Ricordate Sacconi? mesi e mesi a parlare dell'art. 18, come se tutti i mali dell'industria italiana fossero causati dall'art. 18. Un ministro del lavoro che mentre la disoccupazione si impennava, sembrava vivere solo per abrogare l'art. 18. Per mesi non si è parlato d'altro, non ci si è concentrati su altro. Poi, improvvisamente come era nata, questa "linea del Piave" sacconiana è giustamente sparita dal dibattito politico. Di colpo. Sull'art. 18, causa di tutti i mali italiani, è caduto il silenzio.
Ora, purtroppo, il mantra è ricominciato. Ad opera della ministra piangente e delle sue improvvide dichiarazioni fuori luogo e fuori tempo. Vorrei non essere frainteso. Sono stato fra i pochi che hanno sostenuto la genuinità del pianto della Fornero quando ha dovuto annunciare, vergognandosi, la sospensione dell'adeguamento all'inflazione di pensioni miserabili. Ho difeso la genuinità del pianto della Fornero, non già il merito del provvedimento, che poi ndi fatto è stato modificato.
Quel provvedimento dava la cifra della manovra del governo Monti. Dettata dall'urgenza di andare a Bruxelles con qualcosa di "ready to use", di certo, di rapido. Teoria economica di Petrolini: "...i soldi, quando servono, si prendono dove sono, e cioè ai poveri. Hanno pochi soldi, ma sono tantissimi..." Genuino il pianto della Fornero, ma tutto il governo avrebbe dovuto vergognarsi per aver anche solo immaginato di andare a prendere il 3,5% all'anno a pensioni oltre da 486 euro lordi.
La Fornero, suo malgrado, è diventata inizialmente l'icona dell'assenza di equità nella prima, frettolosa versione della manovra. Ora comincia ad esserci qualche segnale delle "gambe mancanti": equità, e provvedimenti per lo sviluppo. Ma quanta fatica, evitare lo scandalo del regalo delle frequente TV! E quanta fatica, per dare all'ICI una parvenza di progressività che ne faccia, almeno in parte, una patrimoniale sotto altro nome!
Siamo sicuri che Monti e i suoi, man mano che impareranno che il paese non è fatto da ricchi crapuloni, ma da una massa crescente (e votante) di persone che lottano con la fine del mese - e che spesso perdono la battaglia - si renderanno conto che dovranno cambiare marcia, drasticamente, ed anche a rischio di "grattare". Lo faranno, ma in questo momento l'ultima delle emergenze del paese era l'articolo 18, e la persona meno adatta a tirar fuori questo argomento sarebbe stata proprio la ministra piangente.
A chi, a cosa serve tirar fuori ADESSO, mentre sono ancora fresche le ferite dell'assalto ai pensionati, l'argomento che fù così caro a Sacconi e Berlusconi? L'intervista sull'argomento alla Marcegaglia è stato un capolavoro di imbarazzo, grugnitini, muggitini... La faccia addolorata della Fornero per la reazione durissima della Camusso era stupidamente meravigliata. Meravigliata dde chè? cosa si aspettava, applausi? Un risultato la Fornero l'ha ottenuto: il ricompattamento dei sindacati di tutti i colori.
Ma quanta gente riguarda, l'articolo 18? In Italia il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti.Quindi quelle sopra i 15 dipendenti non arrivano al 3/4%. In Italia ci sono circa quattro milioni di disgraziati precari sotto circa 40 forme diverse e creative di precariato. L'art. 18 non impedisce i licenziamenti necessitati, ma impedisce quelli "selettivi", senza giusta causa, finora usati prevalentemente per far fuori scomodi delegati sindacali.
Scrive Sergio Trento sul [Fatto Quotidiano] di oggi:
"...la ministra Fornero ha riaperto il capitolo della riforma del mercato del lavoro in un modo forse sbagliato. Ha infatti sostenuto in un’intervista al Corriere della Sera che l’art.18 dello Statuto dei lavoratori non deve essere un tabù. L’intervista ha suscitato l’immediata reazione della Camusso (segretario generale della CGIL) che ha accusato la Fornero di essere autoritaria e ha dichiarato che l’art.18 è la linea del Piave per il sindacato [...] Com’è noto, l’art.18 prevede il reintegro al lavoro per quei lavoratori che sono stati licenziati senza giustificato motivo nelle aziende con oltre 15 dipendenti. E’ proprio il reintegro – da parte del giudice del lavoro – ciò che secondo molti rappresenta l’aspetto più fastidioso per i datori di lavoro.
Il paradosso italiano, però, è che è molto più semplice licenziare 800 o 2.000 dipendenti che non licenziare un singolo dipendente. Nel caso di crisi economica infatti non ci sono ostacoli al licenziamento di massa, in questi casi infatti, l’impresa può utilizzare la cassa integrazione come strumento transitorio prima di interrompere, eventualmente, del tutto il rapporto di lavoro. Mentre invece per il licenziamento individuale sono previsti vincoli. Ma quanto è importante l’art.18? Se si guarda a quanti lavoratori vengono reintegrati ogni anno dai giudici del lavoro in Italia si scoprono numeri irrisori: 40, 50 lavoratori in totale. Questo anche perché spesso il dipendente licenziato e l’azienda, già oggi, si mettono d’accordo su un compenso monetario in cambio del mancato ricorso in tribunale [...]
MA ALLORA DI CHE CAZZO STIAMO PARLANDO?
Continua Trento: "...qualcuno sostiene che siccome l’art.18 si applica al di sopra della soglia dei 15 dipendenti esso rappresenterebbe un ostacolo alla crescita delle imprese italiane: per evitare i “costi aggiuntivi” derivanti dall’art.18 le imprese resterebbero piccole, più piccole rispetto alla loro dimensione ottimale e questo avrebbe effetti negativi sull’industria. In verità, se si passa dalle analisi teoriche alla verifica empirica di questa tesi si scopre che non ci sono evidenze robuste a sostegno di questo fenomeno. Fabiano Schivardi e Roberto Torrini (economisti della Banca d’Italia) in un loro lavoro del 2004 hanno mostrato come non ci sia alcuna evidenza dell’effetto di scoraggiamento della crescita delle imprese riconducibile all’art.18. Le imprese italiane restano piccole per varie ragioni: assetti proprietari familiari, difficoltà di accesso al credito, pressione fiscale, vincoli istituzionali; ma l’art.18, di per sé, non ha un ruolo particolarmente forte. In linea con questi risultati sono le ricerche contenute nel volume a cura di F. Traù, La questione dimensionale nell’industria italiana, Bologna, il Mulino, 1999.
Seconda questione: il 95 percento delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti, e quindi nel 95 per cento delle imprese italiane già ora non si applica l’articolo 18. Nella quasi totalità delle imprese italiane già ora non ci sono protezioni contro il licenziamento individuale.
Terza questione: vi sono in Italia 3.750.000 lavoratori precari ai quali non si applica lo Statuto dei Lavoratori e l’art.18 e questa forse è la vera questione. Qualcuno sostiene che le aziende non assumano a tempo indeterminato questi lavoratori perché hanno paura che poi non potrebbero licenziarli in caso di difficoltà di mercato. Va detto che questo sarebbe il caso solo se l’azienda assumendo i lavoratori precari superasse la soglia dei 15 dipendenti. Non sempre è così. Inoltre va osservato che molti di questi lavoratori precari sono occupati nel settore pubblico, nel quale non è l’articolo 18 il nodo ma altre forme di protezione [...]
Se il nodo è quello di riequilibrare i diritti tra chi è dipendente di una grande impresa e gode della protezione dell’art. 18 e tutti i giovani (3.750.000) privi di tutele allora va ripensato il sistema attuale di contratti di lavoro. Vi sono oggi in Italia quasi quaranta diverse modalità di assunzione che creano una grande frammentazione dei diritti e dei percorsi lavorativi. Molte di queste figure contrattuali hanno un utilizzo scarso da parte delle imprese [...] Sarebbe davvero deleterio però oggi riaprire il conflitto sindacale su un tema secondario come l’art.18. Se il nuovo ministro del lavoro ricompattasse il fronte sindacale sulla linea dello scontro e degli scioperi a difesa dell’art.18 sarebbe un vero disastro. Si apra la discussione sul mercato del lavoro partendo dall’idea di una semplificazione, di uno scoraggiamento della precarietà, e di un nuovo sistema di ammortizzatori sociali esteso a tutti e non solo ai lavoratori (più anziani) tutelati. Si utilizzino i fondi della cassa integrazione guadagni per creare una vera indennità di disoccupazione universale, che copra anche i giovani che perdano il lavoro [...]
Ecco... quello che certamente la Fornero - che lo sappia o meno - è riuscita a fare, è esattamente questo: ha ricompattato il fronte sindacale sullo scontro sociale.
LE REAZIONI POLITICHE
Susanna Camusso: "...straordinaria sottovalutazione e supponenza impressionanete da parte del governo [...] C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e della lavoratrici, che, fatto da una donna, stupisce molto..."
Pier Luigi Bersani: [...] il tema del lavoro non è da stressare. Ora facciamoci il Natale. E lasciamo stare l’articolo 18. Mi pare che c’è già da digerire qualcosa. Sul lavoro si può ragionare con calma, facciamolo senza patemi..." [...]
Pier Ferdinando Casini: [...] non vogliamo scontri ideologici sull’articolo 18, ma non vogliamo che sia considerato un totem. Come ogni cosa del mondo è ampiamente perfettibile e se possiamo dare un consiglio a tutti è di misurare i toni [...]
Fabrizio Cicchitto: [...] la modifica dell’articolo 18 è uno dei temi che sta nelle richieste dell’Unione europea. L’Europa, infatti, ci chiede di rendere il lavoro più flessibile. Il governo si deve misurare su questo problema. Il muro contro muro è sbagliato [...]
Antonio Di Pietro: [...] La nostra posizione in materia di lavoro è molto chiara: invece di toccare l’articolo 18, si intervenga sui contratti di apprendistato. In questo modo, da una parte, il datore di lavoro valuta se il lavoratore è funzionale alla sua attività aziendale, ma superato l’apprendistato il lavoratore sa di poter contare su un lavoro a tempo indeterminato e quindi può costruirsi un futuro [...]
Nichi Vendola: [...] L’articolo 18 non si tocca. È un argomento tabù perchè riguarda la carne viva dei lavoratori e i diritti delle persone. Se il governo pensa di mettere mano ad una riforma regressiva e di destra la risposta sarà durissima. Tutti devono stare molto in guardia sulla possibilità di scardinare i diritti, la reazione non potrà che essere determinata e durissima. Per combattere contro la crisi servono invece più diritti e giustizia sociale, non si possono intaccare i diritti frutto di decenni di lotta del mondo operaio, è una perfidia inaccettabile [...]
LA STRANA POSIZIONE DI "EUROPA", IL SILENZIO DELLA LEGA
Per concludere, invito a leggere la strampalata posizione di Europa, espressa in un [editoriale del Direttore Menichini] (che in genere è persona intelligente, ma che ogni tanto se ne dimentica, e piscia fuori dal vaso). Secondo questo editoriale, siamo al complotto della Camusso contro Bersani, spinto fino alla possibilità di arrivare alla rottura fra PD e Monti, e alla caduta del governo. Niente dice, Menichini, sulla posizione degli altri sindacati, altre volte contro la Camusso "a prescindere". E non ci ricorda che a sollevare il tormentone dell'art. 18 non è stata la Camusso, ma semmai la Fornero.
Non sono riuscito invece a capire se la Lega pensi qualcosa (ed esattamente cosa) su questo tema. Intrigante, la faccenda... Perchè le poche aziende grandi, i cui lavoratori sono soggetti all'art. 18, sono prevalentemente in Patania. Ma sposare le battaglie della CGIL non si può. Neanche sotto tortura. Ed ecco i ramarri patani improvvisamente muti. Senza parole, e forse senza idee. Tafanus
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