Esattamente come a Genova 2001. L'arrivo dei black-blocs era stato segnalato da mille fonti. Si conosaceva persino la provenienza, ma nessuno li ha fermati. Scajola, a sua insaputa, aveva messo persino in bilancio la possibilità di sparare sulla folla. A Roma, per fortuna, è andata meglio. Nessuno ha sparato, ma nessuno ha prevenuto. Si è manifestato in 950 città, distribuite in 80 paesi al mondo, ma solo nel Belpaese quella che avrebbe dovuto essere una bellissima iniziativa, si è trasformata nell'ordinaria giornata di violenza e di teppismo da "spontaneismo organizzato"
Ecco cosa scrive un "moderato di sinistra", come Vittorio Zucconi:
ROMA BRUCIA: MISSIONE COMPIUTA - Se fossi nei trombettieri del governo, andrei molto cauto nell’approfittare di questa catastrofe, come ha fatto puntualmente il solito TGUno, seguito poi dallo stesso Berlusconi con un comunicato ridicolo e offensivo, nel quale esalta proprio quelle forze dell’ordine alle quali il decreto stabilità appena varato dal Consiglio dei Ministri ha tagliato 60 milioni di Euro. Un governo che non sa garantire l’ordine e la sicurezza di una manifestazione autorizzata e pacifica nella propria capitale, che non sa prevedere e prevenire quello che tutti noi avevamo temuto, che permette a centinaia di professionisti dello sfascio di arrivare tranquillamente lungo il percorso annunciato della sfilata addirittura con “uniformi nere e maschere antigas” come dice una trafelata inviata del TGUno che si crede di essere a Kabul, dovrebbe dimettersi, invece di tentare di strumentalizzare le operazioni di questi spaccavetrine.
Soprattutto se nello stesso giorno in nessun’altra capitale del mondo – nessuna – dove si sono svolte manifestazioni simili è accaduto nulla di lontanamente simile. Come ha detto il corrispondente da Londra dello stesso TGUno, Antonio Caprarica, correttamente informando e involontariamente mettendo in stato d’accusa la città e il governo italiani, “Londra non si è fatta trovare impreparata”. Roma invece sì. Completamente impreparata, nella più benevola delle ipotesi. E Roma chi è, se non chi amministra la città e governa la nazione? (Vittorio Zucconi)
Ma vediamo come descrive l'accaduto un giornale non certo accusabile di simpatie per "le sinistre":
"...a metà pomeriggio di sabato 15 ottobre la piazza si sta riempiendo di manifestanti pacifici, quando le forze dell'ordine fanno irruzione con gli idranti. Stanno inseguendo i black bloc che fino a quel momento hanno girato indisturbati per il centro della città distruggendo macchine, vetrine e banche, dando fuoco ad ogni cosa. E' l'inizio di una guerriglia urbana, gestita nel peggiore dei modi. I black bloc attaccano con tutto quello che hanno a disposizione. Polizia e Guardia di Finanza rispondono con cariche, lacrimogeni e lancio di pietre coinvolgendo anche i manifestanti pacifici. Sono in molti a scappare e arrivano a San Giovanni verso le 16.30..."
(Corriere.it)
Leggiamo sempre dal Corriere:
ROMA - Accanto al negozio Super Elite, che pagherà a caro prezzo la propria ragione sociale, c'è un piccolo slargo. Alle 14.35, dieci minuti dopo la partenza del corteo, finisce il tempo della finzione. I ragazzi sono giovani e saranno una cinquantina almeno. Depongono gli zaini e ne estraggono maschere antigas, felpe e passamontagna neri. Sfilano i caschi dalla cintura e se li mettono in testa. Fino a quel momento erano in abiti «civili», persi dietro al camion che apriva lo spezzone di San Precario, il secondo a partire. Uno di loro comincia a scuotere il cartello del divieto di sosta, lo strappa dall'asfalto e punta verso le vetrine. Le intenzioni sono chiare.
Una donna con la maglietta «partigiani per sempre» è l'unica a piantarsi davanti al gruppo. «Cosa state facendo, siete impazziti»? Le danno uno spintone, quasi la gettano a terra. La gente che assiste alla scena si ribella. «Fascisti» urlano contro i ragazzi in nero, «sarà contento Berlusconi». Come se nulla fosse. C'è un lavoro da fare, e lo fanno. Le vetrine vanno in mille pezzi, con le commesse rannicchiate sotto al bancone che piangono di paura. Esproprio, saccheggio. Gli incappucciati escono dal negozio e lanciano alla folla il bottino. Pacchi di pasta, confezioni di filetto e salmone. Nessuno li raccoglie.
I buoni erano la stragrande maggioranza, erano tanti, e sono stati sconfitti dalla violenza di pochi. Tutti sapevano quel che stava per accadere, era chiaro fin dall'inizio. Alla partenza, in piazza della Repubblica si respirava poca allegria. Molte facce tese, sguardi preoccupati. Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, era attorniato dai suoi fedelissimi. «Noi ci siamo, ma garantiamo solo per noi» dicevano, mettendo le mani avanti. I centri sociali del Nord Est, Padova autonoma e dintorni, sceglievano una posizione defilata, e non per caso.
Indietro, molto indietro. Perché era davanti che sarebbero avvenute le cose brutte, nei primi cento metri, dove sfilava il carro di San Precario. C'erano state discussioni su quel pezzo di corteo dove alcuni non erano d'accordo con lo spirito della giornata. «Vogliamo conflitto, non protesta» urlavano appena arrivati in piazza. Ma il movimento degli Indignati è giovane. Non ha ancora una ossatura forte, un suo coordinamento. Tutti alla pari, e tutti dentro. Così la speranza si è mischiata a un senso di ineluttabilità, e dopo qualche centinaio di metri è apparso chiaro qual sarebbe stato lo stato d'animo prevalente.
La discesa lungo via Cavour non è stata altro che una rincorsa al peggio, dall'alimentari alla prima banca, fino ai due distributori di benzina alla fine della strada. Erano nella pancia della manifestazione, quasi impossibile espellerli. Ci ha provato in ogni modo Piero Bernocchi, lo storico leader dei Cobas, e gliene va reso merito. All'altezza del Colosseo, quando la strada si restringe, i due gruppi sono venuti a contatto. Schiaffi, qualche pugno, tanti insulti. Due mondi contigui eppure così diversi. I suoi militanti premevano per lo scontro fisico, Bernocchi ha scelto una soluzione intelligente. Si è fermato. Ha creato uno spazio, una lingua d'asfalto tra loro e il resto del corteo che seguiva.
In quel momento sospeso, quando nessuno si muoveva, è stato tutto chiaro. La rabbia della gente, più veloce della polizia nel capire che le cose si stavano mettendo male, quel gruppo che cresceva sempre più non aveva alcuna intenzione di lasciare il percorso autorizzato, si faceva scudo degli altri, dei veri Indignati, quelli con la faccia scoperta.
Sui muri restano le loro scritte, che sono quasi una autocertificazione. L'odio per i poliziotti, il disprezzo per i loro compagni di viaggio: «Piantiamo grane, non piantiamo tende». In un magma difficile da classificare c'erano gli ultrà cittadini e quelli livornesi, i napoletani che avevano incendiato le notti di Terzigno ai tempi delle proteste contro la discarica, e poi i militanti dei centri sociali torinesi e romani visti tante volte nei boschi della Val di Susa, gli «agitati» di Milano e Bologna, area anarchica e giovane. C'erano quelli che si sapeva sarebbero arrivati, nessuna sorpresa. «Ci stanno isolando» diceva un incappucciato guardando la cartina di Roma. La scelta è stata di attaccarsi al troncone che precedeva, di proseguire con la testa del corteo, usando la gente pacifica come un altro travestimento, svestendosi dei panni neri per fingere la fine delle ostilità e poi ricominciare subito dopo.
Una portavoce degli incappucciati è salita sul camion di San Precario e ha preso il microfono. «E domani che nessuno si azzardi a dire che eravamo un gruppetto ai margini del corteo. Non c'è una regia politica di questa giornata e ci siamo anche noi, che rifiutiamo la logica di quattro capetti e quatto bandiere e non ci accontentiamo di arrivare in piazza san Giovanni».
Mancavano meno di due chilometri, ed è stato un calvario al quale gli altri hanno cercato invano di ribellarsi. Mai, a memoria d'uomo, si era visto un tentativo così netto di prendere le distanze, di ridurre il danno provocato dai «neri». Insulti, urla, fino allo scontro fisico, gente che prendeva gli incappucciati e tentava di consegnarli alle forze dell'ordine, fino a una vera e propria carica dei manifestanti contro i neri, che hanno risposto lanciando bombe carta e petardi per disperdere quelli che dovevano essere i loro compagni di corteo. In piedi su un cancello, un ragazzo terrorizzato piangeva e intanto li implorava di smettere. «State rovinando tutto». Un bullone lo ha centrato alla testa, abbattendolo come un birillo.
In piazza san Giovanni, sullo sfondo della nuvola di fumo solcata da pietre e bombe carta si vedevano i manifestanti addossati alla basilica, spaventati e impotenti. Ostaggi. Quando tutto è finito, molti di loro si sono fermati a rimettere a posto tombini divelti e cassonetti bruciati. Forse è l'immagine giusta per chiudere una giornata molto amara. (Marco Imarisio - Corriere.it)
Se può valere un metro di misura che funziona quasi sempre, la famosa domanda "cui prodest?", conviene andare a vedere chi, e in che direzione ha strumentalizzato (o provato a farlo) l'accaduto. Accaduto che nella più benevola delle ipotesi è stato non previsto, e mal gestito. Ma a pensar male quanto accaduto ha avuto dei "facilitatori", o quanto meno dei tolleranti ed imbelli osservatori. O addirittura degli osservatori compiaciuti?
Dal Fatto Quotidiano estrapoliamo chicche di strumentalizzazioni:
I giornali di destra hanno già trovato il mandante: l’opposizione di sinistra
"Cocchi di sinistra", "La sinistra violenta sfascia e vuole uccidere", "Sono criminali": con questi titoli in prima pagina, Libero, La Padania e Il Giornale attribuiscono le responsabilità di quanto accaduto a Roma. E la violenza di una minoranza diventa polemica politica. Per loro i duecentomila di Roma non ci sono mai stati: né manifestazioni pacifiche, né folla di indignati senza intenti guerriglieri. Per i giornali della destra, ieri ci sono stati solo loro: i violenti. E i violenti hanno solo un colore: il rosso. La colpa di tutto, quindi, è bella che pronta, il mandante è già stato trovato: la sinistra italiana, che nei giorni precedenti alla manifestazione avrebbe istigato i facinorosi a spaccare tutto. I titoli d’apertura di Libero, La Padania e Il Giornale portano avanti questa tesi, che trova vigore negli editoriali di Maurizio Belpietro, Andrea Ballarin e Vittorio Feltri.
LIBERO - “Cocchi di sinistra”, titola Libero in prima pagina, con Belpietro che non usa mezze misure per attribuire responsabilità alla giornata di ordinaria follia violenta. “La copertura che una parte della sinistra ha dato e dà a questi movimenti criminali dimostra l’irresponsabilità di un’opposizione che ogni giorno si propone al Paese come forza di governo”. Il direttore, poi, dopo aver ribadito il solito “noi vi avevamo avvisati”, sostiene che “questo non è stato sufficiente a una parte della sinistra per togliere il patrocinio all’iniziativa. Come sempre, invece di isolare i criminali, quella sinistra li ha coperti. E ancora ieri, mentre erano in corso gli scontri e Roma bruciava, quella stessa sinistra era pronta a incolpare la polizia di quanto successo”. La morale della favola, per il direttore di Libero, è una sola: “Finché la sinistra non si schiererà con le forze dell’ordine contro quelle del caos, le città continueranno ad essere devastate. Basta dunque comprensione e copertura”. La soluzione: vietare di manifestare al primo “preannuncio di tafferugli”, o sperimentare punizioni di stampo calcistico, tipo squalifica dei facinorosi o “diffida”. “Ma per fare questo ci vorrebbe una sinistra che al primo posto metta la legalità, non la protesta” chiude Belpietro, che in poche ore dopo la guerriglia di Roma ha già trovato colpevoli, mandanti e soluzioni.
LA PADANIA - “La sinistra violenta sfascia e vuole uccidere”: il giornale della Lega Nord – direttore Umberto Bossi - è ancora più duro nell’associare l’opposizione agli incidenti di ieri. “Sia subito chiaro a tutti – scrive Andrea Ballarin nel suo editoriale – : ogni tentativo da parte della sinistra di giocare la solita carta dei black bloc, degli infiltrati, delle schegge impazzite di manifestanti, saranno destinate a frantumarsi miseramente”. Il motivo? La Padania non ha dubbi: visto che i balck bloc sono un movimento internazionale e non italiano, quello che è successo a Roma è stato un golpe, “un tentativo para-militare di rovesciamento dell’ordine democratico dello Stato”.
E la manifestazione pacifica, gli slogan, i cori, il corteo dei non violenti? “Nulla di tutto ciò è accaduto, solo devastazione, frutto dell’accanimento, dell’odio istillato giorno dopo giorno dalla sinistra: ora è chiaro – scrive Ballarin – cercano il morto”. A poco, del resto, sono valse le parole espresse ieri dai rappresentanti della sinistra dopo gli scontri. Quella della minoranza è “ipocrita” perché “nemmeno in questa occasione ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità ideologica di quanto accaduto. Eppure le responsabilità sono tutte lì, sono evidenti: dalla violenza delle parole, dei toni usati soprattutto in queste ultime settimane dai rappresentanti della sinistra, il passo verso la violenza fisica è stato breve. Continuare a soffiare sul fuoco della contrapposizione a tutti i costi, sull’odio, genera solo i disastri ai quali abbiamo assistito ieri [...], in Italia la sinistra ha tirato la corda all’intolleranza fino a spezzarla, cercando di dar vita a caos e disordine”. Accanimento, istigazione all’odio, violenza delle parole usate dalla sinistra: detto dalla Lega fa un certo effetto, specie alla luce di quanto detto a caldo dal ministro dell’Interno, il padano Roberto Maroni, per cui “gli atti di inaccettabile violenza” sono stati “opera di criminali infiltrati tra i manifestanti”. Ma tant’è.
Ieri, del resto, la tesi che vedeva nella sinistra il mandante o, quantomeno, la causa più o meno involontaria della violenza era già stata messa sul tavolo da molti rappresentanti della maggioranza, primi fra tutti Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa. Per il capogruppo del Pdl al Senato, infatti, “i protagonisti delle violenze di queste ore a Roma non hanno nulla a che vedere con i movimenti pacifici di protesta che si stanno svolgendo in altre parti del mondo. Del resto – è il pensiero di Gasparri – con tanti esponenti delle sinistre che usano linguaggi sbagliati è facile che poi qualcuno traduca in aggressioni quelle parole”.
Sulla stessa linea d’onda il ministro della Difesa. “Quello che è successo oggi era annunciato, ma ciò che fa specie è che soltanto in Italia, delle circa 80 città nel mondo in cui i cosiddetti indignados hanno manifestato, sono successi incidenti di questa natura – ha detto Ignazio La Russa -. Interroghiamoci sul perché. Non certo perché li abbiamo cercati o consentiti; forse, lo dico senza polemica, si sono sentiti legittimati – ha ribadito il ministro Pdl – da qualche eccessivo atteggiamento della politica (della sinistra ovviamente, ndr). Credo che dobbiamo stare molto attenti perchè è facile offrire inconsapevolmente o meno alibi a coloro che pensano alle scorciatoie, come la violenza di oggi: scorciatoie che non vorremmo mai vedere”. (...forse sarebbe il caso di spiegare agli analfabeti de "La Patania" che i "cosiuddetti" indignadoso n on hanno sfilato in 80 città del mondo, ma in 950 città del mondo, distribuite il circa 80 paesi. Dove per "paese" non si intende "Usmate con Carnate", ma "Italia, USA, Francia, etc..". NdR)
IL GIORNALE - Diverso il discorso del direttore editoriale de Il Giornale Vittorio Feltri, che non associa la violenza all’opposizione, ma se la prende direttamente con un’intera generazione. “Quello dei giovani è sempre stato un falso problema che si risolve lasciandoli invecchiare” ha scritto, con “il pretesto della marcia offerto a buon mercato dalla politica marginale che rumina da mesi luoghi comuni logori”. Per Feltri il disagio dei giovani si risolve “lavorando, benedetti ragazzi senz’arte né parte!”. In chiusura di editoriale, il direttore editoriale del quotidiano berlusconiano affronta anche il comportamento delle forze dell’ordine e, rivolgendosi ai violento, scrive: “Ringraziate il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che non vi ha preso a calci in bocca perché lui stesso temeva e teme di prenderne dall’opposizione che vi strumentalizza, appoggia e incita”. Il titolo di prima pagina de Il Giornale? “Sono criminali”, con sottotitolo “Roma a ferro e fuoco per sei ore. Devastazione e incendi. Questa è la gente coccolata dalla sinistra. Per di Pietro & Co. è la seconda cocente sconfitta in due giorni”. Morale della favola: la colpa è dell’opposizione, i criminali sono loro. Gli altri duecentomila manifestanti pacifici non contano nulla, a Roma non ci hanno mai messo piede.
...ed ora, dopo questo "assaggio" di giornali para-berlusconiani, ripeto la domanda: ciò che è successo ieri a Roma, a chi è giovato? (almeno nelle intenzioni)...
P.S.: Su Facebook è altrove, per alcuni la colpa dei disordini è del PD, perchè non ha sponsorizzato ufficialmente la manifestazione, e perchè non ha apportato il contributo e l'esperienza del "servizio d'ordine" del vecchio PCI. Mi era sembrato strano, che la colpa non fosse del PD. Sono stato servito, e a nulla è valso sottolineare che in una manifestazione che doveva essere a-partitica o al massimo trans-partitica, il PD non aveva (e non pretendeva di avere) alcun ruolo predominante. Così come mi è sembrato inutile, e privo di effetti, ricordare che in un paese occidentale il compito di assicurare la libertà di manifestare pacificamente non appartiene né agli sceriffi del PD, né a quelli del PdL o alle ridicole "Ronde Patane", ma caso mai alle forze di Polizia, istituzionalmente a ciò preposte, e da noi pagate. E queste forze di Polizia rispondono al tastierista Maroni, non a Bersani. Pazienza.
Tafanus
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