Ecco cosa ne rimane dopo il passaggio di Minzolini - Notizie scomparse. Crollo degli ascolti. Liti in redazione. Fino al rinvio a giudizio. È la valanga Minzolini. Ecco cosa lascia
(di Riccardo Bocca - l'Espresso)
Rinviato a giudizio. È la severa formula con cui è stata decapitata, martedì 6 dicembre, la direzione di Augusto Minzolini. Comunque finisca, il processo al grande capo del Tg1, rimarrà indelebile il pollice verso del gup, il giudice delle udienze preliminari Francesco Patrone, per il quale l'ex segugio di Montecitorio dovrà rispondere in tribunale di peculato. Sotto accusa, i circa 65 mila euro spesi in giro per il mondo (e in gran parte restituiti) con carta di credito aziendale. Un problema che Minzolini, a caldo, ha ribaltato contro mamma Rai, che si costituirà tra l'altro parte civile: "Per due anni", ha fatto notare, "l'azienda non mi ha contestato niente". Ma nella testa di Lorenza Lei, direttore generale della tv pubblica, la strategia era già pronta da settimane: "Punto primo", riassume un dirigente di viale Mazzini, "spostare ben lontano il direttore nei guai". Punto secondo, "trovare un sostituto all'altezza del Monti style".
La prima vittoria da tempo immemorabile, per i resistenti alla gestione minzoliniana. Quasi un 25 aprile, nel ventre del TgUno, con tanto di baci, abbracci e grandi speranze. Ma anche l'ennesima puntata di un confronto feroce, che da giugno 2009 a oggi ha cancellato la serenità in redazione. "Le brigate minzolini", come la schiera degli esasperados ha ribattezzato direttore e staff, "stanno insistendo nel post berlusconismo con la solita procedura: censure, omissioni e chiusura integrale verso i dissenzienti". Il tutto incupito da ascolti funebri: "Il 27 novembre", illustra Francesco Siliato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Politecnico di Milano, "il TgUno delle 20 è piombato al 16,08 per cento: record negativo di sempre". Appena tre giorni dopo, il Tg5 di Clemente J. Mimun ha superato per l'ennesima volta - la settima in un anno - il concorrente pubblico (21,69 contro 21,59). "Ed è un danno serio", analizza Siliato, "non sanabile semplicemente con l'addio di Minzolini. Siamo di fronte, piuttosto, al progressivo cedimento sulla credibilità, a uno sperpero del patrimonio culturale e informativo, con conseguente fuga del pubblico più acculturato".
"Macerie da bombardamenti", le chiamano nel day after gli anti Minzolini. O anche "calunnie, attacchi concimati con malizia politica", come continuano a ribattere i vertici del Tg1. Insomma: punti di vista inconciliabili. Che in questo clima acciaccato, tra amarezze e livori, generano il peggio. Imbarazzante per tutti, ad esempio, è stato il faccia a faccia tra Fedele La Sorsa, 62 anni, volto storico del Tg1 sport, e il traballante Minzo. "Io mai firmerei un telegiornale come il tuo", ha buttato lì il cronista in riunione. "E allora vattene", lo ha gelato il direttore: "Sono anni che mi rompi i coglioni!". Dopodiché uno s'immagina la rissa, il tracimare della lite con altri insulti. Invece no: a un passo dal precipizio, Minzolini ha corretto il tiro. "Scoppiando", testimoniano i colleghi, "in una risata surreale: come nulla di grave fosse successo".
Episodi spiacevoli, certo, per il più istituzionale dei tg Rai. E anche opposti, nell'insieme, al documento di reciproco impegno che Minzolini ha sottoscritto con l'azienda a inizio mandato. Un foglio che garantiva "informazione completa, corretta e imparziale, capace di rappresentare tutte le componenti di una società democratica". In quelle stesse righe, tra l'altro, il direttore assicurava il pluralismo "nel rispetto della collettività". Senonché s'è visto, com'è finita: sia sul versante della qualità ("Il Tg1 è un cattivo prodotto, tra i peggiori nella storia Rai", ha scolpito il presidente Paolo Garimberti), sia sul fronte ascolti.
Un disagio intenso, costante, a cui finora i minzoliniani hanno risposto serrando i denti. Il vicedirettore Susanna Petruni, ad esempio, non ha ceduto per lo smacco delle poltrone accarezzate (direzioni RaiDue e Tg2) e non afferrate. Paziente, presidia la fascia delle news mattutine, borbottando giusto, di tanto in tanto, che "Augusto, a conti fatti, s'è fatto soprattutto gli affari suoi". Stessa conclusione, dicono, a cui sta arrivando anche Gennaro Sangiuliano, secondo vicedirettore, ex ragazzo dal cuore nero con testa e mani sul desk politico. "Negli ultimi tempi", scherza qualche sottoposto, "ha smesso di segnalare, per i nostri servizi, l'onorevole Pdl Amedeo Laboccetta (oggi accusato di favoreggiamento per sottrazione di un computer durante i controlli della Guardia di finanza). Ma da qui a ipotizzare che stia mollando la presa", s'affrettano a specificare,"ci passa un mondo: anzi, due".
L'errore più ingenuo, spiegano insomma al TgUno, sarebbe credere che il minzosfascio sia colpa soltanto di chi ha guidato l'ammiraglia. "La responsabilità", al contrario, "è diffusa, e incardinata in ogni snodo della filiera redazionale". Basti pensare, per esempio, all'8 ottobre scorso, mentre per Roma sfilava il maxi corteo della Cgil. "L'edizione delle 17", ricorda Elisa Anzaldo, conduttrice del TgUno autosospesasi per protesta, "ha taciuto su questo evento in corso da tre ore". E c'è anche altro. Rivoltasi per chiarimenti a Claudio Fico, terzo vicedirettore, la giornalista ha incassato questa giustificazione: "Non essendoci le immagini, si è deciso di non dare neppure la notizia".
Una tenera bugia, si sosterrà in bacheca redazionale: "Al vidigrafo (strumento per raccogliere i servizi esterni, ndr.) la registrazione dei manifestanti era disponibile già alle 16,50", ha scritto la stessa Anzaldo. Il che non strappa applausi, per il curriculum del primo tg pubblico, ma viste le premesse non riesce a stupire. "Con il trattamento Minzolini siamo caduti nel grottesco, nell'accantonamento sistematico dei fatti". Il 28 ottobre, episodio tra i tanti, la Borsa milanese ha vissuto un giorno infelice, come le altre Borse europee. Ma per il Tg1 la notizia, sparata il giorno dopo dai quotidiani, non meritava eccessivo spazio: "L'abbiamo data, senza dettagli, dopo un quarto d'ora di tg". Lo stesso approccio, più o meno, con cui il 24 novembre si è affrontato il caso di Marcello Dell'Utri, indagato nell'inchiesta sul patto tra Cosa nostra e Stato. Dopo un incipit con freno a mano tirato ("Presunta trattativa Stato-mafia"), lo speaker ha aggiunto che "la procura di Palermo" aveva "iscritto nel registro degli indagati il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri". L'accusa, stando al Tg1, era "di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario". Della serie: chi ci capisce, da casa, è bravo. Molto bravo.
"Ormai", ironizza una firma del settore politico, "al Tg1 non basta essere giornalisti: ci improvvisiamo poeti ermetici". Ed è così che parte il gioco più in voga, in queste giornate, dentro la redazione di Saxa Rubra: quello della guerra. A volte civile, a volte meno. Da una parte, furente, scalpita il blocco degli emarginati; maxi schieramento che ha per bandiere due ex stelle delle edizioni serali, Tiziana Ferrario e Maria Luisa Busi, oggi rinchiuse in una semi nullafacenza. Dall'altra parte, invece, s'abbarbica il gruppo dei minzo-protetti: "I colleghi promossi e pluripromossi che ballano sul precipizio". Un club in cui spicca, per brillantezza e mestiere, il quarto vicedirettore: Fabrizio Ferragni. Ex pupillo della Margherita, fulcro del TgUno, nonché gestore dei servizi ultralight che concludono il telegiornale: quelli, per capirsi, con argomenti eterni come "L'abbronzatura artificiale può dare dipendenza?", "Allarme rosso per la medusa quadrata" e "Arriva lo scanner per la scarpa su misura".
"Minzolini lo stima tantissimo", è noto in redazione. Eppure, in questo periodo, ha speso tra le scrivanie frasi spiazzanti. "Facciamo un tg penoso", si sarebbe spinto a dire. E sulla stessa prospettiva, proiettata verso il futuro, lo seguono due noti caporedattori: Francesco Giorgino e Filippo Gaudenzi. Entrambi pluridecorati in epoca Minzolini, ed entrambi in forte ebollizione. Il primo, non per niente, ha già intervistato Angelino Alfano, con cui vanta ottimo feeling. Gaudenzi, invece, ha curato con successo la diretta per l'insediamento del governo Monti: affidata, guarda un po', a colleghi sensibili a Udc e centrosinistra. "Saltano i direttori", commenta un veterano di redazione, "s'infrangono le alleanze, ma al Tg1 trionfa sempre la medesima qualità: l'arte di adattarsi". Al meglio, si spera, ma anche al peggio "che non ha limiti". (Riccardo Bocca - l'Espresso)
Alla notizia della nomina di Lorenza Lei alla Direzione Generale della RAI, al posto dell'impresentabile Mauro Masi, era scoppiato un peana. Su tutti i media. Una delle poche voci in dissenso (credetemi sulla parola), era stata quella del nostro Tafanus, con un post del 4 maggio 2011, che vi riproponiamo per intero (è molto breve):
Prima di innamorarci di Lorenza Lei...
Lorenza Lei, classe 1960, bolognese, laureata in antropologia filosofica, sposata con un figlio, è entrata in Rai nel 1997. Si dice che sia ben vista dal Vaticano, in particolare dal Presidente della Cei Angelo Bagnasco e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone: di certo nel 2000 ebbe l'incarico di responsabile di Rai Giubileo, oltre a definirsi "cattolica" nel suo profilo pubblicato nel sito della Fondazione Magna Charta di Gaetano Quagliariello, di cui è membro del comitato scientifico.
Dal Giubileo la sua carriera è in ascesa, prima come capo struttura Pianificazione mezzi e risorse di Rai1, poi con il direttore generale Agostino Saccà che nel 2002 la nomina capo dello staff della Direzione generale (i suoi successori Flavio Cattaneo e Alfredo Meocci la confermeranno). Successivamente, Lorenza Lei diventa responsabile delle risorse televisive e da due anni è vice direttore generale con delega alla gestione e organizzazione del prodotto [...]
(continua su www.ilsole24ore.com)
...momento... prima di innamorarci collettivamente di Lorenza Lei, solo perchè è stata eletta all'unanimità, e perchè dopo Mauro Masi chiunque potrebbe avere l'immagine di un premio Pulitzer... Ci sono cosine, nel suo curriculum, che mi lasciano alquanto perplesso. Non già il suo essere cattolica (conosco fior di cattolici perbene e capaci), quanto...
-a) Il fatto di essere ben vista da Bagnasco e Bertone;
-b) I legami con Quagliariello (uno dei peggiori voltagabbana della scena politica italiana);
-c) Le promozioni ricevute da uno come Agostino Saccà... quello che si faceva trattare come un camerire dal cazzaro di Arcore: il Cav. gli dava del tu, e lui rispettosamente gli dava del Lei, chiamandolo "Presidente". Mi immagino Saccà che risponde alle telefonate del nano, che gli raccomanda qualche troietta, in piedi e sull'attenti davanti alla scrivania...
-d) per finire, il fatto che sia stata riconfermata sia dal puffo Marco Cattaneo, che da culo di pietra Meocci.
Il beneficio d'inventario non si nega a nessuno, ma prima di unirmi all'applauso corale del CdA unanime, vorre aspettare, per valutare se tutta questa unanimità troverà riscontro nelle prime decisioni. Tafanus
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...bene: abbiamo aspettato. E la donna del fare è arrivata davanti al suo cerchio del fuoco. Ma dire che abbia superato la prova, più che una bugia sarebbe una barzelletta...
Alla prova dei fatti, questa sciuretta non ha retto. Per gestire queste cose non ha le palle, D'altrode, se esistesse un "Manuale Lombroso" basato non sui tratti somatici, ma sull'abbigliamento, non potrebbero esserci dubbi. La grande manageressa è un misto di gusto sciurettistico anni '60, e di trappaneria coatta terzo millennio. I finti abitini alla Coco Chanel di mezzo secolo fa (vecchi già quand'era la loro epoca), e le scarpe a punta aguzza (quelle che - come scolpisce mia moglie - servono solo per inciampare e per ammazzare le formiche negli angoli).
Messa di fronte alla necessità, ormai improcrastinabile - di cacciare questo servente rinviato a giudizio, la Signora, in attesa di capire come gira l'anemometro della politica e in che direzione punta, decide di non decidere. Anzichè puntare su un direttore di prestigio, dotato di credibilità, sceglie Alberto Maccari, simpatico al PdL, attuale responsabile dei TG Regionali, per un vergognoso interim (vergognoso per chi lo propone, per chi lo dovesse accettare, e per il Presidente 'de sinistra Garimberti) di sei settimane. Maccari infatti è atteso dalla pensione per il febbraio 2012.
Chi volesse leggere sulla faccenda un parere più autorevole del mio, non si faccia mancare l'articolo del magistrale Francesco Merlo: L'ipotesi Maccari e l'ammuina della Lei. E' un pezzo che, come direbbe la guida Michelin, "merita la deviazione". Tafanus
P.S.: Minzolini sarebbe disposto a lasciare, non già per New York (con un oceano frapposto ai suoi interessi ed ai suoi piaceri), ma per Parigi, dettando anche le condizioni: un miliardo del "vecchio conio" all'anno, più appartamento di servizio aggratis, più il diritto di fare, in parallelo, l'editorialista di Panoram, La Voce del Padrone. Io avrei per la Lei e per Garimberti un suggerimento alternativo: CACCIATELO e basta, senza neanche il preavviso. Per colpa. E citatelo per danni d'immagine, e danni materiali. Alla RAI non mancano gli strumenti statistici per quantificare quanto valga un punto di share in prime time. La RAI rischi il processo, piuttosto che accollarsi l'ennesimo costo miliardario e strutturale del mantenimento a vita di questo "evento catastrofico" nel solito sgabuzzino da ibernazione.
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