Alcuni erano fedelissimi, altri hanno sempre oscillato. Ecco i deputati che hanno silurato la maggioranza. Per convinzione o calcolo
(di Francesca Schianchi - l'Espresso)
Ad alcuni di loro, Berlusconi ha riservato la definizione poco lusinghiera di "traditori" ("Non traditori, ma traditi", la risposta eloquente del senatore Pisanu) e si è lamentato persino col capo dello Stato ("Antonione era un mio fedelissimo"). Altri invece non gli hanno mai votato contro, ma non hanno neppure nascosto la loro sofferenza all'interno del partito: sono i cosiddetti malpancisti, emersi a colpi di documenti critici e riunioni fluviali. Tutti quanti sono stati protagonisti di settimane ad altissimo grado di fibrillazione in un Pdl sempre più esausto: in comune, per molti di loro, la richiesta mille volte ripetuta di allargare la maggioranza e portare così avanti la legislatura. La sera dell'8 novembre, mentre a poche ore dal voto-killer il premier discuteva al Quirinale col presidente della Repubblica per poi annunciare le dimissioni, un gruppetto si riuniva per mettere a punto il progetto di un nuovo gruppo parlamentare. Una componente del gruppo misto destinata, si dichiarano certi, ad attirare in breve tempo parecchie adesioni. E a essere convocata dal capo dello Stato quando, dimessosi ufficialmente Berlusconi, darà il via alle consultazioni di rito.
I "TRADITORI"
Luciano Sardelli - Pediatra brindisino, eletto con il Movimento per le Autonomie di Lombardo, è transitato nei Responsabili di cui è stato anche, per un periodo, capogruppo. Ma con la fiducia del 14 ottobre è sostanzialmente tornato all'opposizione, non votando il sì al governo. "Era divenuto insopportabile essere fermato da gente che mi diceva "vergognati", "venduto", "pensa all'Italia"
Santo Versace - "Caro Silvio, è il momento di godersi la vita. Nel governo tutti vogliono bene a Berlusconi ma non lo vuole più nessuno". A fine settembre è l'imprenditore della moda, fratello degli stilisti Gianni e Donatella, ad aprire le danze delle defezioni allontanandosi dal Pdl e invitando il Cavaliere a "passare la mano". Deputato Pdl alla prima legislatura, ha più volte votato in dissenso dal Pdl, come quando garantì il suo sì all'aggravante omofobica per i reati.
Giorgio "Clelio" Stracquadanio - Considerato da sempre un pasdaran di Berlusconi, onnipresente a difenderlo su tv e giornali. Così ha destato stupore che anche lui avesse firmato l'appello per spronarlo a un cambiamento: "Una lettera d'amore" l'ha però definita il giornalista ex radicale. Che in questi giorni ha accusato il nervosismo: prima ha insultato un cronista di "Piazzapulita" e gli ha rotto una telecamera, pochi giorni dopo è sfuggito ai giornalisti rifugiandosi in una camionetta dei carabinieri
Francesco Stagno D'Alcontres - Eletto nel Pdl, questo professore di chirurgia plastica e specializzato in chirurgia ricostruttiva, barone di Scuderi e della famiglia dei principi d'Alcontres e Montesalso, ha seguito Micciché nell'avventura di Grande Sud. L'8 novembre non ha partecipato al voto sul rendiconto, per ricordare al governo i fondi promessi e mai ricevuti per l'alluvione di Giampilieri del 2009. Che a questo punto dovrà essere un altro governo a sbloccare.
Franco Stradella - A sorpresa si è astenuto sul voto cruciale del rendiconto, "per lanciare un messaggio". Ricevuto, forte e chiaro: tre ore dopo Silvio Berlusconi è salito al Colle e ha annunciato a Giorgio Napolitano le dimissioni.
Roberto Antonione - Ex coordinatore nazionale di Forza Italia, ex presidente della Regione Friuli con la Casa delle Libertà, ex sottosegretario agli Esteri, l'odontoiatra triestino nato a Novara è anche un amico personale di Silvio Berlusconi. Il che non gli ha impedito di chiedere al premier un passo indietro. E, quando il Cavaliere lo ha invitato a Palazzo Grazioli la mattina dell'8 novembre, ha declinato l'invito, offeso dalle accuse "irricevibili" di tradimento.
Isabella Bertolini - Nel voto decisivo si è attenuta al gruppo, votando sì. Ma la lettera dell'Hassler, l'esortazione ad agire subito perché "solo in quel caso, noi la sosterremo con la determinazione e l'abnegazione di sempre", porta anche la firma di questa avvocatessa di Modena, soprannominata la Lady di ferro di Forza Italia. Fedelissima del premier, per cui spendeva due o tre comunicati al giorno fino a pochissimo tempo fa, iniziò nella gioventù liberale per poi iscriversi a Forza Italia dalla fondazione.
Alessio Bonciani - In Toscana, la sua regione, dice che lo consideravano "un frondista da un paio d'anni", tanto che si dimise da coordinatore del Pdl a Firenze. Ora lo è diventato anche a livello nazionale: da quando è passato dal Pdl all'Udc, scelta "frutto di una sofferenza antica", fatta perché "è il momento di allargare la maggioranza". Imprenditore alla prima legislatura, 39 anni, sulla sua pagina Facebook si definisce un "anarchico liberale".
Gabriella Carlucci - Ventenne al fianco di Enzo Tortora in "Portobello", una carriera da conduttrice tv prima di approdare in Parlamento nel 2001, dal 1994 ha la tessera di Forza Italia e poi del Pdl. Che ora non le serve più: la settimana scorsa è passata clamorosamente nell'Udc, "perché spero che i moderati possano trovare nuove strade". Sindaco del comune pugliese di Margherita di Savoia, ha ricordato: "A Berlusconi voglio bene, lo stimo moltissimo". Però "purtroppo le cose sono andate così".
Ida D'Ippolito - "Ho la schiena dritta, posso camminare a testa alta", risponde questa avvocatessa calabrese, due volte senatrice e alla terza legislatura da deputata, a chi la critica per aver deciso di andarsene dal Pdl e approdare all'Udc di Pier Ferdinando Casini. Altra berlusconiana della prima ora persa alla causa: eletta la prima volta nel consiglio comunale di Lamezia Terme nel '91, democristiana di rito demitiano, era iscritta a Forza Italia dal 1994.
Giustina Destro - Dopo un paio di voti di astensione, l'ex sindaco di Padova (dal '99 al 2004) sarebbe stata pronta anche alla sfiducia al governo. Imprenditrice, deputata dal 2006 prima con Forza Italia e poi con il Pdl, la Destro potrebbe scegliere di stare con il presidente della Ferrari, Montezemolo, se lui deciderà di scendere in campo. Per ora, dice, "stiamo dialogando" e "penso che il suo progetto possa essere condivisibile per il futuro del Paese".
Fabio Gava - Lo diceva nei giorni scorsi: "Difficile che il governo arrivi a mangiare il panettone". L'avvocato civilista di Treviso ha dato una mano: astenuto sul rendiconto come sulla fiducia del 14 ottobre. Deputato alla prima legislatura, nato politicamente nel partito liberale e approdato in Forza Italia attraverso l'amico Giancarlo Galan, è stato per 13 anni assessore regionale in Veneto. Prima della caduta dell'8 novembre, con altri cinque ha firmato la lettera-appello a Berlusconi.
Gaetano Pedcorella - È uno dei volti del duello tra il Cavaliere e i magistrati: per anni suo avvocato difensore, è stato accanto a lui nelle aule di tribunale ma anche in Forza Italia (deputato da quattro legislature). Milanese, 73 anni, in questi giorni anche lui si è lasciato andare: "Il mercato dice chiaramente che Berlusconi è un danno per il Paese". Non gli ha votato contro, ma comunque lo ha invitato a "farsi da parte" e "voltare pagina".
Maurizio Paniz - "La gente per strada mi chiede: come faccio a votare per te se c'è Berlusconi?", ha ammesso l'avvocato bellunese diventato famoso per le sue arringhe in difesa del premier, una su tutte quella, ormai mitica, su Berlusconi convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Ma il legale che scagionò Zornitta dall'accusa di essere Unabomber, presidente dello Juve club Montecitorio, lo ha detto e ripetuto: al Cavaliere non avrebbe mai votato contro.
Giancarlo Pittelli - Ex coordinatore di Forza Italia in Calabria, 58 anni, l'avvocato penalista di Catanzaro già in settembre era uscito dal gruppo del Pdl per spostarsi nel misto. Firmatario della "lettera dell'Hassler" che chiedeva al Cavaliere un cambio di passo, è tra gli astenuti dell'8 novembre. "Non siamo dei traditori", ha reagito alle accuse del premier, "la vera responsabilità ce l'hanno gli "yes men", i parlamentari che gli stanno accanto e gli dicono sempre di sì".
RICOMMISSARIATI
Lo spread a 570 punti base. La Commissione Ue che manifesta profonda diffidenza in modo plateale, con una lettera al ministro Tremonti sulle cose da fare e addirittura un questionario sulle modalità di realizzazione delle misure annunciate. Il Fondo monetario che incombe minaccioso per verificare i conti pubblici. Un'economia che marcia spedita verso la recessione. Perché un investitore dovrebbe tornare a comprare titoli di Stato italiani?
Il problema è delicato: l'iniezione di fiducia che potrebbe venire dalla caduta del governo Berlusconi rischia di essere vanificata da una serie di segnali negativi. Destinati a scoraggiare anche chi intravede nei Btp ai prezzi attuali interessanti prospettive di guadagno. Aver tolto Silvio Berlusconi dalla stanza dei bottoni non basta per restituire all'Italia la credibilità perduta. Occorre un governo che trasmetta al mondo la volontà di rilanciare un'economia ferma da dieci anni e di mettere sotto controllo i conti pubblici. Perché adesso è chiaro che l'Europa e la comunità finanziaria internazionale non faranno più sconti all'Italia: troppo grosso è il disastro che potrebbe scaturire da comportamenti non adeguati di uno Stato con 1.900 miliardi di euro di titoli in circolazione e con un debito pari al 120 per cento del Pil.
I guardiani dell'Ue, della Bce, del Fmi sono all'erta. Occorre convincerli con provvedimenti chiari, da approvare in tempi rapidi, con il consenso di tutto lo schieramento politico per evitare che la tentazione di speculazioni elettorali ne comprometta l'efficacia. E bisogna sperare che, convincendo loro, si convincano anche i mercati. Un esito per nulla scontato. Perché è vero che si apre una fase nuova ma, almeno all'inizio, prevarrà l'incertezza. Che cosa penseranno gli operatori di un governo tecnico guidato da Mario Monti? Si chiederanno quali partiti gli daranno i voti per riformare le pensioni di anzianità. E se si va alle elezioni? Si perderanno tre o quattro mesi in sterili polemiche senza mandare avanti le manovre estive (che richiedono molti provvedimenti attuativi) e le misure di rilancio elencate nella lettera all'Ue? L'unica possibilità è fare presto. E offrire una soluzione convincente.
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