Sono trascorsi 5 anni. Ieri Vladimir Putin e l'amico Silvio Berlusconi si sono ritrovati ancora una volta insieme. L'ex capo del KGB e il fondatore di "Forza Gnocca". Quest'anno Vladimir ha ricevuto in regalo la visita dell'amico bunga-bunga. Cinque anni fa, dicono i malpensanti, aveva ricebuto in regalo la vita di Anna Politkovskaja, giustiziata con quattro colpi di pistola in un ascensore.
Ecco come era avvenuto l'omicidio (moventi e mandanti "sconosciuti"):
Anna Politkovskaja viene ritrovata morta il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno dell'allora presidente russo Vladimir Putin, nell'ascensore del suo palazzo a Mosca. La polizia rinviene una pistola Makarov PM e quattro bossoli accanto al cadavere. Uno dei proiettili colpì la giornalista alla testa. La prima pista seguita fu quella dell'omicidio premeditato e operato da un killer a contratto. Il mandante è ancora oggi sconosciuto: voci non confermate imputano il delitto proprio al presidente Putin, più volte bersaglio di pesanti critiche da parte della giornalista.
L'8 ottobre, la polizia russa sequestrò il computer di Politkovskaja e tutto il materiale dell'inchiesta che la giornalista stava compiendo. Il 9 ottobre, l'editore della Novaja Gazeta Dmitry Muratov affermò che Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov (chiamate dispregiativamente kadiroviti). Muratov aggiunse che mancavano anche due fotografie all'appello. Gli appunti non ancora sequestrati furono pubblicati il 9 ottobre stesso, sulla Novaja Gazeta.
I funerali si svolsero il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca. Nessun rappresentante del governo russo era presente al funerale. La lapide della tomba di Anna rappresenta un giornale crivellato dai proiettili (da Wikipedia)
Ieri il fondatore di "Forza Gnocca" era in Russia. Chi indovina se fosse li per l'amico Vladimir e le sue veline vive, o per la giornalista piuttosto morta, vince una gnocca di pelouche, con patonza motorizzata.Tafanus
In una lunga intervista all'Avvenire, il ministro dell'Economia chiude all'ipotesi sanatoria avanzata ieri da alcuni ambienti vicini al premier e dà ragione agli attacchi del presidente della Cei Angelo Bagnasco. La spaccatura all'interno del partito è sempre più evidente
Ieri l’indiscrezione e il balletto della smentita, oggi la bordata del ministro dell’Economia. La "questione-condono" spacca sul nascere il Pdl e conferma una volta in più come all’interno della maggioranza la coesione auspicata dal premier sia un lontano miraggio. La lunga intervista a Giulio Tremonti pubblicata nell’edizione odierna di Avvenire ne è la testimonianza empirica. Non solo per i contenuti, ma anche per il ‘luogo’ in cui viene ospitato il pensiero del ministro, ovvero il giornale della Cei, il cui presidente Angelo Bagnasco non più tardi di una settimana fa aveva lanciato la sua reprimenda contro il presidente del Consiglio. Tradotto: tra Berlusconi e Tremonti nessuna ‘concordia assoluta’. Il Cavaliere, del resto, secondo indiscrezioni era uno dei fautori del ‘condono tombale’, ipotesi letteralmente affondata dalle parole del titolare del Tesoro. “Vorrebbe dire frenare sul nascere il progetto di contrasto all’evasione – ha detto il ministro al quotidiano dei vescovi -, sarebbe un togliere forza al nostro vero obiettivo. Finora le entrate da lotta all’evasione fiscale e contributiva sono servite sistematicamente per finanziare la spesa pubblica: sanità, pensioni, assistenza…Il condono minaccia però l’afflusso di queste entrate negli anni a venire, che finirebbero per cancellarsi. E, così facendo, alla fine ci troveremmo con un maggior deficit”.
Per avvalorare la sua tesi, Tremonti ha poi dato i numeri sulla lotta all’evasione, che nel 2010 ha permesso allo Stato di recuperare 25 miliardi di euro. “Un dato oggettivo, una cifra colossale” ha detto il ministro, che poi ha ribadito i passi avanti fatti con il piano anti-evasione e quelli ancora da fare. “Dobbiamo usare di più le banche ed i Comuni – ha detto -. Abbiamo deciso di coinvolgere i Comuni nel controllo del territorio e soprattutto di usare al meglio i dati degli istituti di credito e di ridurre davvero il segreto bancario come succede nel resto d’Europa”. In tal senso, Tremonti ha sottolineato il suo rammarico per la mancata risonanza, anche mediatica, degli sforzi del governo con il decreto legge del 13 agosto scorso: “Abbiamo stabilito che scompare sul serio (il segreto bancario, ndr) e, in pratica, nessuno se n’è accorto, nessuno l’ha notato, nessuno l’ha sottolineato con la giusta rilevanza”.
Il titolare del Tesoro, inoltre, parlando di evasione fiscale, è anche tornato sul duro attacco del presidente della Cei alla classe dirigente del Paese e al ‘suo’ presidente del Consiglio. ”Ho riflettuto a lungo sulle parole del cardinale Bagnasco -ha detto Tremonti – e ho pensato ai ripetuti inviti della conferenza episcopale a debellare un male che finisce per avere ricadute durissime sui carichi fiscali delle famiglie e sui servizi loro offerti. Ha ragione il cardinale, le cifre sono enormi. Anche se è vero che negli ultimi anni l’azione di contrasto è stata più decisa”.
Noi e molti altri italiani onesti, abituati a pagare le tasse, lo diciamo da decenni. I condoni sono un premio alla delinquenza finanziaria piccola e grande, e la loro ripetitività allarga il numero degli evasori sempre di più, perchè accresce le aspettative di nuovi condoni. I condoni, inoltre, non portano MAI nelle casse dello stato ciò che si ipotizza che vi portino. La Corte dei Conti ha denunciato che dall'ignobile condolo tombale multiplo del 2001 il fisco abbia incassato solo parte della prima rata. Il pagamento della primna rata bloccava i contenziosi giudiziari in atto, e non pagare le rate successive non portava a nessun castigo, perchè il sistema giudiziario non era in grado di riaprire e concludere centinaia di migliaia di contenziosi.
Ora che in condono era voluto dal fondatore di "Forza Gnocca" per tentare di far quadrare i conti, Tremonti si è messo di traverso. Posizione giusta, ma tardiva, e dettata da ragioni poco nobili di guerra politica interna. Bene la decisione, losche le motivazioni. Devo dedurre che per 17 anni Tremonti è stato un cretino, o semplicemente un immorale? Tafanus
Auto blu. Cellulari. Pasti. Portaborse. Ecco come si trattano i consiglieri. Meglio dei parlamentari. Tutte le cifre e i privilegi
In Emilia Romagna il servizio ferroviario è eccellente rispetto alla media nazionale. Collegamenti frequenti, treni puntuali, vagoni puliti. Per i consiglieri regionali però è meglio viaggiare in auto. L'ente guidato da Vasco Errani, in prima fila nella battaglia contro i tagli del governo, prevede infatti formule di rimborso benzina che nessuna ditta privata si sognerebbe di offrire ai suoi dipendenti. Ottantuno euro ogni cento chilometri effettuati: un indennizzo che le tabelle Aci contemplano per fuoriserie come la Jaguar XK 5.0 o la Porsche Carrera coupé 345 cv. Anche se ci si muove con una Fiat Punto. Soprattutto, senza bisogno di presentare ricevute. A inizio mandato basta indicare la distanza tra il Consiglio e la propria abitazione e il gioco è fatto. I soldi arrivano automaticamente a fine mese, oltre 3 mila euro per quanti risiedono più lontano da Bologna. Denaro che gli eletti intascano anche se al posto dell'auto usano il treno. I conti sono presto fatti: da Piacenza il rimborso di un viaggio in auto è di 278 euro, mentre il biglietto del Frecciabianca costa solo 57 euro. Con oltre 200 di guadagno effettivo.
È la casta local. Non alberga nel cuore di Roma. Non invade tv e talk show. Ma rinchiusa nei palazzi delle Regioni, sparsa in tutta Italia, zitta zitta spende e spande come gli onorevoli colleghi della capitale. E anche dove statistiche e bilanci raccontano una gestione virtuosa, come appunto in Emilia Romagna, a fare bene i conti gli sprechi sono tanti. E a volte pure dolosi. A inizio 2011, la ventata moralizzatrice sui costi della politica è soffiata proprio su Bologna e sui suoi rimborsi auto. Con un gioco di prestigio: da una parte le presenze mensili dei consiglieri sono state ridotte da 16 a 12, dall'altra l'indennità di trasferta è salita da 61 a 81 centesimi al chilometro. Una farsa che, dati alla mano, ha fatto risparmiare 1.800 euro a fronte di oltre 70 mila di spesa al mese. Quasi 900 mila l'anno.
Ecco che gli stessi enti locali che accusano il governo di tagliare tutto e tutti, lamentano l'iniquità della manovra e dicono che Tremonti metterà a rischio servizi essenziali come sanità, istruzione e trasporti, potrebbero risparmiare un sacco di soldi tagliando benefit e privilegi. Da Nord a Sud cambia poco. La benzina aumenta? Nessun problema. In Basilicata, Lombardia, Molise, Umbria e Val d'Aosta, come nel Lazio, il rimborso è legato al prezzo del carburante. Una quota che oscilla fra il 20 e il 33 per cento e che funziona, in pratica, come una scala mobile petrolifera. Nel Lazio basta risiedere a 15 chilometri dal consiglio regionale per averne diritto: una distanza studiata per permettere a tutti di usufruirne, romani de' Roma compresi. E fra questi c'è pure chi (una decina) ha dichiarato di non possedere un'automobile. Si può dire che è Roma ladrona, poi però si scopre che in Val d'Aosta, col pretesto della "piccola regione", i chilometri sufficienti ad ottenere l'indennizzo scendono a cinque. Poco più di una passeggiata.
In Calabria, dove nel 1970 la scelta del capoluogo a Reggio portò a scontri, con morti e feriti, non solo hanno sdoppiato tutti gli organi ufficiali, ma a ruota anche i rimborsi. Previsti sia per i viaggi nella sede dei gruppi consiliari a Catanzaro, che in quella dell'assemblea a Reggio. La Sicilia di Raffaele Lombardo non bada a spese: trasporti marittimi, ferroviari, autostradali e aerei sono gratis. In alternativa sono previsti 1.100 euro al mese per chi abita entro 100 km da Palermo e 1.300 per chi sta più lontano. Chi vive nel capoluogo, magari di fronte al Consiglio, si deve accontentare, si fa per dire, di 6.400 euro l'anno.
FANTASIA AL POTERE - Ma non di soli viaggi a sbafo vive il politico locale. Nella busta paga regionale c'è un florilegio di indennità, che a volte denotano una certa fantasia. Prendi la Puglia, dove la Regione rimborsa "il rapporto con gli elettori", o la Calabria dove s'è introdotto un forfait di 2.809 euro per le "missioni nel territorio". Il bello è che vengono versati anche se le missioni non si fanno, e pure se per raggiungere il comizio o la piazza da inaugurare l'onorevolino usa l'auto blu. Non è un vizio di giù, sia chiaro, se in Molise il forfait missioni scende a 1.712 euro, nella ricca Lombardia di Roberto Formigoni sale a 3.525 euro. L'Emilia Romagna, poi, fa un altro ragionamento: siccome chi viene eletto è lì per fare politica, aspetta che rimborsiamo con 2.277 euro al mese "l'attività politica". Senza scordarsi mai dell'amato portaborse. A Potenza, Cagliari e Palermo hanno provveduto con un bonus che oscilla fra 2.561 e 4.678 euro, fra spese di segreteria e rappresentanza. Da Cagliari risponde la Sardegna, che ci tiene alla preparazione dei suoi amministratori, e assegna 780 euro per spese di documentazione e aggiornamento. Per non far loro perdere tempo con gli acquisti, lo scorso autunno in Campania avevano pensato di risolvere il problema a monte: una delibera prevedeva la dotazione di pc portatili, I-pad o notebook per tutti. E poi via con i clic. Questo per i peones, perché per presidenti di commissione e capigruppo c'erano perfino frigobar, scrittoi e divani in pelle, anche se le polemiche hanno costretto al ritiro del provvedimento.
A Trieste, dove ci si preoccupa di un'alimentazione sana, panini e spuntini veloci sono banditi: per il vitto la Regione Friuli Venezia Giulia assegna ai 60 consiglieri un contributo forfettario di 735 euro al mese. Anche la Sicilia ci tiene alla linea, ma a prezzo politico, tanto che fino ad agosto ha permesso a deputati ed ex di consumare alla buvette un pasto completo alla modica cifra di 9 euro (pagato da Palazzo dei Normanni). E ancora: 346 euro per le spese telefoniche, 10 per cento di sconto per comprare l'auto e mutui agevolati al 2 per cento per l'acquisto della prima casa (col resto degli interessi a carico della collettività). Per la settantina di ex onorevoli che non hanno maturato il vitalizio fino ad agosto c'era un bonus da 6.400 euro l'anno per l'aggiornamento politico-culturale, poi i tagli hanno costretto alla retromarcia. Sull'Isola un pensiero andava perfino all'Aldilà: 5 mila euro se morivi, così, per pagare i funerali dei consiglieri deceduti. Poco per il cattolicissimo Veneto, che andava perfino oltre, con un contributo di 7.500 euro.
CONSIGLI DI CARTA - "Seguito decisioni conferenza presidenti comunicasi seduta ordinaria est convocata...". Samuel Morse sarebbe contento di sapere che a un secolo e mezzo dalla sua invenzione il telegrafo ha ancora degli estimatori. Nell'era delle e-mail e degli smartphone, il Consiglio regionale del Lazio fino allo scorso luglio comunicava le riunioni d'aula con un telegramma. Poi l'ufficio di presidenza, anche a seguito di varie denunce dei Radicali, ha deciso di colmare il digital divide passando alle comunicazioni ufficiali con la Pec. Ma la Pisana pare avere un debole per la cellulosa. Secondo i calcoli di Sinistra e libertà durante la discussione sul piano casa in una sola seduta sono state distribuite oltre 2 tonnellate di carta non riciclata fra rassegne stampa, emendamenti e subemendamenti. Costo: 4.670 euro. Eppure per eliminare questa spesa sarebbe bastato un semplice clic, dal momento che tutto il materiale è a disposizione sul sito del Consiglio.
Al Sud è lo scintillio della carta patinata a renderla preferibile ai supporti elettronici. Ogni due settimane la Fondazione Federico II, emanazione del parlamentino siciliano, manda in stampa 4 mila copie della rivista "Cronache parlamentari" (200 mila euro lo stanziamento in bilancio). Il quindicinale è gratuito e può essere scaricato in pdf, tuttavia viene stampato in un elegante formato cartaceo per essere inviato a tutti: consiglieri, assessori e un bell'elenco di enti istituzionali.
PRESIDENTI DI SE STESSI - In questo vortice di spese non si può dire che non ci sia vita nei Consigli regionali. Attualmente risultano attivi ben 53 organismi unicellulari: i monogruppi. Il record spetta al Lazio e alle Marche, con otto gruppi da un solo consigliere ciascuno. Diventare capogruppo di se stessi, infatti, fa lievitare la busta paga. E i gettoni. Non dev'essere sfuggito al governatore marchigiano Gian Mario Spacca, che ha fondato un gruppo col suo nome che gli permette di sommare le cariche di consigliere, capogruppo e presidente. Nemmeno l'ex governatore Mercedes Bresso, in Piemonte, ha resistito alla tentazione e ha fatto altrettanto. Peccato che in aula esistesse già Insieme per Bresso, la lista civica che l'aveva sostenuta: "L'ho fatto per tutelare tre persone che hanno lavorato con me nei cinque anni precedenti", ha motivato lei. Un senso protettivo che costa ai piemontesi circa 150 mila euro l'anno.
A Roma, poi, in 18 mesi sono nati cinque monogruppi: Mpa, Fli, Responsabili, Api e perfino un improbabile gruppo Misto composto da un solo consigliere. Complessivamente fanno più di 2 milioni di spesa annua. Ma all'assemblea laziale piace accumulare record. Nessun altro parlamentino, per dirne una, conta così tante commissioni: ben 20 per 71 consiglieri. Quando Camera e Senato, per farsi un'idea, ne contano 15 ciascuno.
In Campania l'eco delle proteste contro i costi della politica sembra non essere arrivato. Il 3 agosto, in pieno clima vacanziero, l'aula ha approvato in prima lettura una modifica allo statuto che consente di allargare la giunta da 12 a 14 assessori. Nella canicola estiva era balenata perfino l'ipotesi di istituire due sottosegretari. Secondo la giunta l'ampliamento sarà a costo zero ma l'Idv calcola una spesa aggiuntiva di un milione tra stipendi, costi del personale di segreteria e autisti.
Quanto al Molise, con le imminenti elezioni regionali finirà in soffitta un pezzo di storia politica. In Consiglio, eletto nel 2006 prima della nascita di Pd e Pdl, ci sono ancora i Ds, la Margherita, An e Forza Italia. I gruppi, per non perdere finanziamenti e dipendenti, si sono guardati bene dal fondersi. Fra contributi mensili, staff e capigruppo, fermare le lancette dell'orologio ha comportato un aggravio di spesa quantificabile in almeno un milione di euro. Del resto anche il gusto vintage ha il suo costo.
Costava ben 6 milioni di lire (pari a 6.000 euro di oggi), ed aveva delle caratteristiche fantastiche: RAM "fino a" 640 kb., risoluzione grafica di ben 640x400 (a livelli del primo televideo), niente colore (scrittine bluastre su fondo nero), niente audio (solo un beep), nienta hard-disk (solo floppy da 5"1/4), niente interfaccia grafica (gli ordini si davano scrivendo stringhe in DOS), niente mouse... Velocità da Fiat 500... Un dinosauro.
Oggi, a causa di problemi con internet, sono stato assente, e non ho potuto, come avrei voluto, dare un mio affettuoso saluto a Steve Jobs, che ho avuto la ventura di conoscere, per ragioni professionali...
Correva l'anno 1985. In quell'epoca lavoravo come Direttore Marketing in una agenzia di pubblicità, la TBWA (acronimo dei soci fondatori, che conoscevo tutti: William Tragos detto Bill, americano di origini greche; Claude Bonnange, parigino doc, con bella casa in Boulevard Haussmann; Uli Wiesendanger (creativo del gruppo, nonostante fosse svizzerissimo); Paolo Ajroldi, italiano, mancato prematuramente qualche anno fa.
La TBWA a metà degli anni '80 era un'agenzia in fortissima espansione in Italia, e passava in pochi anni da una decina di persone circa 120, tanto che per qualche anno abbiamo rinunciato persino a partecipare a gare competitive, per non sottrarre tempo e risorse ai clienti già acquisiti.
Erano tempi pionieristici. Basti pensare che Internet era appena in fasce. Nell'83 c'erano, in tutto il mondo, bel 1000 computers collegati in rete. Nell'87 erano saliti a ben 10.000. Uno dei primi personal italiani, l'Olivetti M24, costava ben 6 milioni di lire (pari a 6.000 euro di oggi, ed aveva delle caratteristiche fantastiche: RAM "fino a" 640 kb., risoluzione grafica di ben 640x400 (a livelli del primo televideo), niente colore (scrittine bluastre su fondo nero), niente audio (solo un beep), nienta hard-disk (solo floppy da 5"1/4), niente interfaccia grafica (gli ordini si davano scrivendo stringhe in DOS), niente mouse... Un dinosauro.
E venne l'era MacIntosh. I fondatori di allora. I due Steve (Steve Jobs e Steve Wozniak) cominciavano a pensare all'Europa, e chiesero lumi sulle possibili agenzie, quando si dice il caso, ad un comune amico, Antonio Aliotta, italo-americano nato negli USA, che si era trasferito in Italia come responsabile commerciale del gruppo Time-Life. Antonio era mio compagno di bagordi e di tennis, e sapeva che mestiere facevo. Loro cercavano un'agenzia di cultura europea, ma con una dimensione internazionale. E noi, in quell'epoca, eravamo presenti negli USA, ma eravamo cresciuti molto in fretta in Europa. Eravamo in Italia, Spagna, Grecia, Francia (sede centrale europea), Svizzera, Germania, Inghilterra...
L'incontro fatale, per "odorarci" e stabilire se fossimo di loro gradimento, fu fissato a Parigi. Loro arrivarono in due. Indovinate... Steve Jobs e Steve Wozniak. Steve & Steve. Quelli che una deficiente di creativa definì carinamente "i due SS", rischiando di farci perdere un business non ancora iniziato.
E' stato uno dei briefings più complicati ai quali io abbia mai partecipato. Facevamo tutti finta di capire la differenza (che mi sfugge tuttora) fra "micro-computer" e "personal computer", fra sistemi "friendly" e linguaggi di programmazione complessi, e poi eravamo affascinati da un piccolo coso che si chiamava "mouse", e il cui nome ci faceva tanto ridere...
Comunque, pur nella nostra ignoranza, la differenza fra scrivere stringhe di ordini DOS e fare click su una figurina l'avevamo afferrata anche noi, così come la differenza fra le scritte blu scuro e lo sfondo azzurro chiaro, le immagini, il colore... e poi i primi applicativi relativamente facili per la computer-grafica, che hanno fatto di Apple e MacIntosh il PC d'elezione fra coloro che avevano a che fare con la pubblicità, il giornalismo, i CAD, eccetera.
I due Steve erano consci della nostra ignoranza, ma anche della oggettiva difficoltà, per chiunque non si chiamasse Steve, di afferrare le cose. Furono molto pazienti. Il briefing durò tutto il giorno, inclusi il pranzo e la cena, e la mattina del giorno dopo. Erano molto diversi, fra loro. Jobs tutto proiettato nel tentare di trasmetterci - riuscendovi - l'entusiasmo verso "la cosa". Wozniak più indirizzato a parlare di soldi, di budget, di commissioni d'agenzia...
Vincemmo quella gara, e per qualche tempo la pubblicità dei due S in Europa l'abbiamo gestita noi. Poi sono uscito dalla TBWA per tornare in un'azienda industriale, e mi sono perso il perchè della temporanea rottura fra Apple e TBWA in Europa. Dopo il rientro di Steve Jobs in Apple dall'esilio, la pubblicità è tornata alla TBWA per i paesi di lingua inglese, dal 2006 al 2010. La campagna "Get a Mac" è andata in onda negli USA, in Canada, Nuova Zelanda, Australia. Poi, con l'ultima uscita di Steve Jobs per la malattia che lo ha stroncato, anche i rapporti con la TBWA sono finiti.
Di Steve ricordo solo la enorme disponibilità e pazienza, e l'entusiasmo contagioso che trasmetteva a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo per almeno 5 minuti. Dicono che fosse un despota in azienda. Lo sapeva anche lui, ma ha trovato il modo, a cena, di spiegare anche questo aspetto, sul quale peraltro nessuno aveva chiesto spiegazioni. Noi, spiegava, siamo un'azienda molto giovane, e la nostra "manodopera" è costituita non da disciplinati operai alla catena di montaggio, ma da gente che deve pensare, creare, inventare. Non possiamo inchiodarli per otto ore ad un tavolo. Possono far andare il cervello anche mentre bevono una coca cola in giardino, seduti su una panchina. Però in un'azienda giovane c'è sempre qualcuno che fraintende, e confonde un deliberato "life-style" col lassismo. Quindi ogni tanto bisogna ricordare, magari brutalmente, che tutti debbono remare, magari disordinatamente, ma con accettabile impegno.
Quando ho incontrato Steve Jobs, e gli ho sentito fare questi discorsi, non aveva ancora compiuto i trent'anni... Riposa in pace, grande pioniere... Tafanus
P.S.: Oggi sui commenti ad un lungo articolo commemorativo su l'Unità, una cretina di nome Alessandra Franchini (ma sarà il suo nome vero?) ha scolpito: "il sole splende, ho fatto colazione, mi sento bene. Ci sta un bastardo capitalista e sfruttatore in meno nel mondo". Non so chi sia questa mentecatta, ma io ateo ho pregato un Dio nel quale non credo di inviarle, come regalo di Natale, un tumore ai polmoni, non operabile.
Signore e Signore, ecco il livello culturale ovvero grammaticale dell’erede Trota che noi manteniamo insieme alla Minetti nella stessa porcilaia:
12 dicembre 2010 a Genova: «Io, come giovane, sto facendo partire, dove facendo dei corsi che si insegna la storia, senza avere gli strumenti, la scuola non ce li dà».
8 settembre 2011 al giro ciclistico «de noantri»: «Rispetto per degli atleti che corrono, fanno il loro lavoro e danno anche molto spettacolo, quindi è giusto che si lascino proséguere».
Decisamente ha fatto progressi il cocco di Bossi suo, a 8.000,00 euro al mese in tempi di crisi! Non male, non male! Lega, vai avanti così che vai forte, superando anche Berlusconi.
Orripilante!
L’associazione specializzata «Openpolis» ha pubblicato il rapporto “L’opposizione che salva la maggioranza” in cui prende in esame il periodo dall’aprile 2008 a settembre 2011. Quella sinistra d’accatto che ogni giorno grida le dimissioni di Berlusconi, in questi anni avrebbe potuto fare cadere il governo 5.098 volte, se solo avesse fatto il suo dovere almeno come esigenza etica di guadagnarsi il pane e il tanto companatico che gli forniamo. Non partecipando al voto o disertando l’aula della rispettiva camera, hanno aiutato il governo a restare a galla: Bersani per 2306 volte, Di Pietro per 2019 volte, Emma Bonino 1.331, D’Alema 2003; Fioroni 1951; Franceschini 1534, Turco 1512. Ecc. ecc. ecc. Piangere? Ridere? E’ meglio mandarli a casa.
Se Bagnasco parla, non c'entra il coraggio. Basterebbe la verità
«Se la sferza del cardinale frusta soltanto l’aria»
Avrei sperato di parlare d’altro, ma la realtà incombe come una condanna a morte. Nell’aria c’era attesa per le dichiarazioni del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei e finalmente il giorno è arrivato: lunedì 26 settembre 2011 passerà alla storia come il giorno dei comportamenti vacui e delle invettive a perdere. Di fronte all’unanimismo dei cattolici e specialmente dei laici che inneggiano al coraggio di Bagnasco per avere parlato «chiaro e forte», resto allibito e senza parole. Ho cercato un motivo di soddisfazione e ho trovato solo elementi di amarezza e profonda delusione.
Non mi aspettavo di più perché conosco l’ambiente e anche gli uomini, ma ciò non toglie che sentire e poi leggere ciò che ha detto il cardinale di Genova, hanno fatto emergere di più ciò che non ha detto e ha taciuto. Mercoledì 28 settembre ho parlato con l’assessore ai Servizi Sociali di Genova, Roberta Papi che, per i tagli del governo, sfornava numeri, scenari e prospettive drammatici per il 2012 con scelte obbligate che inevitabilmente sacrificheranno molti servizi. Mentre parlava pensavo al cardinale.
Il quale cardinale, mio vescovo, a Roma, non per decisione propria, ma per insurrezione della base, è costretto a dire qualcosa sul governo attuale e sull’ignominiosa vita di Berlusconi sia dal punto di vista etico che da quello delle scelte economiche. Così parlò l’eminente Zarathustra: «Non si era capito, o forse non avevamo voluto capire, che la crisi economica e sociale, che iniziò a mordere tre anni or sono, era in realtà più vasta e potenzialmente più devastante di quanto potesse di primo acchito apparire».
Forse non aveva capito o voluto capire il cardinale, ma noi avevamo capito subito, anche prima, e gli articoli e le «opinioni» da noi espresse ne sono una prova. Mentre il cardinale Bagnasco e i suoi colleghi affossavano la testa come gli struzzi nella sabbia delle convenienze e del silenzio «istituzionale», noi gridavamo che la crisi negata attanagliava la gente. Per farvi fronte nel 2009 la parrocchia di San Torpete ha dato vita alla Associazione «Ludovica Robotti – San Torpete» che da due anni a pieno ritmo aiuta chi è stato afferrato e trucidato da questa crisi sulla quale i vescovi hanno taciuto, complici.
Il cardinale continua riferendosi alla vita scellerata e malata di Berlusconi: «Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria».
Vengono i crampi al cervello! Tristi e vacui? Tutto qui? «Relazioni improprie» l’uso sessuale di minorenni, cioè un delitto? Il cardinale ha sbagliato pagina! Berlusconi, infatti, ha fatto diramare l’esegesi che il porporato non l’aveva con lui, ma con tutti e specialmente con i «comitati d’affari» della sinistra. Benservito, cardinale Bagnasco! Finche non dirà il nome, il cognome, l’indirizzo, il Cap e il CF del responsabile primario e quasi unico del degrado dell’Italia, anche le sue parole saranno «tristi e vacue».
Nel tribunale di Genova, un padre accusato di violenza sessuale sulla figlia minore si è giustificato dicendo di aver fatto come il presidente del consiglio. Tre italiani che molestavano prostitute, arrestati nel Montenegro, si sono giustificati allo stesso modo. «Non nominare nel vuoto il Nome di Dio» impone il comandamento che i vescovi pare abbiano tradotto con Nominare nel vuoto il Nome vacue («Innominato sia sempre il nome del corrotto, corruttore, adescatore di minorenni, blasfemo, spergiuro e difensore di mafiosi».
Da 18 anni i vescovi tacciono e oggi non dicono una parola non equivoca di condanna sulla finanziaria che uccide un popolo e sul comportamento ignobile che offende l’onore di tutta la Nazione, resa da Berlusconi un «bordello all’aperto».
Questo il post apparso oggi sul sito dei rottamatori autorottamati. Contrariamente a quanto annunciato da alcuni giornali, Matteo Renzi non compare fra i divi della manifestazione. La notizia del suo ritorno all'ovile era dunque del tutto infondata. In compenso appare Debora Serracchiani, alla quale ci sentiremmo di consigliare di scegliere con più cura e discernimento i compagni di strada. Perchè sposa una iniziativa fin qui dimostratasi fallimentare?
Prossimaitalia, il sito dei "rottamatori, non è visitato dal fondatore Matteo Renzi da oltre sei mesi, dal fondatore Pippo Civati da oltre due mesi. La Serracchiani non è neanche registrata sul sito. Qualcuno ci aiuta a capire? Nel frattempo, il sito avuto 10 visite in 18 ore, ma pubblica photoshoppate di folle oceaniche preventive. Qualcuno ci aiuta a capire? Da parte nostra, per dimostrare tutta la nostra nota benevolenza, vogliamo dare una mano, sperando che oggi i visitatori del sito dei rottamatori siano almeno una cinquantina. Altrimenti come diavolo la riempiamo, quella piazza? Tafanus
Eccola, l’immagine che ci accompagnerà verso il nostro appuntamento bolognese del 22 e 23 ottobre, in piazza Maggiore.
Post Scriptum: Da ieri il sito prossimaitalia.it non è accessibile dal mio PC. Non so se è un bug del sito, o una bannatura del mio IP.
Intanto, ricevo da un lettore del Tafanus, e pubblico, su sua autorizzazione, questo breve carteggio con Debora Serracchiani, circa la sua iniziativa (che io personalmente continuo a ritenere impropria o quanto meno equivoca) insieme a ciò che resta dei "rottamatori" (Pippo Civati, e pochi altri).
Da Chritian G. a Tafanus
Caro Antonio, anch'io stupito nel vedere il nome della Serracchiani su quella locandina mi sono permesso di scrivere alla diretta interessata. Qui sotto puoi trovare il contenuto delle nostre email. Sentiti libero di riportare il tutto all'interno del tuo blog. Con stima, Christian G.
Da Christian G. a Debora Serracchiani
Buongiorno, sarò breve e non mi dilungo con scontati apprezzamenti per il suo operato all'interno del PD. Anche se credo che persone come lei debbano essere senz'altro il futuro della nostra classe politica. Mi spieghi, alla luce di quanto da lei stessa scritto in data 01.12.2010 in questo articolo, perché mai dovrebbe presenziare, e addirittura essere una degli oratori di spicco, tanto da apparire sulla locandina, del prossimo convegno di prossima fermata Italia? Come dobbiamo interpretare questa sua iniziativa? La prego di darmi delle delucidazioni perché a questo punto mi trovo confuso! Cordiali saluti, Christian G.
Da Debora Serracchiani a Christian G
Caro Christian l'iniziativa di Bologna che organizzo con Giuseppe Civati non è in contraddizione con quanto scrivevo in quel post. "Il nostro tempo" è un iniziativa che ha lo scopo di lavorare, nel partito e intorno a lui, senza intenti distruttivi o rottamatori, per rinnovare le idee e la nostra classe dirigente che con la sua credibilità personale deve dare forza e gambe a quelle idee. E' questo lo spirito che ho sempre avuto nella mia attività politica e che ti ringrazio per aver apprezzato fino ad oggi. Ti garantisco che questo spirito permane e sarà quello con cui condurrò le mie iniziative dei prossimi mesi, affinché il Pd riesca a fare quel salto di qualità che tutti noi auspichiamo. A presto, Debora
Da Christian G. a Debora Serracchiani
Cara Debora, quanto da lei scritto mi conforta. Le vorrei comunque comunicare che questa manifestazione è molto sponsorizzata da quelli che si denominano ancora rottamatori (anche se io credo che si siano ormai rottamati loro già da tempo!). Credo che la meraviglia che mi ha avvolto nel leggere il suo nome su quella locandina sia stata condivisa anche da altre persone. La prego quindi di spiegare all'interno del suo blog i motivi che la portano a presenziare alla manifestazione di Civati... in modo da poter rassicurare anche altre persone che da tempo la seguono e la apprezzano. Saluti, Christian G.
Ho lasciato un commento piuttosto critico sull'articolo citato da Christian, sul blog della Serracchiani. Chi volesse chiedere spiegazioni, può farlo al seguente indirizzo:
...erano ancora infilati a testa in giù, in apnea, nel mitico tunnel Gelmini, e si sono infilati alla veloctià dei neutrini, nel tunnel dei dati falsificati, non pubblicati, nascosti, su bocciati e promossi. Un patetico tentativo di nascondere la verità: la scuola, con la cura Gelmini, non è diventata più selettiva. E' accaduto il contrario (e ne siamo felici), ma QUESTO è successo, e non quanto ha tentato di contrabbandare la coppia più cretina del mondo.
La prode ministra che vanta tre cambi di liceo, una abilitazione strappata nella lontana Reggio Calabria, in perenne lotta cogli accenti tonici (si dirà égida o egìda?), dopo Fioroni non ha mai fatto la cosa più semplice: pubblicare i dati e le tabelle, che esistono.
Si è rifugiata, insieme all'ormai mitico portavoce dei neutrini, dietro brevi comunicati-stampa parziali, contraddittori, e falsi. Oggi, smascherata, si difende con una pezza peggiore del buco: "...i nostri dati si basavano su una proiezione parziale...".
Parziale quanto? parziale perchè? Non siamo ad un mese dalle elezioni, o agli exit-polls. Gli esami si fanno in tutta Italia nello stesso momento, e dopo poche ore si possono avere i dati tabellari completi e precisi. Perchè non si è limitata a dare quelli? Ci faccia sapere. Tafanus
Bocciati in calo, polemica sui dati nascosti - "Gelmini scorretta, si deve dimettere" - Nel mirino l'ex portavoce Zennaro, autore della gaffe sui neutrini. La difesa del ministero: i nostri dati si basavano su una proiezione parziale
ROMA - Sono nel bunker, asserragliati dentro le larghe stanze del Palazzo della Minerva in viale Trastevere. L'inchiesta di "Repubblica" sui quattro anni di "dati oscurati" dal ministero dell'Istruzione, sulle due stagioni di errori plateali nella comunicazione degli scrutini di fine anno, sul sospetto che quegli errori fossero forzature per non rivelare che la linea "bocciare con severità per formare la futura classe dirigente" era saltata, hanno soffiato nuove nevrosi nello staff di Mariastella Gelmini. Ieri mattina uno stanco Massimo Zennaro, reduce dal siluramento dal ruolo di portavoce per la supergaffe del tunnel dei neutrini, diceva: "Figuriamoci se tarocchiamo i dati". Poi, però, deviava il telefono ai collaboratori e in serata inviava sei uscieri a bloccare ogni ingresso al ministero.
Dal 2008 a oggi i dati dei bocciati alle medie superiori sono in calo costante: erano il 13,8 per cento, oggi sono l'11,9 (un calo del 13,8% - NdR). Basterebbe questo percorso a rendere plateale una sconfitta politica: i docenti non hanno tenuto in considerazione le esplicite indicazioni del ministro. Il problema successivo, e più grave, è che per quattro anni la Gelmini non ha reso pubblici i numeri ufficiali e in due occasioni - settembre 2008 e giugno 2010 - ha infilato negli stringati comunicati stampa cifre sbagliate. Il timore, adesso, è che fossero false.
Ecco, i "comunicati stampa", perno della comunicazione seriale del ministero, affidati al padovano Zennaro. Diversi fonti indicano in lui, suggeritore che resta alla Direzione Generale Studenti (con uno stipendio di oltre 150.000 € - NdR), lo stratega della "comunicazione artificiosa". E l'ultima perla uscita dal bunker, questa tutta dedicata alla questione "bocciati", fa crescere i sospetti.
Dice: "In merito alla ricostruzione fornita da "La Repubblica" il Miur precisa che i dati contenuti nel comunicato del ministero del 12 giugno 2010 si riferiscono a una proiezione parziale relativa agli scrutini trasmessi da circa 200 scuole di sei regioni. L'equivoco nasce dal mettere a confronto il dato complessivo dei non ammessi contenuto nel comunicato del 2009 (13,6%), con l'11,7%, dato parziale relativo ai non ammessi nelle stesse 200 scuole di riferimento".
I dati sono "parziali", abbondano i "circa", ma non si dice nulla sulla flessione dei bocciati né si offrono le cifre ufficiali, debitamente spiegate. In una seconda nota si specifica, poi, che per legge il ministero deve comunicare solo all'Istat e ad oggi all'Istituto statistica sono stati girati i dati degli scrutini fino al 2008-2009.
...Ministra, mi consenta: una può anche glorificarsi comunicando i numeri su appena 200 istituti di appena sei regioni. Ma basta dirlo. E basta dire che questo "campione" non è statisticamente rappresentativo di una beata minchia, e che non è adatto a fare "proiezioni" neanche a Desenzano del Garda, dove esistono tante persone colte e intelligenti. E lei non ha parlato di "proiezioni", ma di dati.
Sull'obbligo di "comunicare" o meno i dati: il suo predecessore era soggetto alle stesse leggi, e le tabelle le pubblicava. No, forse la legge non la "obbliga" a pubblicare le tabelle, ma l'etica (e la legge) la "obbligherebbero" a non mentire. Se non è in grado di reggere neanche la portineria di un ministero, si faccia e ci faccia un regalo. Cambi mestiere. NdR). Continua l'articolo:
Il Pd, per voce di Manuela Ghizzoni, attacca: "Bisogna revocare a Massimo Zennaro l'incarico da direttore generale. Non ha i titoli, è incorso nella gaffe del tunnel dei neutrini e ora viene indicato come il responsabile della scelta di oscurare gli esiti degli esami". L'Unione degli Studenti punta in alto: "Il 7 ottobre andremo in piazza per chiedere le dimissioni della Gelmini. Ha presentato i numeri riguardanti le bocciature in modo da far apparire valida la sua linea dura, ma era solo propaganda sulle spalle di studenti che vivevano il trauma della bocciatura. Questo ministro è capace solo di mentire".
Da tre anni non esce più, a cura del Miur, "La scuola in cifre", e in una risposta a un'interrogazione nel giugno 2010 il sottosegretario all'Istruzione Giuseppe Pizza evidenziò che i dati ministeriali solo in rare occasioni, e su volontà del ministro, vengono diffusi.
Osvaldo Roman, ufficio legislativo del Pd, segnala che anche la cifra delle classi a tempo pieno - 30,5 per cento, in aumento secondo il ministero - è scorretta, perché fa rientrare in questa voce anche ciò che in realtà è solo tempo lungo. Il Partito democratico chiede all'Istat di "rendere nota tutta la documentazione scolastica in suo possesso".
P.S.: A Manuela Ghizzoni, PD, dico che non basta accontentarsi della testa del "Direttore Generale" Massimo Zennaro. Quando le cavolate e le menzogne diventano la cifra costante della gestione di un ministero, è la ministra per caso che deve andar via, portandosi dietro il suo direttore generale. Nella migliore delle ipotesi, si tratta di una coppia di incapaci. Nella peggiore (ma non voglio neanche ipotizzarlo...) si tratta di una coppia di imbroglioni. La ministra non ha solo il compito di fare bene, ma anche di controllare ciò che fanno i suoi sottoposti. NdR
Non le bastava aver assunto il suo ex braccio destro all'Ugl, a 189 mila euro l'anno. Adesso ha portato in regione anche la compagna di lui: oltre 400 mila euro fino al 2015. Il suo compito? «Verificare l'attuazione del programma» (di Emiliano Fittipaldi - Repubblica/Inchieste)
C'è un ufficio, a Roma, che assume sempre. Anche in tempi difficili, anche se il Tar (come successo qualche settimana fa) annulla le delibere con cui hai chiamato sei dirigenti senza la «trasparenza e pubblicità» necessaria, anche se la crisi economica imporrebbe una stretta agli sprechi, alla Regione Lazio la regola non cambia mai. Per gli amici di Renata Polverini o per gli amici dei suoi amici c'è sempre una scrivania pronta.
Stavolta, però, la governatrice si è superata, e ha riunito una coppia che la sorte aveva diviso, facendo felice ancora una volta il suo sindacato preferito. L'Ugl, ça va sans dire, di cui è stata potente segretario fino a due anni fa.
Andiamo con ordine. Nel giugno 2010 la Polverini ha voluto come suo braccio destro Salvatore Ronghi, ex dirigente dell'Ugl a cui ha concesso un contratto da 189 mila euro lordi l'anno. Ex vicepresidente del Consiglio Regionale della Campania, Ronghi - che anni fa ha lasciato An e oggi è tra i fondatori del movimento Forza del Sud - è così diventato il primo napoletano a sedere sulla poltrona di Segretario generale della Regione Lazio.
Ronghi è chiacchierato per le sue simpatie considerate troppo a destra. Nella foto a destra , pubblicata su FB, lo si vede abbracciato con un fascista che mostra orgoglioso la croce celtica, ed è finito sui giornali perché capo di Federica Gagliardi, la "dama bianca" che accompagnò Silvio Berlusconi in alcune visite di Stato.
Ma i mugugni, in Regione, ora riguardano l'ultima assunzione messa a segno da lui e la Polverini.
L'anno scorso Renata ha infatti creato una nuova «Struttura di Verifica dell'Attuazione delle Politiche Regionali e del Programma di Governo», ufficio istituito presso il segretariato generale. E dallo scorso 1° ottobre ha chiamato per gestirlo la compagna di Ronghi, la napoletana Gabriella Peluso. Che, di fatto, sarà il "Gianfranco Rotondi" della Polverini.
La signora ha 37 anni ed è felice: fino alla settimana scorsa curava ufficio stampa del Consiglio Regionale della Campania, ora ha un contratto da dirigente fino alla fine della legislatura (guadagnerà 122 mila euro l'anno, 10 mila in più del suo predecessore. In tutto sono oltre 400 mila euro. E lavorerà nella Capitale fianco a fianco con Salvatore.
La Peluso è una giornalista professionista, e qualche tempo fa s'è fatta notare perchè in un comunicato ufficiale del Consiglio ha confuso l'allora amministratore delegato della Cai (Compagnia Aerea italiana) Rocco Sabelli con l'opinionista Claudio Sabelli Fioretti.
Fa specie, col senno di poi, rileggere alcune sue dichiarazioni rilasciate all'Ansa un anno fa, contro «la malapolitica che tenta di calpestare i dipendenti regionali (del Consiglio regionale campano, ndr) attraverso il ricorso selvaggio e immotivato a consulenze esterne». La Peluso inveì pure contro l'«utilizzo clientelare dell'istituto del comando» e le «assunzioni incostituzionali ed illegittime». In che veste la nuova preferita della Polverini rilasciava dichiarazioni così indignate? Come componente della segreteria regionale di un sindacato. Quale? Ma l'Ugl, naturalmente!
Matteo Salvini, un uomo, un patano, un mito! Colui che alla Festa di Pontida, insieme ad altri ubriaconi, venne filmato mentre intonava, giulivo, cori alqunto razzisti, ma molto, molto idioti, contro i "napoletani che puzzano". Questo mito patano, che ci crediate o no, è un europarlamentare leghista, con stipendio da europarlamentare, e con assistente da europarlamentare... Sapete chi ha scelto, come "Assistente Parlamentare" (posizione che comporta un ricco stipendiuccio?) Ve lo dico io: ha scelto Franco Bossi, fratello di Umberto, Diplona di Scuola Media Inferiore.
Il Grande Blob degli ubriaconi in camicia verde-ramarro
Matteo Salvini è quel grande personaggio politico che vorrebbe trasformare l'Italia di oggi nel Sud-Africa razzista dellìapartheid pre-Mandela. Non è solo quello folcloristico e cretino che canta insieme ad altri ubriaconi che i napoletani puzzano, ma è quello che a Milano voleva istituire in metrò dei posti riservati ai milanesi (li fornirà di un "badge" con foto? di un microchip inserito sotto la pelle?), e delle carrozze riservate alle donne, per sottrarle alle molestie degli extra-comunitari (anche se, per mia esperienza, se ho visto qualcuno molestare le donne, costui era sempre un italiano...).
Insomma, se non fosse reato, lo si potrebbe definire un cretino autentico. Quindi è il caso di limitarsi eventualmente a pensarlo. Invece che sia un razzista piccolo piccolo si può dire tranquillamente, perchè la cosa è dimostrata per acta. Dei Grandi Razzisti (Hitler, Mussolini, Nethaniau) non ha la grandezza criminale. E' una caricatura da Bagaglino.
Matteo Salvini, un uomo, un patano, un mito! Ora che il Bagaglino è fortunatamente defunto, Salvini è ospite quasi fisso ad Omnibus (peccato, a volte è una discreta trasmissione...) Sempre in collegamento esterno, come i veri grandi della politica (Berlusconi, Maurizio Lupi, Pionati...)
Anche stamattina c'era, a sostenere, per la centesima volta, che i bravi lombardi tirano fuori ogni anno 70 miliardi per sostenere i siciliani che spalano la neve in agosto, e i napoletani che non si lavano e puzzano. E' noto, nella Capitale Morale non ci si sporca le mani con piccole truffe. Solo grandi affari. Che so... gli interventi chirurgici della Santa Rita? o le scorribande in borsa col supporto di insider-trading? Sono truffe più eleganti, e non puzzano. Si fanno senza sudare.
Senonchè, si dà il caso che questa storia dei 70 miliardi lombardi - che ogni tanto venivano tradotti nel più immaginifico e suggestivo "1000 euro al mese per ogni lombardo" - , a furia di sentirla, abbia finito col rompermi il cazzo. E non solo a me. Tanto è vero che durante la pausa pubblicitaria, qualcuno deve avere spiegato a Salvini che trattavasi di minchiata, che avrebbe meritato un approfondimento, un minimo di coerenza fra dati, e magari il supporto di fonti certe...
Sta di fatto che dopo l'intervallo, il mitico patano tornava alla carica, sfidando tutti ad andare su gogol per verificare questi dati. Basta digitare "residui fiscali", et voilà... appaiono trilioni di fonti che certificano la minchiata salviniana.
Noi lo abbiamo preso in parola, e siamo andati su gogol. Ma prima di dirvi cosa abbiamo trovato, vorrei far notare al patano che alcuni dati sono talmente incoerenti e cretini, che si possono smontare anche senza gogol. Basta una calcolatrice dei fustini del detersivo:
-a) 70 miliardi, diviso 9.917.000 lombardi, diviso 12 mesi, non fa 1000 euro a lombardo, ma 588 euro. Sempre una bella cifra, ma distante dai 1000 salviniani.
-b) 1000 euri al mese per ogni bravo lombardo non fa 70 miliardi, ma 119 miliardi e rotti (basta fare 9.917.000 per 12 per 1000).
Salvini, ma dove è andato a ripetizione di matematica? dal Trota, o dal suo assistente parlamentare Franco Bossi? Ma torniamo alle cose serie. Siamo andati a cercare dati freschi e affidabili sui residui fiscali (che, semplificando, sono le entrate fiscali che ogni regione produce in rapporto al suo PIL, diminuite delle spese della PA in quella regione, il tutto al netto degli interessi passivi). Se il risultato è positivo, siamo in presenza di una regione che produce più entrate fiscali di quante non ne consumi, e viceversa.
Inutile cercare i dati dove dovrebbero trovarsi, cioè sul sito del Tesoro. Non ci sono. I più freschi risalgono al 2001. Probabilmente una marchetta di Tremonti ai suoi miliziani patani, affinchè possano continuare va sparare la minchiana della Patania che si è caricata sulle spalle tutto il resto dell'Italia parassita e romanocentrica.
Allora abbiamo cercato i dati su uno dei siti più seri che ci siano in materia economico-finanziaria: quello dell'ufficio studi della CGIA di Mestre, e li abbiamno trovati. Aggiornati all'ultima previsione 2011. Li abbiamo raccolti in una tabella semplificata, e disposti in ordine decrescente (dalla regione più virtuosa a quella più parassitaria). E abbiamo fatto delle scoperte molto interessanti.... Ah... Salvini... Salvini... e studiare, prima di sparare minchiate nell'etere? Capisco, capisco... a studiare si fatica, si suda, e c'è il rischio puzzare come dei napoletani. O, magari, come dei leghisti. Non si sa mai... Meglio astenersi.
Sorprendente quante cosine avrebbe potuto imparare il ramarro, se solo si fosse sporcato le mani con lo studio... Vediamo:
-a) I residui fiscali della Lombardia non sono né 119 miliardi, né 70, ma 28,1. Sempre tanti, ma meno della metà della minchiata "70", e meno di un quarto della minchiata "mille euro al mese per lombardo".
-b) La Lombardia è il maggior pagatore, ma chi ne dubitava? coi suoi quasi 10 milioni di abitanti, e col reddito più alto d'Italia?
-c) Se proviamo a dividere 28,1 miliardi per 9.917.000 abitanti e per 12 mesi, scopriamo che l'immane peso sui lombardi è di ben 236 euri p.c.. Ce la faranno a farcela?
-d) Ai 70 miliardi all'anno della minchiata n° 1 di Salvini non solo non arriva la Lombardia, ma neanche tutta la Patania in senso stretto: Piemonte, Lombardia e Veneto totalizzano residui fiscali per complessivi 33,4 miliardi (meno della metà di quanto l'economista Salvini attribuisce alla sola Lombardia).
-e) Fra le regioni virtuose (quelle che hanno residui fiscali migliori di 822 euro all'anno (pari a meno di 90 euro mensili p.c.) ci sono non solo le laboriose Marche, ma anche i paesi satelliti di Mosca (Toscana ed Emilia-Romagna), e persino - udite! udite! - il Lazio di Roma Ladrona.
-f) Fra le regioni di seconda fascia (con residui fiscali negativi fra 2000 e 3000 euro all'anno) troviamo non solo le devastate Campania e Abruzzi - come era logico aspettarsi - ma anche (...surprise!...) ricchissime regioni mitteleuropee, come il Trentino-Alto Adige, ed il Friuli-Venezia Giulia!
-g) In fondo alla classifica (ma molto, molto in fondo!) troviamo un'altra regione che si lava e non puzza. Anzi, è stupenda! La Val d'Aosta, che tutti travolge con oltre 6.200 € di residui fiscali ricevuti (il triplo degli Abruzzi e della Puglia, più del doppio della Campania...)
Come dite? che la Val d'Aosta è una regione autonoma? ...già... non ci avevo pensato... ma adesso che mi ci fate pensare, mi viene in mento che lo sono anche il Trentino, la Sicilia... qualcuno mi spiega come si cucina un passino di 6200 euri "à la valdotaine"' Grazie.
Voglio essere intercettato! Non ho lavitoli nell'armadio, io!
Vogliamo essere intercettati! Noi non abbiamo né cadaveri, né lavitoli nell'armadio. La legge che vogliono varare in tutta fretta serve solo a Berlusconi e ai criminali. A noi non serve. Contribuite alla diffusione dell'iniziativa firmando, ed inviando ai vostri amici, ai giornali, ai blog che frequentate l'invito a condividere questa raccolta di firme.
Così l'Espresso del 22 Ottobre 1998 traccia l'impietoso caso della caduta del Governo Prodi del 1998, distribuendo equamente i "meriti". Fra i premiati, quell'Arturo Parisi che oggi vorrebbe mandare al macero quel Bersani che lo ha strabattuto alle primarie del PD, che ha fatto resuscitare il PD nei sondaggi nonostante Penati, e che ha ridato una speranza al centro-sinistra.
Lo stesso Parisi sponsor e motore di quella Margherita che coi suoi tanti (troppi) teo-con e teo-dem nutriti a pane e cicoria (non solo Rutelli, ma anche la Binetti ed altri transfughi), ha provato a distruggere il PD (e quindi, di fatto, il centro-sinistra). Ora Parisi attacca, e chiede le dimissioni (addirittura!) di Bersani, reo di non pensarla come lui, ma come il 98,5% del PD. Complimenti, Parisi. Ma si prenda una lunga vacanza, grazie. O si iscriva al movimento dei Rottamatori. Credo che sarebbe il benvenuto, a fianco del soporifero Pippo Civati, e del rientrante (sembra) Matteo Renzi, che peraltro viene, come lei, dall'Azione Cattolica. Tafanus
SCIOCCO - Fausto Bertinotti: affossa il governo di centro-sinistra per futili motivi. "O svolta o rottura", ha ripetuto per mesi come un automa. Alla fine è rottura; ma, insieme con la maggioranza del 21 aprile '96, si rompe anche il partito della Rifondazione Comunista. Bel capolavoro.
SPAESATO - Enrico Micheli: dal suo ufficio a palazzo Chigi, per più di due anni gestisce accortamente il difficile rapporto con Bertinotti. Sfidando le ire dalemiane. Ma all'improvviso, dopo l'ultima estate, la sua diplomazia si inceppa. L'ex capo del personale Iri non conosce più gli uomini?
LACRIMOSA - Tiziana Valpiana: bertinottiana quasi pentita, la parlamentare si arrovella, si macera, si dispera, piange nell'anti-bagno di casa con la coinquilina Rosanna Moroni, cossuttiana; all'ultimo momento porta il suo voto all'ammasso del compagno Fausto e del Polo. Addio Prodi.
COCCIUTO - Romano Prodi: "Giocatore abilissimo ma rigido" per Giovanni Sartori ("La sua forza è di ostinazione"), potrebbe salvare il governo chiedendo aiuto a Francesco Cossiga. Ma non lo fa. Eppure l'Udr ha detto sì al Documento di Programmazione Economica e Finanziaria.
LIBRESCO - Arturo Parisi: accusato di aver sbagliato i conti, di non essersi procurato i dovuti appoggi alla Camera, il sotto-segretario della presidenza del Consiglio se la cava buttandosi sul politichese più astruso ("Mettevamo al primo posto la difesa del bipolarismo"). Contento lui...
TRIPLO-GIOCHISTA - Silvio Liotta: ex dc, nella primavera 1996 si fa eleggere deputato da Forza Italia; poi abbandona il Polo e passa a Rinnovamento italiano; infine tradisce anche Lamberto Dini e, il fatale 9 ottobre, nega a Prodi il voto
VENDICATIVO - Angelo Giorgianni: ex sottosegretario all'Interno, licenziato brutalmente dall'Ulivo per sospetti mai chiariti (non c'era neppure un avviso di garanzia), si rifà convincendo il suo compagno Liotta a dire di no a Prodi. Degno partner nella moral suasion: Vittorio Sgarbi.
DISTRATTO - Massimo D'Alema: nello scivolone non ha colpe dirette. Ma per oltre due anni si è concentrato su riforme improbabili, su inutili dialoghi con Berlusconi, su velleitari progetti di Cosa Due. Su tutto, insomma, tranne che sul rafforzamento dell'Ulivo e del suo governo.
CIECO - Luigi Manconi: portavoce dei Verdi, invece di fare l'ambientalista si diletta nell'opporre veti a Cossiga. Alla fine, Angelo Sanza (Udr) sbotta: "Ci hanno chiesto i voti per tutta la notte, poi leggiamo Manconi su "Repubblica" che dice: "Mai con Cossiga"" E allora andate a....
AVVENTUROSO - Walter Veltroni: mentre la tempesta si avvicina, lui semina vento. Al "Corriere" consegna due diktat: primo, nessun allargamento della maggioranza; secondo, elezioni immediate se il governo cade. Ancora pochi giorni e la linea dura dà i suoi frutti. Velenosi.
EGOISTA - Irene Pivetti: diserta il voto di fiducia perché, dice, nessuno le ha spiegato che la sua presenza è necessaria. Ma il sottosegretario Parisi giura di averle rivolto un drammatico appello: "Ci sono momenti in cui decisioni storiche dipendono dalle scelte di una singola persona..
CINICO - Enrico Boselli: la fiducia a Prodi lui la vota. Per mesi, però, la sua impuntatura nel sollecitare il varo di una commissione d'inchiesta su Tangentopoli contribuisce a disgregare l'Ulivo. Forza Italia ringrazia commossa: nella coalizione di maggioranza ognuno va per conto suo...
MESCHINO - Silvio Berlusconi: caduto il governo, brinda con champagne Krug millesimé. Che fosse soltanto un multimiliardario, si sapeva. Che avesse gusti così prevedibili, però, non era scontato. E nemmeno che la nuova figuraccia del sistema Italia lo eccitasse a tal punto.
La relazione durante la direzione del partito. "Il nostro orizzonte sono le elezioni ma non ci sottraiamo al governo d'emergenza". "Non servono scorciatoie populistiche ma una buona politica". Sul referendum malumori di alcuni esponenti di Areadem.
ROMA - "Il nostro orizzonte sono le elezioni ma non ci sottraiamo al governo d'emergenza, che aiuti a fare una nuova legge elettorale e a uscire dalla crisi". Così Pier Luigi Bersani alla direzione del pd mette in chiaro la posizione del partito su una possibile crisi di governo. "Intorno a noi vediamo tatticismi di ogni genere". Sempre a proposito di orizzonti, il segretario del Pd traccia quello delle alleanze. Ovvero "promuovere un incontro delle forze moderate e progressiste per la ricostruzione dell'Italia". Poi mette in chiaro: "noi non abbiamo un pregiudizio di partenza su quello che chiamiamo nuovo Ulivo". La scadenza è la metà di dicembre quando il Pd terrà una convenzione per lanciare il suo progetto per l'Italia. Ma Bersani deve incassare il duro affondo di Arturo Parisi che lo accusa di non avere schierato il partito sul referendum. Arrivando a chiedere le dimissioni.
E sempre sul fronte referendario c'è da registrare il malumore di alcuni esponenti di Areadem a cui non è andato giù il non esplicito sostegno portato avanti da Bersani. Durante la riunione diversi esponenti di Areadem hanno ricordato l'intervista di Franceschini del 31 agosto e quindi le parole del capogruppo al coordinamento del 1 settembre: l'invito era quello di schierare il partito senza ambiguità sul sostegno al referendum. "Se Bersani ci avesse dato retta ora avremmo potuto raccogliere i frutti del successo del referendum con più nettezza..." (...in che senso, scusi? pensa che Berlusconi si sarebbe dimesso se Bersani avesse appoggiato più convintamente il referendum? NdR).
Bersani non ci sta e difende l'autonomia del Pd in tema di legge elettorale: "Potevamo anche non avere il nostro progetto di riforma elettorale e accodarci al referendum. Noi abbiamo scelto di avere una posizione e di aiutare la raccolta delle firme". Ma Arturo Parisi incalza e sferra un durissimo attacco al segretario, rivendicando anche i meriti del successo della campagna referendaria. Arrivando a chiedere le dimissioni del segretario: "In un sistema quale quello che voi proponete per il governo del Paese il segretario dovrebbe presentarsi dimissionario per difendersi dall'accusa di aver inferto un grave danno al partito proponendo una linea che si è dimostrata radicalmente sbagliata". (Traduzione: o gli altri accettano la linea di Parisi, o la loro posizione è "radicalmente sbagliata" - salvo verifica dei risultati, che ancora non ci sono, ma... de minimis non curat Parisi - e quindi si deve dimettere. NdR)
Parisi legge il verbale della direzione del PD in cui l'ordine del giorno contrario al sostegno esplicito al referendum ha avuto 176 voti a favore, tre contrari e 4 astenuti. "La segreteria è rimasta abbarbicata ad un progetto e ad un metodo di tipo 'bulgaro - attacca Parisi - C'è stata un rivendicazione scomposta dei meriti forse qualcuno pensava che il referendum fosse la "Dolce Euchessina". Per quelli che non hanno capito che il partito è esso stesso movimento: il partito che abbiamo in mente non si accontenta di non essersi fatto male". Ed ancora: "Come si fa a non riconoscere la distanza spaventosa che esiste tra il deliberato proposto dal vertice del Partito, e, purtroppo accettato alla unanimità dalla Direzione, e il fiume di firme che ci ha travolto?" (..."CI HA", Parisi? parli come mangia, lei non è stato "travolto", è stato "glorificato" dal fiume di firme, visto che era fra i promotori... Non voleva magari dire che BERSANI era stato "travolto", senza averne il coraggio? Ma in tal caso non sarebbe più corretto dire che è stato "travolto" non Bersani, ma il 98,3% del partito? cioè 176 membri della direzione su 179?Caro Parisi, quello che lei chiama "metodo bulgaro" è quel sistema - ha un nome, si chiama "democrazia", secondo il quale in un organismo collegiale - sia esso la direzione di un partito o l'assemblea di condominio - 176 vale più di 3. Se questo sistema non la convince, c'è sempre il Movimento 5 Stelle in cui migrare. NdR) [...] (Repubblica.it - 03/10/2011)
Caro Parisi,
alcune cosine che mi sfuggono. Riesce a chiarirmele?
-1) Narrano le malilingue che Prodi sia stato sfiduciato alla Camera nel 1998 (rettifico la data, su preziosa indicazione di Giò, che ringrazio) con un voto di differenza, avendo affrontato il voto con la certezza di farcela, perchè un suo omonimo (tale Artuto Parisi), addetto alla macchinetta calcolatrice, gli aveva assicurato che da suoi ripetuti controlli era certo che Prodi avrebbe avuto la fiducia. Furono così spalancate le porte al periodo berlusconista che tanto bene ha fatto e continuerà a fare all'Italia. Lei ne sa niente?
-2) Narrano le malelingue che un suo omonimo, tale Arturo Parisi, In seguito alle dimissioni del segretario del PD Walter Veltroni, si sia candidato a segretario del PD, non con lo scopo di conquistare la poltrona (peraltro scomoda) di segretario, ma con lo scopo più nobile di indire in tempi brevi un congresso, che avesse lo scopo di rivitalizzare il PD in difficoltà, creando una vera e nuova cultura democratica. È stato però sconfitto da tale Dario Franceschini, che però ha sostenuto alle primarie del 2009.
-3) Dicono le malelingue che questo suo omonimo abbia poi sostenuto Franceschini contro Bersani, incassando l'ennesima sconfitta. E dicono che questo Parisi non l'abbia mandata giù.
Ma ora lasciamo stare il suo omonimo, e parliamo di lei:
-a) In democrazia, caro Arturo, c'è la c.d. "dittatura della maggioranza". In un partito serio, quando una mozione passa 176 a 3, sono caso mai i 176 a doversi dimettere, non i 3. Si concentri, non è un concetto difficile, neanche per Lei.
-b) Sul referendum, aspetti un attimo a cantare vittoria (non faccia come il suo già citato omonimo,. specialista in sconfitte...). Ci sono ancora parecchi ostacoli da superare, prima di autocantarsi sette gloria:
La cassazione deve dichiarare la ammissibilità del referendum. Può darsi che lo faccia, ma vogliamo aspettare?
Il Governo Berlusconi non deve dimettersi per evitare lo svolgimento del referendum, che Berlusconi non vuole.
Il referendum deve raggiungere il quorum.
Il referendum, dopo aver raggiunto il quorum, deve essere vinto (lo sarà, ne sono certo).
Dopo la vittoria del referendum, l'attuale maggioranza potrebbe varare una legge-sòla, che superi, secondo la Cassazione, il risultato referendario.
Ammesso che ciò non avvenga (o che il piano fallisca), si tornerebbe al Mattarellum, e nessuno ha ancora dimostrato che questa sia una soluzione conveniente per il PD più del supermaggioritario dato dal Mattarellum, OGGI, coi sondaggi di OGGI. E non mi dica che le leggi elettorali si fanno senza badare alle convenienze di chi propone le modifiche, perchè ciò è falso fin dai tempi della legge-truffa del '53, voluta dal suo padre spirituale Alcide De Gasperi. Il quale con quell'atto pensava non al bene della DM (DemoCrazia), ma al bene della DC (Democrazia Cristiana).
Si dia una calmata, amico, altrimenti ci costringe a ricordare quante porcherie siano arrivate al PD (e quindi all'Ulivo, o all'Unione, o alla coalizione "Pinco", la chiami come vuole), da parte di quella Margherita di cui lei è stato co-fondatore, e Presidente dell'Assemblea Nazionale (ad iniziare dalle Binetti, dai Rutelli, dai Fiorone, e dal suo omonimo Arturo Parisi).
...sia detto con malcelata soddisfazione... il sottoscritto ci ha messo circa tre ore e mezza, nel 2007, a capire che Grillo era un comico in disfacimento (come il Bagaglino). Marco Travaglio ha impiegato tre anni e mezzo, ma alla fine è arrivato. Questione di riflessi. Ora persino Marco si è accorto, e ha mollato il comico che non fa più ridere... Tafanus
Grillo attacca il Fatto: “Residuati dell’Unità”. E Travaglio lo scarica.
Beppe Grillo ultimamente non ne ha azzeccata una. Politicamente parlando, si intende. Ha cominciato all’indomani del primo turno delle amministrative, dicendo di Pisapia (ieri proclamato personaggio della Rete dell’anno) che era uguale alla Moratti (e la nostra risposta non è tardata ad arrivare). All’indomani del ballottaggio, definì il neo-sindaco “Pisapippa” (e anche in quel caso, ci siamo fatti sentire), precludendosi quindi la possibilità di poter avanzare qualsiasi critica futura all’operato del Sindaco (anche noi quando vediamo che qualcosa non va, lo scriviamo, si chiama diritto di critica). Poi ha cominciato a fare terra bruciata intorno agli aderenti del suo Movimento, insultando sistematicamente tutti i possibili interlocutori che potevano avere sul territorio (forse Grillo non lo sa, ma la cooperazione con altre forze per cercare di portare avanti il proprio programma è l’abc della politica, soprattutto quando si è 1 o 2 contro 40 consiglieri).
L’ultima bravata del comico genovese si è realizzata in un post del suo blog, “Soli“, in cui, tra gli altri, Grillo insulta Antonio Padellaro e Furio Colombo, accusati di essere “Giornalisti schierati, residuati dell’Unità che ha sempre vissuto di contributi pubblici“. Decisamente troppo, tanto che non solo sono andati su tutte le furie i lettori della testata giornalistica online dell’anno, ma anche Marco Travaglio, che ha deciso di sospendere la rubrica che oramai durava da tre anni e mezzo “Passaparola“.
Grillo, forse capendo di averla fatta grossa stavolta, in un commovente mini-post intitolato “Arrivederci Marco“, lo ringrazia e spera sia un arrivederci. A quanto pare, dopo gli insulti, sarà un addio definitivo. La domanda ora è: quanto conviene agli eletti del Movimento 5 Stelle tenersi Grillo, che ogni giorno con le sue sparate manda all’aria il loro costante lavoro sul territorio? Ha senso dire che non si è un partito, se poi alla fine comanda e dà le direttive uno solo, esattamente come in partiti per nulla democratici come Pdl, Idv e Sel?
Forse sarà il caso che questa riflessione la facciano al più presto. Perché “Soli”, da che mondo è mondo, non si va da nessuna parte. Per dirla con Berlinguer: “Il riscatto e la liberazione dei giovani, degli uomini e delle donne presuppone sì un impegno della singola persona e il rispetto delle sue libertà e aspirazioni personali nei vari campi, ma soprattutto uno sforzo collettivo, un’opera corale, una lotta comune. Insomma, si può andare avanti sulla strada del progresso politico, culturale e sociale di questo Paese solamente se si agisce insieme e non solo uno per uno.“
Ecco il buco dell'ozono artico - La notizia è della scorsa primavera: sull'Artico si era improvvisamente verificata una notevole perdita dello strato di ozono, paragonabile a quanto avviene da una trentina d'anni sopra il polo Sud. Ora c'è la conferma tramite uno studio apparso sulla rivista Nature. Nell'immagine Nasa si nota chiaramente come il buco si sia esteso sopra la Scandinavia e poi sull'Europa orientale, la Russia e la Mongolia, esponendo queste popolazioni a livelli elevati di radiazioni ultraviolette. I valori anormalmente bassi sono durati 27 giorni a marzo e si sono estesi nei primi giorni di aprile su una superficie di 2 milioni di km quadrati. Recentemente (il 16 settembre) si è ricordata la Giornata mondiale per il mantenimento dello strato di ozono,manifestazione istituita dall'Onu nel 1995. (Corsera)
P.S.: Avvertite B. che si non tratta di un buco di quelli che ha in mente lui, altrimenti si precipita al Polo Nord... Tafanus
...queste le fantastiche e fantasiose dichiarazioni di Calderoli... e ti chiedi se sia meglio, per lui, essere sospettato di mentire, o di dire la verità...
«Sul Mattarellum fummo ricattati» - Il ministro leghista Calderoli, autore del Porcellum: «No al voto anticipato, meglio una fase costituente»
...che qualcuno cominci a cagarsi addosso, alla sola idea ci possa essere la chiamata alle "gabbine"?...
Sono davvero più vicine le elezioni dopo le parole del ministro Roberto Maroni che ha aperto sul referendum? Si andrà al voto anticipato? Il ministro Roberto Calderoli ai microfoni del Tg1 allontana l'ipotesi: «Credo che ci sia davanti un grosso obiettivo, trasformare l'attuale legislatura in una legislatura costituente». «C'è uno scenario preoccupante - prosegue - Il nord che cresce alla velocità della Germania, il sud che decresce alla velocità della Grecia. C'è una unica ricetta, è il federalismo» (...ma come, non era la "secessiun", la soluzione?... NdR)
PORCELLUM E MATTARELLUM - Il padre del Porcellum disconosce la creatura e rivela: la Lega lo accettò sotto ricatto. Intervistato dal Tg1, il ministro ha affermato infatti che all'epoca della nascita dell'attuale legge elettorale «la Lega ed il sottoscritto erano a favore del Mattarellum». Il «Mattarellum» è il sistema elettorale che rientrerebbe di fatto in vigore qualora passasse il referendum appena presentato in Cassazione. «Fummo ricattati da Casini e dall'Udc, per introdurre un sistema proporzionale», punta adesso l'indice l'esponente del Carroccio, «da Fini che voleva le liste bloccate e Berlusconi che voleva il premio di maggioranza». Quanto alla sinistra, dette la sua «collaborazione non dicendo nulla». A rafforzare il disconoscimento, Calderoli ricorda di essere stato lui, l'autore della legge, ad affibbiarle in nomignolo con il quale è passata ai libri di storia come legge «porcata», da cui poi il nomignolo coniato da Giovanni Sartori.
(...solo per ristabilire un minimo di decenza e di verità: io ho seguito TUTTO il dibattito perticolare, e i partiti di centro-sinistra hanno fatto ostruzionismo feroce, ma alla fine ha prevalso, ovviamente, la maggioranza. Presidenti di Camera e Senato stravolsero i regolamenti parlamentari pur di contingentare sia i tempi dei singoli interventi, che - cosa da dittature centro-americane - i tempi complessivi della discussione. NdR)
LE CRITICHE - Acceso il dibattito su referendum e legge elettorale alla luce delle dichiarazioni dei leghisti Maroni e Calderoli - «La paura del referendum e dell'indignazione popolare fa novanta - è la critica del portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando -. E il promotore della vergognosa legge elettorale rinnega la sua creatura. Ne prendiamo atto, limitandoci a ricordare il danno devastante prodotto in questi anni dal "Porcellum" di Calderoli alla tenuta democratica del nostro Paese». «I cittadini - racconta sul suo blog Antonio Di Pietro a proposito del referendum - ci rincorrevano per firmare non perché volessero esercitare un'azione di antipolitica, ma perché volevano esercitare un'azione politica. Noi vogliamo una nuova legge elettorale».
ALTRI STATISTI PARLANO - Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «la legge elettorale, quale che sia, deve consentire in primo luogo all'elettore di scegliere il premier, la coalizione, il programma. Il resto è materia di confronto». Per Gasparri si dovrebbe subito avviare un confronto sul presidenzialismo. Il ministro Saverio Romano si dice d'accordo con il collega di governo Ignazio La Russa: è opportuno, sostiene, «lasciare la legge elettorale attuale introducendo le preferenze. Cosi si può recuperare il rapporto elettore eletto». Ha una sua proposta anche il governatore lombardo Roberto Formigoni, secondo cui bisognerebbe aggiungere le preferenze alla attuale legge elettorale.(Corriere.it - 02/10/2011)
Ora il quadro è chiaro: lo strenuo difensore della legge-porcata, e suo primo firmatario, era contrario. E' stato ricattato. Da chi? dalla Spectre? no! dai partiti suoi alleati. Lui voleva il Mattarellum, mica il Calderolum! Questo gli è stato "imposto"; quindi siamo a fine corsa, alla confessione di un ministro che certifica la sua vigliaccheria politica, e la sua pochezza. Mani e testa rubate alla rimozione del tartaro...
Si ascolta ciò che dice in difesa del mattarellum, e contro il Calderolum, e si viene colti da vertigini. Per anni, abbiamo vissuto in un equivoco. Abbiamo pensato che il Calderolum piacesse a Calderoli, e invece lui lo detestava! Più di noi komunisti trinariciuti! Pensavano che quando gridava "al voto, al voto" intendesse dire "al voto, al voto!", e invece intendeva dire che non è il momento di montare le gabbine, perchè, dice, «credo che ci sia davanti un grosso obiettivo, trasformare l'attuale legislatura in una legislatura costituente».
Non è magnifico? Dopo aver trascorso tre anni e 5 mesi a non fare un cazzo, quando manca - nella peggiore delle ipotesi (per noi) - meno di un anno e mezzo al "rompete le righe" (dopo anni di "rompiamo il paese"), Calderolo vuole iniziare, ORA, a fare una "legislatura costituente".
Nell’elenco infinito degli sprechi c’è da annoverare il più incredibile e per certi versi pietoso documento redatto dagli uffici del comune di Cerisano, tremila abitanti in provincia di Cosenza. La delibera n.32 dell’11 agosto 2011 con la quale la giunta comunale nomina un suo caro ad “armonizzatore” dell’azione politica dell’amministrazione.
Credo che nemmeno il sindaco, il signor Salvatore Mancina, abbia capito bene e fino in fondo che nomina abbia decretato. Gli era necessario qualcosa di nuovo e ha pensato che si potesse lavorare con la fantasia per allontanare le voci cattive. Consegnare nelle mani del dottor Mario Cipolla, questo il nome dell’armonizzatore, 7200 euro annui tutto incluso.
“Cifra irrisoria”, ha subito scritto il sindaco nella delibera, per prevenire ogni tipo di illazione e incasellare l’incarico - armonizzatore della politica cittadina, curatore delle anime afflitte, stenditore dei buoni propositi – nel ricco panorama dei ruoli modulari e sottocosto delle clientele di paese. Scrivendo il sindaco si è confermato un artista creativo ma si è dato la zappa sui piedi: ha deliberato che incaricava il dottor Cipolla di armonizzargli il contesto politico urbano in virtù della pregressa amicizia elettorale, un legame consolidato durante la realizzazione delle candidature municipali. Con il conseguente piccolo obolo in segno di riconoscenza e anche di supplenza dell’organico afflitto dall’austerity nazionale.
Il sud allevato al malaffare non sente nemmeno più l’odore dell’inopportunità, dell’assenza di qualunque credibilità. Non sente, non guarda. Ingoia l’ultimo boccone rimasto, quei pochi spiccioli delle casse comunali, senza nemmeno masticarlo.
Sarà pure - come dice il Sindaco Salvatore Mancina, che si tratta di "cifra irrisoria", ma per i disoccupati, i pensionati sociali, i senza speranza di Cerisano, pagare 5000 lire all'anno come obolo obbligatorio all'armonizzatore (?), credo che produca non irrisorie incazzature. Il problema non è se 7.200 euri siano "cifra irrisoria" o "cifra irridente". Il problema è capire il perchè. In cambio di cosa 3000 poveracci debbano dare al dottor Cipolla (Armonizzatore) un milione e duecentomila lire al mese.
I cerisanesi vorrebbero almeno sapere, dalla viva voce del sindaco, alcune piccole cose. "Si suppone che tutte le mattine il Dottor Cipolla si svegli (presumibilmente prima di alzarsi); si sbarba, si veste, e qualche volta va pure in Comune, ed inizia il suo duro lavoro di Armonizzatore. Si suppone che l'Armonizzatore abbia un ufficio, una segretaria, un telefono. Ma una volta finito di sfogliare la Gazzetta dello Sport, come trascorre, esattamente, la sua giornata da Armonizzatore?Tafanus
"Stati Generali" del PdL a Milano (Sottotitolo: Le "comiche Finali") - Solo una giornalista di nome Sabrina Cottone, in forze (si fa per dire) al Geniale, poteva scrivere questo incipit:
"Angelino Alfano da Agrigento, classe 1970, è un po’ milanese, perché ha studiato giurisprudenza alla Cattolica. Così, quando entra nella fossa dei leoni del Pdl lombardo, sa come prendere i duemila eletti che lo attendono con ansia nella sala strapiena. Sono le tredici e quarantacinque, ben oltre l’ora di pranzo (e dei tg). Lui ha ascoltato duecento minuti di interventi, scherza sulla curva glicemica in picchiata, ammorbidisce la platea che sembrava in preda a sindrome da disfatta: «Il rischio è cadere in una trappola psicologica per cui ci convinciamo che hanno ragione gli altri. Ma noi non possiamo accettare lezioni da loro, sconfitti dalla storia!». Piovono applausi.
Poi punta diritto al cuore, al grande assente, Silvio Berlusconi. Fin troppo banale dire che lo si nota anche se non c’è. E Alfano, segretario politico del Pdl scelto dal premier, invita a fare squadra intorno a Berlusconi incalzato dalla magistratura, dai continui inviti a lasciare il governo, adesso anche dalla pubblicità a pagamento sui quotidiani: «Berlusconi è sotto attacco ed è il nostro leader e noi lo difendiamo»
Sic! crollo degli iscritti (dai 7000 dell'anno scorso agli 800 di quest'anno). Il Chief Commander che non si fa vedere (è in visita a Milanello, a motivare le truppe pallonare, e il genero Pat-Pat).Poi la giovane "comandata" agli stati generali infierisce:
"Il giovane delfino galvanizza la platea"(l'Angelino Sterminatore - NdR): «Vogliamo vincere nel 2013, faremo i congressi provinciali all’inizio di dicembre». Non si accorge, nella sua foga laudatoria, nemmeno della pesantezza delle parole di Albertini: «La meritocrazia non è essere una bella ragazza, se devi fare l’attrice o la spogliarellista va bene, ma se devi fare il rappresentante istituzionale o il ministro...»Vede l'unica nota stonata nell'intervento di Formigoni (Governatore della più importante regione italiana):«Bisogna fare le riforme, un grande cambiamento nella politica di governo e di partito. Cambiare aria, riconquistare il consenso degli elettori, basta con i nominati dall’alto».
Ma si riprende subito, e si spara una Gelmini al culmine della notorietà e del consenso (soprattutto nelle barzellette e nella feroce satira dei social networks e della rete in genere): «Dobbiamo essere compatti davanti agli attacchi straordinari a Berlusconi che mirano a sovvertire la democrazia. A volerlo mandare via sono le lobbies, i salotti, i poteri forti, imprenditori che non hanno concluso nulla, gente che preferisce un governo tecnico a un governo eletto dal popolo».
E' finita? No, no è finita, perchè la notista politica del Geniale cita persino un passaggio della superflua Santanché, che non riporto. Ma non dice una parola sul Silvio che non c'è. Ai SUOI Stati Generali...
Oggi, alle 12,15, su questa "nota politica" di una candidata al Premio Pulitzer, ci sono ben 4 (quattro) commenti di lettori. Sono talmente pochi, e talmente entusiastici, che vale la pena di riportarli tutti...
# salferraro2: Ma Santo Dio Silvio della Comunicazione, come fai, inoltre, a non renderti conto che Emilio Fede, Ti porta via elettori più di Galbanelli, Fazio, Travaglio, Floris, Gruber, Dandini messi insieme. Pensionalo subito!
# PierPieroPiero: il segretario nominato che candida chi l'ha nominato in un florilegio di lacrime adesso si esibisce in una struggente difesa del vecchio porco nominante... A volte mi chiedo se non stiamo vivendo nella sceneggiatura di quale soap opera....
# KumKum; E se non fate squadra con lui, perché è solo grazie a lui che esistete tutti quanti voi del pdl, allora perderete un bel po' di voti. Ci sono già preparativi di trasloco nella casa della lega se Silvio cadrà (purché ciò non avvenga per mano della lega, altrimenti quei voti resteranno inutilizzati). Se faranno cadere Silvio, tanto varrà provare la formula secessionista per cercare di sganciarsi non dal Meridione, ma dai suoi politici che han distrutto quella terra e sono passati, ora, anche al Nord.
# reporter79: dai che ce la fate! treo quattro siete rimasti!
La ridicola giornalista in marzo aveva scritto su un blog blograffaella un articolo nel quale, impancandosi a retroscenista, ci anticipa chi sarà il Cardinale di Milano, dopo Tettamanzi. In un articolo di una paginetta riesce a "scooppare" i nomi di Angelo Scola, Gianfranco Ravasi, Bruno Forte, Gianni Ambrosio, Pierbattista Pizzaballa, Luigi Negri, Luciano Monari, Diego Coletti, Franco Giulio Brambilla. Fatti i conticini? La mitica retroscenista "restringe il campo" a soli 9 nomi, ma prudentemente, si lascia la porta aperta, concludendo l'articolessa con queste parole-salvavita: "L'elenco potrebbe allungarsi".
Siamo sicuri che la retroscenista del Geniale ci azzeccherà. E' come giocare 90 numeri sulla ruota di Milano. Ci azzecchi di sicuro, non vinci un cazzo, ma puoi sempre proclamare: "l'avevamo detto!". Il Geniale, da parte sua, commette la piccola truffa di giornata: nella prima pagina di oggi, che riportiamo in calce, sotto il titoletto sugli "Stati Generali" (quella piccola scrittina in bianco su fondo blu), con fotina della coppia più bella del mondo (l'Angelino e il Maialetto). Foto d'attualità... scattata chissà quando a Roma, Palazzo Chigi. Al Geniale hanno trascurato i particolari... sullo sfondo dei due campeggia il famoso Tiepolo, e la vergine alla quale la pudica mente del Maialetto, con sprezzo del ridicolo, aveva fatto velare il seno
Al peggio, con questa banda di cabarettisti, non c'è mai fine. Tafanus
...e se ne sono infischiate degli alleati... e il governo provvisorio libico, mentre già stringe accordi sottobanco coi liberatori più impegnati, fa sapere al patetico Frattini (che già pensava all'Italia come erede fuori discussioni degli affarucci con la Libia) che tutti i contratti in essere all'inizio della rivoluzione andranno rinegoziati. Frattini è avvertito. Autorizzare pagliacciate folcloristiche a Roma non basta per garantirsi negli affari... Tafanus
L'Europa politica non esiste. quelle economica e militare sono vaghe. il nostro ministro degli esteri va in televisione a pronunciare frasi inconcludenti e noi siamo alle prese con una crisi economica di cui ignoriamo le cause e le cure: davvero una situazione chiara e confortante. I primi ministri francese e inglese, Sarkozy e Cameron, sono andati in Libia come trionfatori, ci fanno sapere senza infingimenti che diventeranno padroni del petrolio libico.
E noi? Ci hanno messo alla porta senza complimenti, ci hanno fatto sapere che della Libia e dell'Africa è meglio che non ci occupiamo. È la fine dell'Europa unita? Dell'alleanza militare e della collaborazione economica? Il nostro governo, la nostra pubblica opinione non se ne occupano, continuano a correre dietro agli amorazzi di Berlusconi.
Si dirà che c'era da prevederlo. Di fronte alla guerra di Libia siamo tornati ai giri di valzer dell'Italietta umbertina fra la triplice alleanza degli imperi centrali e i franco-inglesi-americani. Come membri della Nato ci siamo schierati contro Gheddafi, abbiamo messo i nostri aeroporti a disposizione della Nato, ma senza nascondere che in cuore nostro speravamo ancora in una vittoria del rais, amico fraterno di Berlusconi, spesso ospite con tendone a Roma.
La sconfitta non è solo del nostro governo, è anche una sconfitta della nostra informazione incapace di una vera indipendenza. Non siamo stati capaci di prevedere né le rivoluzioni arabe né la guerra di liberazione, e mentre i vecchi imperialisti inglesi e francesi sentivano odor di bottino e si lanciavano in una vera guerra coloniale, la nostra marina e la nostra aviazione hanno avuto parti minori e sfuggenti che in qualche modo ripetevano la formula mussoliniana ambigua della "non belligeranza". Del tipo: ufficialmente ci siamo anche noi in guerra, ma in pratica stiamo a guardarla.
Francia e Inghilterra, secondo le migliori tradizioni imperialistiche, miravano al sodo: vi liberiamo da Gheddafi ma in cambio ci prendiamo le vostre risorse minerarie. Quando apparve sui giornali la notizia che la Francia avrebbe avuto il 25 per cento delle concessioni petrolifere, Sarkozy si è affrettato a smentire, ma ora c'è la conferma ufficiale del rapporto preferenziale. Abbiamo anche saputo con molto ritardo che l'intervento franco-inglese non era solo quello dell'aviazione, ma anche terrestre dei corpi speciali che agivano sul territorio libico in stretta collaborazione con gli insorti.
Con la guerra libica è avvenuto un fatto politico decisivo per l'Europa, forse il tramonto definitivo del sogno europeo. Lasciate libere dall'urgenza dell'intervento in qualche modo le vecchie potenze colonialiste, che conoscono l'arte dell'atto compiuto, hanno colto l'occasione: erano le uniche nel Vecchio continente ad avere due potenti flotte aeree da guerra, eredità dei giorni in cui dominavano il mondo, e le hanno usate infischiandosene dei rapporti con gli altri paesi europei. I soli che si sono negati, che si sono tirati fuori, sono stati i tedeschi che di guerra non ne vogliono più sapere dopo l'esito disastroso di quella nazista.
L'aspetto più deludente di quest'epoca è il riflusso verso posizioni passate, il ritorno degli errori del passato, impressionante. La Nato in versione franco-inglese non è lo scudo delle libere democrazie, la difesa ardua della democrazia riconquistata, ma il solito gioco dei potenti che fiutano i momenti favorevoli per ripetere le loro prepotenze e assicurarsi nuovi privilegi. Uno spettacolo drammatico ma per certi aspetti quasi comico, questo delle superstiti potenze europee che corrono in soccorso degli oppressi per derubarli. Siamo con voi contro i vostri feroci dittatori, ma ogni cosa ha un prezzo: ci accontentiamo della metà del vostro petrolio.
Grazie a una piramide di professionisti e prestanome. L'incredibile sistema creato dal leader romano di Confcommercio. Per frodare il fisco (di Gianluca Di Feo - l'Espresso - 30 settembre 2011)
La parola magica? "Risolviamo queste cose in altro modo, ci pensiamo noi...". A Roma c'era un posto dove i sogni diventavano realtà: un ufficio incantato dove si riusciva a far sparire le tasse. Non si nascondevano gli utili con complesse alchimie contabili, ma scomparivano le imposte già accertate: come in un incantesimo, venivano cancellati centinaia di milioni di euro che l'erario doveva solo incassare. Tanti in città sapevano, bastava chiedere in giro e ti consigliavano di rivolgerti a uno studio dei Parioli. Non un ufficio qualsiasi, ma quello del presidente di Confcommercio: Cesare Pambianchi, notissimo nei salotti capitolini, in prima fila nelle manifestazioni ufficiali e nelle occasioni mondane, sempre sottobraccio a politici e gran commis.
Sedeva nel consiglio di Aeroporti di Roma e di Fiera Spa ed era candidato alla presidenza della Camera di Commercio. Incredibile? Secondo la Guardia di Finanza, Pambianchi e i suoi complici in sette anni hanno dissolto seicento milioni di euro di tasse. Denaro su cui lo Stato aveva già messo le mani e che invece è volato via, grazie a una formula quasi perfetta di complicità e prestanomi. Un triangolo magico - così è stato descritto dalla monumentale inchiesta del Nucleo speciale di polizia valutaria - che ha fatto la gioia di imprenditori e negozianti.
Gli atti di quest'indagine sembrano il racconto degli Harry Potter dell'evasione: dietro le porte dello studio Pambianchi si apriva un mondo virtuale, in grado di spostare qualunque cosa in una dimensione parallela: bonifici, società, obblighi erariali. Le ditte venivano intestate ad altri; intanto i reali proprietari le spolpavano di beni e utili, finché restavano solo scatole vuote inzeppate di tributi, traslocate sulle sponde del Mar Nero senza il rischio di fare bancarotta. Una nuova pista bulgara dalle porte di San Pietro fino all'Europa Orientale: oltre 200 società hanno seguito questa rotta. E la premiata ditta dell'azzeramento tributario si preparava a sfruttare la stagione nefasta dell'economia per moltiplicare i suoi affari. A marzo Pambianchi rideva al telefono: "È un momento delle crisi e so' crisi per tutti, no? Noi quando c'è il momento de crisi, è il momento per mettè il maggior lavoro...".
Come nell'epica romana, tutto comincia con due gemelli. Questo è il ritratto che i magistrati hanno fatto di Pambianchi, "il politico", e del suo socio, il commercialista Carlo Mazzieri, "il tecnico", uniti dai giorni dell'università. Vite parallele: identici gli yacht costati 7 milioni, con posto barca a Punta Ala. Entrambi intestati a ditte straniere e formalmente in leasing, entrambi adesso sotto sequestro. Solo un indizio di quello che i provvedimenti giudiziari definiscono un lifestyle modellato sull'evasione. Un esempio? Pambianchi e Mazzieri erano ufficialmente separati dalle mogli, ma secondo gli investigatori vivevano serenamente con le consorti: le hanno intercettate nella quotidianità di famiglia, le hanno trovate a casa assieme egli ex mariti all'alba al momento delle perquisizioni. Perché la separazione era solo un escamotage fiscale. Anche i redditi dichiarati - Pambianchi in media 250 mila euro l'anno, Mazzieri sui 150 mila - erano una miseria rispetto ai tesori milionari individuati in una selva di conti sparsi in tutta Europa.
Il loro mondo parallelo è stato distrutto da una chiavetta Usb, pochi centimetri di memoria elettronica che contenevano la contabilità segreta. E a tradire il "triangolo magico" è stata l'unica passione che nella capitale spesso conta più dei soldi: il calcio. Nel settembre 2010 Mazzieri è corso a Monaco di Baviera per l'esordio della Roma in Champions e nella fretta si è dimenticato lo scrigno informatico dei traffici. Ha mandato l'autista a recuperarlo, ma i finanzieri sono entrati in azione nel momento giusto e hanno fatto goal in contropiede: l'elenco completo di società, depositi, prestanome, operazioni. Il ponte che univa il rispettabilissimo studio alla sua proiezione nelle peggiori nefandezze tributarie. A chiudere il cerchio hanno poi provveduto le intercettazioni, con le frasi che dimostravano il legame tra i due titolari e la centrale che svuotava le aziende tartassate e le spediva in Bulgaria. Quanto è bastato per mandare agli arresti 43 persone nella retata di giugno.
Dieci giorni fa, dopo tre mesi a Regina Coeli, Pambianchi e il suo "gemello" hanno ottenuto i domiciliari. Ormai tutto è pronto per il processo: la prima udienza è fissata per il 15 novembre. Gli avvocati preparano una battaglia serrata: l'ex presidente dei commercianti si è dichiarato innocente, Mazzieri ha preferito tacere. L'inchiesta però è tutt'altro che finita. Roberto Celli, ritenuto uno dei pilastri delle architetture societarie più malandrine, la scorsa settimana ha scelto di costituirsi dopo un'estate da latitante. E nei registratori degli inquirenti ci sono migliaia di ore di conversazioni, con il chiacchiericcio logorroico della Roma che conta: dialoghi che possono aiutare a capire perché Pambianchi si sentisse così sicuro.
Nonostante il suo nome fosse incluso nella lista Falciani di capitali svizzeri, nonostante le prime perquisizioni, era ancora convinto di potere tenere lontani i guai giudiziari. Nei file della contabilità segreta ci sono tracce minuscole di protezioni: regalini a impiegati dell'Agenzia delle Entrate. Appare difficile però creare 703 società fantasma e sotterrare oltre mezzo miliardo di tasse senza che nessuno si insospettisca. E la fase due dell'istruttoria - affidata a un team del Nucleo Valutario che già si è distinto a Milano nelle indagini sui furbetti delle scalate bancarie - potrebbe essere altrettanto clamorosa.
Già nella prima retata sono finiti decine di big. Come la holding delle costruzioni Di Veroli, che ha lavorato nella sistemazione delle case terremotate del centro storico dell'Aquila. Dai loro cantieri sorgono centri commerciali, parcheggi, alberghi e condomini: hanno ottenuto anche uno dei discussi "punti verdi" con cui il sindaco Alemanno vuole rivitalizzare zone periferiche della metropoli. Intanto Guido e Michele Di Veroli, eredi del fondatore, sarebbero riusciti a evitare di pagare 12 milioni di tasse grazie alle alchimie del "triangolo magico" dei Parioli [...]
È in questo studio dei Parioli che si è chiusa l'epopea di Aiazzone mobili, azienda rasa al suolo dagli ultimi proprietari Gian Mauro Borsano e Marco Semeraro. E che dire dell'avvocato Giuseppe Sciacchitano, un tempo intimo di Antonio Di Pietro, candidato al Senato dall'Idv e poi chiamato dal sindaco Walter Veltroni a tutelare i consumatori romani? I magistrati lo accusano per un'operazione fittizia da oltre un milione, fatto transitare sui conti della madre ultraottantenne, e per altri due milioni girati da aziende poi "affondate" in Bulgaria.
Più intricata e sorprendente la vicenda della Conad del Tirreno, che riunisce i punti vendita consorziati di Toscana e Alto Lazio, holding dove la coppia di furboni tributari rivestiva diverse cariche. Lì i finanzieri hanno ricostruito una complessa operazione su un immobile, che avrebbe permesso di sottrarre alla Conad 17 milioni. E sono saliti fino al piano più alto. Scrive il giudice: "Il presidente del Consiglio d'amministrazione e l'amministratore delegato ben consapevoli del valore fittizio hanno taciuto".
Indagini ancora aperte su Palombini, la fabbrica di caffè tra le più diffuse a Roma, "fornitori di papa Paolo VI": un capitolo dell'ordinanza è dedicato a loro, ma non sono state fatte contestazioni. Il paradosso è che sotto accusa c'è pure un istituto di vigilanza privata, la Centralpol, che fino al 2007 ha fatto sparire un milione di tributi e altri beni prima che si arrivasse all'istanza di fallimento. E a seguire una processione di industriali, ristoratori, costruttori, titolari di cliniche, albergatori, negozianti. Tutti in coda per ottenere le prestazioni di quella che la procura di Roma considera un'associazione per delinquere: una struttura piramidale con 83 adepti.
Sembra la Spectre dell'evasione. In cima i due super-commercialisti. Poi un secondo livello di professionisti, che risolvevano i problemi. Avvocati e tributaristi con studi ai Parioli e redditi ufficiali da badante, che al momento delle perquisizioni si sono preoccupati solo di vendere i loro immobili per evitare sequestri, confidando nella lentezza della giustizia.
O i creativi dirigenti della filiale Bpm di viale Giulio Cesare, che avevano inventato "bonifici virtuali", in modo che i soldi delle società da svuotare arrivassero ai reali proprietari: sono state censite 130 transazioni-ombra per 27 milioni di euro. Ma almeno altre due filiali nella capitale offrivano questi servizietti, senza mai segnalare nulla di anomalo: accuse anche a Imprebanca, l'istituto creato nel 2008 da un pool di imprenditori capitolini e il cui cda era presieduto, guarda caso, sempre da Pambianchi.
Il terzo livello, la base della piramide, era composto dalla folla di prestanome che si caricavano sulle spalle le bare fiscali: pensionati nullatenenti, immigrati africani o cinesi domiciliati presso ostelli della Caritas, che però risultavano padroni di holding gravate da debiti multimilionari con l'Erario. Le ditte poi venivano sepolte, con tutto il loro carico di tasse mai pagate, soprattutto in Bulgaria, l'ultimo paese entrato nell'Unione europea. Marco Adami, dalla sua casa sul lungotevere Flaminio accanto all'esclusivo Circolo Canottieri Lazio, è accusato di avere traslocato 45 società con oltre 87 milioni di imposte da saldare: è lui l'inventore della pista bulgara. Nella lista spicca il novantenne Franco Calderai, "l'ingegnere" con villetta nel verde della Cassia, e ben 61 società infarcite di cartelle esattoriali per 52 milioni.
Per riciclare i quattrini nascosti c'erano i soliti banchieri ticinesi, monegaschi, sanmarinesi o lussemburghesi. O formule innovative, come le polizze assicurative studiate su misura per offrire una sponda al riciclaggio: si sottoscrivevano in Italia ma era possibile intascare i premi in Liechtenstein. D'altronde quelli finiti agli arresti sono fior di professionisti, informatissimi sulle novità tributarie per fiutare al volo ogni possibile scorciatoia. Gente esperta, che nell'agosto 2010 commentava al telefono un'intervista al "Sole24ore" di Nello Rossi, il procuratore aggiunto che ha diretto l'inchiesta, sul dilagare delle aziende trasferite all'estero per frodare le tasse. E scherzava sulla difficoltà di parlare con Pambianchi e Mazzieri: "Non è che so' scappati per questo...". I due invece erano sui loro panfili gemelli: uno circumnavigava la Sardegna, l'altro faceva il periplo del Salento. Sicuri di essere intoccabili. Un anno dopo, il ferragosto l'hanno passato in cella. Ma la storia giudiziaria delle loro scorrerie sulla riva più nera del Tevere andrà avanti ancora a lungo.
La Confcommercio, negli ultimi anni, sembra diventata un allevamento di evasori ed imbroglioni di alto bordo. Ricordate come sia finita la presidenza Confcommercio del mitico Sergio Billé, ex pasticciere di Messina? No? E il nome "Ricucci" vi ricorda niente? Magari i "furbetti del quartierino"? Ecco qualche riga, per rinfrescare la memoria...
Chiesti 7 anni di carcere per l'ex pasticcere e presidente Confcommercio, Sergio Billè (Messina News - Cronaca Messina - 15 Marzo 2011) I pubblici ministeri Giuseppe Cascini e Giuseppe De Falco, nell'ambito del processo sulla compravendita del palazzo di via Lima, sull'appropriazione di somme versate a fondi previdenziali e sulla gara per l'assegnazione del patrimonio immobiliare di Enasarco, hanno chiesto la condanna a 7 anni di reclusione per l'ex presidente di Confcommercio Sergio Billè (per anni titolare della nota pasticceria messinese di piazza Cairoli), a 3 anni per il figlio Andrea, a 5 anni per l'ex presidente di Enasarco, Donato Porreca, e per l'ex consulente Fulvio Gismondi, e a 3 anni e mezzo per Luigi Gargiulo, ex collaboratore del finanziere Stefano Ricucci.
I magistrati hanno chiesto inoltre una pena a 10 mesi per Giuseppe Colavita, ex presidente del gruppo Magiste, a sei mesi per Francesco Bucci Casari, legale rappresentante della società Garlsson Real Estate, anche questa riconducibile a Ricucci. L'immobiliarista tempo fa ha patteggiato a tre anni la pena. Le accuse contestate, a vario titolo, vanno dalla corruzione, appropriazione indebita, infedeltà patrimoniale, false fatture, occultamento di scritture contabili e insider trading.
Secondo L'accusa, Billè avrebbe creato un fondo occulto, riservato e parallelo al bilancio ufficiale della Confederazione, gestendo liberamente quei soldi senza giustificarne l'uso, neppure con la presentazione di uno scontrino. "Gli organi di Confcommercio- secondo Cascini e De Falco- non sapevano che esistesse un conto riservato". Quanto all'affare di via Lima, "Billè non aveva alcun titolo e alcun potere per curare l'operazione.
Ricucci,a detta dei magistrati, aveva effettuato un falso sgombero dell'immobile di via Lima, nel quartiere Parioli a Roma, oggetto di una compravendita tra lo stesso Ricucci e l'ex presidente di Confcommercio, Billè, che fu indagato per appropriazione indebita ( 39 milioni di euro, ricavati dai versamenti fatti dalle aziende a due fondi previdenziali e girati alla Garlsson di Ricucci, quale anticipo (rispetto ai 60 milioni complessivi) della vendita (poi fallita) del palazzo che avrebbe dovuto ospitare la nuova sede di Confcommercio.
Secondo la Guardia di Finanza tale sgombero sarebbe stato in realtà effettuato dalla stessa Magiste. La società, che era intestata -dice l'accusa - ad un prestanome di Ricucci, avrebbe effettuato fittiziamente anche la ristrutturazione dell'immobile di viale Lima per un fittizio corrispettivo di 11 milioni di euro.
Inoltre, tra le contestazioni, anche quei 50 milioni di euro promessi da Ricucci affinchè la sua Magiste Real Estate spa si aggiudicasse nel 2005 la gara indetta per il servizio di gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare della fondazione Enasarco: soldi destinati per il 40% a Porreca (presidente della stessa Enasarco, nonchè presidente della Commissione che gestiva la gara), per il 20% al mediatore Gismondi e per il 40% a Sergio Billè. Secondo l’accusa Ricucci e Gargiulo avrebbero corrisposto tre milioni a titolo di acconto provvedendo poi a trasferire ad Andrea Billè la titolarità del 20% del capitale sociale della Magiste International, al posto del versamento destinato al padre. A Billè è contestata anche l’appropriazione di quasi 490mila euro (anche questi frutto dei versamenti delle varie aziende ai fondi previdenziali) per l’acquisto di opere d’arte per l’arredo delle case di Roma e Messina.
La settimana prossima parleremo della gang delle quote-latte, e di alcuni leghisti di gran nome... Tafanus
Grande exploit del Tribunale di Caltanissetta, che "oscura" un articolo online di Repubblica sui verbali di interrogatorio di Totò Riina, già scaricato da cxentinaia di blog, e presente su Repubblica cartaceo! A che serve, oscurare un documento tutto sommato "oppiaceo", che non dice niente di nuovo, e che è dappertutto? Non è nemmeno un chiudere la stalla dopo che sobo scappati i buoi, ma solo una leccatina al potere di Roma.
Chi volesse vedere il decreto di "oscuramento" più chiaramente, in tutta la sua grandiosa imbecillità - visto che gli scritti di Repubblica sono ormai stati riversati in centinaia di siti - può farlo andando su questo indirizzo
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