Al generone di Cortina d'Ampezzo abbiamo già dedicato un post, ma crediamo che il taglio dato all'argomento da Francesco Merlo meriti tutta la nostra attenzione. Un imperdibile pezzo di bravura, tratto dal suo blog:
Tutti abbiamo pensato che fosse un esorcismo e invece il diavolo a Cortina c’è per davvero. Al punto che ora si può anche ridere a crepapelle davanti a quel battaglione di suv guidati da nullatenenti, e sono maschere comiche le finte precarie con le pellicce, il colbacco, gli zigomi puntellati e i labbroni di botulino. L’agenzia delle entrate ha insomma scoperto che Cortina è la sola città del mondo dove i disoccupati hanno tutti la carta oro dell’American express.
E’ stato infatti accertato che a Cortina i ristoratori dichiarano sino a trecento volte meno di quel che realmente incassano, i commercianti di beni di lusso quattrocento volte meno, i baristi il 40 per cento in meno, e i proprietari di suv, denunziando un massimo di trentamila euro l’anno, non guadagnano abbastanza soldi per comprare l’auto che possiedono e non si possono permettere neppure di fare il pieno.
E se si leggono i verbali dell’ agenzia delle entrate si apprende che questi ‘tartassati di Cortina’ somigliano ai leggendari lestofanti del contrabbando dei tempi d’oro. Tutti come don Masino Spadaro che sostituiva l’acqua benedetta dentro le statuine della Madonna di Lourdes con il cognac e beccato alla frontiera esclamava: "mih, miracolo fu!"
Purtroppo però c’è poco da ridere ed è anche meglio trattenere l’indignazione. E’ soprattutto in questi momenti che bisogna ragionare. Cortina come metafora, direbbe Sciascia, ci aiuta a capire infatti il nostro vero problema: in Italia sono i furbi a fare classe dirigente e non importa che si tratti di capitani di industria o di leader politici, di protagonisti della vita sociale o di anonimi commercianti o ancora di direttori generali o sconosciuti ricchi di vario genere. Da Cortina arriva la conferma di tutti i pregiudizi sull’Italia che non riesce ad essere moderna perché è il Paese dell’illegalità diffusa, il Paese dove è sempre vero che a pensar male ci si azzecca sempre.
Questa retata tributaria infatti non è stata quel peccato di polizia politica che molti avevano denunziato e, tra loro, improvvidamente anche il comandante della Finanza di Belluno. Certo, è vero che lo Stato e questo governo rischiano di trasformare la pressione fiscale in oppressione fiscale e di interpretare il ruolo odioso del cerbero, del minosse, del catone, del fustigatore e del secondino. Ma si rimane di sasso scoprendo che a Cortina si concentra davvero l’Italia che non paga dazio, l’Italia senza il biglietto che mai farà patto con lo Stato, mai prenderà da sé la decisione di onorare le tasse almeno in tempo di crisi, che sarebbe al tempo stesso una confessione e un perdono, un amen, un ite missa est con una previsione di introito per lo Stato alla voce “recupero evasione”.
Attenzione: questa di Cortina non è l’Italia dei consumatori distratti che vanno sempre di corsa dal bar all’ufficio, dal panettiere all’ ortolano e trattano gli scontrini fiscali come coriandoli di cartuzze che finiscono nei taschini e nei portafogli, biglietti di carta che somigliamo a un vestito di ferro. Né questa di Cortina è l’Italia che si arrangia e arrotonda con la piccola illegalità, non i vecchietti in nero, i sopravvissuti del boom economico che si davano da fare in tutti i modi e mai si fidavano dello Stato che era ancora quello dell’otto settembre, del privilegio sbracato e dell’ingiustizia di classe, non i piccoli esercenti e gli ambulanti del Sud, i meccanici, i venditori senza licenza con la casetta abusiva e sanata.
A Cortina c’è invece l’Italia ricca che sempre ‘fotte’ il prossimo. In una sola boutique di lusso hanno trovato merce del valore di 1,6 milioni di euro senza alcun documento fiscale. Come si vede siamo ben oltre l’ illegalità dei mercati ambulanti di Bari e di Palermo.
Così è dunque ridotta la città del prestigio sociale e dell’incanto di natura, la città delle leggendarie feste esclusive e delle lunghe passeggiate d’autore, la città dove lo scià di Persia veniva fotografato in tenuta da sci e dove si rifugiava Gianni Agnelli, la città che fu scuola di accoglienza e di cultura alberghiera, la città delle nostre consuetudini cosmopolite.
Oggi Cortina è degradata a negozio dei negozi, passerella degli orrori, avamposto del generone romano e del peggiore brambillismo di Milano, il cafonal da rotocalco che si autocelebra nella compiaciuta volgarità del sito Dagospia, l’Italia che evade le tasse ed è orgogliosa di evaderle anche perché esiste una scuola di economisti e di pensatori vari che difende questa sua evasione come frontiera di libertà: l’individuo contro lo Stato, l’anarcoliberismo, il turbocapitalismo…
E speriamo che adesso ci ragionino le persone per bene d’Italia su questa Cortina che è ormai più torbida della Valle dei Templi. Certo, nessun riccastro penserà mai di realizzare sulle Dolomiti una casa abusiva come ad Agrigento farebbero anche nel tempio di Giunone.
Ma Cortina è peggio. Quella è un’Italia povera che vive di espedienti, questa è la capitale dell’ evasione spavalda, della ricchezza miserabile perché ostentata e clandestina che rischia di legittimare l’eversione latente che c’è in ciascun italiano. Cortina come cuore della dissoluzione di classe, il paradiso degli evasori, la Gomorra delle Dolomiti che giustifica tutte le altre Gomorra d’Italia, le altre Cortina d’Italia.
Pensate all’illegalità diffusa di Napoli e a quella di Cortina: Napoli è, Cortina è diventata. Napoli è l’ex capitale marginale e Cortina è la nuova capitale della truffa d’alto bordo. Napoli sta ai margini per sventura e Cortina per ventura, per scelta: stare ai margini nel senso di non farsi beccare, fuori dall’occhio. Solo adesso si capisce il fiasco di ‘Vacanze di Natale a Cortina’: la realtà dell’ ultima vetrina d’Italia è molto più comica e al tempo stesso più volgare di qualsiasi film dei fratelli Vanzina. Cortina è il cinepanettone andato a male.
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