetto, ha sottolineato che il suo sarebbe il successo di una tv finalmente libera. Una maniera per dire che nei suoi Comizi si troverà ciò che gli altri per acquiescenza o per convenienza hanno interesse a nascondere. Tira aria di indignados alla grande, sulla linea de’ “Il Fatto” (che del resto è parte dell’impresa), ma non ce ne scandalizziamo affatto, e anzi auguriamo a Santoro che gli riesca in tv l’impresa riuscita a Padellaro&C sulla stampa.
Non c’è dubbio che esista un'ampia zona di pubblico, distribuita in pressoché tutte le categorie socioculturali (tranne quelle anzianissime e esistenzialmente isolate, che resteranno per sempre e prevalentemente ancorate all’accoppiata di Rai 1 e Rete 4) che senza peccare per ingenuità è pronta ad appassionarsi alle puntate di una “Grande Narrazione” (alla Santoro, che è narrazione epica e non dibattito in stile Ballarò o Porta a Porta, tant’è che diversa è la composizione dei pubblici di Anno Zero rispetto a quello di Floris e Vespa) di un Paese in cerca di futuro, come è l’Italia d’oggi. Lo spazio editoriale esiste, eccome; e non perché altri lo trascurino (La7, tanto per dire, non lo trascura affatto), ma semplicemente perché è inesauribile, e scarseggiano semmai gli autori capaci di occuparlo. Fra il super narratore Santoro e il super giornalista Mentana si contano su meno che sulle dita di una mano quelli che riescono a dare spessore al mestiere e che sono in grado di interpretare il mondo anziché, quando va bene, riferirne le voci.
Ci sono quindi, a nostro avviso, le premesse editoriali , autorali e culturali perché la navicella di Santoro non appaia destinata a perdersi nello spazio delle velleità. Sulle condizioni imprenditoriali non siamo in grado invece di formarci un parere. Troppi e troppo importanti sono i dettagli che dovremmo conoscere sul piano tecnico e organizzativo. Ma, più di tutto, non sappiamo se si tratti di un progetto chiuso o se invece, ad esempio, il team di imprenditori coinvolto con Santoro, voglia adoperare Comizi d’Amore come trampolino per costruire qualcos’altro, magari l’ingresso, dopo un po’ di veri successi, nei palinsesti e nei fatturati del sistema Sky oppure di La7 oppure di una nuova RAI. Ingresso da padroni, come Santoro avrebbe voluto nel caso di La7, anziché da semplici, per quanto pregiati, protagonisti, (per il timore, sospettiamo, di lasciarsi alle spalle il pubblico popolare più fervente).
Sia come sia, abbiamo l’impressione di assistere più all’inizio che al finale di una storia. Auguri e buone visioni.
Stefano Balassone
Caro Stefano,
pur apprezzando molto lo stile e la profondità dei tuoi scritti, questa volta sono portato a non condividere il tuo velato ottimismo. I pool di TV occasionalmente aggregati su una trasmissione-evento qualche volta hanno funzionato, ma aggregarli su un progetto di TV duratura e non occasionale è altra storia. Nessun "Telesogno" è mai riuscito a partire al di fuori di una strutturata intelaiatura economico-industriale, il cui collante non credo possa essere quello di fornire uno strumento stabile di comunicazione incontrollata ad uno one-man-show.
Talvolta si sono aggregate intorno ad un singolo evento gruppi anche importanti di piccole TV, ma un progetto organico e duraturo non è mai nato. Credo che Santoro, nella sua voglia di indipendenza anarchica, abbia contribuito a bruciare ponti ed opportunità. Nessuno è mai riuscito ad ottenere incontrollata autonomia su un medium, a meno che non sia stato al tempo stesso padrone-editore e direttore editoriale della "cosa". Un esempio per tutti? Mediaset. A Santoro è stata offerta da La7 una più che dignitosa soluzione di compromesso fra la sua voglia di indipendenza totale, e il diritto degli editori di scegliere una linea editoriale, e di delimitarne i confini.
Ora credo che Santoro finirà confinato alla TV-Evento, a frequenza sporadica e non predefinita, e quindi con un tessuto imprenditoriale fra il debole e l'inesistente. Peccato, ma forse in Santoro ha preso il sopravvento un certo senso di onnipotenza, che lo ha portato fuori dalla main-street. Bel luogo di libertà, dove però si trovano solo nicchie.
Tafanus
Scritto il 14 settembre 2011 alle 10:00 nella Media | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 14 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (6)
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Silvio Berlusconi ha perso. Per togliere di mezzo le dieci domande che Repubblica con Giuseppe D'Avanzo gli ha rivolto ogni giorno per sei mesi (chiedendogli conto di bugie e falsità sullo scandalo del "ciarpame politico" sollevato dalla first lady per lo scambio tra candidature e favori sessuali) il Presidente del Consiglio aveva denunciato il nostro giornale per diffamazione, chiedendo una condanna a un milione di euro per danni al suo onore e alla sua reputazione.
La sentenza del Tribunale di Roma respinge la richiesta di risarcimento del Capo del governo (e anzi lo condanna a rifondere le spese processuali) con questa motivazione: le dieci domande "costituiscono legittimo esercizio del diritto di critica e lecita manifestazione della libertà di pensiero e di opinione garantita dall'articolo 21 della Costituzione" [...]
(continua su www.repubblica.it)
Scritto il 13 settembre 2011 alle 17:15 | Permalink | Commenti (5)
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Sbaglia la faccia, i tempi, gli interlocutori, gli argomenti da trattare, e persino la raffazzonata sintassi
Berlusconi contro l'opposizione: "Rovina l'Italia per rovinare me" - Il premier incontra il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy: "Sono qui per rassicurare le istituzioni europee". Sulle pensioni: "Se l'Europa decidesse di dare indicazioni i governi sarebbero felici di aumentare l'aumento dell'età". Bossi: "Il governo tiene? Dipende dall'Europa". Bersani: "E' il Cavaliere la rovina dell'Italia"
...fantastico!... la vignetta di stamattina di ellekappa ha già detto tutto (Un fantasma si aggira per l'Europa), ma non voglio privarmi del piacere di sottolineare alcune cose:
-a) Non è andato in Europa "in fuga dai tribunali", ma per illustrare la manovra... Ma la manovra è scritta, in Europa sanno leggere e far di conto, e se proprio servissero dei chiarimenti, la persona giusta non è il premier, ma il Ministro dell'Economia, eventualmente accompagnato dal Governatore della Banca d'Italia.
-b) Quando qualcuno ha constatato che il Governo Iyaliano era stato messo in amministrazione controllata dall'Europa, con una lettera che suonava come un ordine di servizio, talmente brutale ed umiliante che si è evitato di portarla persino a conoscenza del Parlamento, Berlusconi e i suoi scherani si sono indignati. "Noi sotto tutela? Commissariati? Ma quando mai"?
-c) Ora arriva questa confessione scritta: "...se l'Europa decidesse di dare indicazioni i governi sarebbero felici di aumentare l'aumento dell'età...". Su quell'acrobatico aumento dell'aumento stendiamo un velo peloso, come direbbe il Trota... Ma sulla sostanza non possiamo stendere veli. Colui che si mostrata indignato e offeso al semplice sospetto di commissariamento dell'Italia, implora come un accattone dall'Europa che nell'ordine di servizio sia inserito anche l'ordine tassativo di aumentare l'aumento dell'età pensionabile... Penoso e vergognoso!
-d) Arriva per "spiegare la manovra" al Presidente Van Rompuy (supponiamo perfettamente in grado di capire senza le note a margine del Cipria, ma poi svacca, e inizia ad attaccare "le opposizioni". Quest'uomo, con quella faccia sbagliata che si porta in giro, proprio non sopporta l'idea di avere un'opposizione. Solo clacques, please...: "...Ci sono state delle dichiarazioni da parte delle opposizioni differenti dai fatti e dalla realtà che ci costringono a rassicurare le istituzioni europee [...] L'opposizione critica la manovra con l'unico desiderio di dare una spallata al governo senza capire che darebbe una spallata all'Italia e con la chiara intenzione di rovinare l'immagine del presidente del Consiglio ma così invece rovina l'Italia...
E con questa sortita, Berlusconi raggiunge e sorpassa il Luigi XIV della celeberrima frase cretina: "L'état, c'est moi"
-e) Ma Van Rompuy, al quale dei vaneggiamenti del Cipria sull'opposizione brutta, sporca e cattiva non frega niente, arriva al nocciolo: "L'applicazione della manovra in modo completo è cruciale"
-f) Spiegano le gazzette: "... intanto, dalle istituzioni europee, arrivano segnali di irritazione per il tour del premier. Il presidente del Parlamento di Strasburgo, il polacco Jerzy Buzek, fa sapere che quella di Berlusconi non è una visita ufficiale, quindi l'incontro potrebbe durare non più di due minuti: una formula di pura cortesia, insomma. Il presidente del parlamento europeo - secondo alcuni deputati - avrebbe anche detto di non conoscere i motivi della visita e di avere già una giornata piena di impegni.
Scritto il 13 settembre 2011 alle 17:15 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (11)
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Come molti lettori sanno, non ho mai nutrito una irrefrenabile ammirazione per questo sedicente ministro, un sottovuoto spinto che, quando parla, dice benissimo il nulla. Riporto quindi con un sottile piacere sadico questo magistrale articolo di Furio Colombo)
Frattini, il Liberatore della Libia (di Furio Colombo)
Pare che sia Franco Frattini, e non tutta la messa in scena dei ribelli libici e della Nato, il vero liberatore della Libia. Se lo state ad ascoltare nell’assemblea delle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, lo scorso mercoledì 7 settembre, ecco che cosa vi annuncia.
Vi annuncia che l’Ambasciata italiana a Tripoli (un edificio bruciato dalle cantine al tetto) è aperta, funziona, con il tricolore che sventola non si sa da quale pinnacolo. Non esistono prove o fotografie del glorioso evento, ma l’annuncio è sempre stato il pezzo forte (e l’unico) di questo governo.
Vi annuncia che l’Italia ha ricostruito tutte le condotte di acqua potabile di Tripoli, rendendo possibile il ritorno della vita normale.
Vi annuncia (cito) che “l’Italia sostiene tutti i tentativi in corso negoziando con tutte le tribù”, benché non vi sia traccia né notizia di tale negoziati e neppure di contatti con entità diverse che finora non si sono ancora coalizzate.
Stranamente il ministro Frattini, che pure è – ci garantisce – il vero deus ex machina della nuova Libia, non ci dice nulla delle carceri di Gheddafi, se siano state aperte, se siano state svuotate, se siano usate per rinchiudere i mercenari (veri o presunti) e collaborazionisti, e sotto quale autorità, e con quali garanzie. Eppure era stato lui ad annunciarci, in piena guerra, che Gheddafi stava aprendo le sue prigioni per riversare sull’Italia i suoi peggiori criminali. Ci ha detto di avere “fonti di servizi segreti” sull’argomento.
Alle Commissioni riunite Frattini ha detto (giuro) che è merito dell’Italia e del governo italiano se questo non è avvenuto, ovvero se una sua affermazione falsa si è rivelata falsa. Poi ci ha assicurato che (cito) “l’Italia è in testa” fin da maggio affinché si realizzi l’accordo di associazione tra Unione europea e Libia, e sia convocata entro nove mesi (avete letto bene, nove mesi) l’Assemblea costituente che darà alla Libia libera una nuova Costituzione e chiamerà il popolo libico alle urne.
Ma niente paura, questa non è un’iniziativa o un piano politico. Solo annuncio. Dentro l’Italia, se quegli impiccioni dei mercati non disturbassero, funzionerebbe ancora, data la benevola condiscendenza del sistema di informazione italiano e delle opposizioni, gentilissime, al governo di Arcore.
Per essere utile e preciso, il ministro Frattini ha voluto annunciare anche “le priorità”, tanto non costa niente, è solo un annuncio. Però rivelatore. Ecco: primo, il controllo delle frontiere; secondo, bloccare “il traffico di esseri umani” (strana definizione per il fiume di disperati che fugge dallo sterminio e dalla fame del Corno d’Africa; eppure persino il ministro degli Esteri Frattini dovrebbe sapere della guerra ventennale e della spaventosa carestia che tormentano Somalia, Eritrea, Etiopia).
Ma tutto ciò serve per introdurre alla frase detta, quasi con candore, da un uomo la cui faccia tosta deriva anche da questa qualità rara in politica, il candore. Ha detto, il 7 settembre 2011 il ministro degli Esteri Frattini: “Il Trattato di amicizia e partenariato con la Libia (nel trattato originale era “la grande Jamahirya libica”) sarà riattivato”. Pensate che è la stessa persona che, all’inizio dell’operazione franco-inglese, non ancora Nato, a cui l’Italia aveva offerto le basi ma non gli aerei, aveva detto alla Camera che “il trattato è sospeso”. Dopo l’inizio dei bombardamenti Nato con partecipazione italiana aveva spiegato: “Un trattato è fra governi. Non c’e più quel governo, non c’è più il trattato”. E infine aveva assicurato che il voto del Consiglio di sicurezza che aveva autorizzato i voli Nato, ha annullato (ha proprio detto annullato) contestualmente il trattato.
Non era vero niente, parola di Frattini. Il trattato italo-libico contestato in quasi ogni articolo dalle Nazioni Unite, dall’Agenzia dei Rifugiati, dall’Unicef, da Right Watch, da Amnesty International e da ogni organizzazione umanitaria del mondo civile, è vivo e opera assieme a noi. Da un lato distribuisce ricchezza (ricordate? Ci costa 20 miliardi di dollari in cinque anni, questi cinque anni) dall’altro controlla le frontiere degli altri, usa le motovedette italiane, spara a vista e affonda gli emigranti proprio come Gheddafi [...]
Furio Colombo
Questo paese deve ritrovare il gusto di non lasciare nulla nello sgabuzzino dell'oblio. Leggendo questo impietoso ritratto di Frattini tracciato da Furio Colombo, non ho potuto evitare di riandare con la mente a quella tragicommedia di Frattini assiso nel salotto di Bruno Vespa, a far finta di coordinare - in favore di telecamera e con l'abito buono - l'operazione "Quattrocchi", della cui avvenuta uccisione il ministro in Facis, tragica caricatura di uomo di stato, era perfettamente informato. Gli unici a non sapere, informati dalla succursale governativa c/o Porta a Porta, erano i familiari di Quattrocchi. Informati attraverso una trasmissione costruita nel peggior stile Endemol. Non manca niente: la morte in diretta, lo sgub di Vespa... Mancava solo un plastico, ma non è escluso che un plastico postumo, prima o poi, possa arrivare.
Non ho mai avuto grande simpatia per Quattrocchi e per i suoi soci, di cui non si è mai capito bene cosa facessero in Iraq, perchè, per conto di chi. E neppure per quei buffi personaggi di contorno che - anzichè consumare nel silenzio e nella discrezione il loro eventuale dolore - dal giorno della morte di Quattrocchi in poi, non si sono persi un solo "evento" di AN. Arrivavano puntuali, buffamente avvolti nel tricolore (bandiera di quel paese e di quel ministro che non li avevano mai rispettati, ma sempre usati), e poi andavano via, ridicoli e soli, così come erano arrivati.
Credo quindi che sia un dovere civico ricostruire - e lo faccio attraverso questo estratto dell'articolo del 16 aprile 2004 di Luana Benini su abusi.it - quella miserabile trasmissione centrata intorno a quella miserabile comparsata di un abito d'alta sartoria, con dentro il nulla. Tafanus
Frattini a «Porta a Porta»: cento minuti di bugie (di Luana Benini)
La ricostruzione di quelle due ore è impietosa e lascia di stucco. Nel salotto di Vespa, di fronte ai familiari degli ostaggi [...] il ministro degli Esteri Frattini sapeva la verità fin dall’inizio. La sapeva due ore prima dell’annuncio dell’uccisione di Quattrocchi data dal vicedirettore di Libero, Renato Farina. Di certo Frattini, secondo la ricostruzione, era stato avvisato dalla Farnesina. Avrebbe dunque finto davanti alle telecamere di non sapere. E alla fine di tutta questa pantomima la famiglia Quattrocchi ha appreso dell’assassinio del suo congiunto proprio dalla tv. La versione peggiore del «Grande Fratello». La morte in diretta.
Ora Renato Farina accusa: se avessi saputo che i familiari non erano stati avvisati «non mi sarei mai permesso di infliggere quella tremenda punizione». Ma il ministro, dice, mi aveva assicurato che erano stati avvisati. Vespa conferma che di fronte alla richiesta specifica (sono stati avvisati i familiari?) il ministro aveva annuito, e scarica la responsabilità. Un pasticcio che comunque lo giri è inquietante.
Mentre Frattini non smentisce e non chiarisce, fioccano le interrogazioni. «La Farnesina sapeva dell’uccisione di Fabrizio Quattrocchi fin dalle 22,15? E perché allora il ministro ha fatto dare in diretta tv e soltanto a mezzanotte la notizia? Perchè nessuno ha avvertito prima la famiglia? Che spiegazione intende dare il ministro al proprio comportamento?» Sono i quesiti che i deputati Ds della commissione esteri della Camera [...] pongono al governo [...]
"...In ogni caso va denunciato un comportamento irresponsabile, una insensibilità inaudita. Chiunque può sbagliare, ma lui, il giorno dopo, ha rivendicato come un merito il suo stare di fronte alle telecamere..." [...] «Un comportamento inaccettabile da parte del ministro - spiega il ds Antonello Cabras che non esclude la richiesta di dimissioni -. È emerso che lui sapeva benissimo come stavano le cose. Lo sapeva da fonte Farnesina. Non può neanche nascondersi dietro il fatto che stava verificando la notizia. La notizia l’aveva avuta tramite l’ambasciatore che a sua volta l’aveva ricevuta dall’emittente tv Al Jazeera. E invece di starsene al suo posto operativo è rimasto in tv a fare quella parte che hanno visto tutti» [...]
Silenzi, omissioni, bugie. Ma i fatti impongono delle risposte. «I casi sono due - dice Paolo Gentiloni - o l’amministrazione degli Esteri ha gestito tutta la partita per due ore senza disturbare il ministro che stava da Vespa, e questa francamente mi pare l’ipotesi peggiore che però tendo ad escludere perché paradossale, oppure il ministro sapeva. Lo sapeva anche Vespa? A prescidere da tutto ciò, la cosa incredibile è il livello di cinismo personale. Stai in tv e fai finta di nulla, fai il finto stupito, non avverti i familiari delle vittime. Se non altro io andrei in tv a chiedere scusa». La stessa valutazione del ds Pietro Folena: «Farebbe bene a presentarsi dimissionario alle Camere. ma sappiamo che purtroppo non accadrà».
Giovanna Melandri è tranchant: «Non sarebbe accaduto in nessun paese europeo. È immaginabile un ministro inglese, francese, tedesco che nel cuore di una emergenza sta sprofondato nella poltrona in un talk-show? È stata la rappresentazione di una degenerazione della politica, dell’assenza di senso delle istituzioni». Ci sono le condizioni per chiedere le dimissioni? «Secondo me sì. Ma la richiesta di dimissioni dovrà discendere da una valutazione del partito e del gruppo parlamentare».
Rosy Bindi risponde ironica: «Va bene che Vespa è la terza Camera dopo Montecitorio e il Senato, un ministro può anche sbagliarsi e pensare di essere al posto giusto, ma io avrei preferito che in quel momento drammatico il capo della Farnesina fosse al suo posto di lavoro». Dopo la ricostruzione di quelle ore drammatiche però c’è qualcosa di più. C’è il sospetto che il ministro abbia strumentalizzato l’evento per raggranellare qualche consenso. «Se davvero sapeva dell’uccisione di Quattrocchi si è reso responsabile di un comportamento gravissimo». Ci sarebbero le condizioni per chiedere le dimissioni? "Io più che chiederle me le aspetterei. Posso capire che una richiesta di dimissioni da parte nostra potrebbe apparire come un tentativo di strumentalizzare a nostra volta, in un momento così tragico, a fini politici. Dovrebbe essere lui a trarre le conseguenze"
Scritto il 13 settembre 2011 alle 12:30 nella Politica | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 13 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (11)
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Scritto il 12 settembre 2011 alle 19:45 nella Berlusconi, Economia | Permalink | Commenti (1)
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Ogni tanto Marisa decide di mettere ordine fra i miei libri, cosa che mi getta nel panico, perchè so che per due giorni ogni tre minuti in media mi chiederà se può "dar via" questo o quel libro, pur sapendo preventivamente che la mia risposta sarà NO. E poi perchè so che cambierà posto a tutto, per cui da quel momento in poi, e per almeno due anni, ogni ricerca di un libro da consultare diventa più simile ad una perquisizione di casa mia che ad una semplice ricerca.
E tuttavia devo esserle grato, perchè queste grandi pulizie a volte riportano alla luce libri che, se riletti oggi, sembrano reperti archeologici, libri scritti da una cooperativa di pazzi, o da burloni decisi a farci divertire un quarto di secolo dopo...
Prendete questo libro di Giuseppe Turani. Non ha ancora 25 anni, essendo uscito agli inizi del 1987, sotto il Regno di Bettino Craxi. Titolo e sottotilolo del libro sono già un programma: "La Locomotiva Italia" - Quando e perchè l'Italia supererà Francia e Germania. L'ecoonomia dei sette grandi da oggi al 2025.
Bettino, dopo aver "rivalutato" il PIL italiano aggiungendo la stima del sommerso, ci aveva fatto fare un balzo dalla settima alla quinta posizione fra le grandi potenze economiche mondiali. Ma già preannunciava un sorpasso, verso il quarto posto, in prossimità del podio. Oggi sappiamo tutti come stia andando a finire questa success-story...
L'interno della copertina porta su un lato brevi noti su Turani, sull'altro il sunto della tesi di Turani. Rileggere oggi questo libro è come leggere un libro di Stefano Benni, o di Fruttero & Lucentini. Con l'aggravante che costoro scrivevano cose paradossali sapendo di farlo, Turani scrive profezie alla Nostradamus sulle "magnifiche sorti e progressive" del craxismo, convinto di fare una cosa seria.
La "cover" - GiuseppeTurani è una grande firma del giornalismo taliano e uno scrittore di successo [...] È direttore della Lettera Finanziaria, un settimanale di informazione per gli uomini chiave dell'economia e della politica italiana, collaboratore de L'Espresso, di cui è stato per anni vicedirettore, e responsabile del settimanale Affari e Finanza di Repubblica.
La «locomotiva Italia» è partita, e tutto lascia pensare che farà moltissirna strada. La tesi di fondo di questo libro, a metà fra il saggio e il pamphlet, è imprevista e affascinante. Dallo studio degli scenari messi a punto dal Fondo Monetario internazionale di Washington si rileva che l'Italia, al di là delle crisi congiunturali e dei problemi comuni alle altre economie occidentali, ha un futuro importante, che va ben oltre quello che solitamente pensano i politici e l'opinione pubblica.
I numeri, le previsioni e tutti gli scenari possibili dicono che si sta avviando a diventare uno dei Paesi-chiave del mondo e il Paese-leader del Vecchio Continente (...azz...). Questo comporta che ci sia una svolta nella gestione del Paese e nel dibattito culturale e politico. Siamo alla vigilia, cioè, di un immenso terremoto nello schema dei consumi, nelle abitudini di vita, e quasi certamente anche nella politica e nel costume.
Il cambiamento di cui sta per essere protagonista l'Italia è il più grande di tutta la sua storia ed è, per molti versi, inevitabile. Solo una massa di errori potrebbe impedirle di essere, all'inizio del terzo millennio, il primo Paese d'Europa, oppure un aggravarsi della crisi demografica di cui si avvertono già i primi segnali. Oltre ad analizzare la situazione italiana, il libro traccia un quadro completo dell'evoluzione della popolazione, della tecnologia, del reddito e dei problemi del pianeta da oggi al 2025, con particolare riferimento ai Sette Grandi, cioè ai sette Paesi più industrializzati del mondo.
Oggi, nonostante gli ordini di Turani, l'Italia rassomiglia più ad un vagone-zavorra che ad una locomotiva, e deve pietire il rimorchio da parte di quei paesi che avremmo dovuto lasciare al palo. Abbiano appena superato la Spagna nella nostra corsa verso gli abissi, e adesso siamo all'inseguimento di Irlanda, Portogallo e Grecia. Chissà se letto all'incontrario il libro di Turani conserva tutto il suo valore... Si può provare. E mentre faccio queste considerazioni, vado a cercare su Wikipedia la bibliografia di Turani. Strano... Di questo fantastico libro non c'è traccia, Puff! Sparito! Eppure esiste, è stato scritto, io lo posseggo, e ne ho fatto persino la scansione... Chissà che Turani non abbia voluto macchiarsi del reato di soppressione di cadavere... Tafanus
La "lacunosa" bibliografia di Giuseppe Turani
Razza padrona - storia della borghesia di stato (con Eugenio Scalfari), Feltrinelli (1974)
Il grande saccheggio, Feltrinelli
Padroni senza cuore, Rizzoli
Il secondo pianeta, Mondadori
L'Avvocato, Sperling & Kupfer
Come si gioca in borsa, Sperling & Kupfer
Il secondo miracolo italiano, Sperling & Kupfer
La grande sfida, Rizzoli
I soldi degli altri, Sperling & Kupfer
Cossiga: anche i presidenti si incazzano, Sperling & Kupfer
Nell'inferno del golfo, Rizzoli
Intervista a Giorgio La Malfa. Le ragioni di una svolta, Sperling & Kupfer
I saccheggiatori, Sperling & Kupfer
L'Italia spaccata, Larus
I sogni del grande nord, Il Mulino
Scappiamo in Europa, Baldini e Castoldi
Il miracolo economico italiano, Baldini e Castoldi
Scritto il 12 settembre 2011 alle 19:20 nella Economia | Permalink | Commenti (6)
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Pericolo di fuga radioattiva - Un morto e diversi feriti. Scarsi i dettagli. Vi terremo aggiornati
Une explosion sur le site nucléaire de Marcoule pourrait entraîner des fuites radioactives
Un four a explosé lundi 12 septembre sur le site nucléaire de Marcoule (Gard), faisant un mort et plusieurs blessés. L'accident pourrait entraîner un risque de fuite radioactive, ont indiqué les pompiers et la préfecture. (AFP)
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Un four a explosé ce matin, aux alentours de 11 h 45 dans l'usine de retraitement de déchets nucléaires Centraco (Centre nucléaire de traitement et de conditionnement) filiale de la société Socodei et d'EDF, basée à Marcoule, entre Chusclan et Codolet, dans le Gard.
L'explosion, qui n'a entraîné aucune fuite radioactive, selon une source proche de l'enquête, a tué un homme, retrouvé carbonisé et en a blessé quatre autres, dont un très grièvement. Ce dernier a été évacué d'urgence en hélicoptère, vers le CHU Lapeyronnie, à Montpellier.
Les trois personnes blessées plus légèrement ont été transportées au centre hospitalier de Bagnols-sur-Cèze.
Aucune mesure de confinement à la radioactivité n'a été mise en place dans les villages alentours. Néanmoins, un périmètre de sécurité a été installé, ont précisé les pompiers.
La gendarmerie et les pompiers sont sur les lieux de l'accident à l'heure où nous écrivons ces lignes.
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Marcoule è vicinissima ad Avignone. Sottovento rispetto ai venti dominanti (da Nord-West), ci sono piccoli villaggi come Marsiglia, Avignone, Aix-en-Provence, Cannes, Nizza. Montecarlo, Mentone, Sanremo, Imperia, Cuneo, Torino, poi la Corsica, poi il Lazio. Per ora vengono negate fughe radioattive, ma erano state negate anche a Chernobyl, a Tricastin, a Three Miles Island, a Fukushima... Wait and see...
Marcoule è un sito di trattamento di scorie radioattive. Nel nucleare, non c'è un modo solo di farsi del male.
Scritto il 12 settembre 2011 alle 16:15 nella Nucleare | Permalink | Commenti (6)
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Dopo le grandi prove di ignoranza fornite dagli aspiranti studenti della Sapienza, nello spirito di servizio che ha sempre caratterizzato il Tafanus, vogliamo fornire un aiuto a tutti gli aspiranti universitari. Un suggerimento sugli argomenti da preparare bene. Nota-bene: se portate il cognome di un Rettore, o anche di un barone semplice, saltate questo post. Sarete assunto direttamente come Docente, saltando gli inutili studi universitari, e i relativi test d'ammissione. Tafanus
Sapienza di Roma - Arrivare ferrati sulla grattachecca, ma anche sulla coda alla vaccinara.
Altre università romane - Non trascurate approfondimenti sul canascione, sui cazzacci, sulle coppiette laziali, sui maciotti, sugli abbuticchi,
Bocconi di Milano - Approfondire temi quali la cadrega, il rutammat, l'ofelé, ma non trascurare mulitta, magutt, strasce, o il contenuto calorico degli articioc e del remulas. Attenti anche ai mondeghili e al tricandò.
Cattolica di Milano - Capelli d'angelo, boccone del prete, vinsanto, strozzapreti.
Federico II di Napoli - indispensabile una buona preparazione sul capitone, e sui panzerotti di Piedigrotta. Ma non trascurate le alici ammollicate.
Università di Bari - Concentrarsi sugli strascinaet e sui lampascon.
Università della Calabria - Una voce su tutte: il morzeddu di Catanzaro (nella foto), ma anche le alivi ammaccate, le alivi cumbité e lo sciscillu.
Università di Genova - Proveranno a fregarvi con mietti e corsetti.
Università dell'Aquila (se c'è ancora - Un must? il Maiale 'Ndocca 'Ndocca
Università di Trieste - Attenti ai saltafossi fra chifeleti e chifelini...
Università di Verona - Studiate bene i temi straccaganasse e molton.
Università del Molise - Un tema su tutti? i Calcioni alla Molisana
Universitù dell'Umbria - Strangozzi e Gallina 'Mbriaca sono domande obbligate.
Università Toscane - Sono costellate di insidie sul tema della panzanella. Ne esistono di cento tipi (alla mozzarella, al pomodoro, al pane raffermo, al pane casereccio raffermo, al pane toscano raffermo)... Evitate i trabocchetti
Università di Torino - Non fatevi fregare. Preparatevi sul fricieu, sul batsoà, sulla frisse... Non lasciatevi confondere fra roladine e rolatine (c'è il trabocchetto); altre insidei: il caponet e la frittata rognosa.
Università della Sardegna - Studiate alla perfezione il carasau e i culurzones, senza trascurare i gueffus e il grande universo dei sebadas
Università di Ascoli - Non vi aspettate una domanda scontata sulla olive ascolane. Vi fregheranno su piconcini e beccute.
Università Siciliane - Tantissime le insidie: dalle alivi cunzati alla musco, al buccellato, alla carne murata...
...studiate, figlioli, studiate, altrimenti da grandi sarete come Renzo Bossi o come Salvini...
Scritto il 12 settembre 2011 alle 16:00 | Permalink | Commenti (7)
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...oppure puoi entrare (ma solo come docente) se di cognome fai "Frati". Insomma, se fai parte della "con-Frati-ernita"
GRATTACHECCA E GRATTASTIPENDI - La domanda sulla grattachecca spuntata nei test di Professioni Sanitarie alla Sapienza fa partire la macchina dei ricorsi. L'Udu, Unione degli Universitari, tutelerà gli esclusi ritenendo «inaccettabile» il quesito.
«Nei pressi del noto liceo Tacito di Roma si trova la grattachecca di Sora Maria, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti? Menta, limone, amarena, cioccolato...». Questa la domanda sotto accusa. «Come si può pensare che per accedere alla formazione di una professione sanitaria si debbano sapere le specialità di un chiosco romano?
Come può uno studente di Genova, Milano, Reggio Calabria o Cagliari sostenere il test senza aver la possibilità di conoscere già una risposta del test?», chiede l'Udu. «È inammissibile - dichiara il coordinatore nazionale dell'Udu, Michele Orezzi - che gli studenti debbano rispondere a domande di questo genere per entrare nel mondo universitario. Faremo ricorso».
Se ne occuperà l'avvocato Michele Bonetti che da anni segue le cause contro il numero chiuso. "Se le domande sono errate o fuori programma i nostri ricorrenti possono chiedere giudizialmente l'ammissione all'università, chiedendo l'attribuzione del punteggio per le domande mal poste - spiega Bonetti. Se anche quest'anno verrà confermato che nelle stanze del Miur di viale Kennedy sono stati distrutti i verbali della commissione incaricata dal ministro per la redazione dei quiz, valuteremo l'opportunità di chiedere l'annullamento della prova con conseguente ammissione di tutti gli esclusi, nonchè di portare il caso all'attenzione della magistratura penale".
Proteste sul web
«È assurdo che mettano una domanda del genere in un test! Non è cultura generale... Non posso essere giudicato in base alla mia conoscenza dei paninari e grattacheccari di Roma!». La protesta corre sul web. Su facebook si è scatenata la rabbia dei partecipanti. Per la cronaca nel test c'erano anche quesiti scientifici, ma pure domande su Vasco Rossi e la sua salute, su Peter Pan, su Benito Mussolini prigioniero sull'isola di Ponza, su Bill Clinton e lo scandalo Monica Lewinsky. Ma la domanda sulla grattachecca è diventata un inatteso grattacapo per coloro che facevano il test venendo da fuori Roma. Giuseppe M., su Facebook, sintetizza così la sua posizione: «Ma poi alla fine quali erano i gusti tipici??? Menta, amarena?? Se non passo perchè ho scritto cioccolato mi butto nell'Aniene...».
Chi è Luigi Frati, Il Rettore alla grattachecca
Corri, corri, che forse approvano la riforma, e poi è un disastro. La Gelmini: “Le frettolose assunzioni di parenti dimostrano che i baroni temono la mia legge”. Chissà. Certo è che, dopo il caso del rettore di Tor Vergata Renato Lauro, che ieri ha fatto assumere al ruolo di associata la nuora, Paola Rogliani, ieri il cda della Sapienza, guidata dall’”imperatore” di Medicina, Luigi Frati, ha un nuovo professore associato, guarda caso Giacomo Frati.
Il Corriere della Sera ha un lungo articolo che da conto dell’ultima parentopoli all’ombra della Minerva. Nel mirino è tornato lui, il «magnifico » della «Sapienza» Luigi Frati, il cui sistema di potere — equilibratissima triangolazione di cattedre, stipendi e fondi in bilancio — ha messo a punto per un quindicennio come preside di Medicina, finendo a più riprese sotto inchiesta, prima di indossare, due anni fa, l’ermellino.
L’ultimo ingresso riguarda il secondogenito: ieri il consiglio di facoltà di Medicina ha deliberato la chiamata di Giacomo Frati a professore ordinario nel dipartimento di Scienze e Biotecnologie. Giacomo raggiunge così l’avanzamento di carriera di sua sorella Paola Frati, che è ordinaria di Scienze anatomiche, nota anche per la sua festa di nozze tenuta nell’aula magna di Patologia. E di Luciana Rita Angeletti in Frati, docente di Storia della medicina sempre alla «Sapienza», alias signora Frati. Quattro in un uno, insomma.
Corsera - 22 Dicembre 2010
P.S.: Un suggerimento al Rettore della Bocconi. Da domani, così come agli studenti non romani viene richiesto di sapere tutto sulla "grattachecca della Sora Maria", agli aspiranti bocconiani sia fatto, a scelta il test della cadrega. Possibili domande di riserva nell'area dell'ofelé o del rutammat. Spirito di vendetta? No, par condicio, con una spruzzata di federalismo alla patana. Tafanus
Scritto il 12 settembre 2011 alle 11:15 | Permalink | Commenti (11)
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Sembra che le Far Oer esistano davvero, e che siano un piccolo paradiso, nonostante la pioggia. E non solo perchè ogni tanto permettono alla scalcagnata nazionale pallonara italiana di vincere 1-0 una partita... Mi ha molto incuriosito questo reportage di Franco Brevini, sull'ultimo numero dell'Espresso, che vi propongo.
Se non fosse per la nostra Nazionale di calcio, che periodicamente si incontra con la rappresentativa di questo misterioso Carneade dell'alto-Atlantico (l'ultima volta, venerdì 2 settembre), pochi in Italia conoscerebbero le Far Oer. E pensare che quasi un secolo fa proprio nel piccolo arcipelago tra Norvegia e Islanda era atterrato il bergamasco Antonio Locatelli, un pioniere dell'aviazione, che stava tentando di attraversare l'Atlantico tre anni prima di Lindberg. Ce lo ricorda Magni Arge, AD dell'Atlantic Airways, la minuscola compagnia aerea che collega le Far Oer al resto del mondo.
Fuori la pioggia batte implacabile sull'erba verdissima dell'isola di Vàgar, dove si trova l'unica pista delle isole, tracciata dagli inglesi durante la prima guerra mondiale, quando occuparono le Far Oer per contrastare l'azione dei nazisti. Piantate nel gran fiume caldo-umido della corrente del Golfo, a 430 chilometri dall'Islanda, 600 dalla Norvegia e 300 dalla Scozia, le Far Oer godono di un clima relativamente temperato per la latitudine di 62 nord. Ma piove per almeno 300 giorni all'anno e, per sottolineare l'estrema variabilità, la gente qui dice che in un solo giorno si sperimentano tutte e quattro le stagioni. Ma i faroesi hanno saputo adattarsi alle avverse condizioni meteorologiche, come facevano l'altro giorno a Tjørnuvik, sull'isola di Streymoy, una madre con un bambino, che passeggiavano in spiaggia avvolti in una tuta da sci.
Tutti i primati delle Far Oer attengono alla sfera del lillipuziano. Tórshavn è la più piccola capitale del mondo, il suo Parlamento il meno affollato che ci sia, la locale squadra di calcio rappresenta nell'Uefa il terzo membro in ordine di grandezza, poche altre monete corrono in così poche tasche e poche altre lingue su così poche bocche. Il faroese è infatti una varietà del ceppo norreno parlato in tutta la Scandinavia nell'età vichinga. Irto di misteriosi grafemi, è usato con orgoglio dai 48.642 abitanti delle 18 isole, che si servono anche della locale corona, del tutto equiparata a quella danese.
A Tórshavn vive quasi la metà della popolazione. Ordine e nitidezza nordici, gabbiani, via vai di navi, poche auto. L'appuntamento con il primo ministro è a Tinganes, una penisola gremita di casette rosse affacciate sul mare, dove si trova la sede del governo. La receptionist è al telefono e decidiamo di chiedere informazioni a un ragazzo che sta passando nel corridoio. Porta capelli biondi a spazzola, jeans e un girocollo nero di lana. "Il primo ministro? Sono io, si accomodi pure". Negli uffici governativi c'è una sobria atmosfera Ikea, non fosse per qualche antico olio che ritrae i predecessori di Kaj Leo Johannesen, oggi alla guida dell'esecutivo faroese e già uomo di punta della locale Nazionale di calcio.
"Il Føroya Løgting, il nostro Parlamento, ha oltre mille anni", spiega, "ma ha solo 32 membri. Dal punto di vista amministrativo siamo una provincia della Danimarca, pur godendo di ampie autonomie dal 1948. Il tema della secessione è sempre vivo, ma molti fanno notare la debolezza della nostra economia, che per il 97 per cento dipende ancora dalla pesca".
In effetti la maggior parte degli uomini qui alle Far Oer ha un passato di pescatore. Harald Joensen abita sull'isola di Mykines in una casa nera con le finestre bianche e il tetto coperto d'erba. Per tutta la mattinata abbiamo camminato nel vento delle creste della penisola di Mykineshòlmur, osservando milioni di pulcinella di mare e di sule che pescavano rumorosamente nell'oceano. Gli ornitologi hanno identificato 300 specie di uccelli, 40 delle quali vivono stabilmente qui. Le altre frequentano queste remote isole, che costituiscono un vero e proprio paradiso per il birdwatching, perché si trovano sulle rotte migratorie del Nord-Atlantico.
Rientrati nel villaggio, Harald ci offre una minestra calda e ci parla dei vent'anni trascorsi su un trawler a pescare gamberetti al largo della Groenlandia. "Erano quasi tutte barche delle Far Oer. Spesso mi alzavo a mezzanotte e andavo avanti a pescare fino alle cinque di mattina. Il termometro toccava i 30 gradi sotto zero, ma il cielo era pieno di stelle e il trawler procedeva al minimo tra gli iceberg". Gli facciamo notare la durezza, ma Harald taglia corto: "Una vita come tante".
Un altro capitano di trawler lo incontriamo nel piccolo porto presso Kirkjubøur, che nel Medioevo fu il centro ecclesiastico e culturale delle Far Oer. È in pensione, ma ogni giorno con il suo minuscolo peschereccio sfida le onde lunghe e livide dell'oceano. "In due ore ho tirato su 200 chili di pesce", dice brandendo orgoglioso un merluzzo di almeno sei-sette chili, "qui le acque sono ricchissime". Una passione, questa per il mare, che il sangue vichingo della popolazione locale non cessa di alimentare, con riti millenari che possono lasciare sconcertato un osservatore esterno. È il caso dell'annuale mattanza delle balene pilota, i cui viscidi dorsi neri ricoprono intere spiagge.
Le Far Oer non sono ancora entrate nei cataloghi delle agenzie di viaggio, anche se qualche lussuosa nave da crociera, grande come il centro storico di Tórshavn, fa uno scalo di poche ore. Eppure fra 111 arcipelaghi sparsi in tutto il mondo la rivista "National Geographic" ha scelto queste solitarie isole: "Autentiche, incontaminate e destinate a restare così". Il mare che da millenni si accanisce con le sue burrasche ha scavato profondi fiordi, in fondo ai quali si celano minuscoli villaggi colorati. Ci sono centri come Trøllanes o Mikladalur, sull'isola di Kalsoy, dove vivono solo una ventina di persone. Anche a Mykines, nell'unico paese dell'isola, che costituisce l'ultimo avamposto prima dell'Islanda, abitano una trentina di persone e d'inverno a causa delle avverse condizioni atmosferiche può accadere che restino isolate per giorni dal resto dell'arcipelago.
Le comunicazioni costituiscono la vera sfida per le piccole comunità che possono resistere su questi scogli solo se si mantengono in contatto fra loro. Ecco perché sono stati costruiti una serie di ponti e di tunnel sottomarini, che anche con il maltempo consentono di transitare da un'isola all'altra. E il tempo qui può essere davvero cattivo. Qualche giorno fa Òlavur Poulsen ci ha condotto sul Sørvàgsvatn, l'unico lago di grandi dimensioni. Qua e là dalla spessa coltre dei cumuli filtravano raggi di sole, che su quel paesaggio ottenevano l'effetto di luci stroboscopiche.
Ripartiamo verso Klaksvik, su a nord, sull'isola di Bordoy. I prati sono punteggiati di pecore. Ce ne sono 70 mila. Con quell'ispida lana idrorepellente ogni madre confezionerà per i figli il maglione bianco e nero con il caratteristico disegno nazionale. Riprende a piovere e tutto torna a infradiciarsi. Fra i pascoli si scorgono i recinti in cui gli allevatori stanno tosando le pecore. La testa di un montone dalle imponenti corna ricurve è bloccata in una specie di ghigliottina per consentire la tosatura. Ci osserva tutto bagnato anche lui come il pastore, la lana, l'erba dei pascoli, e bela rauco nella nebbia.
(di Franco Brevini - l'Espresso)
...questa la parte "paradiso terrestre... poi, periodicamente, un branco di balene, o di balene-delfino, seguendo la calda Corrente del Golfo, si avvicina troppo al "paradiso", e le acque limpide dei suoi fiordi diventano rosse. Di sangue.
Alla mattanza oscena partecipano tutti, grandi e bambini. E' una festa collettiva. Forse per sfamare 48.000 abitanti non servirebbe, questa carneficina...
Quante Isole Far Oer si potrebbero nutrire con la metà di questo bottino?
Scritto il 12 settembre 2011 alle 11:15 nella Ambiente | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 12 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (8)
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...correva l'anno 1987, ed era settembre...
...era la prima volta che Marisa (quella con tanti capelli) mi accompagnava negli USA, ed era affascinata, come tutti, dalla sky-line di Manhattan... Per la prima volta, grazie a lei, avevo fatto un exploit da "turista verace": un giro in battello nella baia dello Hudson, con tanto di foto delle due torri...
...come tutti, ci eravamo stati anche su, ma quel profilo, visto dall'acqua, non lo si dimentica facilmente... quella sky-line l'avrei rivista ancora, altre volte, ma per Marisa quella è stata la prima e l'ultima volta... Dopo l'11 settembre 2001 non ci ho messo più piede, a NY... Un caso, aiutato dal subconscio...
Io l'ho saputo attraverso una concitata telefonata di mia figlia, pochi minuti dopo le 15: "...papà, accendi la TV, sta succedendo qualcosa di terribile a New York..." Poi, un avvenimento dopo l'altro, mezzo mondo è rimasto inchiodato alla TV, in stato d'ipnosi. L'inimmaginabile era accaduto, e sembrava un film di fantacienza... Poi....
Poi, piano piano, il tempo, col contributo dei bushes, ha affievolito il ricordo, spostato simpatie.... Oggi - fate anche voi l'esperimento - se digitate Due Torri su Google, trovate cinema, pizzerie, qualche agroturismo, e solo per miracolo, nell'ultima riga della prima schermata di Google, trovate un post del Tafanus dell'11 Settembre 2007, dal titolo "Sesto e ultimo anniversario dell11/Settembre 2001".
Se avete voglia e tempo di dargli uno sguardo, capirete il senso amaro di quel titolo. Ma potete capirlo anche leggendo la successiva, amara lettera di Flavio Lotti, Coordinatore Nazionale della "Tavola della Pace", che condivido nella lettera e e nello spirito. La faida dei bushes ha moltiplicato quei 3000 morti per cento, e la storia non è ancora conclusa. Siamo andati in giro per il mondo ad esportare la democrazia, ma passeremo alla storia anche per Abu Grahib e per Guantanamo.
Lasceremo in giro per il mondo poca democrazia, e tante macerie, materiali e morali. No, quando abbiamo regalato agli americani la nostra sincera partecipazione al loro dramma, non era questo che sognavamo. Quanti body-bags serviranno ancora, prima che su questo film dell'orrore scorrano i titoli di coda? Tafanus
Scritto il 11 settembre 2011 alle 18:30 nella Guerra | Permalink | Commenti (4)
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Non posso accettare di stare zitto. Il decennale dell'11 settembre ha messo in moto tutti i mezzi di comunicazione. E' giusto. Quel devastante attentato terroristico ha provocato uno sconvolgimento così profondo delle nostre vite che deve essere ricordato e ricollocato nella memoria collettiva.
Quello che non trovo giusto è l'uso retorico e strumentale che si sta facendo delle vittime di quella tragedia. Di una parte delle vittime, per la verità. Perché, e questo è il fatto che più non mi dà pace, noi tutti stiamo più o meno strumentalmente onorando la memoria solo di alcune vittime e non di tutte. Quelle che sono morte sul suolo americano. Le altre non esistono, o forse non devono esistere.
Quali altre? Quelle che sono state ammazzate al di fuori degli Stati Uniti a causa di quell'attentato e delle scelte più scellerate che l'hanno seguito. Penso a quelle duecentoventicinquemila persone che sono morte in Afghanistan, in Iraq, in Pakistan nelle guerre che abbiamo iniziato e mai finito dopo l'11 settembre. Nessuno sa realmente quante siano perché nessuno è mai riuscito effettivamente a contarle. Nessuno conosce i loro nomi, nessuno ha raccolto le loro foto, nessuno ha ricostruito le loro storie, nessuno sta costruendo in loro onore un memoriale, nessuno è andato a incontrare a scusarsi con i loro familiari, nessuno si è preso cura di loro.
Eppure anche loro sono morte a causa dell'11 settembre. Eppure anche loro erano quasi tutti innocenti. La loro sola colpa è stata di nascere nel posto sbagliato con il regime sbagliato. Non dimentichiamoli, dunque. Anche loro hanno diritto di entrare nella nostra memoria collettiva e nonostante qualcuno cerchi di cancellarli, ci entreranno. Perché la storia non si cancella.
PS: Aggiungo una sola breve considerazione sul bilancio di questo decennio. L'11 settembre 2001 la storia ha fatto un passo indietro. Pochi giorni dopo, il 7 ottobre, la storia ne ha fatto un altro. Molti altri passi indietro sono poi seguiti e oggi ci ritroviamo prigionieri di una gravissima crisi economica da cui non sappiamo come uscire. Questa è la storia di noi occidentali ma non di tutto il mondo. Per un'altra parte dell'umanità il bilancio di questo decennio è tutt'altro che negativo. Mentre noi spendevamo oltre 4 trilioni di dollari per fare la guerra altri investivano sullo sviluppo. Così noi oggi ci ritroviamo più poveri e insicuri e loro hanno ritmi di crescita impressionanti. Loro sono andati avanti. Noi siamo andati indietro. Noi piangiamo e loro festeggiano. Probabilmente il 12 settembre dovevamo imboccare un'altra strada. Quando verrà il giorno in cui potremo esclamare: "Meglio tardi che mai"?
Flavio Lotti - Coordinatore Nazionale della Tavola della Pace
Ricevo questo scritto d Flavio Lotti, Coordinatore Nazionale della Tavola per la Pace, che pubblico volentieri, condividendone pienamente il messaggio. Tafanus
Scritto il 11 settembre 2011 alle 13:45 | Permalink | Commenti (1)
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Quanti decenni serviranno all'Italia per rifarsi un'immagine?
Scritto il 11 settembre 2011 alle 09:00 nella Berlusconi, Satira | Permalink | Commenti (13)
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Scritto il 11 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (1)
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Se tutti facessero come lui, non esisterebbe più la giustizia. Sarebbe il caos. La notizia che Berlusconi sia intenzionato a evitare il confronto con i pm di Napoli fissato per martedì prossimo rivela la sua totale mancanza di rispetto per le regole e per le istituzioni.
E sai che novità, direte voi. E invece, ogni volta, il comportamento del premier lascia esterrefatti. Questa volta, poi, più che in passato. Quello di martedì non è l’interrogatorio di un imputato, ma della vittima – così, per il momento, è scritto nelle carte giudiziarie – di un’estorsione. Quindi un interrogatorio di garanzia. Per giunta concordato, appena qualche giorno fa, tra l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, e i pm di Napoli.
Certo, anche un confronto imbarazzante per il premier, nel quale egli avrebbe dovuto spiegare perché parlava a telefono con un tipo come Lavitola e soprattutto perché versava fior di quattrini al mese, siamo vicini al milione di euro, al signor Tarantini. Certo, magari nel corso del confronto – che, si badi, sarebbe stato senza avvocati – i pm gli avrebbero potuto chiedere perché pagava e che cosa temeva.
E invece ecco che salta tutto. Che prevale la strategia anti giudici. La solita. Vince la teoria della fuga di notizie. E – lo dico con chiarezza ai lettori di questo blog – io alla fuga pilotata dalla procura non ci credo. I pm di Napoli non sono così sciocchi da fare il gioco del Cavaliere e soprattutto, viste le carte che hanno in mano, non ne hanno bisogno.
E allora, signor Berlusconi, faccia come tutti gli italiani che vengono chiamati dal magistrato per testimoniare. Dia l’esempio. Ci vada. Se non ha paura, ovviamente. (dal blog di Liana Milella)
...vedi, Liana... il problema è che Berlusconi non è "come tutti gli italiani", ma è come gli italiani peggiori. Quelli come Alberto Sordi nel "Medico della Mutua", o come Cetto Laqualunque. Quindi non facciamoci del male aspettandoci, ogni volta, il miracolo di un comportamento civile (e civico). Partiamo da presupposto che una cosa così mirabile non accadrà MAI. Così, se un giorno, per un puro errore, dovesse accadere, saremo tutti piacevolmente sorpresi, molti di noi crederanno ad un miracolo, alcuni correranno a convertirsi... Tafanus
Scritto il 10 settembre 2011 alle 16:15 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (2)
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Le dimissioni di Juergen Stark affondano le Borse e l'euro. La decisione, ufficialmente per motivi personali, è in realtà frutto del conflitto interno sul ruolo della Banca centrale nel sostenere la ripresa di paesi come Italia e Spagna con acquisizioni di loro titoli di stato
Juergen Stark, capoeconomista della Bce
ROMA - La Banca centrale europea si spacca sul tema scottante degli acquisti di titoli di Stato: Juergen Stark, membro tedesco del comitato esecutivo dell'istituto, nonché capoeconomista, si è dimesso. La notizia doveva essere annunciata a mercati chiusi, ma è bastata l'indiscrezione dell'agenzia Reuters a far crollare i mercati e l'euro. Il motivo delle dimissioni sarebbe il conflitto interno fra "falchi" (di cui Stark era considerato il primo rappresentante) e "colombe" nel board della Banca centrale sul ruolo e il peso dell'istituto nelle operazioni di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà [...]
Ieri il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, aveva rifiutato commenti alla domanda se l'istituto avesse intenzione di sostenere ulteriormente lo sforzo di paesi come Italia e Spagna alle prese con manovre e misure per la riduzione dei deficit e il riequilibrio dei bilanci.
Le Borse hanno reagito immediatamente, accelerando al ribasso dopo una mattinata già segnata ovunque dalle vendite e disegnando alla chiusura un nuovo venerdì nero: Piazza Affari perde il 4,95% a 14.020 punti (...la borsa peggiore d'Europa, tanto per cambiare... NdR)
Giù anche l'euro, tornato ai minimi di sei mesi fa a 1,3699 sul dollaro. L'effetto si è visto anche sull'andamento dello spread fra titoli italiani e tedeschi: il differenziale fra i Btp decennali e bund omologhi è tornato oltre la soglia dei 370 punti base, prima di riassestarsi sotto i 360.
A effetto ormai acquisito dai mercati, la Bce è stata costretta ad anticipare l'ufficializzazione delle dimissioni con un comunicato, nel quale è detto che Stark ha informato il presidente dell'Eurotower, Jean Claude Trichet, che "per ragioni personali" rassegnerà le dimissioni "prima della fine del suo incarico" previsto il 31 maggio 2014 [....]
L'incubazione dello scontro che ha portato alle dimissioni di Stark è avvenuta nei primi giorni di agosto, quando la Bce ha deciso la riattivazione del programma, sospeso da 5 mesi, di acquisti di titoli di stato dell'Eurozona. Secondo la ricostruzione fatta oggi dal 'Frankfurter Allgemeine Zeitung', nella riunione di emergenza convocata per decidere se riprendere gli acquisti di titoli sovrani per salvare Italia e Spagna, che minacciavano di essere travolte dalle turbolenze di mercato, Stark votò contro e con lui l'altro consigliere tedesco, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, e altri due presidenti di banche centrali, presumibilmente del Nord Europa.
Il resto dei 23 membri del consiglio direttivo (i 6 membri permanenti dell'esecutivo, tra cui presidente e vice-presidente della Bce, e i 17 presidenti o governatori delle banche centrali nazionali dell'Eurozona) aveva però dato via libera alla riattivazione del programma. Nell'ambito del programma, da maggio 2010 ad oggi la Bce ha acquistato bond dell'Eurozona per circa 130 miliardi.
Restando alla nota ufficiale, il presidente Trichet ha "ringraziato di cuore" Stark "per il suo eccezionale contributo all'unità europea in questi anni" e per la sua "eccezionale dedizione in qualità di membro del Comitato esecutivo e del Consiglio direttivo per più di cinque anni". Nessun commento dal governo di Berlino né dalla Commissione europea, ma secondo fonti governative tedesche la Germania proporrà un proprio candidato per la sostituzione. Secondo il canale tedesco N-Tv, a prendere il posto di Stark dovrebbe essere il vice ministro delle finanze tedesco, Joerg Asmussen.
La scelta di Stark lascia irrisolto il nodo della politica Bce sul sostegno ai debiti sovrani. I "falchi" vedono nel programma di acquisti una scorciatoia per i furbi, quei Paesi che non rispettano i parametri concordati a livello comunitario. Le "colombe" guardano più alle conseguenze che il tracollo di un Paese potrebbe avere sulla stabilità dell'euro e sulla stessa Ue. Lo stesso Mario Draghi, governatore di Bankitalia e successore di Trichet, aveva sottolineato la necessità che i singoli Paesi non facessero eccessivo affidamento sugli acquisti di bond da parte Bce. Sull'altro fronte, invece, il governo italiano è proprio uno di quelli che ci contano decisamente, come confermato dalle recenti dichiarazioni del ministro Franco Frattini al convegno di Cernobbio.
Non è un caso, dunque, se la Commissione bilancio della Camera ha sospeso l'esame della Manovra per riunire il comitato di presidenza e valutare le conseguenze del caso Spark sullo spread e sui mercati. Parlando alla Festa dell'Udc, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha detto: "Oggi il nostro paese è in pericolo. O i problemi li diciamo chiaramente o se li lasciamo fuori dal tavolo facciamo un danno al Paese". Repubblica.it
Sono passati solo 4 giorni da quando abbiamo iniziato un post dal titolo "Il Paese di Merda inizia bene la settimana" con queste parole:
"...La borsa apre male, poi peggiora - Apertura in calo del 2% sul crollo di venerdì. Poi peggiora. Alle 15,30 è sotto di oltre del 4,83%. Lo spread btp-bund ha superato ormai quota 360, e mercoledì la UE potrebbe decidere di porre un freno all'acquisto di titoli di stato dei Paesi di Merda...!
E' sempre antipatico dire "l'avevamo detto", anche perchè per fare una previsione così non c'era bisogno né di un economista della LSE, né del Mago Otelma. Bastava sapere che i fondi della BCE destinati a questo scopo erano in tutto di 440 miliardi, e che il sostegno a Spagna e Italia (anzi, a Italia e Spagna) 5/10 al giorno. Ora, con la manovra che si rimangia i tagli ogni mezz'ora, ma miracolosamente i saldi continuano a salire, abbiamo toccato il punto di non ritorno. Adesso rischiamo di essere abbandonati al nostro destino. O arriva un patrimoniale VERA, o la settimana prossima porteremo i libri in tribunale. Affiliamo i forconi. Tafanus
P.S.: Si impennano i Cds - Tornano decisamente a salire i contratti derivati credit-default swap (che coprono dal rischio di insolvenza) sui Paesi europei a maggior debito. In rialzo i "cds" sull'Italia, a 439 punti, mentre la Spagna viaggia a 392 punti... Insomma, siamo considerati ormai stabilmente più a rischio della Spagna.
Scritto il 10 settembre 2011 alle 11:30 nella Berlusconi, Economia, Politica | Permalink | Commenti (10)
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Scritto il 10 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (11)
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E quell'articolo è pieno di dettagli giudiziari: ci sono particolari sulle intercettazioni dei dialoghi tra lui e Giampaolo Tarantini, il Giampi che nel 2008 portava prostitute e amiche a casa del Cavaliere. Nell'indagine è coinvolta anche la moglie di Giampi, Angela Devenuto, che gli amici più intimi chiamano "Ninni" o "Nicla". La donna ha una relazione con Lavitola nata tra i fornelli di casa del faccendiere, mentre lui le cucinava il coniglio. Oggi Lavitola è diventato lepre in fuga per il mondo, mentre i coniugi Tarantini sono stati arrestati. E la sua latitanza è cominciata, forse per coincidenza, dopo aver parlato al telefono proprio il 24 agosto scorso con Silvio Berlusconi, che già in quel momento sembra essere a conoscenza - come lo erano i giornalisti del settimanale mondadoriano - del lavoro riservato dei pm napoletani e della richiesta di arresto che avevano presentato al gip Amelia Primavera.
Il faccendiere è a Sofia per concludere affari per conto di Finmeccanica ma si rende subito conto del pericolo. Per questo si attacca al telefono e comincia a comporre ripetutamente il numero di Marinella Brambilla, la storica assistente personale del premier. Dall'inchiesta emerge come la Brambilla conosca perfettamente lo stretto rapporto che lega Lavitola al Cavaliere. La donna spiega che "lui" è impegnatissimo tra crisi economica e turbolenze politiche: non può rispondere. Lavitola dalla Bulgaria però insiste e, preso dall'ansia per le notizie che rimbalzano su tutti i media, continua a chiamare. E dopo vari tentativi, gli passano al telefono Silvio Berlusconi.
Il premier si mostra calmo, la voce è serena: rassicura Lavitola, spiega che tutto sarà chiarito e gli dice di "stare tranquillo". A quel punto - come se fosse un'anticipazione della sua autodifesa - gli espone quella che sarà la linea: la stessa in parte pubblicata alcuni giorni dopo sullo stesso settimanale autore dello scoop sull'inchiesta. Berlusconi ricorda a Lavitola che attraverso lui ha "aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche". E sottolinea: "Non ho nulla di cui pentirmi, non ho fatto nulla di illecito".
Da Sofia Lavitola sembra comprendere: capisce quale è la linea difensiva e concorda su questi punti. Appare però sconfortato e in qualche modo anche dispiaciuto per le intercettazioni. È rammaricato per essere stato registrato mentre parlava con il premier. Lavitola, a quanto sembra, aveva assicurato a Berlusconi che le utenze panamensi usate per i loro dialoghi telefonici erano a prova di intercettazione e quindi sicure. Ma così con è stato. La Digos di Napoli è riuscita a captarle tutte su delega dei pm Piscitelli, Woodcock e Curcio. Il premier anche in questo caso mantiene un tono di voce calmo e risponde a Lavitola in modo sarcastico: "Te lo avevo detto che ci avrebbero intercettati".
A quel punto il faccendiere è "giudiziariamente" con le spalle al muro, e chiede consiglio al premier: "Che devo fare? Torno e chiarisco tutto?". Berlusconi risponde: "Resta dove sei". Il messaggio è chiaro, non richiede commenti. Già pochi mesi fa Lavitola si era rifugiato a Panama dopo avere saputo dell'arresto di Luigi Bisignani per l'inchiesta sulla P4: lui stesso ammette, parlando con la moglie di Tarantini, di avere responsabilità penali in questa storia collegata a Finmeccanica. E anche dopo la telefonata con Berlusconi i piani di viaggio dell'ex direttore dell'"Avanti" cambiano improvvisamente. Organizza la fuga, cercando la meta più ostica per la giustizia italiana: il Brasile. Lui aveva già in tasca un biglietto per Roma, destinato a non essere usato perché compra di corsa un volo per il Paese sudamericano scelto per trascorrere la latitanza.
La procura napoletana sostiene che lo scoop del settimanale di casa Berlusconi ha favorito gli indagati. E forse anche Berlusconi che in questa vicenda compare formalmente come parte offesa. Per il procuratore aggiunto Francesco Greco che coordina l'inchiesta, le indagini sono state "fortemente compromesse" proprio "dalla criminosa sottrazione di numerosi e rilevanti contenuti della richiesta di misura cautelare ad opera di ignoti a cui ha fatto seguito la pubblicazione degli stessi su alcuni giornali nazionali". Secondo il procuratore capo, Giovandomenico Lepore pubblicare notizie del genere "è come avvisare l'indagato del suo arresto. Vogliamo andare fino in fondo perché è un fatto gravissimo e non è la prima volta che accade".
I pm hanno aperto un fascicolo di indagine sulla fuga di notizie, in cui viene ipotizzato il favoreggiamento: la pubblicazione di ampi stralci della richiesta di custodia cautelare può aver agevolato gli indagati. Lavitola ha evitato l'arresto ed è latitante ma resta il sospetto che dopo la diffusione della notizia molte persone abbiano potuto far sparire prove compromettenti. Tarantini e sua moglie hanno avuto il tempo di concordare una linea difensiva, tanto da stilare una memoria poi consegnata in carcere al giudice. Insomma, tutti i protagonisti al momento della retata sapevano cosa dire; compreso Berlusconi, indicato come vittima di un'estorsione che lo ha portato a sborsare in un anno 850 mila euro. Soldi diretti ai coniugi Tarantini ma deviati in buona parte nelle casse di Lavitola, che ne ha intascati ben 400 mila.
Per il faccendiere - ritenuto dagli inquirenti la mente del ricatto - la coppia rappresentava la gallina dalle uova d'oro che avrebbe permesso di mettere "con le spalle al muro" Berlusconi. E costringerlo a pagare per far tacere Tarantini su quelle serate nelle residenze romane e milanesi del premier allietate da prostitute ed amiche pronte a tutto. Insomma, un silenzio che vale oro. Ora dalla latitanza Lavitola parla attraverso i giornali e annuncia che vuol tornare in Italia per farsi arrestare, ma prima lancia un messaggio: "Ho una famiglia da mantenere. Quando entrerò in cella come vivranno mia moglie e mio figlio?" Non è difficile ipotizzare che la domanda sia rivolta a qualcuno che ha già "aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche".
Scritto il 09 settembre 2011 alle 18:45 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (4)
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La lettura del decreto approvato dal Senato con la fiducia è leggermente diverso dalla sbandierata auto-flagellazione della casta. E' una manovra affascinante, perchè mentre quasi tutto ciò che doveva essere tagliato rimane al suo posto, i mitici "saldi di bilancio" intoccabili sono addirittura passati da 45,5 miliardi a 54 miliardi. Miracoli dei numeri a cazzo. Non siamo sicuri di ricordare tutto, ma proveremo a ricordare molto.
I tagli dei costi della Camera - Tre settimane fa l'ANSA, con una punta d'orgoglio, annunciava "tagli" al bilancio della Camera per 150 milioni, pari al 14,2% dell'attuale bilancio di 1,056 miliardi. Il decreto approvato dal senato taglia i costi della Camera dello 0,71% (un ventesimo di quanto annunciato).
I tagli dei costi del Senato - Il senato era ancora più coraggioso. Annunciava tagli per 120 milioni su 574 (un buon 20,9%). La realtà della legge: tagli per lo 0,34% (meno di un sessantesimo di quanto annunciato).
L'accorpamento dei piccoli comuni - Tre settimane fa un tronfio ranocchio padano (lo stesso che qualche mese fa, in favore di telecamera, aveva mandato al rogo 350.000 leggi inutili, delle 66.000 esistenti in totale), aveva annunciato l'accorpamento forzoso dei piccoli comuni, l'abolizione delle province, tagli con l'accetta ai consigli regionali. Aveva annunciato la demolizione di 54.000 poltrone della casta. Basta con quei privilegiati di consiglieri comunali da 100 euro all'anno lordi. Oggi dell'accorpamento dei piccoli comuni nel decreto non c'è traccia.
L'abolizione delle province - Quando se n'è cominciato a parlare, erano 98 in tutta Italia. Oggi sono 110. Il solito incendiario di leggi annunciava (ma solo come antipasto), il taglio di 37 province. Tutte quelle sotto i 300.000 abitanti. Poi però il ranocchio si accorgeva che così cadeva anche la città di Tremonti, ed ecco pronto "l'emendamento Sondrio". Si salvavano le province sopra una certa superficie in kmq, anche se prive dei 300.000 abitanti. Guarda caso, Sondrio ed altre 14 province erano salve. Ma ne restavano ancora 22. Troppe. Allora tutto è rimandato ad una fantomatica "legge costituzionale" (doppio passaggio alla Camera ed al Senato a distanza di tre mesi, più referendum confermativo. Per tagliare le province? NOOO! Solo per cambiare il loro nome. La "legge costituzionale prevede infatti la contestuale creazione di "entità intermedie fra Comuni e Regioni, denominate "Aree Ampie". Insomma, fra qualche lustro io non abiterò più in provincia di Monza e Brianza, ma nell'Area Ampia di Monza e Brianza. Sono felice!
Il taglio dei consigli regionali - Non pervenuto.
La soppressione degli enti inutili - Riepiloga Gian Antonio Stella: "...bollati addirittura nella prima versione del codice delle autonomie, provvedimento governativo arenato in Senato da quattordici mesi, come «enti dannosi». Estate 2008: «Entro quest'anno sugli enti inutili calerà la ghigliottina». Estate 2009: «Via 34.000 enti inutili». E via così. Il risultato si può leggere nella relazione tecnica della manovra del 2011: «L'abrogazione degli enti con dotazione organica inferiore alle 50 unità non ha prodotto alcun risparmio». Enti tagliati? Manco uno. Ed ecco il 13 agosto scorso una nuova Ansa: «Via gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità». Lo prevede il testo della manovra ma «con esclusione degli ordini professionali e loro federazioni, delle federazioni sportive, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni». Restano fuori anche le organizzazioni per la Giornata della memoria, del Giorno del ricordo, le Autorità portuali e gli enti parco...". Risultato? L'unica soppressione attuata è quella che riguarda la legge sulle soppressioni degli enti inutili. Soppressa.
Gli stipendi ai politici di ogno ordine e grado - Ci avevano giurato che sarebbero stati adeguati alla media europea. Poi, ecco l'emendamento notturno: La media non si fa sull'Europa dell'area euro, e nemmeno su quella allargata. Si fa sui sei paesi col PIL più alto d'Europa. Morale: niente tagli, e in molti casi addirittura aumenti. Avidità? Macchè... Rispetto delle regole.
Il contributo di solidarietà ai parlamentari con doppio lavoro - Secondo calcoli fatti sulla base delle dichiarazioni dei redditi dei parlamentari, con la precedente versione della manovra costoro avrebbero pagato in media 70.000 euro all'anno a tempo indeterminato. Con le nuove regole finite nel decreto, molto più blande, in media pagheranno solo 10.000 euro, e solo per tre anni.
Il riscatto del servizio militare - Prima versione: avrebbe dovuto sparire. Poi qualcuno ha ricordato che il servizio militare - anche se retribuito con du pacchetti di nazionali senza filtro, era obbligatorio e remunerato. Quindi questa regoletta di non considerare il riscatto (oltretutto oneroso) nell'anzianità a fini pensionistici, avrebbe portato lp Stato a perdere decine di migliaia di cause.
Il riscatto della laurea - Quasi lo stesso discorso: è stato un riscatto oneroso, ed è stato il frutto di un patto legislativo. Era una marchetta alla Lega, che di laureati ne conta qualche decina (quasi tutti usciti dalla CEPU e dalla Scuola Radio Elettra TV per Corrispondenza). Secondo quel genio di Sacconi avrebbe toccato non più di 4000 persone. Smentita a giro di posta dall'INPS: "Secondo i nostri archivi, coloro che hanno riscattato la laurea, e non sono ancora in pensione, sono oltre 600.000".
Lo scandalo dei vitalizi dopo l'ingresso, anche per un giorno, nella casta politica - Nella versione per la TV della manovra c'era scritto che "dopo la scadenza dell'incarico nessun titolare di incarichi pubblici, anche elettivi, può continuare a fruire di benefici come pensioni, vitalizi, auto di servizio, locali per ufficio, telefoni, etc...". Nel testo approvato è sparito ogni riferimento a "pensioni e vitalizi".
Le manette agli evasori - Nella manovra scritta, spunta la "franchigia": evadere fino al 30% del fatturato della propria impresa, si può. Facciamo un esempio a caso: l'anno scorso Mediaset e Mondadori hanno fatto utili per circa 400 milioni. Quindi il Cavaliere e i suoi soci sono autorizzati ad evadere fino a 120 milioni senza rischiare la galera. Invece un imbianchino che dovesse nascondere 3000 euro di fatturato su 12.000 euro, finirebbe in galera con tutta la scaletta e i secchi della pittura.
La norma anticorruzione - "Giaceva" in senato da oltre un anno. Prevedeva il divieto di sedere in Parlamento per tutti i condannati in via definitiva per reati di tipo corruttivo, a pene superiori ai due anni. Cosa è diventata la norma scritta in decreto? Leggiamo da Stella: "...delega al governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi...". Ricapitoliamo? Prima bisognerà approvare la legge. E già immaginiamo che verrà opportunamente modificata alla Camera per poi tornare in terza lettura al Senato... Un annetto per ogni passaggio e già siamo fuori tempo massimo. Ma se per miracolo dovesse superare l'esame del Parlamento prima della fine della legislatura, da quel momento il governo avrà ancora un anno di tempo per scrivere la delega. Campa cavallo... Per capire cosa è successo "davvero" è sufficiente citare un caso: quello di Salvatore Sciascia, l'ex manager Fininvest condannato in via definitiva a due anni e mezzo per corruzione della Guardia di finanza e portato nel 2008 in Senato. Come ha votato? Indovinato: a favore.
Il taglio di metà dei parlamentari - Sparito. Non si può chiedere a questa gente di fare harakiri... Pensate... Col porcellum e il 30% dei voti, il PdL garantiva - col premio di maggioranza - 346 deputati alla propria coalizione. All'interno della quale, col triplo dei voti rispetto alla Lega, poteva offrire circa 250 posti ai suoi avvocati, agli ex impiegati Fininvest, e a qualche troia assortita. Col "taglio" di metà dei deputati, col maggioritario che vira dall'altra parte, e col PdL che vira verso i due terzi (e non i tre quarti) di peso nella coalizione, i deputati diventerebbero 315. La parte per tutti i perdenti messi insieme sarebbe di 142 deputati; almeno 25 andrebbero a centristi ed alleati minori del cavaliere. Ne resterebbero circa 120, da spartite con la Lega, in ragione di 25 a 10. Quindi i posticini riservati al coté "italoforzuti" passerebbe da 250 a 85. Al Cavaliere si può chiedere l'impossibile, ma per i miracoli ha bisogno ancora di un po' di allenamento. Morale, di dimezzamento dei parlamentari non si parla più.
Allora non ci resta che affidarci al commento di tale Vefritea sul Corrierone: "...L'unico dubbio è se sezionarli orizzontalmente o verticalmente. Ritengo preferibile la prima soluzione e fare entrare nelle aule solo la parte inferiore, perchè quella superiore (con la testa) hanno dimostrato di non saperla usare..." Grandiosa!
Il "contributo di solidarietà"
# Prima versione: 5% sulla parte di reddito eccedente i 90.000 €, 10€ sulla parte eccedente i 150.000 . Gettito previsto: 4,5 miliardi.
# Seconda versione: idem come sopra, il contributo sarebbe stato "detraibile". "Detraiamo" il 44% (aliquota marginale più elevata), e il contributo diventa del 2,8% e del 5,6%. Le previsioni di gettito si riducono a 2,5 miliardi.
# Terza versione: il contributo di solidarietà sparisce. Gettito previsto: 0,0%
# Quarta versione: contributo del 3% sui redditi eccedenti i 500.000 euro. Quanti sono? Undicimila. In media, di quanto "eccedono"? di poco. Di circa 100.000 euro in media. Contributo di 3.000 ad 11.000 poveri ricchi. Gettito annuale previsto: 33 milioni (MILIONI, non MILIARDI). Tremila euro su 600.000 dichiarati, ad occhio sono lo 0,5% del reddito complessivo. Ce la faranno a farcela?
# Quinta versione: contributo del 3% (non è chiaro se detraibile o meno) a carico di chi guadagna più di 300.000 euro, solo sulla parte eccedente, e solo per tre anni. Quanti sono questi ricchi? Pochini... solo 34.000. Di cui 22.500 dichiarano in media 400.000 euro, mentre 11.500 dichiarano in media 600.000 euro. Media ponderata per i magnifici 34.000? La bellezza di 468.000 euro. Quindi in media pagheranno il 3% su 168.000, ma solo per tre anni. Introito previsto? 350 milioni (non MILIARDI): un tredicesimo dell'introito previsto dalla prima versione. La bellezza di 3.431 euro all'anno in più, pari ad un prelievo dello 0,73% dul reddito denunciato. Insomma, un vero furto con scasso.
Consigliamo caldamente di soprassedere, per il momento, dal lanciare sottoscrizioni e raccolte di fondi in favore dei ricchi che piangono. A quelli viene da piangere, ma solo per le grasse risate. Ora non ci resta che tentare di capire come sia possibile che il gettito totale di una manovra che perde pezzi ogni mezza giornata, contestualmente denunci saldi totali continuamente crescenti. Qualcuno deve aver deciso che alla BCE il Q.I medio sia sotto i 50 punti. Ci puniranno. Tafanus
...toh... i "mercati" hanno già letto il decreto, e cominciano già a pestare...Alle 13 il FTSE-Mib perde l'1,71%. Tanto per cambiare, la peggiore borsa europea...
Scritto il 09 settembre 2011 alle 14:00 nella Berlusconi, Economia, Politica, Satira | Permalink | Commenti (1)
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I numeri 2760889966649 (per Mattia) e 2760889966651 (per Alice) sono davvero dei numeri primi? Non lo sappiamo, e tutto sommato non ce ne può fregar di meno. Invece la brigata - sempre affollatissima - di numeri a cazzo, partoriti da politici, politicanti ed apprendisti, ci interessa e come...
Perchè è sulla base dei numeri a cazzo, e non dei numeri primi, che vengono prese decisioni che determinano la qualità (ma più spesso l'assenza di qualità) della nostra vita.
Vorremmo, col concorso dei lettori, iniziare un'operazione-pulizia, tendente a snidare i "numeri a cazzo" passati, presenti e futuri. Sulla falsariga della mitica rubrica di Cuore "Tutti delatori: fotografate l'insegna più cretina della vostra città", vi rivolgiamo un caldo invito:
"Tutti delatori: segnalate il vostro numero a cazzo preferito"
...ATTENZIONE... cambia la maglia marron! Da oggi non è più in testa Maurizio Sacconi, superato da Alessandro Sallusti! (vedi il numero a cazzo 16°)
-1) Marzo 2010: Calderoli manda al rogo 375.000 leggi inutili italiane - Tutto questo, in soli 210 giorni lavorativi da quando è al governo.. Analizziamo questi due numeri a cazzo? Calderoli ha eliminato (supponiamo dopo averle almeno lette, e valutato gli effetti della eliminazione) 375.000 leggi in 210 giorni; 1.786 leggi al giorno; 223 leggi all'ora; 3,7 leggi all'ora; una legge ogni 16 minuti. Qualcuno riesce a trovare una legge a cazzo più a cazzo di questa, da porre in apertura di questo tormentone?
Ma ci sono, 375.000 leggi da bruciare, in Italia? No, non ci sono. Secondo Tremonti (un compagno di merende di Calderoli, aduso ad esagerare), sono 200.000. Secondo Panorama, giornale di famigghia, sono fra le 100.000 e le 150.000. Secondo l'on. Costa (liberal-fustigatore di costumi folgorato sulla via di Arcore, sono 66.000. Insomma, anche bruciandole tutte, Calderoli ne avrebbe bruciate 6 volte tutte quelle esistenti. Ma c'è di peggio. Vi rinvio alla analisi completa
-2) Lo scudo Fiscale, i numeri a cazzo del Governo, e quelli del (Super) Ministro dell'Economia - Il governo stimò un rientro di capitali per un totale di circa 300 miliardi, il Ministero dell'Economia previde un gettito fiscale una tantum di 3-5. Una considerazione e una domanda. La considerazione: fra il numero vero a consuntivo (80 miliardi) e quello stimato (300 miliardi) c'è un piccolo errore di circa il 275%. Se nella mia vita lavorativa avessi sbagliato una previsione del 275%, mi avrebbero prima licenziato in tronco, e poi torturato coi fili elettrici e le cicche di sigarette.
La domanda: se la previsione di rientro è di 300 miliardi, l'aliquota del 5%, il gettito previsto non dovrebbe essere di 15 miliardi? non uno di più, non uno di meno? Invece il Supercazzola con scappellamento a sinistra prevede un rientro di 300 miliardi, e un gettito di 3/5 miliardi. Ma 3/5 miliardi sono l'1/1,67%. Ma anche così... fra 1,00, me 1,67, non c'è una differenza del 67%?
-3) I numeri a cazzo di Calderoli sull'annientamento della casta dei consiglieri comunali. Dovevano essere cremati 54.000 appartenenti alla Casta (da 15 euro a seduta - NdR). Dovevano, perchè il provvedimento è già saltato. Ma i posti (ambitissimi) di consigliere di piccoli comuni che sarebbero spariti sarebbero stati circa 7.000. Insomma, il cazzaro in camicia verda, per semplificare (visto dhe è ministro della semplificazione), li aveva moltiplicati per otto.
-4) I numeri a cazzo di Sacconi sui laureati che sarebbero stati toccati dalla legge sulle pensioni. Circa 4.000. I numeri veri dell'INPS (che in materia ha gli archivi informatici: più di 600.000. Insomma Sacconi aveva dato un numero a cazzo sbagliato del 14900 %.
-5) I numeri a Cazzo di Angelino Alfano sulla prescrizione breve - La prescrizione breve, secondo Angelino, avrebbe toccato solo lo 0,5-0,8% dei processi in corso. Poi arriva la gelata del CSM che dopo aver consolidato i dati richiesti alle varie procure, certtifica: salteranno fra il 30 e il 40% dei processi in corso. Facendo le medie (0,65% Alfano, 35% il CSM), il Cazzaro Sngelino si era sbagliato solo del 1850%
-6) I numeri a cazzo di Berlusconi sull'immigrazione degli albanesi (segnalati da littlemouse) "abbiamo ridotto l'immigrazione dall'Albania del 137% (ipotesi di lavoro: per ogni cento albanesi che arrivavano, ne rimandava indietro 100, ed aggiungeva anche 37 fra siciliani, calabresi e comunisti toscani)
-7) I numeri a cazzo di Totò Cuffaro sul Ponte Silvio (segnalati da littlemouse): "Si calcola che mediamente passino sullo Stretto di Messina circa 3.500 autocarri, e altrettante auto. Il prezzo che deve pagare ogni autotrasportatore e' di 186 euro, mentre l'automobilista deve versare 38 euro. Se facciamo due conti, viene fuori che il Ponte di Messina, se realizzato, con gli stessi prezzi, potrebbe guadagnare 250 milioni di euro all'anno, cioe' 2.500 miliardi di euro in dieci anni (sic!). Se pensiamo che la realizzazione del Ponte di Messina costerebbe 5 miliardi di euro...''
Dunque: 3500 autocarri + 3500 macchine = 7000 mezzi al giorno... un giorno è di 24 ore = 1440 minuti... 1440 * 60 secondi = 86400 secondi 84600 / 7000 mezzi a motore = uno ogni 12 secondi! Ma la chicca è questa: la geniale moltiplicazione 250 Milioni * 10 anni = 2mila e 500 Miliardi!!! Perchè conti alla mano, se mai, per arrivare a 2500 Miliardi, tenendo buone le previsioni un filino ottimistiche sul traffico, servono 10 mila anni
-8) I numeri a cazzo di Silvio su Gianni Letta - Dalle intercettazioni Berlusconi-Lavitola: "...ma cosa dici? io di Gianni Letta mi fido al 100%. Anzi, cosa dico... mi fido al 100 per 1000..." Cioè, si fida al 10%... Non è poco!
-9) I numeri a cazzo di Silvio sull'occupazione: Un milione di posti di lavoro (Charly Brown)
-10) I numeri a cazzo sel senatur: "porteremo giù dalle valli 300.000 padani armati di mitra"
-11) i numeri a cazzo sulle Piazze - Quanti eravamo? da (un post del Tafanus)
Veltroni al Circo Massimo (capienza 378.000 persone), ottobre 2008. Siamo due milioni e mezzo.
Piazza San Giovanni - Verdini: Siamo più di un milione! (29 persone al metro quadro)
Piazza San Giovanni - Gianfranco Mascia: Siamo un milione e mezzo! (40 persone al mq)
Piazza del Popolo - Manifestazione dell'opposizione - Siamo 200.000! (13 persone al mq)
Piazza Navona, Luglio 2008 - Gianfranco Mascia: siamo 200.000! (17 persone al mq)
-12 I numeri a cazzo di Silvio su Prodi - Le 62 tasse messe da Prodi (?) (Giancarlo)
-13) I numeri a cazzo della Gelmini - I bidelli sono più dei Carabinieri (libertàvocercando)
-14) I numeri a cazzo di Silvio a Porta a Porta (alle prese con la conversione lira-euro A/R) - "...I numeri del diversamente alto a “Porta a Porta”. Parlando delle risorse per il terremoto in Irpinia parla di 60 miliardi delle vecchie lire e cioè 30 miliardi di euro. Corregge Vespa forse sono 3 miliardi di euro. Replica il nano no no 6 miliardi di euro sono 6000 miliardi di vecchie lire e continuando dice sono 30 miliardi di lire pari a 60 miliardi di euro. PS: Quindi ricapitolando 60 miliardi di lire = 30 miliardi di Euro o forse 3 miliardi, ovvero 30 miliardi di lire = 60 miliardi di euro e cioè 60 miliardi di lire = 60 miliardi di euro. (Gi2)
-15) I numeri a cazzo di Tvemonti sul recupero da evasione fiscale - Tvemonti ha rassicurato Trichet. "Abbiamo recuperato 25 miliardi dall'evasione in tre anni. Adesso che abbiamo inserito nella manovra la collaborazione dei Comuni e le manette agli evasori, le cose miglioreranno ancora, Incasseremo almeno 2,5 miliardi nei prossimi due anni. (Dunque, si passa da 25 miliardi in tre anni - pari a 8,3 miliardi all'anno, a 2,5 miliardi in due anni - pari a 1,25 miliardi all'anno. Un grandissimo niglioramento... del -85%)...
-16) I numeri a cazzo di Sallusti sulle tasse del Cavaliere - Stasera su "La7": "...nessuno può dire a Berlusconi che paga poche tasse. Le sue aziende pagano 450 milioni di €. Al giorno!..." (...avete capito bene! Per non essere frainteso, lo ha ripetuto diue o tre volte... Berlusconi paga ogni giorno 450 milioni di euro. Più di quanto non renda, in tre anni, la supertassa sui ricchi, che renderà 350 milioni. Silvio paga 450 milioni al giorno, pari a 13,5 miliardi al mese, pari a 162 miliardi di euro all'anno, pari a 313 mila miliardi di lire... Continuata voi, che a me scappa da ridere...) Tafanus
-17) i numeri a cazzo di Berlusconi sui costi processuali - "...in questi anni ho subito 2500 udienze e grazie al mio lavoro ho messo via un patrimonio che mi ha permesso di spendere 200 milioni di euro per consulenze agli avvocati. Ricapitolando 200.000.000 : 2.500 = 80.000 euro ad udienza !!!!!! Vogliamo fare una verifica fiscale a questi avvocati? (Gi2)
Dunque, con la sedicesima tappa, Sacconi strappa la maglia marron a Sacconi, che l'aveva conquistata nella quarta tampa. In attesa di altri numeri a cazzo, Sallusti è meritatamente primo. Tafanus
Scritto il 09 settembre 2011 alle 09:15 nella Politica | Permalink | Commenti (19)
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La latitanza di Lavitola, scrive L'Espresso, comincia «forse per coincidenza, dopo aver parlato al telefono proprio il 24 agosto scorso con Silvio Berlusconi, che già in quel momento sembra essere a conoscenza del lavoro riservato dei pm napoletani e della richiesta di arresto che avevano presentato al gip Amelia Primavera». Nel corso della telefonata, Lavitola chiede a Berlusconi: «Che devo fare? Torno e chiarisco tutto?». Berlusconi risponde: «Resta dove sei».
Dopo il premier che invitata ad evadere il fisco a coloro che pagavano più di un terzo del loro reddito, abbiamo il premier che incita alla latitanza. Se Tarantini gli costava 800.000 euro in un anno, più 20.000 euro al mese, cosa potrebbe costargli il generoso ed umanitario sostegno al Lavitola?
Scritto il 09 settembre 2011 alle 08:00 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (8)
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A Penati, se - come credo - ne sarà dimostrata la colpevolezza, dovrebbere infliggere il doppio della pena prevista per i reati commessi. La parte che gli spetterebbe come ladrone, ed un supplemento del 100% per aver attentato alla crescita del centro-sinistra sul centro-destra, nel momento più drammatico per l'Italia, dagli anni di piombo in poi.
Nonostante Penati, da luglio dell'anno scorso ad oggi, c'è stata una continua perdita di consensi del centro-destra, e una continua crescita del centro-sinistra. Intorno a metà marzo di quest'anno, le linee di tendenza si sono incrociate. Ad inizio luglio 2010 il centro-destra aveva un vantaggio di 5 punti sul centro-sinistra. A inizio settembre 2011, è il centro-sinistra ad essere davanti al centro-destra, di ben sette punti. Nonostante Penati. E ci chiediamo con rammarico quale sarebbe oggi il gap se non ci fosse stato Penati. Quello riportato in calce è il grafico di tendenza della possibile coalizione di CSX con l'attuale legge elettorale (PD + IdV + SEL), e della possibile coalizione di CDX (PdL + Lega). Gli altri, a sinistra come a destra, non contano niente. Il Grande Centro rimane inchiodato intorno al 13%, e quindi, in regime di maggioritario, farà la comparsa.
E' da supporre che neanche il prode Casini, col suo 6%, potrebbe spostare gli equilibri ritornando col Cavaliere Puttaniere, perchè non tutto il suo fantastico 6% lo seguirebbe.
L'analisi di tendenza è stata fatta anche per i vari componenti della coalizione (PD, IdV, SEL), e torna molto utile per sfatare luoghi comune che periodicamente ritornano, in puro stile "pugnette separate dai fatti", e che recitano:
-a) Bersani è un mollaccione senza palle, e oltretutto teneva il sacco aperto a Penati. Erga, il PD non può che affondare;
-b) IdV: alcuni lo vedono come un partito in continua, prorompente crescita; altri come un partito avviato al disastro. Entrambe le teorie sono errate, come vedremo;
-c) SEL è una forza scatenata della natura. Forse sarebbe più prudente parlare al passato...
Ma allora vediamolo, il comportamento dei singoli partiti:
Il PD, nonostante Penati, e nonostante Bersani (o grazie a Bersani?) viaggia in accellerazione verso il 29%, e consolida la posizione di primo partito italiano, e di leader indiscusso della coalizione di centro-sinistra. Che piaccia o non piaccia a Di Pietro e a Vendola, visto che oggi il PD da solo vale circa due volte e mezza la somma di IdV e SEL.
L'IdV non era in procinto di sfondare il muro del suono, né di precipitare nella Fossa delle Marianne. Da quando ha iniziato con toni a volte persino sgradevoli l'OPA sul PD ha iniziato a perdere, poi si è dato una calmata ed ha iniziato a risalire. Un movimento "avanti e indré" a somma zero. Dal 7,5% al 7,5% A/R, grazie anche all'effetto De Magistris, ed all'effetto Penati.
Anche Vendola, che aveva iniziato la sua strenua lotta tesa non già a portar via voti alla destra, ma al "vicino di banco" (...c'est plu facile...), ha dovuto sperimentare che la cosa non paga. Meglio fare la guerra ai nemici che agli amici. C'è da chiedersi dove sarebbe oggi SEL senza l'effetto Pisapia e l'effetto Penati. Da 5 mesi, in calo continuo ed accellerato di consensi.
E ora mi augurerei che, prima di sparare a zero (è diventata una sorta di moda) su chi non urla e non attacca gli alleati un giorno si e l'altro pure, ci mettessimo a ragionare pacatamente, serenamente, sui numeri, che sono sempre più testardi delle opinioni. Tafanus
Scritto il 08 settembre 2011 alle 16:30 nella Politica | Permalink | Commenti (12)
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Il Cda dell'azienda contrario alla produzione del programma nei modi adottati finora. La conduttrice: "Meno male che sono strategica per l'emittente". I consiglieri Nervo e Van Straten: "Il piano era già stato approvato, non è cambiato nulla. Non c'è la volontà politica". Lei: "Si accetti produzione interna"
ROMA - Serena Dandini commenta amaramente la decisione del cda della Rai, in cui il vertice aziendale ha ribadito l'intenzione di realizzare internamente il programma Parla con me: "Non mi sembra che ci sia la volontà di fare il programma, lo dicano e buonanotte". Dopo giorni di polemiche e contrasti sulle modalità di realizzazione del talk serale, uno dei punti di forza del palinsesto della rete, la decisione del Cda è sostanzialmente definitiva: "Parla con me" così come lo si conosce non andrà in onda nella data prevista per la partenza, il 27 settembre. E rischia di non tornare sugli schermi di Raitre, o di farlo non prima di gennaio.
Dandini "strategica". I motivi sono da ricercare nella proprietà del format, che è della Rai, incompatibile con la produzione del programma affidata esternamente alla Fandango. Negli scorsi giorni si era parlato di una polemica riguardante il numero di autori, troppi secondo la Rai. Ma da indiscrezioni provenienti dall'ambiente, sembra che la questione non sia stata mai realmente posta. La conduttrice ironizza: "E meno male che sono altamente strategica per l'azienda. Mi hanno detto il primo agosto che avrei avuto risposte in 48 ore. Sono passati 40 giorni... La partenza del programma è stata fatta saltare per inerzia". E se tutto il blocco produttivo di Parla con me passasse ad esempio a La7, si porrebbe la questione del format di proprietà Rai: la trasmissione non potrebbe comunque rimanere fedele al suo canovaccio, ma dovrebbe essere qualcos'altro.
Lei: "Dandini accetti produzione interna". "Parla con me dovrà essere una produzione interna Rai, come prevede la policy aziendale, poichè l'azienda ne detiene la totalità dei diritti. Questa, a quanto si apprende, la posizione espressa dal dg Lorenza Lei davanti al cda che si è svolto oggi. La conduttrice Serena Dandini dovrà accettare questa condizione se vuole continuare a condurre "Parla con me" sulla tv pubblica".
"Nervo e Van Straten: Motivazioni infondate". L'opposizione in Cda si chiede se il nodo non riguardi il programma stesso. Il rispetto della policy sull'uso di risorse interne per programmi della Rai, hanno ribadito oggi i consiglieri Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, non è un ostacolo reale perché si poteva seguire il criterio dell'infungibilità, o chiedere un piccolo 'sconto' a fandango sui costi di produzione. E comunque, sottolinea Van Straten, "il cda non ha mai votato una policy aziendale". La maggioranza ha fatto invece quadrato su Lorenza Lei. Paolo Garimberti ha invitato a 'codificare' una policy aziendale in un clima diverso, fuori dal caso specifico e in modo che si possa applicare a tutti.
In una nota, i consiglieri Rai scrivono che "Le motivazioni addotte dal dg Rai Lorenza Lei non hanno fondamento. Si dice che la presenza di una striscia di seconda serata è fondamentale nel palinsesto di Rai3. Allora non si capisce perchè non si rinnovi il contratto negli stessi termini dello scorso anno per permettere a 'Parla con me' di andare regolarmente in onda".
Proseguono i consiglieri: "Non c'è nessuna policy aziendale che imponga di gestire internamente le trasmissioni di cui Rai detenga i diritti del format ed è vero, al contrario, che tutte le persone necessarie a fare il programma sono esterni Rai e quindi dalla Rai dovrebbero essere comunque contrattualizzati. E infine che i tempi (l'inizio previsto nei palinsesti era il 27 settembre) non consentono di affidare la realizzazione a un gruppo di lavoro diverso da quello che l'ha fatto negli scorsi anni". Conclude la nota: "Non c'è volontà politica di fare la trasmissione. Del resto niente è cambiato da quando, ormai quattro mesi fa, approvammo i palinsesti dove 'Parla con me' era prevista e nessun problema era stato sollevato al riguardo".
Garimberti: "Sì al contratto con Fandango". La posizione dei consiglieri di opposizione è vicina a quella del presidente Rai Paolo Garimberti: "Se il contratto su "Parla con me" con Fandango approda in Cda, voto a favore in coerenza con il voto espresso a suo tempo sui palinsesti".
Scritto il 08 settembre 2011 alle 11:45 nella Media | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 08 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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Malgrado nessuno abbia preso nella minima considerazione le tesi da me esposte nell'Elogio della Recessione (Ed La Vita Felice, Milano), in questi ultimi tempi tutte le previsioni contenute nel libretto si sono puntualmente realizzate: la recessione c'è, la ripresa manca, all'autarchia ci si avvicina sempre di più, la crescita (+0,10%) in Germania si appresta a scendere sotto lo zero, dove peraltro si continuerà a definirla crescita, sia pure col segno "meno" davanti.
In questo quadro, tenendo presente il detto inglese "If you can't beat them, join them", non capisco perchè la mia visione della recesssione come un fatto positivo, educativo, costruttivo (che è assai meglio gestire e controllare, anzichè subirla oborto collo sperando che passi)... non debba essere neppure contemplata, almeno come ipotesi. Due precedenti illustri:
il 27 febbraio del 2009, Obama ha detto che la crisi non è un momento passeggero, da cui ci si possa riprendere tornando alla scriteriata "crescita" di un tempo, ma l'adattamento a una "definitiva" situazione reale, all'acccettazione di un passo indietro inevitabile e non evitato;
nel giugno dello stesso anno Benedetto XVI ha invitato il mondo a guardare alla recessione come a un'utile "occasione" per un ripensamento del nostro modo di vivere e per il ritorno ad un ritmo più saggio ed umano.
Domanda: Tre cretini, Obama Benedetto e il sottoscritto? Nessuno - tra i politici, gli economisti, le teste d'uovo dei giornali, si abbasserà a prendere in considerazione le ipotesi e le tesi ventilate nel libro di cui sopra? Tutti lì, a inseguire la chimera della ripresa, ad auspicare il ritorno al vortice produzione-consumo, anche là dove già si produce troppo, e nessuno ha
soldi da sprecare nel superfluo? Bah!...
Cordiali saluti
Luigi Lunari
Scritto il 07 settembre 2011 alle 19:00 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (3)
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Tanto tempo fa si diceva pane al pane e vino al vino: in altri termini, l’operatore ecologico veniva correttamente chiamato spazzino, i collaboratori scolastici bidelli (e non vi era alcun problema a farlo) mentre i politici erano quelli che una volta chiamavamo scemi del villaggio.
A Milano c’era infatti un tipo che girava con un carrello del supermercato declamando continuamente “la chiesa ti uccide con l’onda”, frase che suscitava ilarità malamente contenuta e la certezza che si trattasse di un tipo con qualche rotella fuori posto.
Oggi, invece, ci gustiamo i cosiddetti “aggettivisti”: “personaggi declamatori che trapuntano i loro ragionamenti, generalmente disinformati ed infarciti di soli aggettivi quale “certo” “forte” “onesto” (spesso riferiti a sé stessi o al partito che rappresentano) mentre rifuggono in totale tranquillità d'animo dal duro contatto con la realtà, intesa come valutazione dei numeri e della contabilità”
Facendo ancora riferimento al mantra “la tua chiesa…” viene immediatamente in mente un altro mantra, “…il federalismo…”, che presentato con la logica aggettivista color verde diviene “ineluttabile”, “risolutivo”, “efficiente”, “necessario”. Cosa sia questo federalismo nessun giornalista ha però pensato bene di chiederlo all’aggettivista capo che ha nelle sue precedenti esperienze non politiche solo una serie di tentativi di farsi passare per medico benché non abbia mai conseguito la laurea.
Del resto, i politici di ogni canto sono aggettivisti per definizione: non è infatti necessario che le azioni decise siano efficaci, basta che siano presentabili come positive all’opinione pubblica favorevole (e con sei televisioni a disposizione la cosa non risulta particolarmente complessa).
In sostanza: chi li ascolta non capisce quasi mai la sostanza delle cose che gli aggettivisti dicono perché, spessissimo, sotto gli aggettivi non c'è altro.
Un esempio ? beh, parliamo della burletta di questa dimostrazione di incompetenza e pressapochismo che viene chiamata “manovra finanziaria”.
Partiamo dalla genialata di decidere, a luglio, che la manovra sarebbe stata gestita con tempi di questo tipo: niente adesso, poco l’anno prossimo e una mazzata nel 2013, secondo trimestre. A nessuno sfugge che nel 2013, dopo le elezioni politiche, difficilmente avremo un esecutivo di centrodestra, stante l’evidenza della clamorosa incapacità di questo gruppo di aggettivisti certificata dal fallimento dello stato da loro causato. Allora, i furbetti del nanetto e dello scemo hanno giustamente pensato che la patata bollente si poteva lasciare al governo che verrà, con buona pace di chi segnalava da mesi il progressivo crollo della macchina statale italiana.
Questo è il risultato che si ottiene quando al posto di eleggere i propri rappresentanti si sceglie di non scegliere, o meglio di lasciare a dei banditi la gestione del potere: la furbizia prende il posto della competenza, e i giochini per mantenere le chiappe al caldo passano sopra le sacrosante esigenze del paese, sopravanzate da quelle di pochi criminali.
Criminali, certo.
Queste persone, che anche davanti al crollo continuano i loro affarucci incuranti del disastro imminente, sono criminali e vanno allontanati immediatamente (sperando non sia troppo tardi) dalla posizione che occupano. Non più tardi di una settimana fa, a seguito dei pannicelli caldi irresponsabilmente proposti da questa maggioranza di cialtroni, il sottoscritto ha ipotizzato un balzo dello spread bund-btp a 380: ieri puntualmente ci si è arrivati. E sinceramente non ci voleva un genio a capire che grazie a questi incapaci il risultato sarebbe stato questo: se infatti i governi Berlusconi sono responsabili del 27% del totale del debito pubblico Italiano, la permanenza dello stesso esecutivo, peraltro manifestamente incapace di qualunque decisione utile, non tranquillizza certo gli investitori.
C’è di peggio: prima della fine dell’anno andranno in scadenza qualcosa come 143 miliardi di euro di buoni del tesoro, che dovranno essere messi in vendita al prezzo che i mercati giudicheranno conveniente. Se, e dico se, lo decideranno: in altri termini, se una di queste aste di BTP dovesse andare deserta o quasi, il default dello stato Italiano sarà diventato realtà.
In altri termini, lo stato Italiano dovrà obbligatoriamente dichiarare di non poter pagare i propri creditori, ed allora ci sarà davvero da piangere: in primis piangeranno i pensionati, che non riceveranno un euro delle loro pensioni, ma insieme a loro vi sarà di fatto un disastro economico globale, che (purtroppo) travolgerà anche l’euro, stante la presenza di più nazioni in default come Grecia ed Italia.
Già. Altro che PIIGS, questa massa di imbecilli ci ha garantito un tracollo devastante che metterà la parola fine all’Italia come la conosciamo.
La figura che segue mostra l'andamento del Pil italiano (medie annue) negli anni considerati:
In pratica: negli anni dal 1951 al 1972, il Pil cresceva del 5,3% l'anno, dal 1973 al 1982 del 3,2% l'anno, dal 1993 al 2000 dell'1,6% l'anno, dal 2001 al 2003 dello 0,9% l'anno.
Ora, leggeteli come vi pare, ma di fatto grazie all’insipienza dei nostri amministratori, la competitività della nazione è calata regolarmente a fronte dei carico fiscale assurdo unito alla mancanza di servizi. In altri termini, la facile previsione (realizzata tramite una semplice regressione lineare dei dati prima visti) è che nel futuro risulterà facilmente prevedibile una contrazione del PIL, e quindi per mantenere lo stesso limite di spesa sarà obbligatorio aumentare la pressione fiscale.
Certamente la logica vorrebbe che la soluzione fosse un’altra, e cioè il taglio delle spese: in un precedente articolo abbiamo chiarito come sia possibile IMMEDIATAMENTE garantire risparmi complessivi per circa 45 miliardi di euro l’anno semplicemente mettendo a stecchetto coloro che sono la causa di questo disastro, e cioè i politici. Tenete conto che camera, senato e presidenza della repubblica, da soli, costano circa 3 miliardi di euro l’anno, le provincie circa 16, l’ICI sugli immobili del vaticano dai 5 ai 7 miliardi, l’otto per mille circa un miliardo, i finanziamenti ai partiti circa 500 milioni, i vitalizi agli ex parlamentari circa 300 milioni, quelli agli ex consiglieri regionali altrettanto.
I numeri parlano da soli. E non hanno bisogno di aggettivi - Giusto per la cronaca, sfatiamo anche la leggenda metropolitana per cui il problema non siamo noi ma in realtà l’Europa. Niente di più falso, ragazzi: la figura sotto mostra la differenza (in percentuale) tra il Pil italiano ed il Pil europeo.
Negli anni dal 1951 al 1972 avevamo, rispetto alla media europea, una crescita superiore del 10,4%, dal 1973 al 1982 una crescita superiore del 39,1%, dal 1983 al 1982 una crescita inferiore del 4,2%, dal 1993 al 2000 una crescita inferiore del 23.8%, e dal 2001 al 2003, una crescita inferiore del 25.0%.
In sostanza, se prima degli anni ottanta crescevamo di più, a partire dalla Milano da bere la nostra competitività è crollata contemporaneamente con l’innalzamento del nostro debito pubblico (causato prima dalla finanza allegra del ladro Craxi, e poi dalla finanza creativa dell’incapace Tremonti).
Conclusione: l'Europa non c'entra; il problema è nostro. I politici che hanno governato questo paese, dagli anni ottanta in poi, portano la totale responsabilità dell'inesorabile declino economico italiano e del disastro imminente: solo una radicale sterzata ci può tirare fuori da queste sabbie mobili. Siccome però la sterzata la dovrebbero dare gli stessi politici che hanno proddotto questo disastro, temo che siamo messi molto male.
Del resto, a pensar male si fa peccato, ma di solito si indovina…
Alex Cariani
Scritto il 07 settembre 2011 alle 14:15 nella Alex Cariani | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 07 settembre 2011 alle 09:45 | Permalink | Commenti (1)
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Non mancano i "piccoli incisi denigratori", ma fatti da ignoranti della materia. Un articolo di Libbbero? Macché!!! l'ho preso dal Fatto Quotidiano, un giornale notoriamente di sinistra...
D’Alema vende l’amata Ikarus II. La barca a vela dell’ex vicepremier, più nota per essere stata acquistata con un leasing acceso alla Banca Popolare di Fiorani (quella dei “furbetti del quartierino”) che per i successi velici ottenuti.
...tre sciocchezze in due righe sono un record persino per un giornalista del Fatto (che, pudicamente, non si firma. L'articolo è firmato "Redazione").
-a) Sul leasing: è difficilissimo legare il leasing della "barca di D'Alema" a Fiorani, per alcune piccole ragioni che persino un ragazzo di bottega avrebbe potuto verificare:
# la barca è stata messa in acqua nel 2002, tre anni prima che scoppiasse il caso Fiorani, arrestato nel 2005;
# la banca con cui stipulare il leasing è stata proposta a D'Alema ed ai soci dal cantiere costruttore (il Cantiere Stella Polare di Fiumicino), a condizioni di mercato. Era la banca con la quale il cantiere lavorava abitualmente;
-b) D'Alema - come il sottoscritto - non ha comperato una barca per vincere le regate, ma per andare per mare, ed occasionalmente cimentarsi a livello dilettantistico in qualche regata d'altura (vede, anonimo estensore... oggi se uno vuole vincere le regate d'altura non mette in barca una lavabiancheria e tre bagni, ma le brande in tela, un wc chimico, e poi un albero che, da solo, costa quanto la barca di D'Alema. Chiedere a Onorato, o alla signora Prada...
-c) E ciononostante, come lo stesso "Redazione", in una botta di distrazione, scrive più avanti, si è tolto anche "...qualche bella soddisfazione agonistica, come vincere il 24 aprile del 2009 la regata “Roma per tutti”: 526 miglia in cinque giorni, da Civitavecchia a Lipari e ritorno..." Non che sia importante, ma quando si scrivono articoli subdolamente denigratori, è meglio "viaggiare informati"...
Poi, sempre nello spirito di strumentalizzare il non strumentalizzabile, "Redazione" trova da ridire anche sull'inserzione.
"...così Massimo D’Alema ha deciso di vendere l’amata l’imbarcazione. L’annuncio è stato pubblicato a pagina 282 dell’ultimo numero del mensile specializzato Nautica. “Poche righe che trasudano orgoglio, passione e segreti tecnici finora nascosti:
‘Vendesi Ikarus sloop di 60 piedi, disegnato da Roberto Starkel, costruzione in lamellare di mogano e carbonio in resina epossidica. Piano velico semifrazionato con albero in carbonio. Pluripremiata imbarcazione per lunghe crociere veloci. Coperta in teak, attrezzature Harken con winch elettrici. Interni in ciliegio con 4 cabine, 3 bagni”. Insomma, il meglio (o quasi) che si può trovare a veleggiare in mare.
Vediamo. Se io avessi scritto l'annuncio, e avessi voluto dare una descrizione della barca, non trionfalistica ma precisa, avrei scritto:
‘Vendesi Ikarus sloop di 60 piedi, disegnato da Roberto Starkel, costruzione in lamellare di mogano e carbonio in resina epossidica. Piano velico semifrazionato con albero in carbonio. Pluripremiata imbarcazione per lunghe crociere veloci. Coperta in teak, attrezzature Harken con winch elettrici. Interni in ciliegio con 4 cabine, 3 bagni”.
Esattamente come nell'annuncio di D'Alema. Niente di trionfalistico, molti dettagli tecnici, cioè ciò che un potenziale compratore vuole sapere. Il minimo. "Segreti tecnici finora nascosti!"??? Anonimo amico, ma che cazzo dice... Non siamo mica alla America's Cup... di segreto, nella barca di D'Alema, non c'è proprio niente. Forse di misterioso per un incompetente si, ma segreti tecnici... Niente profili velici studiati nella galleria del vento, niente profili NACA per le parti sommerse, mi creda...
Poi citare l'Ikarus e il Cantiere Stella Polare come Il Meglio che si possa trovare (o quasi), è solo il perdonabile frutto di ignoranza specifica di "Redazione". Si informi, il nostro amico. Si faccia dare da uno informato notizie su Baltic Yacths (il cantiere della sua precedente barca), su Sangermani, su Carlini, su Pexino, su Perini, sui Cantieri del Pardo... Potrebbe così evitare, in futuro di dire (e scrivere) scemenze.
L'articolo così prosegue: "...arrivato dopo Il Margherita e Ikarus I, un Baltic acquistato con due soci nel ’97, Ikarus II è stato varato nel 2002 dal Cantiere Stella Polare di Fiumicino e acquistato insieme al cugino. “E’ un punto di ritrovo per gli amici e la famiglia”, disse D’Alema del nuovo natante. A riprova ci fece installare una lavatrice e una playstation. Salvo togliersi anche qualche bella soddisfazione agonistica, come vincere il 24 aprile del 2009 la regata “Roma per tutti”: 526 miglia in cinque giorni, da Civitavecchia a Lipari e ritorno. Sull’annuncio di vendita, rivela il Messaggero, il prezzo non è specificato. C’è scritto soltanto: La barca sarà visionabile dai primi giorni di settembre. Quel che si sa, è che l’imbarcazione è assicurata per 750.000 €. E questo, dunque, dovrebbe essere il prezzo di partenza per la trattativa d’acquisto. “Spero di trovare un acquirente, di questi tempi è difficile”, sospira D’Alema..."
Questo l'articolo di "Redazione". Ma periodicamente c'è qualche idiota che arriva sul Tafanus per parlare della barca di D'Alema. Scandaloso! Uno che, con uno stipendio da parlamentare, si permette di possedere un terzo di una barca a vela da 750.000 euri! Chissà se avesse avuto un tre locali a Finale Ligure (magari da 500.000 euri) che scandalo, si sarebbe creato! E poi un komunista con la barca! I komunisti, per definizione, devono essere straccioni. Lo so, perchè anch'io sono stato un komunista con la barca. E per di più in Costa Azzurra (si spendeva meno che in quel cesso di Sanremo Portosole, ci stavo orgogliosamente con bandiera italiana e barca registrata in Italia, ma ero pur sempre uno sporco komunista con la barca in Costa Azzurra! E per giunta, una barca tutta mia. Più piccola di quella di D'Alema e soci, ma tutta mia. Una vera contraddizione!
Fine dello sciocchezzaio. Ma "Redazione" si consoli. Periodicamente mi arriva di peggio. E il peggio, per chi vuole farsi due sane risate, mi è arrivato nel 2006 (sempre sulla barca di D'Alema). Una lettera di un imbecille, sulla quale ho scritto un post che ha fatto risere mezzo mondo nautico italiano... Verteva su una notizia, data - guarda caso - dal "Resto del Carlino" (il cui Direttore di allora è finito parlamentare di Forza Italia) e da Libbbero. Ma non vi anticipo niente. Chi vuole, si legga il post. ne vale la pena...
Fightser, la barca di D'Alema, e la Scorta Armata
Tafanus
Scritto il 07 settembre 2011 alle 09:30 nella Satira | Permalink | Commenti (12)
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A Palermo un gruppo di autonomi brucia le bandiere di CISL e UIL
Un gruppo di autonomi, che ha preso parte al corteo organizzato dal sindacalismo di base, ha bruciato bandiere di Cisl e della Uil: "Non c'è posto per gli infami Bonanni e Angeletti, non c'è spazio per sindacati venduti nel tempo della crisi", affermano gli esponenti di "Spezzone sociale". Poco prima erano state lanciate uova contro la vicina sede di Mondadori e c'erano state tensioni quando il serpentone di studenti medi, universitari, precari e centri sociali, arrivato nei pressi di piazza Verdi, ha tentato di raggiungere i manifestanti della Cgil: i poliziotti hanno fermato il corteo all'incrocio tra le vie Mariano Stabile e Ruggero Settimo e hanno contattato i responsabili locali del sindacato perchè dessero l'assenso all'ingresso in piazza, via libera presto dato. Gli autonomi, del resto, avevano spiegato di non volere contestare la Cgil, ma Cisl e Uil.
...no ...non è bello bruciare le bandiere... ma quando, dopo anni di devastante crisi economica pagata sempre e solo dai più deboli, la difesa dei lavoratori è affidata a questi due collaborazionisti, il cui unico scopo nella vita sembra essere quello di laudare il governo, andare a cena di nascosto a Palazzo Grazioli (entrando dal retro, come due malfattori), e tentare di fare un'OPA continua e fallimentare sugli iscritti della CGIL, allora bruciare le bandiere non solo si può, ma si deve... E mentre gli autonomi bruciano le bandiere, invitiamo gli iscritti a questi due sindacati gialli a bruciare le tessere, e a ritrovare la dignità perduta. Tafanus
PAROLE CHE PASSERANNO ALLA STORIA:
"...Giulio Tremonti è uno dei pochi che ha visione, sguardo largo: l'ho stimato e lo stimo ancora...". Firmato: Bonanni
P.S.: Bonanni & Angeletti: i firmatari del mitico "Patto per l'Italia" con Silvio. Del "Patto si sono perse le tracce, il "Patto" ha cfreato una frattura insanabile con la CGIL che non lo ha firmato (perchè non c'era niente dentro), ma i due lestofanti MAI hanno avuto le palle di pretendere, di rivendicare il rispetto di questa minchiata di "Patto". Nè mai hanno avvertito l'elementare buon senso di chiedere scusa alla CGIL. Sarebbe bello se oggi, alla manifestazione dei "nemici" della CGIL, ci fossero tante bandiere - a titolo individuale - di militanti CISL e UIL. L'Italia non ha bisogno di sindacalisti gialli. Tafanus
Compagni di merende
Fare sciopero? per la Polverini, altra ex sindacalista gialla, "non era il momento giusto - "L'anomalia di questo sciopero e della manifestazione è che si tengono nel momento in cui la manovra non è stata votata e non ha ancora la sua forma definitiva. Forse era opportuno attendere". Così la presidente della Regione Lazio, ed ex segretario dell' Ugl, Renata Polverini...
Forse per la Polverini il "momento giusto" sarebbe stato DOPO la pubblicazione dell'art. 8 sulla Gazzetta Ufficiale, quando solo un improbabile referendum dai tempi incerti, ma certamente lunghi, avrebbe potuto cancellare questo sconcio, che con una manovra di rientro dal debito non c'entra una mazza. Taf
Scritto il 06 settembre 2011 alle 16:45 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 06 settembre 2011 alle 15:54 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (9)
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Scritto il 06 settembre 2011 alle 15:22 | Permalink | Commenti (10)
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Con uno spread sui bund decennali tedeschi che è ormai a 380 punti-base (ha raggiunto e superato quello della Spagna) e il terzo debito pubblico al mondo (dopo il Giappone e gli USA, che però hanno rispettivamente 128 e 308 milioni di abitanti). Questo il testo originale dell'articolo del Financial Times di oggi:
Since the start of July, Italy has been hit by a double collapse – of global economic growth predictions and of the credibility of its policy-making. In that time, the yield on 10-year Italian bonds has risen by 65 basis points, and on two-year bonds by 100bp. If the European Central Bank had not been an active buyer of Italian bonds over the past few days – market gossip suggests around four times as much as Spanish bonds – the yields would be even higher. A €45bn fiscal package has been watered down so much that it represents no more than sleight of hand. And the collapse in the bond market has devastated the share prices of Italian banks – UniCredit has fallen by 42 per cent since July 1 – partly because of the collapse in the value of their bond portfolios.
The austerity package on offer is likely to worsen the Italian economy rather than accelerate growth. This has been the experience in Greece and Portugal; there is no reason for Italy to be different, especially with key export markets in Europe and the US heading into a recession. The government has ducked, once again, any structural reform that might actually boost the underlying growth rate, which is likely to be no more than 0.7 per cent this year and 0.4 per cent in 2012, Deutsche Bank notes, below the official targets of 1.1 and 1.3 per cent.
With a credit rating downgrade looming – one reason European equities fell sharply on Monday – Italy’s risk premium may well rise further. Italy, not Spain, will decide the fate of the eurozone.
Traduciamo in fretta l'articolo, a beneficio di chi non conosce l'inglese:
L'Italia è il cardine dell'eurozona. L'Europa a 17 può sopravvivere ad una crisi che riguardi la Grecia, il Portogallo, l'Irlanda, e forse persino la Spagna. Ma se si dovesse infettare l'Italia, l'eurozona non ha né la capacità finanziaria, né quella politica di correre il suo soccorso. L'Italia si deve vaccinare da sola contro il virus del debito sovrano. Invece un ceto politico incompetente è rimasto paralizzato di fronte ad un'improvviso riposizionamento del "rischio Italia" da parte di investitori sempre più nervosi. Questa volta un nuovo colpo di riposizionamento fiscale non risolverà il problema italiano.
A partire dall'inizio di luglio, l'Italia è stata colpita da un doppio collasso: brutte previsioni di crescita economica globale, e crollo di credibilità nelle sue capacità di fare politica. A quel punto, i tassi di interesse sui btp italiani a 10 anni sono saliti di 65 punti-base, e quelli sui titoli a due anni sono saliti di 100 punti-base. Se la BCE non fosse stata, negli ultimi giorni, attiva compratrice di btp italiani (voci di mercato dicono in ragione di quattro volte rispetto agli acquisti in sostegno dei bonos spagnoli), i tassi di interesse sarebbero saliti ancora di più. La manovra da 45 miliardi di € è stata talmente annacquata, da rappresentare ormai solo un giochetto di prestigio. E il collasso del mercato dei titoli di stato ha devastato il prezzo delle azioni delle banche italiane. Dal 1° Luglio, il titolo Unicredit ha perso il 42%, in gran parta a causa del crollo del valore del suo portafoglio inm titoli di stato.
La manovra di austerità che viene proposta è più adatta a peggiorare il quadro economico italiano, che non ad accellerare la crescita. E' lo stesso quadro sperimentato da Grecia e Portogallo, e non vi sono ragioni per le quali il risultato in Italia debba essere diverso, specialmente ove si consideri che i maggiori mercati di esportazione italiani in Europa e Stati Uniti stanno puntando verso una recessione. Il governo, ancora una volta, ha evitato di varare una qualsiasi riforma strutturale, in grado di aiutare il basso tasso di crescita. che molto probabilmente non supererà lo 0,7% quest'anno, e lo 0,4% l'anno prossimo (orevisioni della Deutsche Bank), contro le previsioni ufficiali dell'1,1% e dellì1,3%.
Con un downgrading del debito italiano che si profila all'orizzonte - questa una delle ragioni del crollo dei mercati di ieri - il premio di rischio Italia potrà benissimo salire ancora. Sarà l'Italia . e non la Spagna - a decidere dei destini dell'eurozona. FT
(Traduzione di Antonio Crea)
Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più "pig" del reame"?
Profetiche (ma non ci voleva molto) le parole del FT. Lo spread btp-bund è passato in pochissimi giorni da circa 250 punti base ai 380 di oggi, ma non è detto che la cosa sia finita qui. Ogni giorno la manovra perde grandi pezzim e ridicoli pezzettini (si pensi ai 3 euro che si volevano rapinare agli immigrati irregolari - per legge persone inesistenti - su ogni rimessa all'estero). Ormai siamo ridotti all'accattonaggio molesto, ed alla sopravvivenza conquistata momento per momento da piccoli scippi. L'Italia - il paese che secondo Berlusconi e Tremonti era - fino a giugno - il paese che aveva affrontato prima e meglio degli altri la crisi, ed aveva messo per tempo i conti in sicurezza, ha un debito pubblico ben peggiore di acclarati "Pigs Countries" della prima ora. I veri maiali siamo noi. Tafanus
N.B.: le cifre del FMI mostrano come il più maiale del reame sia la Grecia, ma noi non siamo lontanissimi (e siamo su valori assoluti di debito molto più alti). Quelli che erano già "Pigs Countries" quando noi eravamo i primi della classe, hanno debiti rispetto al PIL nettamente inferiori al nostro 119% di oggi. L'Irlanda è al 101%, il Portogallo all'87% (come la Francia), la Spagna addirittura al 70% (meglio dei maestrini tedeschi che sono al 76%). Tafanus
Scritto il 06 settembre 2011 alle 12:52 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 06 settembre 2011 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
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Si, non siamo gentili. Ma crediamo che se i media targati biscione e quelli collaterali ancora non sono partiti con le 53 prime pagine (solo sul "Geniale") che erano state dedicate alla cucina Scavolini di Montecarlo, ci sia una ragione precisa. E la ragione risiede nel fatto che le collusioni fra il coté Marcellino Gavio e il coté politico era già iniziato prima di Penati, ed esattamente sotto la gestione Ombrella Colli - Gabriele Albertini. Forse nel PdL non ci tiene nessuno, a soffiare troppo sul fuoco. Chissà cosa potrebbe tornare ad ardere... Illazioni? Non solo. L'articolo che pubblichiamo, e che abbiamo tratto dall'archivio storico dell'Espresso, è di Luca Piana, è del 30 Gennaio 2003, e ci fa tornare alla memoria molte cose, di cui pochi oggi si ricordano... Tafanus
Serravalle nel sacco - L'uomo che può mettere nel sacco il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, non è certo abituato a suscitare baccano. I suoi affari, escludendo la breve epoca di Mani pulite, è abituato a condurli lontano dalla luce dei riflettori. In questo modo negli ultimi anni, senza creare grandi clamori, Marcellino Gavio da Castelnuovo Scrivia ha costruito un vero e proprio impero industriale, diventando il padrone delle maggiori autostrade del Nord Italia.
Per prendersi l'ultimo oggetto dei suoi desideri, Gavio è venuto allo scoperto. Il silenzioso imprenditore vuole la Milano Serravalle, la società che gestisce l'autostrada per Genova e che, soprattutto, è al centro del piano di grandi infrastrutture promesse dal capo del governo, Silvio Berlusconi. Le chiamano Grandi Opere ma, per chi gestisce le autostrade e a maggior ragione per chi, come Gavio, è anche a capo di un importante gruppo di costruzioni, significano grandi affari. E la Serravalle potrebbe rivelarsi una gallina dalle uova d'oro, visto che la società è coinvolta in un programma di appalti per 5,6 miliardi di euro. Con opere d'importanza strategica che vanno dalla costruzione della Pedemontana Lombarda al nuovo collegamento fra Brescia e Milano, alla tangenziale esterna del capoluogo lombardo.
Muovendosi per tempo Gavio, che già controllava l'8,7 per cento della Serravalle, ha rastrellato da una serie di enti locali, soprattutto liguri, un altro pacchetto del 10 per cento. Ora vuole crescere ancora e si dichiara pronto a sborsare 97 milioni di euro per il 18 per cento posseduto dal Comune di Milano. L'offerta, naturalmente, ha ingolosito la maggioranza polista. Tuttavia, il canto ammaliatore di Gavio, come quello delle sirene omeriche, nasconde insidie non da poco. In primo luogo, l'offerta non è affatto generosa. In tutta Europa le società autostradali quotate in Borsa capitalizzano in genere dagli otto alle dieci volte il Margine operativo lordo (Mol), che misura i margini della gestione industriale prima degli ammortamenti, degli interessi passivi e delle imposte. La somma offerta da Gavio valorizza la Serravalle solo 5,2 volte il Mol stimato per il 2002 (103 milioni di euro). Se è vero che la società non è quotata in Borsa, è anche vero che rilevando la quota del Comune Gavio diventerebbe il primo azionista della società, con una partecipazione del 36 per cento. A quel punto sarebbe sufficiente agire con l'accordo della Provincia di Milano, guidata da Ombretta Colli, che oggi controlla il 33 per cento, per disporre della maggioranza assoluta.
A questo punto Gabriele Albertini si trova in un vicolo cieco. Dare tutto a Gavio significa esporsi all'accusa di aver svenduto la quota, che verrebbe valorizzata maggiormente attraverso il progetto di quotazione in Borsa misteriosamente abbandonato. Con l'ulteriore aggravante che Gavio, già azionista della società, può dettare il prezzo: se un terzo interessato facesse una propria offerta, per statuto ha diritto di comprare lui allo stesso valore. Un intervento esterno, di conseguenza, avrebbe solo l'effetto di alzare il prezzo dell'operazione. Un'eventualità poco probabile, considerando che, nel settore, nessuno vuole nuovi nemici e uno sgarbo a Gavio è fuori discussione. Proprio su questo punto, la Colli stessa ha alimentato il sospetto di aver teso la trappola nei confronti del suo compagno di maggioranza Albertini, mirando forse a una gestione a due con Gavio. Il 24 dicembre la Provincia ha dato il la a una modifica dello statuto che mira ad allargare il numero dei consiglieri, senza cancellare il diritto di prelazione sulle quote in cessione. La mossa ha fatto molto rumore e si è corsi ai ripari con un accordo, sottoscritto da Albertini e Colli, per spartirsi i nuovi consiglieri senza aprire le porte a Gavio. Che però non ha mollato la presa, dichiarando che la sua offerta d'acquisto al Comune vale solo fino alla fine di giugno.
Gavio non è certo un principiante nell'intessere rapporti con la politica. Anzi per chi, come lui, ha iniziato la carriera di imprenditore trasportando ghiaia per i cantieri, era inevitabile muoversi ad ampio raggio, senza limitarsi a questo o a quel partito. I legami storici che gli vengono attribuiti sono quelli con la Dc dei Bernini e dei Prandini, ma anche con leader nazionali come Oscar Luigi Scalfaro e Arnaldo Forlani. Gavio stesso, o manager del suo gruppo come lo storico braccio destro Bruno Binasco, con lui dagli inizi ma da sempre tenuto a dargli del "lei", sono stati coinvolti in alcune delle indagini più clamorose degli anni Novanta, dal finanziamento illecito al Pci attraverso Primo Greganti, noto come il "compagno G.", all'inchiesta sul finanziere Pierfrancesco Pacini Battaglia. In tempi più recenti, i rapporti con l'Ulivo sono assicurati da Fabrizio Palenzona, presidente della Provincia di Alessandria, mentre a quelli con la Casa delle Libertà Gavio se li cura da solo, visto che figura tra i principali finanziatori di Forza Italia alle ultime elezioni.
È comunque dopo Mani pulite che Gavio conclude la mutazione genetica, diventando il numero due delle autostrade italiane dopo i Benetton. Intervenendo in soccorso del gruppo Ligresti, sotto la regia di Mediobanca, nel 1996 acquista la Grassetto Costruzioni e il pacchetto di controllo della Autostrada Torino-Milano. Oggi il gruppo conta partecipazioni, di controllo e non, in numerose società concessionarie. A Tortona affluiscono i pedaggi che si pagano nelle tratte che collegano Torino a Milano, Aosta, Piacenza, a Bardonecchia e al traforo del Frejus. E ancora: la Autostrada dei Fiori in Liguria, la Parma-La Spezia, la Sestri-Livorno e la Livorno-Civitavecchia (in parte in costruzione). La sua capogruppo Argo Finanziaria, stando ai dati di R&S, alla fine del 2001 ha raggiunto un fatturato di 607 milioni di euro, quasi il doppio rispetto ai 322 milioni del 1997. Raddoppiati gli utili (da 30 a 60 milioni), i debiti finanziari sono passati da 1.102 a 1.505 milioni.
Da sempre la strategia di Gavio consiste nell'acquistare a basso prezzo pacchetti piccoli di società nelle mani di partner pubblici un po' sonnolenti, accumulando una posizione chiave. Proprio il caso della Serravalle mostra alcune coincidenze curiose. La prima è la decisione della Provincia di Milano, nel tentato golpe di dicembre, di aderire al Consorzio Nord Est, la lobby dei gestori avversari delle Autostrade dei Benetton, su cui vigila con occhio benevolo una vecchia volpe come Giancarlo Elia Valori, ex presidente della stessa Autostrade e grande amico di Gavio. La seconda riguarda Antonio Salvini, presidente della Serravalle fino al '97. Dopo la sua uscita, il nuovo consiglio di amministrazione, guidato da Gianni Locatelli, delibera un'azione di responsabilità nei confronti di Salvini, a cui si aggiunge anche quella di una controllata, la Sispai. L'accusa, in sintesi, è di aver danneggiato l'azienda in favore di società esterne in cui egli stesso era coinvolto.
La battaglia legale, lunga e complessa, si chiude solo quest'autunno: viene respinta la causa della Serravalle ma accolta, anche se in parte, quella della Sispai. Fin dall'inizio, come rileva "la Repubblica", gli enti locali vicini a Forza Italia si astengono nella delibera dell'azione di responsabilità nei confronti di Salvini. Inoltre, appena due anni dopo il suo insediamento, Locatelli viene liquidato in tutta fretta dalla Colli, appena eletta in Provincia. Salvini, intanto, non ha perso la fiducia di un altro azionista della Serravalle, ovvero di Gavio, visto che oggi, stando ai dati della Camera di Commercio, siede nei consigli di amministrazione di due delle principali società del suo gruppo, la Salt e la Cisa. Una congiunzione d'interessi forse casuale, quella tra l'imprenditore Marcellino Gavio e il presidente Ombretta Colli. Ma che, con gli investimenti miliardari in arrivo per la Milano Serravalle, dovrebbe insospettire Albertini.
(Di Luca Piana - l'Espresso - 30/01/2011)
Scritto il 05 settembre 2011 alle 19:15 | Permalink | Commenti (1)
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La maxi tangente rossa, qualla che è stata pagata dal Gruppo Gavio sull'affaire Serravalle. Penati indagato per corruzione
(di Paolo Biondani - l'Espresso)
Ci mancava solo la maxitangente rossa. L'accusa più grave partorita dall'inchiesta sul "sistema Penati" nasce da un affare che rischia di minare la credibilità politica della segreteria nazionale del Pd: una presunta corruzione di proporzioni imponenti, concordata nell'estate 2005 in "riunioni riservate", con versamenti proseguiti fino all'autunno 2008. Mazzette pluri-milionarie pagate dal gruppo Gavio, secondo i pm, per un'operazione da sempre chiacchierata: la vendita del 15 per cento dell'autostrada Milano-Serravalle, a un prezzo vantaggiosissimo per il privato, alla Provincia di Milano, quando presidente era Filippo Penati, indagato con il suo ex braccio destro Giordano Vimercati. L'accusa è documentata nel decreto che ha portato la Guardia di finanza a perquisire gli uffici e i computer di un dirigente di Banca Intesa, indagato come presunto intermediario della corruzione. La Procura di Monza per ora non quantifica l'importo della maxitangente: l'unica certezza, per i pm, è che solo l'ultima rata è di due milioni tondi, ma la cifra totale sarebbe molto più alta, perché corrisponde a una percentuale dell'intero superprofitto ottenuto dal gruppo Gavio con l'affare Serravalle. La fetta destinata ai politici, insomma, di una torta economica da 176 milioni.
La nuova accusa si inserisce in una Tangentopoli locale che già insidia il partito a livello nazionale. Il giudice delle indagini, per cominciare, ha considerato "dimostrati numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere prima al Comune di Sesto e poi alla Provincia di Milano da Penati e Vimercati", che hanno evitato il carcere solo grazie alla legge berlusconiana sulla prescrizione (la ex Cirielli). E per il più ricco affare edilizio, sull'area ex Falck, il costruttore Giuseppe Pasini, seguito da suo figlio Luca e dal genero Diego Cotti, ha ammesso di aver dovuto pagare non solo i politici di Sesto, ma anche due emissari della cooperativa Ccc (2,4 milioni "per lavori mai eseguiti"), imposta da Penati e Vimercati "per garantire la parte romana del partito". Il tutto mentre resta da scoprire, come certifica il giudice, chi abbia intascato almeno 710 mila euro di tangenti sicuramente versate dall'immobiliarista Luigi Zunino e dal suo alleato Giuseppe Grossi per raddoppiare il cemento sempre sull'ex Falck. A questo punto i pm sospettano un "doppio binario di finanziamento: un primo flusso a Penati e Vimercati per la federazione milanese del partito e un secondo per il livello nazionale", attraverso le coop rosse.
I pm Walter Mapelli e Franca Macchia avrebbero voluto tenere segreta l'accusa di corruzione per l'affare Serravalle, che infatti non avevano inserito nella richiesta di arresti, coprendo con "omissis" anche i primi verbali depositati alle difese. Agli atti c'era solo un'ipotesi di finanziamento illecito al partito, che in Italia è un reato minore: due milioni versati nel 2008 da Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio, all'imprenditore Piero Di Caterina, presunto tesoriere segreto di Penati per 15 anni e ora suo primo accusatore. L'importanza dell'affare Serravalle però non è sfuggita al gip, Anna Magelli, che potendo consultare i verbali integrali, ha inserito nell'ordinanza anche le prime rivelazioni sulla maxi-corruzione. A quel punto i pm hanno ordinato d'urgenza di perquisire l'unico indagato che si potesse ancora sperare di sorprendere: Maurizio Pagani, responsabile dell'area infrastrutture e trasporti per il gruppo Intesa. Nella sede della banca, la Guardia di finanza ha acquisito le carte e i documenti informatici sul prestito concesso proprio da Intesa alla Provincia di Milano per acquistare la quota di Gavio. Ora gli inquirenti stanno ricostruendo l'intero percorso di quel bonifico. Per verificare dove e a chi siano finiti i soldi pagati dall'ente pubblico guidato da Penati.
La magistratura aveva cominciato a indagare sulla Serravalle già nel 2004, quando presidente della Provincia era la berlusconiana Ombretta Colli. Nel mirino un ipotetico patto occulto per svendere il controllo dell'autostrada pubblica sempre al gruppo Gavio. Un'inchiesta demolita da una provvidenziale fuga di notizie, che fece saltare in extremis la consegna di una presunta busta di denaro a un assessore provinciale di destra. Prima di dover archiviare, la Guardia di finanza documenta indubbi "favoritismi illegittimi" concessi dalla giunta Colli al socio privato. E nel giugno 2004 registra in diretta le reazioni di Marcellino Gavio e Bruno Binasco ai risultati elettorali. A sorpresa, vince Penati con il 54 per cento. Persa la sponda di destra, Gavio cambia strategia: "Sto facendo un pensierino a vendere tutto per 4 euro", confida al fidato Binasco. Che gli risponde: "Sicuramente portiamo a casa dei bei soldi". Gavio: "E non facciam sangue cattivo, che questi ci fan diventar matti". Attenzione al prezzo: nel giugno 2004 Gavio, che aveva comprato a 2,9 euro per azione, si sarebbe accontentato di 4. E sembra ottimista: "Il problema non è Penati, con lui un accordo si trova".
Il 30 giugno 2004, tre giorni dopo le elezioni, Gavio viene intercettato al telefono con Pier Luigi Bersani, che oggi è il segretario nazionale del Pd. Per rispetto all'immunità, il colloquio non è trascritto, ma solo riassunto dal maresciallo. "Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati. Dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato, tra una decina di giorni". Il 5 luglio il neopresidente chiama il re delle autostrade. Penati: "Buongiorno, mi ha dato il suo numero di telefono l'onorevole Bersani...". Gavio: "Sì, volevo fare due chiacchiere con lei quando possibile". Penati: "Beviamo un caffè". Quindi Gavio conferma al suo manager che "Bersani ha dato il via a incontrarsi in un luogo riservato", ma Penati "non decide niente".
Quando scoppia la polemica, Penati minimizza sia l'incontro che il ruolo di Bersani: "Io non conoscevo Gavio, Bersani sì, perché era stato ministro dei Trasporti. Tutto qui". In ballo, all'epoca, c'è solo la nomina del nuovo presidente della Serravalle. Ma il 29 luglio 2005, dopo mesi di trattative segrete, Penati annuncia l'acquisto della quota di Gavio. Prezzo pattuito: 8,8 euro ad azione, per un totale di 238 milioni lordi. Un affare che assicura al gruppo privato una plusvalenza da favola: 176 milioni netti.
Proprio qui si inseriscono le rivelazioni di Piero Di Caterina, l'imprenditore di Sesto che ha confessato di aver pagato tangenti a Penati e Vimercati, per appalti di trasporti e affari immobiliari, nell'arco di ben 15 anni, per un totale di almeno 3 milioni e mezzo. "Prestiti", come lui li definisce, che i due politici s'impegnavano a fargli restituire da "altri impreditori" da cui avrebbero "ottenuto tangenti". Tornando al 2005, l'accusatore spiega: "Mi fu detto da Penati, per convincermi ad aspettare, che di lì a poco sarebbero arrivate somme consistenti per l'affare Serravalle". "Mi sono incontrato con lui, credo, il giorno precedente alla notizia dell'acquisto della partecipazione". Di Caterina ignora l'importo della tangente, ma sa che "era molto rilevante, per milioni di euro" e fu calcolato come "percentuale del sovrapprezzo pagato dalla provincia per il pacchetto di maggioranza".
Alle "trattative riservate con il gruppo Gavio", aggiunge Di Caterina, avrebbe assistito anche Antonio Princiotta, segretario generale prima del comune di Sesto e poi della Provincia. Nove giorni dopo, l'imprenditore consegna ai pm "un foglio dattiloscritto consegnatomi da Princiotta nel marzo-aprile 2010 in un ristorante di Lugano, con il testo delle trattative". Sul retro, Di Caterina ha annotato a penna i nomi dei partecipanti "riferiti da Princiotta": "Lui, Vimercati, Binasco e un rappresentante di Banca Intesa, tal Pagani". Che "nello studio di un commercialista milanese" avrebbero "discusso sia dei profili palesi sia del sovrapprezzo da pagare a Penati e Vimercati".
Interrogato a Monza, Princiotta ora smentisce tutto. Come Penati. E come Vimercati, citato da Di Caterina come sua terza fonte. "Ho saputo da Vimercati che Penati lo avrebbe fregato nell'operazione Serravalle. E che Penati avrebbe ricevuto il suo guadagno a Montecarlo, Dubai e Sudafrica". Per questo "Penati e Vimercati hanno litigato", mentre "Princiotta si lamentava di non aver avuto nulla".
L'ultima rata della presunta maxi-tangente, a questo punto, sono i due milioni versati da Binasco, nel 2008, a Di Caterina. Mascherati da caparra per il mancato acquisto di un immobile. Sentendosi ancora in credito di un milione, nell'aprile 2010 Di Caterina scrive un'email minatoria, rivendica dal manager Binasco le "somme consistenti" versate al politico. Analizzando il caso, il giudice esclude il finanziamento illecito, ma solo perché non è certo che i due milioni siano finiti davvero al partito. Piuttosto, secondo il gip, quel regalo di Binasco a Di Caterina è "l'indizio principe" dei rapporti di corruzione con Penati. Anche perché la lettera minatoria risulta "ricevuta dai destinatari", ma nessuno ha risposto: neppure Penati ha fatto "contestazioni di sorta".
Per i pm di Monza ci sono fin d'ora "gravi indizi di illiceità nell'operazione Serravalle". Già la Corte dei conti aveva contestato a Penati di aver versato a Gavio "almeno 76 milioni in più del prezzo di mercato". Il giudizio sull'inchiesta ora spetta al tribunale del riesame: i pm chiedono il carcere per Penati e Vimercati, ipotizzando la concussione (non prescritta), mentre i due arrestati, l'ex assessore Di Leva e l'architetto Magni, invocano la libertà. Ad onore di Penati va registrato un impegno che lo differenzia da plotoni di inquisiti del Pdl: "Non mi nasconderò dietro la prescrizione o leggi ad personam". E intanto Di Caterina, circondato dai suoi bus tra i capannoni della Caronte trasporti a Sesto, si sente "un compagno che lotta per la legalità": "Io non ho attaccato i comunisti, ma i ladri".
Ora Bersani chiuda la ditta - Se nel Pd c'è una sovrastruttura di affari e interessi privati bisogna eliminarla. Parla l'uomo che sollevò la questione morale nei Ds.
(Colloquio con Arturo Parisi di Marco Damilano - l'Espresso)
Aziende che si fanno partiti. E partiti che si fanno azienda, per "fare gli affari propri e dettare le regole di tutti". "Conta poco che siano Compagnia delle Opere-Pdl, Fininvest-Forza Italia o Coop-Ds", il caso Penati non è isolato, avverte Arturo Parisi, il padre dell'Ulivo. "È la confusione tra gli interessi economici privati e l'esercizio dei poteri pubblici che va combattuta, a destra e a sinistra", dice il professore, impegnato a raccogliere le firme per il referendum che cancella il Porcellum e restituisce ai cittadini la scelta dei parlamentari.
Lei per primo parlò di questione morale a sinistra quando Unipol provò a scalare la Bnl. Il caso Penati le dà ragione?
"Le ragioni di allora sono destinate ad apparire sempre più evidenti, messe di nuovo alla prova di fatti non del tutto chiariti, meno che mai compresi. Gli stessi nomi: Coop, Unipol, Bnl. Gli stessi tipi di connessioni e triangolazioni tra dirigenti e organizzazioni, politiche, economiche. E la stessa confusione tra morale e politica, come se il problema fosse di comportamenti individuali, l'eterna lotta tra il bene e il male, l'illusione di distinguere i buoni dai cattivi".
E invece, qual è il problema?
"Che Penati sia colpevole o innocente dal punto giudiziario lo può decidere solo la magistratura. Il problema sul quale dobbiamo interrogarci è però nitidamente politico, riguarda la confusione, il conflitto e la distinzione tra interesse generale e interesse individuale e di parte. La confusione tra gli interessi economici privati e l'esercizio dei poteri pubblici. È questa confusione che ha raggiunto con Berlusconi il suo massimo. È questo conflitto che ho denunciato e denuncio ovunque si manifesti. Nella sinistra come nella destra. In Berlusconi, ma non meno in chi denuncia Berlusconi".
Per Enrico Berlinguer, lo disse trent'anni fa a Eugenio Scalfari, la questione morale era l'occupazione dello Stato da parte dei partiti. Parole attuali?
"Più attuali che mai. Ma alla occupazione e usurpazione delle funzioni pubbliche si aggiunge ora un nuovo rischio. Ancor più pericoloso. Mentre la presenza della mano pubblica si riduce in Occidente e in Italia, si apre, magari in nome del principio di sussidiarietà verticale, uno spazio che in troppi si propongono di conquistare. Esattamente come nella Russia post-sovietica, nuovi soggetti e nuovi poteri si fanno avanti per conquistare gli spazi abbandonati. Guai se questi soggetti fossero aggregati bifronti politico-economici, che pretendono contemporaneamente di fare gli affari propri e dettare le regole di tutti. Sarebbe il ritorno al feudalesimo".
Chi sono gli "aggregati bifronti"?
"Che siano aziende che si fanno partiti, o partiti che si fanno aziende fa poca differenza. Così come poco conta che siano la Compagnia delle Opere-Pdl, Fininvest-Forza Italia o Coop-Ds".
Quali sarebbero le conseguenze?
"In Italia, come in Russia, la Repubblica che doveva essere dei cittadini, da oligarchia dei partiti diventerebbe confederazione di oligarchi. Capi fazione e insieme riferimento di organizzazione economiche. Regolati da se stessi si spartirebbero lo spazio pubblico abbandonato dallo Stato: previdenza, sanità, istruzione, fino alla Difesa, senza un potere superiore capace di regolarli. A dispetto dei socialisti difensori dello Stato e dei liberali guardiani del mercato".
Torniamo a Penati: è un caso isolato?
"Fino a quando non ho conosciuto Filippo Penati, per i miei ricordi di liceale i Penati erano gli spiriti protettori della famiglia e dello Stato, degli altari e dei focolari. Anche i partiti, soprattutto quelli antichi, hanno i loro Penati, ai quali i funzionari prestano giuramento, esattamente come facevano un tempo i magistrati. Il problema non è perciò capire quanti siano i Filippo Penati nel Pd, ma quali siano i Penati del Pd...".
E quali sono i numi tutelari del Pd?
"È appunto questo il problema. Capire se e in che misura il Pd abbia ereditato il modello di partito-subcultura, nato per difendere e organizzare la condizione operaia, in una prospettiva rivoluzionaria, e ora diventato una sovrastruttura autonoma".
Quella che Bersani chiama la Ditta: gli ex Pci-Pds-Ds-Pd?
"Sì, la dorsale organizzativa, e l'habitat di chi viene da quella storia, il quadro dirigente, le sedi, i simboli, le parole, le abitudini".
Cosa dovrebbe fare Bersani?
"Chiedere a Penati un impegno ancora più preciso sulla rinuncia alla prescrizione. Solo l'indagine giudiziaria può metterci nelle condizioni di capire se siamo di fronte ad una deviazione individuale rilevante sul piano penale, o di fronte alla irrisolta questione del rapporto tra partito ed organizzazione economica".
Cosa rischia il Pd in questa vicenda?
"Il rischio maggiore è finire schiacciato sul proprio passato, che agli occhi dei più resta il passato della catena di comando che governa il partito, più o meno rinnovato grazie a nuovi matrimoni".
Lei raccoglie le firme per abrogare il Porcellum: c'è un nesso con la questione morale?
"L'indignazione, lo scandalo dei cittadini crescono ogni giorno di più, alimentati dalla crisi economica. È urgente che la piazza che si sta mettendo in moto ritrovi nel Parlamento un interlocutore in cui possa riconoscersi. Oggi questo interlocutore si è logorato oltre misura: i parlamentari sono considerati una casta separata di privilegiati, dileggiati ogni giorno dalle stesse forze che li hanno ridotti così. Se questo è accaduto è a causa di quella vergogna che Calderoli ha definito una porcata. Abbiamo il dovere di consentire ai cittadini di dire basta. O quella legge la abrogate voi, o lo facciamo noi con l'arma che la Costituzione mette nelle nostre mani: il referendum".
Su questa battaglia nel Pd lei è partito isolato, ora c'è la corsa a firmare. Cosa si aspetta dai vertici del suo partito?
"Che seguano i dirigenti che li hanno preceduti e soprattutto gli elettori. Visto che non sono riusciti a precederli" (Marco Damilano)
Su Penati, la giustizia farà il suo corso, e se e quando i fatti verranno accertati, spero che paghi col massimo consentito della pena, per i ladrocini, e per il male che ha fatto ad un centro-sinistra che cominciava finalmente a rinascere.
Sorprende, in questa storia, il relativo silenzio del centro-destra. Forse perchè qualcuno potrebbe tirare fuori gli amorosi sensi fra Marcellino Gavio e Ombretta Colli? Meglio non agitare troppo i ceppi nel camino. Alcuni ceppi potrebbero riprendere fuoco... Ma sorprende ancor di più l'intervista a Parisi, per alcune ragioni:
-a) Parisi riesce a ricordare le malefatte degli ex di Forza Italia, del PdL, del PcI-PdS-Ds-Pd (come direbbe il cavaliere), ma non trova un grammo di memoria per parlare degli ex DC, che non sono stati cremati allo scoppiare di tangentopoli (rappresentavano un terzo del paese), ma si sono messi al caldo in gran parte in Forza Italia, in parte minore nei partitini post-DC: margheriti, UDC, DC di Rotondi, API, e persino IdV. I partiti.azienda e le aziende-partito non si annidano solo in FI-PdL e nei Pci-PdS-DS-Pd, ma anche in questi partitini post democristiani (cooperative bianche, Comunione e Ristorazione, molto mondo delle Onlus; grandi successi elettoorali dell'UDC nella Sicilia del devoto alla Madonna Totò Cuffaro)...
-b) Parisi si è scordato di grandi pezzi di ceti politici, a lui ideologicamente più vicini. Amnesia? Può darsi. Poi mi è improvvisamente mi è venuto in mente un possibile motivo di rancore (e di smemoratezza). In seguito alle dimissioni del segretario del PD Walter Veltroni (nei confronti del quale era stato più volte critico), si è candidato a segretario del PD. È stato però sconfitto da Dario Franceschini. Non è che Parisi abbia - è solo un pensiero maligno - conservato di questa sconfitta un ricordo un po' amaro?
A Parisi, al quale ll'intervistatore chiede cosa dovrebbe fare Bersani, risponde:"...chiedere a Penati un impegno ancora più preciso sulla rinuncia alla prescrizione. Solo l'indagine giudiziaria può metterci nelle condizioni di capire se siamo di fronte ad una deviazione individuale rilevante sul piano penale, o di fronte alla irrisolta questione del rapporto tra partito ed organizzazione economica..."
Concordo sulla seconda parte di questa frase, non sulla prima. Parisi è un giurista. Cosa dovrebbe e potrebbe fare Bersani più che chiedere a Penati di rinunciare alla prescrizione? Imporgliela con una pistola puntata alla tempia? Mandargli dei picchiatori assoldati per intimidirlo? Parisi è un fine giurista, non dovrebbe lascoarsi scappare sciocchezze gratuite. La segreteria del PD Ha espulso Penati dal partito (il che mi fa pensare che non tema ritorsioni o ricatti); ha chiesto a Penati di rinunciare alla prescrizione. Fine dei suoi poteri di interdizione. Il mandato da Consigliere Regionale, esattamente come quello di parlamentare, non è soggetto a vincoli di mandato. Il che significa che Penati può essere cortesemente pregato di farsi da parte, non costretto manu militari. Rifletta, Parisi, e si limiti a chiedere le cose che è possibile chiedere, e magari ottenere. Tafanus
Scritto il 05 settembre 2011 alle 14:30 nella Politica | Permalink | Commenti (0)
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