Ricevo da una cara amica, Annamaria Testa, alcune sue riflessioni - a metà fra l'amarcord e l'analisi della comunicazione politica, pubblicate sul suo sito (nuovoeutile.it). L'analisi prende spunto da una valutazione del modo di comunicare di Mario Monti.
L'amarcord è una sorta di "blobbone ragionato" del '91. Sono passati più di vent'anni, e si può dire che l'arte di comunicare non abbia fatto grandi passi in avanti. Ieri e oggi, stesso linguaggio cifrato, da "catenaccio" del dibattito. Occupare spazio e tempo, esserci, ma possibilmente senza dichiarare alcunchè. "...Dichiaro il nulla, perchè le mie parole potrebbero essere usate contro di me...".
Con la ritrosia e la modestia tipica di Annamaria, viene alla luce (era ora!) un suo filmato del 1991, inedito (che peccato!), che si avvale della voce e delle facce recitanti di una Lella Costa molto ispirata. Ma lascio volentieri lo spazio ad Annamaria Testa e a Lella Costa, e a voi il gusto di scoprire perchè la politica italiana, partendo da QUELLE basi, non poteva non piombare negli abissi in cui è poi precipitata per un nuovo ventennio... Tafanus
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UN REPERTO VIDEO E TRE DOMANDE SULLA COMUNICAZIONE POLITICA
In quest’ultimo periodo mi è capitato di rispondere a domande sulla comunicazione di Mario Monti. La mia posizione è questa:
# mi sembra una discontinuità rispetto al passato prossimo
# può risultare convincente, per stile e contenuti, nei confronti degli interlocutori internazionali
# non è male in termini di comprensibilità. Gli argomenti sono complessi e, prima ancora che le decisioni, vanno spiegati i criteri e i motivi a partire dai quali le decisioni vengono prese. Spiegare, in tempi come questi, è necessario, anche a costo di apparire astratti o didattici
# il tono sobrio è congruente con il ruolo, il contesto, il clima e le prospettive.
È, lo ripeto, un’opinione. Si può essere d’accordo o no. E non vorrei (vi prego!) riaprire qui, su NeU, un dibattito di dettaglio che alla fin fine lascia il tempo che trova. Vorrei, piuttosto, allargare la prospettiva.
Vi ho fatto questa premessa solo per dirvi come mai mi sono presa la briga di frugare fra vecchie cassette, estraendone un reperto piuttosto interessante e mai diffuso, e chiedendo a un’amica (grazie a Didi Gnocchi) di riversarlo in formato digitale. E' un lavoro del 1991 sulla comunicazione politica italiana: una cosa abbastanza pionieristica, su materiali oggi difficili da recuperare.
Guardatelo. C’è un’ottima Lella Costa, un ranocchio di peluche e una galleria degli orrori che val la pena di rivedere o - per chi è più giovane - di scoprire, e una gran voglia di rendere trasparenti meccanismi di cui, ai tempi, pochissimo si parlava.
Ho la sensazione che, per osservare l’evolversi della comunicazione politica alla luce della sua maggiore o minore potenzialità creativa intesa in senso stretto (come capacità di esprimere un clima e di dar luogo a una visione condivisa del presente e di un futuro possibile, attorno alla quale creare comprensione e consenso) sia opportuno osservare non solo il presente, ma anche il passato.
Dunque, provate a pensarci: che cos’è cambiato dagli anni Novanta, al Duemila, a oggi, e che cosa è rimasto, invece, immutato? Quali sono state e quali sono le prospettive, quanto ampie, quanto contemporanee? E in che modo la comunicazione dei leader finisce sempre, nel bene e nel male, non solo per orientare il paese, ma anche per esprimerne, di volta in volta, una delle molte anime?
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