Sono stato molto colpito (mi accade spesso) dalla maestria di questo scritto di Massimo Gramellini. Ne condivido il contenuto, e ne condivido i sentimenti, con l'aggiunta della rabbia di chi ha navigato per il piacer suo in barca a vela per più di un quarto di secolo, avendo sempre il massimo rispetto per il mare, e per le persone trasportate. Ho anche fatto l'istruttore, per alcuni anni, ai corsi della Lega Navale Italiana per il conseguimento della patente nautica a "qualsiasi distanza dalla costa". Ho conosciuto le bonaccette del Tigullio, ma anche le improvvise incazzature del vento nel Golfo del Leone.
Il mio primo istruttore (Luciano Ghersi da Savona, che saluto con affetto e rispetto) era un grande personaggio. Il suo primo insegnamento è stato questo: "Antonio, ricordati che il modo migliore di fronteggiare le emergenze, è quello di schivarle". Non è tautologia. Significava avere una maniacale attenzione al controllo ed alla prevenzione delle parti vitali della barca (sartie, timone, life-line...). Significava ascoltare i bollettini, e avere sempre in mente che un avviso di vento forza 7 poteva sbagliare, e potevi ritrovarti di fronte a un forza 9. Significava avere a bordo carte nautiche aggiornate, e rispettarle. Significava, infine, tenersi sempre, anche con un barchino a vela da 10 metri, a rispettosa distanza da secche, promontori, e guai. Significava, infine, che dopo aver fatto tutto quanto era umanamente possibile fare per evitare i guai, dovevi essere pronto (con attrezzatura, testa, forma fisica, saldezza del sistema nervoso) a fronteggiare le emergenze, senza perdere la testa.
Mi sembra che qualcuno, che aveva la responsabilità di 4200 vite (e non della propria e di quella di quattro gatti), abbia capovolto queste regole, aggiungendovi il carico finale della vigliaccheria. E' per rispetto ai morti, ad una società ridotta da uno sbruffone sull'orlo del fallimento, ad un paese che stava faticosamente ricostruendo la propria immagine dopo gli anni del berlusconismo, che non riesco ad avere alcuna pietà verso questo marinaio. Anzi: verso questo "mezzo marinaio". Pubblico integralmente il post di Massimo Gramellini, e l'audio, micidiale, della drammatica telefonata fra la Capitaneria ed il "comandante" Schettino
La prevalenza dello Schettino
(di Massimo Gramellini)
C’erano voluti due mesi per ritornare all’onor del mondo. Due mesi di loden e manovre, di noia e ricevute fiscali. Due mesi per nascondere i politici di lungo corso sotto il tappeto o in un resort delle Maldive. Due mesi per far dimenticare il peggio di noi: la faciloneria, la presunzione, la fuga dalle responsabilità. E invece con un solo colpo di timone il comandante Schettino ha mandato a picco, assieme alla sua nave, l’immagine internazionale che l’Italia si stava ricostruendo a fatica. Siamo di nuovo lo zimbello degli altri, il luogo comune servito caldo nei telegiornali americani, il pretesto per un litigio fra due politici francesi (francesi!), uno dei quali ieri accusava l’altro di essere «come quei comandanti che sfiorano troppo la costa e mandano la loro barca contro gli scogli».
Mi auguro che non tutto quello che si dice di Schettino sia vero: anche i capri espiatori hanno diritto a uno sconto. Ma se fosse vero solo la metà, saremmo comunque in presenza di un tipo italiano che non possiamo far finta di non conoscere. Più pieno che sicuro di sé. Senza consapevolezza dei doveri connessi al proprio ruolo. Uno che compie delle sciocchezze per il puro gusto della bravata e poi cerca di nasconderle ripetendo come un mantra «tutto bene, nessun problema» persino quando la nave sta affondando, tranne essere magari il primo a scappare, lasciando a mollo coloro che si erano fidati di lui. Mi guardo attorno, e un po’ anche allo specchio, e ogni tanto lo vedo. Parafrasando Giorgio Gaber, non mi preoccupa lo Schettino in sé, mi preoccupa lo Schettino in me.
Massimo Gramellini "si augura che non tutto quello che si dice di Schettino sia vero". Me lo auguro anch'io, ma la telefonata messa oggi in rete e sui giornali online induce a ben altri, e più tristi pensiero. Forse è vero tutto quello che di Schettino si è detto. E forse è vero che ciò che finora si è detto di Schettino non sia ancora tutto. Tafanus
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