Dunque, dopo aver accampato per un paio di giorni scuse cretine, in puro stile scajolano, Carlo Malinconico Castriota Scanderbeg (si chiama così... non è colpa mia!) ha ceduto, ed ha reso un grande servigio a se stesso, a noi e a Mario Monti, presentando le sue dimissioni, subito accolte dal Presidente del Consiglio.
Carlo Malinconico è la dimostrazione vivente che tutti - ma proprio tutti - possono sbagliare. Ma è anche la dimostrazione vivente che in politica non sono tutti uguali.
Carlo Malinconico (omen, nomen) dal 1976 al 2011, senza soluzione di continuità, è stato imbarcato da tutti, ma proprio tutti i partiti che si sono alternati al governo: Andreotti, Fanfani, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema, di nuovo Berlusconi, Monti.
Evidentemente l'uomo era di quelli che riescono a farsi indifferentemente concavi o convessi, a seconda delle circostanze. Franza o Spagna, purchè se magna. E' scivolato su una buccia di banana, svendendo una onorevole carriera di quasi quarant'anni per un pugno di dollari (anzi, di euro) targati "i soliti noti" della cricca: Piscicelli & C.
Malinconico non aveva mai lanciato segnali allarmanti. Tranne che (ma questo è senno di poi), fra l'ottobre 2010 e il novemre 2011, data d'ingresso nel governo Monti. Guardando le cose con lo specchietto retrovisore, scopriamo che in questo periodo aveva accettato il doppio incarico di volpe e di guardiano del pollaio. In altri termini, era contemporaneamente della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), e della AUDIPRESS (società incaricata da FIEG e UPA - Utenti Pubblicità Associati - di monitorare la fiddusione delle singole testate giornalistiche).
Un bel caso di scuola di sovrapposizione di compiti fra controllore e controllati. Si chiama "conflitto d'interessi", ma ci rendiamo conto che in epoca berlusconiano, in questo campo, non c'era una elevatissima sensibilità... Però questa cosa avrebbe dovuto suonare come un campanello d'allarme per noi, ma anche per Monti.
Ma qui iniziano le differenze fra destra e "altri". I berlusclones, nel loro ultimo ministero, erano imbottiti di premier, ministri, viceministri, sottosegretari con "carichi pendenti" di tutto rispetto. Roba con valenza penale, non roba alla Malinconico, tanto per precisare). Ebbene, nessuno nel governo berlusconiano si è mai sognato di votare a favore di un'autorizzazione a procedere, neanche a fronte di accuse infamanti di mafia o camorra. Così come nessun membro del governo Berlusconi ha mai pensato di dimettersi in tre giorni, a fronte non già di un rinvio a giudizio, ma di un fatto di malcostume e di cattivo gusto, privo di rilievi penali (almeno fin'ora). Così come, mentre Monti non ha neanche fatto finta di respingere le dimissioni, dall'altra parte il premier spesso invitava i banditi a "resistere, rtesistere, resistere".
No, decisamente i politici non sono tutti uguali, e se vogliamo trovare un argomento autoconsolatorio per questa scivolata, lo abbiamo: la reazione di Malinconico e Monti è distante anni-luce da quelle viste nelle varie ere berlusconiane. Memento Previti, Cuffaro, Dell'Utri... solo per citare i casi più noti.
Abbiamo estratto, dall'elenco dei ministri e sotto-qualcosa dell'ultimo governo Berlusconi, un elenco molto istruttivodi personaggi che avrebbero avuto motivi per dimettersi molto più cogenti che non Malincomico. Nessuno si è dimesso. A favore di tutti (anche dei casi più disperati) c'è stato uno schieramento a difesa da falange macedone. Che vergogna... Tafanus
Quelli che forse avrebbero dovuto dimettersi prima
Silvio Berlusconi - Pluri-indagato, più volte prescritto, o salvato da leggi ad-hoc, o da depenalizzazioni dei reati contestati.
Aldo Brancher - Ex prete, ex impiegato Fininvest, detenuto per tre mesi a San Vittore, condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito, salvato da prescrizioni per abbreviazioni dei termini, e per depenalizzazioni varate dal governo Berlusconi
Altero Matteoli - Accusato due volte di favoreggiamento, salvato dalla giunta per le autorizzazioni
Angelino Alfano - Ospite al matrimonio della figlia di Croce Napoli, boss mafioso di Palma di Montechiaro. Alfano prima nega, poi a fronte delle foto deve ammettere.
Claudio Scajola - La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per l’affaire della casa con vista sul Colosseo pagata da Anemone ad insaputa di Scajola
Enzo Scotti - Rinviato a giudizio per peculato e abuso per lo scandalo Sisde
Francesco Saverio Romano - Chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.
Giampiero Catone - Segretario di Rocco Buttiglione, arrestato nel 2001 insieme al fratello e ad altre 12 persone per associazione a delinquere, truffa, falso, bancarotta fraudolenta
Gianfranco Miccichè - Indagato nel 1988 per traffico di droga, ammete solo l’assunzione di cocaina. Nel 2002 un’informativa dei carabinieri, supportata da prove audiovisive, accusa Miccichè, allora vice ministro, di farsi portate la cocaina al ministero da uno spacciatore
Guido Bertolaso - Indagato per la storiaccia degli appalti del G8, e per una ipotesi di subornazione di Angelo Balducci, ruotante intorno a scambi di favori, anche sessuali (i massaggi al Cacao Neravigliao). Indagato per l’affitto della Casa di Via Giulia, pagato – secondo l’accusa – da Angelo Zampolini, factotum di Diedo Anemone
Michela Vittoria Brambilla - Nel 2002 l’animalista ottiene la gestione del Canile di Lecco senza gara d’appalto, a più del doppio del prezzo fissato per legge. Qualche anno dopo viene denunciata dai volontari per lo stato di incuria in cui viene lasciato il canile. Nel 2008 la direzione del canile passa a Eros Maggioni, il fidanzato della Brambilla. Nel 2010 il canile è chiuso dalla ASL di Lecco, per mancanza dei requisiti minimi. Nota anche per aver imbottito il consiglio dell’ACI di difanzati e amici (il suo fidanzato Eros Maggioni, e il figliolo prediletto di Ignazzzio La Russa
Nicola Cosentino - Accusato di aver avuto un ruolo di primo puano nel riciclaggio di rifiuti tossici. Nel 2009 richiesta alla Camera l’autorizzazione alla custodia cautelare per concorso esterno in associazione camorristica.
Raffaele Fitto - Nel 2006 richiesta di arresti domiciliari per illecito affidamento di 12 strutture sanitarie aò Gruppo Angelucci, che ringrazia con un aiutino di 500.000 € per la campagna elettorale di Fitto. Nel 2009 la Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per Fitto, per Giampaolo Angelucci e per 78 dei 90 imputati. Secondo la tesi dell'accusa, Fitto sarebbe colpevole di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d'ufficio e illecito finanziamento. Nel febbraio 2009 rinvio a giudizio per turbativa d’asta e interesse privato. Nel settembre 2009 risulta indagato per abuso d’ufficio, insieme ad Angelino Alfano
Roberto Calderoli - Nel 2007 è iscritto nel registro degli indagati per appropriazione indebita in relazione all’affaire Fiorani e Banca Antonveneta.
Roberto Castelli - Indagato dalla Procura di Roma per alcune consulenze affidate alla società “Global Brain “ (sic!). Condannato dalla Corte dei Conti al risarcimento del danno erarale.
Roberto Maroni - Pregiudicato. Condannato con sentenza definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.
Stefania Prestigiacomo - Nell’ottobre del 2009 è finita sotto indagine per peculato, per strani articoli di moda e di pelletteria femminile acquistati con carta di credito ministeriale.
Umberto Bossi - Pregiudicato. Condannato per l’affare Carlo Sama per finanziamento illecito. Condannato nel 2007 per vilipendio alla bandiera italiana
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