Ricordate la "Stagione dei Professori" in Forza Italia? Correva l'anno 1996, e dopo il successo elettorale - imprevisto - di due anni prima, molta intellighentzia nostrana (che spesso aveva militato a sinistra, o all'estrema sinistra), scoprì il bello del liberismo "à la berlusconnaise". Si sa, in tutte le epoche gli intellettuali sono stati spesso pronti a correre in aiuto dei vincitori. Ma raramente in dosi così massicce e così di corsa come i Professori convertiti al berlusconismo. Mi sono spesso chiesto quanto avrebbero resistito, che fine abbiamo fatto... Sabato a questa domanda ha provato a dare una risposta Marco Filoni, sul Fatto Quotidiano. Ne riprendo alcuni passaggi. Tafanus
[...] oggi con la caduta (definitiva?) di Berlusconi e del suo sistema di potere, si può forse azzardare un bilancio sul rapporto tra gli intellettuali e il berlusconismo. “Quali intellettuali? Non mi pare ce ne siano molti?”, ci dice Flavia Perina. Eppure è una storia che risale a Platone: il politico cerca chi è capace di avere una visione, idee, progetti. Nascono così i chierici, gli intellettuali organici, capaci di “pensare la realtà”. Ma poi finiscono le stagioni politiche e quei chierici, spesso, cambiano velocemente il colore della giacca. Delusione rispetto a un ideale politico o semplice opportunismo? E' successo lo stesso ai saggi che furono affascinati dalla “discesa in campo” di B.?
Sin dagli inizi non mancarono gli intellettuali incantati – e poi presto delusi – da B. Alcuni pensarono allora di aver trovato l’occasione per intervenire e partecipare alla trasformazione del nostro paese. Lo ricorda bene Marina Valensise, storica firma del Foglio, da gennaio a capo dell’Istituto di Cultura italiano a Parigi. Fu chiamata la “stagione dei professori”: Lucio Colletti, Saverio Vertone, Giorgio Rebuffa, Piero Melograni e Marcello Pera furono eletti in parlamento nelle liste di Forza Italia (c’era anche il coltissimo filosofo Vittorio Mathieu, che però non fu eletto).
Era il 1996. «L’opinione comune li bollò subito come opportunisti, venduti al soldo del potente. In realtà fu diverso», dice Valensise. «Videro in B. la fine delle ideologie. Ma la loro esperienza parlamentare si scontrò con due ostacoli insuperabili. Il primo: la funzione parlamentare si svuotò completamente perché B. non lasciò più spazio alla mediazione. Il secondo: il premier avocò a sé tutta la rappresentanza popolare, in una deriva personalistica e plebiscitaria che tagliò fuori questi intellettuali».
Anche il filosofo Giuseppe Bedeschi, che di Colletti fu allievo, legge la scelta di questi professori di grande prestigio a favore di B. come scelta teorica e non opportunista: «Si schierarono per le riforme liberali che egli prometteva». E poi che successe? «L’idillio finì assai presto: Vertone ritornò a sinistra, Rebuffa votò per il governo D’Alema e Colletti dava un’intervista al giorno contro Berlusconi», prosegue Bedeschi. Soltanto Pera rimase fedele e diventò Presidente del Senato nel 2001 (...la raccolta dei "punti fedeltà" era stata inventata da almeno 40 anni... NdR) [...]
«Più che tradire deluse, e molto», dice Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista da sempre a destra, firma del Foglio e di Panorama (già autore Mondadori, che però l’ha fatto fuggire per Bompiani, e “compare di Gasparri”). «Per molti B. fu liberatorio: l’uscita dall’Italia immusonita e bloccata dal beghinismo cattocomunista. Si presentava come modernità e creatività, incarnava un modello sovversivo, rappresentava tutti gli istinti libertari, anarchici e creativi». Ma tutto ciò non si realizzò mai: «Non è potuto succedere perché in B. non c’era un “noi”, c’era un “io”. Non ha mai voluto creare qualcosa che fosse organicamente strutturato affinché si cambiasse la faccia dell’Italia. Perché non ha mai avuto nessuna soggezione nei confronti di Umberto Eco o di altri intellettuali, piuttosto guardava al successo di Mike Bongiorno, di Raimondo Vianello, di star come Fiorello o Paolo Bonolis».
Anche Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale («a mille euro al mese, ci tengo a sottolinearlo») e firma del Giornale, è stato un sostenitore di B.: «Ben capisco che Colletti, Melograni e gli altri siano andati con lui. Come capisco anche i motivi per cui se ne sono distaccati: per una delusione cocente. Ricordo che all’epoca parlai con loro: furono vittime di quella stessa delusione politica che anni prima toccò in sorte ad Arbasino, eletto con i Repubblicani. Ovvero, l’impressione che fare il parlamentare equivalesse a far nulla. E come Arbasino, anche loro si arresero per manifesta impossibilità a combinare qualcosa di buono».
Eppure c’è qualche voce fuori dal coro. È il caso di Dario Antiseri, filosofo liberale a cui in passato è stata attribuita una simpatia berlusconiana: "Gli intellettuali sono stati usati da B. al pari della scala che si butta via dopo esserci saliti, come diceva Wittgenstein. Però, di fronte al fatto che non si facesse niente per la scuola, per l’università, per la famiglia, allora quegli intellettuali della prima ora si sarebbero dovuti dimettere tutti quanti. B. non li ha traditi, sono loro che si sono traditi da soli: potevano reagire, dimettersi apertamente e indicarne le ragioni, e invece hanno preferito tacere".
Diceva il grande filosofo cattolico Lord Acton che “il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente”. Per questo l’intellettuale deve seguire Popper quando dice che il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza». Sembra dunque che essere organico significhi cieca obbedienza ai voleri del capo, l’abbandono dello spirito critico. Sorge allora il problema: perché non dire no? Perché continuare a star lì, in quel limbo della politica fatto di poltrone e nomine? «È una questione di compromesso – continua Bruno Guerri – che puoi accettare finché si riesce a far bene: e io faccio benissimo al Vittoriale, perché non continuare? Il problema è quando invece si preferisce la fedeltà ottusa all’intelligenza critica: meglio avere in parlamento un coglione obbediente piuttosto che un uomo intelligente che può esser in disaccordo». Ecco, questo è il punto.
Quei professori inizialmente organici al progetto politico di B., da chi furono sostituiti? Dai vari Stracquadanio, Minzolini, Fede e Bondi … «Figure pop – dice Buttafuoco – che incarnano meglio il berlusconismo. Non un sistema filosofico né una visione del mondo. Bensì una festa delle occasioni». Ora che l’occasione è persa, stiamo a vedere cosa succederà e quali saranno i cambi di casacca. Del resto, finito il Berlusconi premier, resta il Berlusconi imprenditore, padrone di tv, giornali e case editrici, che può continuare a retribuire i suoi fidi. C’è chi, come Bruno Guerri, attende un “progetto” di una destra nuova per constatare se poi sarà possibile costruirvi anche un’idea di cultura. Ma gli intellettuali potevano fare di più. Vedremo se faranno la gara a dichiararsi anti-berlusconiani («proprio oggi, quando tutti scappano, bisognerebbe dirsi berlusconiani per stile ed eleganza», chiosa Buttafuoco). Vi è stato comunque, secondo Guerri, un «arrembaggio alle posizioni e alle connesse rendite» [...]
Il Cavaliere non ha trovato il modo di utilizzare le intelligenze che per un periodo ha avuto a disposizione. Qualsiasi tensione, come dice Buttafuoco, «veniva annacquata in un immaginario frou-frou». Forse è la dimostrazione che quella scatola era inadeguata. O forse, come ci dice Antiseri, «il ruolo dell’intellettuale è quello indicato da Kant: “non ha da portare lo strascico del re, ma la lanterna avanti al re”. E i berlusconiani hanno portato soltanto lo strascico».
I PROFESSORI
Lucio Colletti - Partigiano, aderente prima al Partito d'Azione e poi al Partito Comunista Italiano. Militò nel PCI fino al '64, anno in cui uscì dal partito su posizioni di sinistra radicale. Successivamente fondò e diresse il periodico La Sinistra (1966-1967). scrisse molte opere filo-marxiste. Nel 1971 era stato tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul settimanale l'Espresso sul caso Pinelli, e di un altro pubblicato ad ottobre su Lotta Continua in cui esprimeva solidarietà verso alcuni militanti e direttori responsabili del giornale, inquisiti per istigazione a delinquere a causa del contenuto di alcuni articoli. Intellettuale molto apprezzato dalla sinistra italiana, dal 1974 al 1978 pensò di lasciare l'Italia e di trasferirsi in Svizzera, rivolgendo sempre più le sue letture filosofiche al mondo anglosassone del neoempirismo, anche su sollecitazione di quel suo amico e sodale che da allora fu Marcello Pera. Negli anni ottanta portò alle estreme conclusioni il processo di revisione della sua ideologia, che lo portò dapprima a collaborare con Mondoperaio (rivista ufficiale del Partito Socialista Italiano) e, in seguito, ad aderire alla recente formazione politica berlusconiana di Forza Italia, nelle cui liste è stato eletto deputato nelle elezioni politiche del 1996 e del 2001.
Saverio Vertone - Milita a lungo nel Partito Comunista Italiano, da cui fuoriesce nel 1983 avvicinandosi al Partito Socialista Italiano. Nel 1994 si avvicina a Mariotto Segni ed infine, nel 1996, aderisce a Forza Italia. Nel 1996 è eletto al Senato nelle file del Polo per le Libertà. Successivamente, nel 1999, cambia schieramento e aderisce a Rinnovamento Italiano. Nel 2001 è eletto alla Camera come esponente de La Margherita.
Giorgio Rebuffa - Docente ordinario di Sociologia del diritto presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Genova, ha anche insegnato Filosofia del diritto e Analisi economica. E' stato eletto Deputato nelle elezioni politiche del 1996. E' stato iscritto al gruppo di Forza Italia, di cui è stato vicepresidente fino al novembre del 1998, quando ha dato le dimissioni dall'incarico e dal gruppo ed ha aderito al gruppo Unione Democratica per la Repubblica. L'8 marzo 1999 si è iscritto al gruppo misto.
Piero Melograni - Laureatosi a Roma, sua città natale, Melograni raggiunse notevoli risultati presso le Università di Napoli e di Washington, ottenendo riconoscimenti e borse di studio. Iscrittosi al Partito Comunista Italiano dal 1946, ne uscì con altri cento, tutti firmatari del Manifesto dei 101, edito in aperta polemica contro le decisioni della dirigenza comunista italiana verso la repressione sovietica in Ungheria nel 1956. Lascia la politica per circa un trentennio e si dedica all'attività accademica. Riappare nella vita politica nel 1995 prendendo parte alla Convenzione Liberale del radicale Marco Taradash, fino ad essere eletto deputato alla camera nel 1996 come indipendente nel centro-destra.
IN CAUDA VENENUM
Marcello Pera - Negli anni '80 e nei primi anni '90, Marcello Pera fa parte del PSI. Nel 2004 Pera si è recato ad Hammamet in visita alla tomba di Bettino Craxi, che ha definito un "patrimonio della Repubblica", che appartiene alla "storia della sinistra italiana".
Nel 1994 durante la stagione di Mani Pulite, Marcello Pera si impegnò sulla questione morale con impeto giustizialista; espresse severe critiche alla corruzione della politica, schierandosi senza riserve dalla parte dei magistrati di Milano.
Viene inoltre ingaggiato come commentatore da La Stampa. Tra 1992 e 1993 formula diverse critiche alla corruzione politica in Italia e si esprime nei seguenti termini :
«Come alla caduta di altri regimi, occorre una nuova Resistenza, un nuovo riscatto e poi una vera, radicale, impietosa epurazione... Il processo è già cominciato e per buona parte dell'opinione pubblica già chiuso con una condanna» (La Stampa, 19 luglio 1992)
«I partiti devono retrocedere e alzare le mani... subito e senza le furbizie che accompagnano i rantoli della loro agonia. Questo sì sarebbe un golpe contro la democrazia: cercare di resistere contro la volontà popolare» (1 febbraio 1993)
«Il garantismo, come ogni ideologia preconcetta, è pernicioso» (29 marzo 1993).
«I giudici devono andare avanti. Nessuno chiede che gli inquisiti eccellenti abbiano un trattamento diverso dagli altri inquisiti» (5 marzo 1993)
«No e poi no, onorevole Bossi. Lei deve chiedere scusa... I giudici fanno il loro dovere... Molti magistrati sono già stati assassinati per aver fatto rispettare la legge... Lei mette in discussione i fondamenti stessi dello Stato di diritto» (24 settembre 1993)
«Quei politici che, come Craxi, attaccano i magistrati di Milano, mostrano di non capire la sostanza grave, epocale, del fenomeno» (...poi Marcello deve aver cambiato idea... chissà perchè... NdR)
Ancora nel 1994 Pera dichiarò: "Berlusconi è a metà strada tra un cabarettista azzimato e un venditore televisivo di stoviglie, una roba che avrebbe ispirato e angosciato il povero Fellini". Poi divenne Senatore di Forza Italia (1994-2008), poi del Popolo delle Libertà.
Nel 1994, dietro forti pressioni di Lucio Colletti, esponenti di Forza Italia lo convincono a cambiare fronte e ad aderire a questa nuova formazione politica: ne diventa coordinatore nazionale della Convenzione per la riforma liberale. Pera, in questo periodo, si allontana dalle precedenti posizioni giustizialiste temperandole in senso garantista. Pera iniziò a criticare gli "eccessi" del pool di Milano e Palermo, che arrivò a definire golpisti e invitò D'Alema a «fermare i giudici», indicando nel garantismo una posizione intermedia fra giustizialismo e corruzione, e proponendo la separazione delle carriere e l'obbligatorietà dell'azione penale.
Alle elezioni politiche italiane del 1996 Pera viene candidato al Senato per Forza Italia nella sua Lucca, ma viene sconfitto all'uninominale dal senatore locale, Patrizio Petrucci dei DS. Viene poi ripescato in quota proporzionale tramite il sistema dei resti ed eletto nel gruppo Forza Italia al Senato. Assieme a Marco Boato fonda la Convenzione per la giustizia, un movimento politico "virtuale" che consente il finanziamento pubblico de Il Foglio di Giuliano Ferrara (...insomma, non ci siamo fatti mancare niente, a sinistra... neanche un boato... NdR)
In Parlamento, Pera si occupa soprattutto dei problemi della Giustizia in Italia: è stato ispiratore della riforma costituzionale sul "giusto processo". Nelle elezioni politiche del 2001 vince nel collegio uninominale di Lucca, l'unico della Toscana andato al centro-destra. Viene eletto al primo scrutinio Presidente del Senato della Repubblica, seconda carica dello Stato, che manterrà fino al 2006. Lasciata la presidenza del Senato, alle elezioni politiche italiane del 2006 è rieletto senatore nella lista di Forza Italia. Nel 2008, è stato confermato al Senato come candidato per il Popolo delle Libertà.
In passato Marcello Pera si era definito un "non credente"; Pera si è poi avvicinato al pensiero cristiano, accogliendo l'invito di Benedetto XVI a vivere "come se Dio esistesse". Nel periodo di presidenza del Senato nasce un legame intellettuale tra Pera e il futuro Pontefice Benedetto XVI: i due si trovano in sintonia sull’analisi dei problemi dell’Europa e manifestano comuni preoccupazioni per una civiltà occidentale minata al suo interno dal relativismo e dal multiculturalismo.
Dopo il 2000 Pera ha dedicato diversi articoli e saggi al rapporto fra la cultura storica europea e il cattolicesimo. In generale Mercello Pera sostiene che il denominatore culturale comune dei diversi stati europei, non deve vedersi nel rinascimento o nell'illuminismo, ma nel Cristianesimo. Pera in alcuni saggi e interviste ha indicato di ricercare l'identità culturale del continente europeo nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli. Nel 2004 Pera è autore con l'allora cardinale Joseph Ratzinger del libro “Senza radici” sulla questione delle radici cristiane dell'Europa.
In un'intervista rilasciata alla Stampa dopo il no irlandese al trattato europeo, Pera identifica il Papa, sulla scia di De Maistre, come unico riferimento possibile per il Vecchio Continente.
(Fonte Wikipedia)
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