Un uomo mediocre, umile e insicuro. Che all'improvviso scopre una scorciatoia: coca e donne per fare tanti soldi. E vivere nel lusso sfrenato. Ecco la biografia del golden boy Gianpi: più che un burattinaio alla Gelli, un figlio del berlusconismo in salsa barese.
(di Roberto Di Caro - l'Espresso)
Ci fosse uno, estimatore o spregiatore, che di Gianpaolo Tarantini si ricordi un discorso per intero, un ragionamento, una litigata, un'incazzatura, una vanteria nei dettagli, un racconto conchiuso di viaggi, affari, figli, donne, famiglia. Zero.
Quanto pagava per una cena, questo sì. Le dieci bottiglie di Cristal, brut e rosé, che in una sera offriva agli amici allo strepitoso ristorante Grotta Palazzese di Polignano a mare, "al piano di sopra, suite dove poi a volte andava, non da solo, e dove nel 2008 venne intercettato da uno della Finanza travestito da cameriere". Come pagasse con la Black Card, American Express da 300 mila euro l'anno di spesa minima, "che con un gesto ci puoi strisciare un appartamento da un notaio". Come tra i vini rossi ordinasse solo Sassicaia, da 120 a 1.500 euro a bottiglia. O, versione familista, come nelle domeniche con tre o quattro coppie nella villa di Giovinazzo della famiglia di lei, Nicla, la moglie, dove abitavano fino al 2009, non lesinasse l'affitto di "un mago per far divertire le sue figlie Rebecca e Ginevra e i bambini degli amici".
A chi lo ha frequentato per anni vengono in mente giusto le sue spese ed elargizioni: quanto Gianpi diceva e pensava, pare invece scivolato via come l'acqua sul piumaggio delle oche. Le sue sole parole rimaste in mente sono quelle intercettate e trascritte dalla magistratura e finite nell'ordinanza di custodia cautelare: le stesse che hanno inguaiato il presidente del Consiglio, portato a evidenza il progressivo sfilacciamento del suo rapporto col mondo e messo di nuovo a soqquadro la politica italiana.
La rete Tarantini, sta agli atti. Vero. Affaristi, assessori, nobili rampolli, dirigenti della sanità, magistrati e prostitute, avvocati e mogli di notai, destra e sinistra, bel mondo e sottomondo, fino a lui, il premier, Silvio Berlusconi nella veste di consumatore seriale di patonze: espressione sua, Gianpi col Presidente è rispettoso, solo ai compagni d'intrallazzo e alle donne che assolda riserva espressioni come "appecoreggiarlo". Ma chi è il ragno al centro della rete, il Gianpaolo Tarantini classe 1975?
T'immagini un Licio Gelli in sedicesimo, invece è desolatamente impalpabile. Insicuro. Lui che arruola amiche e puttane per il premier poi le incalza ansioso: ma ti ha parlato di me? Gli hai parlato di me? Gli hai detto che, non gli avrai mica detto che, eccetera. Nel business, uno sprovveduto: "Non conosceva il sudore dei soldi", racconta un suo amico imprenditore, "se li era trovati, e li spendeva".
Svuota per 4 o 5 milioni la Tecno Hospital ereditata dal padre scomparso nel '99 e la manda a picco, come altre società che inventa col fratello Claudio, più giovane di tre anni, la sua ombra, una fotocopia per modi e posture. Se le vicende sono ormai note, l'interrogativo aperto è lui, Gianpi. Incarna l'annichilimento di senso di anni in cui una delle sue escort, Terry De Nicolò, può dire: "Ha vissuto un giorno da leone, non cent'anni da pecora come piace ai comunisti". Forse la ragazza scambia leone con lenone, l'unico mestiere per cui a conti fatti Tarantini riesce a farsi pagare: quei 500 mila euro dal premier, proditoriamente decurtati dallo sfrontato Valter Lavitola, a tempo perso direttore dell'"Avanti!". Già, ma come si diventa ciò che si è nell'Italia di Re Silvio?
L'Istituto Margherita di Savoia è una centenaria istituzione cattolica di Bari. La mattina a prendere i figli s'incontrano il magistrato e il suo indagato, il sindaco, il medico, la Bari che conta. Il liceo classico entrambi i fratelli Tarantini lo hanno frequentato per cinque anni, Gianpi sei perché "nel '94 non lo ammettemmo agli esami e si diplomò l'anno appresso", racconta Giacomo Cecere, preside, allora suo professore di italiano. Bella classe, gente che poi s'è dimostrata di valore.
Asino e zuccone, Tarantini? "Uno che tirava a campare senza faticare". Uno sbruffoncello che s'arruffianava i professori? "Macché. Né arrogante né aggressivo. Mai dato problemi di condotta. Umile. Non bluffava. Non tentava di apparire ciò che non era. Uno medio". Stesso registro se parli con suoi ex-compagni: "In una classe a maggioranza femminile, non molto unita, lui era il tipo che cercava di cavarsela col minimo indispensabile. Socievole, qualche battuta spiritosa, esuberante no. Profilo basso. Niente passioni calcistiche o religiose, meno che mai politiche. Né droga".
Ma è proprio in un giro di cocaina che lo ritroviamo appena qualche anno dopo, nel 2001. "Indagavamo sulla feroce cosca di Barletta", racconta Michele Emiliano, sindaco di Bari, allora alla Direzione distrettuale antimafia, "e un affiliato ci racconta una storia di estorsione a danno di tangentisti nella sanità. In un'intercettazione spunta fuori questo Tarantini, amico di tutti, che utilizzava sesso e droga nella sua vita privata e per tessere relazioni pubbliche utili a vendere le protesi della sua azienda. Fatti provati, ma mancava l'associazione mafiosa: stralciai e mandai gli atti alla Procura ordinaria". Dove del fascicolo si perdono le tracce. Quando nel 2009 scoppia il caso D'Addario, tecniche, modi e mezzi usati risulteranno gli stessi del Tarantini 25enne, solo un po' affinati.
Intanto, però, la sua vita ha preso forma. Nel 2004 ha conosciuto Angela Devenuto detta Nicla, l'ha messa incinta, l'ha sposata. Bella, ricca di famiglia, cattolicissima Scuola dei Fiori solo femminile, una laurea in Legge presa perché non si sa mai nella vita, l'obiettivo di trovare un marito che le garantisca l'alto tenore di vita cui è abituata. Esiste una dipendenza dal lusso, e Nicla la rappresenta con pacata normalità, senza perdere la testa. Borse, abiti, gioielli. Le vacanze a Cortina (dove Gianpi paga anche quelle di Emilio Fede), a Montecarlo (dove perde "come un pollo" al tavolo da gioco), a St. Barts nei Caraibi. Il circolo esclusivo, il Nilaya, 300 soci [...]
E le feste. "A quella per i suoi trent'anni, nel 2007, c'erano femmine straordinarie, fiumi di champagne, Fashion TV che riprendeva, politici, il presidente della Fiera del Levante, due appariscenti magistrate, una bionda e una bruna...", ricorda uno che c'era. Tarantini stesso dice ai magistrati di aver distribuito gratis cocaina, quella sera come tante altre. La location era il "gOrgeOus", come scrivono sul sito, tanto perché si capisca dove si va a parare: piccolino, hi-tech, sul piazzale di un megastore di elettronica, lì s'erano conosciuti, Gianpi e Nicla, quando lei filava con uno dei soci. Altre feste le tenevano in casa loro a Giovinazzo. Villa Scarface. Ristrutturata dal Tarantini con aggiunta di piscina. Ma chi ci andava la descrive normale, bianca dentro e fuori, più fornita di domestici che di tratti o arredi degni d'attenzione. Il regno di Nicla, madre a detta di tutti premurosa, moglie o molto distratta o disinteressata ai giri di coca e femmine del marito.
Quando s'accorge che quella vita di feste e lussi le è sfuggita di mano, da brava moglie e madre va lei a incassare da Silvio 20 mila euro al mese e a chiederne extra 5 mila, rifiutati dal maggiordomo Alfredo del premier. Fa il suo dovere: al Sud "alla famiglia ancora ci teniamo", lo dice pure Franco Vincenti, proprietario dello storico ristorante La Pignata dove Tarantini offrì nel 2008 la controversa cena elettorale per D'Alema, e dove "almeno un paio di domeniche al mese veniva con la sua dolce mamma, la moglie, le figlie in carrozzina, il fratello". Quando da ultimo Nicla finisce nel talamo proprio del perfido Lavitola, è perché sconsolata, "soggiogata", in un momento di debolezza. Non c'è doppiezza in lei: le cose accadono, e altre quando si devono fare si fanno.
Ma neppure Tarantini è Jekyll e Hyde. Quadrata è in fondo la sua vita, come gli abiti sempre uguali che porta, camicia azzurra o scura e giacca blu. Cocainomane, ma mai che esca come un esaltato. Sempre al Komodo Caffè, Dona Flor del Petruzzelli e Champagnerie per l'aperitivo, Caffè Borghese verso le 23: "Mai invadente", giurano i proprietari, "a Bari basta farsi vedere nei posti giusti", il resto viene da sé. Coca ed escort Gianpi le usa e le regala perché si fa così, è il modo più semplice, negli affari come a scuola conosce solo scorciatoie: che male c'è?
Quando vende protesi, dal vice di Vendola in Regione alla direttora dell'Asl di Bari fino al piccolo funzionario regala casse di magnum e buoni benzina, orologi, cappotti di lusso, coca e donne. L'ultima amante, la bionda Francesca Lana, la vuole mandare da Silvio perché faccia numeri a tre con Manuela Arcuri: in ballo, con Enrico Intini, l'imprenditore che Berlusconi raccomanda a Finmeccanica, ci sono appalti sul gasdotto Albania-Italia, la rete Isoradio, le forniture per monitorare terremoti. Un buco nell'acqua, ma i soldi girano lo stesso, entrano e escono, sempre per vie traverse. Sul nulla e per nulla.
Non ha l'astuzia né l'azzardo dei furbetti del quartierino. Non gli serve spessore. Gli basta che le cose siano facili, e magari divertenti. Tira a campare. Ed è appunto così che arriva fino a Berlusconi. Gianpi, col suo codazzo di clientes di destra e sinistra, è esattamente quel che resta della "grande rivoluzione liberale" berlusconiana: perché fare le cose sul serio quando puoi sempre trovare una scorciatoia?
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