Le due parole "inneres auge" in tedesco si riferiscono all'occhio interiore, capace di vedere all'interno di sé stessi.
Occhio che, nella prospettiva del gruppo di incompetenti che compongono l'attuale governo Italiano, risulta perlomeno miope, se non completamente accecato: in effetti decidere che la soluzione alle attuali magagne economiche sia un bel condono.... dimostra una volta di più un notevole livello di stupidità.
Vediamo di fare mente locale: un condono edilizio, esattamente il quarto in pochi anni, si aggiungerebbe ai seguenti "colpi di spugna" realizzati dal 1973 ad oggi:
1973 - Governo Rumor IV - Ministro delle finanze Emilio Colombo (condono fiscale)
1982 - Governo Spadolini I - Ministro delle finanze Rino Formica (condono fiscale)
1985 - Governo Craxi I - Ministro delle finanze Bruno Visentini (condono edilizio)
1991 - Governo Andreotti VI - Ministro delle finanze Rino Formica (condono fiscale)
1995 - Governo Dini - Ministro delle finanze Augusto Fantozzi (condono edilizio e concordato fiscale)
2003 - Governo Berlusconi II - Ministro delle finanze Giulio Tremonti (condono edilizio e fiscale)
2009 - Governo Berlusconi IV - Ministro delle finanze Giulio Tremonti (scudo fiscale in vigore dal 2/10/2009)
Sappiate che, secondo la CGIA di Mestre, tutti i condoni varati dal 1973 al 2005 avrebbero prodotto un incasso totale di 104,5 miliardi di euro (in valuta 2005), ossia una somma inferiore all'evasione fiscale di un solo anno, valutata in oltre 100 miliardi di euro.
Secondo Fiscooggi.it (rivista online dell'Agenzia delle Entrate) la cifra riscossa sarebbe ben più bassa, e pari a circa 26 miliardi di euro dal 1973 al 2005. Solo i condoni fiscali di 1989 e 1992 hanno superato le attese di gettito, mentre in tutti gli altri casi sono state disattese profondamente le aspettative.
In altri termini, i condoni hanno garantito una percentuale di recupero pari a circa il 10% dell'evaso, realizzabile facilmente tramite semplici azioni quali l'obbligo di pagamenti tracciabili (tutti, indistintamente) inaugurati dal governo Prodi ed annullati da quello Berlusconi, salvo poi reintegrarli quest'estate, ovviamente dopo che i buoi erano allegramente fuggiti dalla stalla per due anni abbondanti...
Oltretutto il gettito, a seguito delle dichiarazioni di richiesta di accesso al condono, non è stato completamente incassato: nel novembre 2008 la Corte dei Conti stimava in 5,2 miliardi di euro (sui 26 totali) il totale impagato per il condono edilizio e fiscale del 2003-04, circa il 20%.
Dal punto di vista tecnico, un condono apparentemente dovrebbe essere una soluzione interessante per l'evasore fiscale, in quanto grazie al patteggiamento con l'agenzia delle entrate la somma da pagare per regolarizzare eventuali irregolarità risulta decisamente più bassa di quanto sarebbe obbligatorio pagare in caso di sanzione successiva ad una cartella esattoriale notificata.
Questo, naturalmente, non avviene nel caso in cui queste operazioni siano regolari e ripetute: in altri termini, se in 40 anni vi sono stati 7 grandi condoni, il contribuente infedele farà regolarmente conto sul successivo condono, o meglio sul tempo che passa e che permette di fatto di garantire l'impunità a chi non viene "beccato" in dieci anni.
E qui si annida il vero scandalo, in quanto l'amministrazione viene di fatto caricata di lavoro supplementare ogni qualvolta si delibera un condono: il risultato è che, spesso, per regolarizzare alcuni si lasciano scadere i termini per molti altri, che così raggiungono la fatidica soglia utile a farla franca.
Stesso discorso, ovviamente, per quanto riguarda il già ventilato condono ambientale: se ne volete un esempio Eni, oltre ad avere svolto svariate operazioni ad alto rischio ambientale, ha provveduto ad inquinare svariati siti. Se il più famoso è quello del petrolchimico di Porto Marghera, molte altre aree sono state devastate dall'intervento della società guidata da Paolo Scaroni, che caldeggia evidentemente una transazione per chiudere i contenziosi su Mantova, Cengio (Sv), Pieve Vergonte (Vb), Avenza (Ms), Napoli Orientale, Brindisi, Crotone, Gela, Priolo, e Porto Torres.
Un bel condono tombale sui disastri ambientali dell’Eni sarebbe, ovviamente, molto vantaggiosa per l’azienda e disastrosa per tutti noi: se si considera che per l'inquinamento generato nella zona del petrolchimico di Mestre Eni pagò nel 1999 circa 360 miliardi di lire a fronte di un costo di bonifica stimato oggi in due miliardi di euro, ci si rende conto facilmente di quanto inciderebbero questi danni sia su Eni che sui costi da far affrontare alla collettività.
Ovviamente il protocollo d’intesa dovrebbe risolvere, soprattutto dal punto di vista dei contenziosi legali, le questioni ambientali aperte del gruppo petrolifero che l’attuale cda guidato da Scaroni ha ereditato dalle precedenti gestioni. Un esempio ? A Pieve Vergonte, nel luglio del 2008, Eni ha visto le proprie ragioni soccombere al Tribunale di Torino con una condanna a un risarcimento danni record da 1,833 miliardi di euro più interessi e spese legali (circa il 40 per cento degli utili netti consolidati del 2009), perché colpevole di aver inquinato dal 1990 al 1996. La società si è appellata contro la sentenza chiedendo anche la sospensione del pagamento in attesa del secondo grado di giudizio e provando nel frattempo a intavolare una trattativa col ministero dell'ambiente.
Fa specie che Eni, nei bilanci, non abbia stanziato fondi per i coprire i rischi di una condanna, con la giustificazione che “...ritiene improbabile un esito sfavorevole dei procedimenti, ovvero perché l’ammontare dello stanziamento non è stimabile in modo attendibile”, come si legge nelle note ai conti 2009.
Certamente una dimostrazione di notevole sicurezza... che sinceramente non tranquillizza i mercati: dal 2009 ad oggi il titolo Eni è passato da 18,78 € agli attuali 14,75, con un calo pari a 22%.
Gli stanziamenti Eni al fondo per contenziosi, infatti, ammontano complessivamente a 949 milioni di euro, di cui solo 250 milioni circa destinati espressamente a Syndial e alla petrolchimica: una cifra assolutamente inferiore alla sola sentenza di Pieve Vergonte, di cui l’Avvocatura di Stato durante l’estate avrebbe chiesto il pagamento, forse anche per accelerare la ricerca di una soluzione in pendenza di un giudizio dai tempi sempre più incerti.
La logica vorrebbe che un ministero dell'ambiente si facesse pagare i danni causati ai cittadini, ma ricordate: Eni è partecipata dal Ministero del Tesoro, che ha oggi assolutamente bisogno dei dividendi generati... inoltre, fa sapere il Ministro Stefania Prestigiacomo, che a capo del dicastero dell’Ambiente si vive ogni giorno lo sconforto della casse vuote:
"...Eni ci ha offerto 450 milioni di euro a saldo e stralcio delle posizioni aperte. Una somma che sarà valutata dagli organi del ministero competenti (Ispra e Covis) ma sulla quale io ho già espresso un parere negativo per quel che concerne una prima valutazione politica. Non si arriverà in tempi brevi al condono tombale perché il procedimento è molto complesso, e vale anche per le amministrazioni locali, che dovranno adeguarsi una volta siglato l'accordo. Ma in questo momento gli unici che lucrano da questa situazione sono gli avvocati, e francamente possiamo evitare questo spreco di risorse. Vorrei però ricordare che tutti coloro che hanno subito danni alla salute possono comunque continuare con le azioni legali a propria tutela. Questo accordo riguarda solo i danni all’ambiente. Appare inoltre alquanto evidente quanto un condono edilizio permetterebbe ai comuni di far cassa immediata allontanando il paventato blocco dei servizi, senza che questo pesi sul disastroso bilancio statale o sull'appeal politico dei sindaci, in particolare quelli delle grandi città, appesi fra patto di stabilità ed investimenti su titoli tossici..."
Capite ora i veri motivi di un condono fiscale, ambientale ed edilizio? A pensar male...
Axel
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