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« gennaio 2012 | Principale | marzo 2012 »
Scritto il 29 febbraio 2012 alle 14:01 | Permalink | Commenti (1)
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Sul PC principale il monitor si spegne dopo pochi secondi dal'accensione, mentre il PC apparentemente continua ad andare. Qualcuno sa dirmi se si tratta del PC o del monitor, e come fare per verificare? Avverto che oggi sarò poco presente.
Scritto il 29 febbraio 2012 alle 12:27 | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 29 febbraio 2012 alle 11:00 | Permalink | Commenti (2)
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Un pezzetto alla volta, le verità che avevamo ipotizzato sin dall'inizio della crisi di Fukushima, iniziano a saltar fuori, sempre più drammatiche. Diamo un estratto delle notizie pubblicate oggi dallo Japan Times, edizione In lingua inglese.
A un anno dallo tsunasmi, una commissione d'inchiesta indipendente rivela aspetti preoccupanti "sulla gestione della crisi e sulle gravi falle nella catena di comando. Secondo gli esperti, si è rischiata una drammatica reazione a catena non fra atomi, ma fra centrali".
Nei giorni successivi alla catastrofe, minimizzata dai media, dalla Tepco e dal governo, era stato preparato anche uno scenario drammatico: l'evacuazione della megalopoli di Tokio. Questo è quanto emerge da un’inchiesta condotta dalla Rebuild Japan Initiative Foundation. Il rapporto, di 400 pagine, sarà presentato in settimana, ma anticipazioni pubblicate dal New York Times "mettono a nudo la condotta dei vertici nipponici, e puntano il dito contro il governo, le cui iniziative rischiarono di aggravare la situazione, con il premier e i suoi ministri all’oscuro delle linee guida contenute nel protocollo di emergenza e consigliati male dagli esperti".
I responsabili: il governo, la Tepco (Tokyo Electric Power), e i funzionari della società all’interno della centrale. Saltano fuori le telefonate con cui Masao Yoshida, l'uomo della Tepco, avvertiva il governo di poter mantenere la centrale sotto controllo soltanto se avesse potuto trattenere degli addetti all’interno. O ancora la decisione di Yoshida di ignorare l’ordine di non iniettare l’acqua salata, ma soltanto dolce, per raffreddare i reattori. “Se avesse obbedito i rischi sarebbero stati addirittura maggiori e le operazioni sarebbero partite troppo tardi”, si legge nel rapporto, che tuttavia poi sottolinea, in contraddizione, come la decisione del manager di agire contro quanto stabilito a Tokyo abbia compromesso la gestione della crisi [...]
All’inizio del mese, con una intervista alla Reuters, l’ex premier ammise di essere perseguitato dallo spettro di un aggravarsi della situazione che avrebbe potuto portare all’evacuazione di Tokio e delle aree circostanti, costringendo oltre 35 milioni di persone ad abbandonare le proprie case.
Secondo la commissione che ha stilato il rapporto, [...] “la verità non si saprà mai; di certo rimasero 50 tecnici, segno che qualcuno temeva lo scenario peggiore”. Si sarebbe rischiata una “reazione a catena demoniaca” ha spiegato l’allora portavoce del governo Yukio Edano, secondo il quale perdere Fukushima avrebbe significato perdere anche la centrale di Tokai, vicino alla Capitale. Abbandonare l’impianto infatti avrebbe probabilmente provocato l’esplosione dei reattori, con una scarica di radiazioni tale da raggiungere le altre centrali nucleari della zona e provocare altre esplosioni.
(...insomma, non una reazione a catena fra atomi, ma una reazione a catena fra centrali. Nel frattempo, Chicco Testa parlava di "un generatore rotto, sosatituito il quale, tutto sarebbe tornato meglio di prima... NdR) Tafanus
P.S.: Per chiudere non con un sorriso, ma con una risata, potete leggere questa nostra lettera aperta alla "nuclearista" On. Lorenzin, di aprile dell'anno scorso...
Scritto il 28 febbraio 2012 alle 23:21 nella Nucleare | Permalink | Commenti (17)
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Scritto il 28 febbraio 2012 alle 13:09 nella Media , Politica | Permalink | Commenti (7)
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Da qualche tempo, ogni volta che si parla di legislazione sul lavoro, c'è sempre qualcuno - folgorato sulla via di Rignano sull'Arno - che parte lancia in resta e spara a zero sulla Camusso, rea di essere la Camusso (cioè una sindacalista) e su Stefano Fassina, il 46enne responsabile del settore "Economia e Lavoro" del PD. Facoltativa (ma frequente) la contemporanea citazione apologetica di Pietro Ichino (...Pietro si che se ne intende... altro che questo ragazzotto del PD cresciuto fra biliardini delle sezioni e salamelle delle feste dell'Unità...). Fassina assurto a simbolo vivente dell'ignoranza del PD. Vuoi mettere gli Ichino, i Morando, i Giavazzi? E perchè non aggiungere il neo-peggio alla Velardi & Rondolino?
Poichè il cazzarismo, come è noto, non è il mio genere, ho deciso di pubblicare queste brevi note biografiche su Fassina (di cui ho grande stima) tanto per separare, more solito, i fatti dalle pugnette. Ecco chi è il "ragazzotto che venne dal calcio-balilla selle sezioni":
Stefano Fassina, nato a Roma il 17/04/66. Ha conseguito la Laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano, dove è stato eletto anche rappresentante degli studenti di Sinistra Giovanile dal '90 al '92.
Direttore Scientifico di "NENS" - Nuova Economia Nuova Società
Componente del Comitato Scientifico della rivista "Il Fisco"
Dal 2006 editorialista de "l'Unità"
Da Aprile 2006 ad Aprile 2008 è stato Consigliere Economico del Vice Ministro dell'Economia e delle Finanze on. prof. Vincenzo Visco
Dal 2000 al 2005 è stato economista al Fondo Monetario Internazionale (Washington DC)
Nel 1999 consulente dell'Inter-American Development Bank (Washington DC).
Dal 1999 è stato dirigente del Dipartimento Affari Economici - Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Dal 1996 al 1999 è stato consigliere economico al Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Recentemente ha pubblicato con Vincenzo Visco "Governare il mercato" (Donzelli, Roma 2008), raccolta di saggi suIIe culture economiche del Pd.
Nei 2007, con Pier Carlo Padoan, ha curato per II Mulino la sezione monografica di "Perchè l'Europa? Rapporto 2007 sull'integrazione europea". Ha inoltre pubblicato:
"Social Security Reform in smalI Emerging Economies" (con K. Dowers e S. Pettinato) Inter-American Development Bank - Washington DC, 2005.
"Rising Health Care Spending in PRGF Countries Appears to be benefiting the Poor", Con Gabriela Inchauste Comboni, IMF Survey Giugno 2003, Washington DC.
"Linee di riforma del Wlelfare State dei paesi dell'Unione Europea" in Esping-Andersen G., Paci M., Rocard M.: "Il Welfare del futuro in Europa", Ediesse, Roma, 1999.
"Dalla contribuzione alla fiscaIità: una proposta per il finanziamento dei sistema pensionistico" in L. Pennacchi: "Lo Stato Sociale del futuro", prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. Donzelli, 1997, Roma.
"Equità ed efficienza nel sistema pensionistico pubblico", con R. Aprile e D. Pace, in "Pensioni e risanamento della finanza pubblica", di Padoa Schioppa e F. Kostoris, II Mulino, 1999.
Mi raccomando, Fassina... non scriva e non legga troppo, altrimenti non le resta tempo per il calcio-balilla e le salamelle... Tafanus
Scritto il 28 febbraio 2012 alle 10:26 | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 28 febbraio 2012 alle 00:39 | Permalink | Commenti (2)
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Questo dovrebbe chiudere la surreale disputa da curva sud su Milan - Juve. A prova TV (e a prova di scemo) Mexes andava espulso fin dal 40" secondo del secondo tempo per il violento pugno a freddo a Borriello (ma non è stato neanche ammonito). Vidal per uno sgambetto: rosso diretto e una giornata di squalifica. Stesso sgambetto che a Mexes è costato solo un giallo canarino. Il Milan - che già in undici è scoppiato a metà del secondo tempo - sarebbe stato a rischio goleada. Galliani diffidato fino al 5 marzo. Silvano Ramaccioni squalificato per una giornata. Tanto per fare un discorso completo... Tamarri si nasce, ed essi lo nacquero.
E ora, cari milanisti, che ne direste di accettare, per una volta, il verdetto del campo e del giudice sportivo??? Ecco il comunicato:
Il giudice sportivo squalifica il difensore francese per il pugno rifilato a Borriello durante Milan-Juve. Decisivo l'uso della prova tv. Nessun provvedimento nei confronti di Muntari e Pirlo. Ammonizione con diffida per Galliani
MILANO - Tre giornate a Philippe Mexes con la prova tv, una ad Arturo Vidal, nessuna dopo segnalazione video al giudice sportivo per Sulley Muntari e Andrea Pirlo. Adriano Galliani diffidato fino al 5 marzo, Silvano Ramaccioni squalificato per una giornata. E' questo il bilancio del comunicato del giudice sportivo Gianpaolo Tosel.
Paga con 3 turni Mexes per il pugno a Marco Borriello inizio ripresa. "E' di tutta evidenza l'intenzionalità del gesto ed appare superflua ogni ulteriore considerazione circa la natura "violenta" della condotta di cui si è reso responsabile il Mexes", scrive il giudice sportivo in un passaggio che potrebbe essere letto come un'indiretta risposta alle accuse di motivazione lacunosa sollevate dalla difesa del Milan tra le argomentazioni del ricorso d'appello contro la squalifica a tre giornate di Zlatan Ibrahimovic per lo schiaffo al napoletano Aronica.
Nessun provvedimento invece nei confronti di Muntari e Pirlo, entrambi segnalati con prova tv a Tosel (Tagliavento ha confermato di non aver visto la gomitata dell'ex milanista a Van Bommel, avvenuta però col pallone tra i piedi del regista juventino a pochissima distanza dall'arbitro). Il giudice sportivo ha sostenuto che il comportamento del ghanese sarebbe stato meritevole di sanzione, qualora visto dall'arbitro, ma non di squalifica alla moviola, considerato "l'acceso contesto agonistico e la dinamica dei convulsi movimenti di entrambi i protagonisti", mentre ha escluso "violenza" nel caso del bianconero [...]
...Mexes, Ibrahimovic, Galliani, Ramaccioli... se ne facciano una ragione. Lo sport che si pratica all'aperto, undici contro undici, si chiama "Calcio", e prevede che si colpisca un pallone di cuoio (e non l'avversario) coi piedi o con la testa, non con le mani. Quell'altro sport, quello giocato da Ibrahimovic e Mexes, col rumoroso assenso di Galliani e Ramaccioli, è uno sport diverso, si gioca uno contro uno, al chiuso...
Scritto il 27 febbraio 2012 alle 21:02 nella Sport | Permalink | Commenti (4)
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Il filmato diffuso dalla polizia di stato
Scritto il 27 febbraio 2012 alle 19:39 | Permalink | Commenti (0)
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Condividiamo e facciamo nostra la domanda di Massimo Franchi a Pietro Ichino, maggior giuslavorista autocertificato del globo terracqueo. Forse la (improbabile) risposta di Pietro Ichino potrebbe riempire di gioia e di orgoglio i maggiori ichinofili che frequentano il Tafanus. Una piccola gioia così non si nega a nessuno... Tafanus
Il senatore Pietro Ichino (il Bartali di oggi), a cui va tutta la mia solidarietà per le minacce Br che lo costringono ancora a girare sotto scorta, ha un problema. Come il Nanni Moretti di “Caro Diario”, all’interno del suo partito e del suo sindacato, è sempre in minoranza. Senatore Pd e tesserato dello Spi-Cgil dopo una vita passata dentro al sindacato, non riesce mai a spuntarla.
Massimo esperto di Diritto del Lavoro in Italia, ha proposto una riforma che prevede, sostanzialmente, un contratto unico in cui l’articolo 18 non vale per i primi tre anni. La proposta non è stata adottata dal Pd nell’assemblea sul Lavoro del giugno scorso.
Ichino se l’è presa. Da quel momento ha iniziato una campagna degna di miglior causa contro il suo partito e il suo sindacato, rei di essere conservatori.
L’apice l’ha raggiunto oggi con questa frase - a proposito della riforma del mercato del lavoro: “Nella concezione leninista, il sindacato era la cinghia di trasmissione delle scelte del partito. Dobbiamo forse concludere che ora, invece, a compiere le scelte è la Cgil ed è il Partito Democratico a fare da cinghia di trasmissione?”
Ecco, dopo questa ennesima dichiarazione una domanda sorge spontanea: "perché Ichino, non condividendo mai una decisione di Pd e Cgil, continua imperterrito a farne parte? Perché non spezza la “cinghia di trasmissione”?
(Massimo Franchi . l'Unità - 27 Febbraio 2012)
Scritto il 27 febbraio 2012 alle 18:10 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 27 febbraio 2012 alle 17:03 | Permalink | Commenti (5)
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Venti miliardi dagli ospedali - E' il giro d'affari annuo della sanità lombarda. E i Memores lo gestiscono in larghissima parte sia attraverso il sistema di potere costruito sulla rete degli uomini di CL nei posti chiave dei grandi ospedali privati, come dimostrano le vicende del San Raffaele e dell'Humanitas, sia controllando direttamente le poltrone pubbliche. E anche nei 29 nosocomi della regione vige la regola delle strette relazioni tra chi amministra gli appalti e le imprese legate, in qualche modo, alla Compagnia delle Opere. A partire dai nove ospedali controllati direttamente da un direttore generale di Cl. Per proseguire con gli altri 19 guidati da un uomo della maggioranza e ampiamente "forniti" dalle imprese della CdO. Come la Ngc Medical, leader del mercato lombardo delle emodinamiche per le cardiochirurgie, con un fatturato di oltre 50 milioni di euro. Gli ospedali bandiscono le gare e la Ngc le vince: 12 volte, da Varese a Mantova, ma anche al Sacco, al Fatebenefratelli, al San Carlo e al San Paolo. Con ampi sconfinamenti, in Piemonte, Veneto e Sardegna. Il fondatore Eugenio Cremascoli è ospite fisso al Matching, la fiera organizzata ogni anno dalla CdO, ed è personalmente molto vicino al presidente Roberto Formigoni. Proprio la Regione Lombardia gli ha venduto nel 2007 Avionord, la società che trasporta organi ed équipe mediche, e oggi gli ha confermato il servizio fino al 2013, garantendo 1.892.520 euro in tre anni.
Pubblici, naturalmente. Come lo sono quel miliardo e 400 milioni di euro spesi dai nosocomi (nel 2010) per i beni e i servizi dati in appalto a cooperative e società: lavanderia, pulizia, servizio mensa e trasporto. Ma anche consulenze e acquisti di materiale, e i posti di lavoro legati agli appalti: portinai, addetti alle pulizie, autisti di ambulanze. Senza dimenticare che anche una cospicua parte del personale sanitario (infermieri ma non solo) sono ormai dipendenti di imprese autonome alle quali l'ospedale appalta la fornitura del personale, con i relativi costi. E con un direttore targato CL per le imprese legate alla Compagnia delle Opere la strada è tutta in discesa. All'Asl di Monza, per esempio, le cooperative Pangea e H.c.m hanno l'appalto per gli infermieri, il personale sociosanitario e gli assistenti al servizio dentistico. Con centinaia di dipendenti sperimentano la gestione tanto cara a Formigoni: misto pubblico-privata con i ciellini a controllare gli appalti.
Come è accaduto ai Riuniti di Bergamo, saldamente guidati da Carlo Nicora, che gestisce quasi 80 mila ricoveri l'anno e che ha acquistato beni e servizi per 176 milioni di euro. In area Cl anche il direttore generale di Legnano, Carla Dotti - l'ospedale ha appaltato più di un terzo del suo budget (120 milioni su 346, nel 2010) - e Luigi Macchi, nominato lo scorso dicembre direttore del Policlinico di Milano dove è presidente Giancarlo Cesana (ex responsabile del movimento): dalle sue mani passano appalti che nel 2010 hanno toccato quota 178 milioni.
Ma il caso a Milano è quello del Niguarda: 114 mila ricoveri all'anno e un budget di quasi 500 milioni, saldamente in mano a Pasquale Cannatelli, ciellieno doc. Vincere uno di questi appalti è fare bingo.Così un universo di piccole e grandi imprese si buttano nelle gare: Noema Life fornisce software all'ospedale di Mantova, stessi prodotti per Delta informatica che ha come cliente l'azienda ospedaliera di Busto Arsizio. Beta 80 group si occupa dei collegamenti radio e della sperimentazione della centrale 118 di Varese. E mille altre ancora. Perché il binomio CdO-sanità è vincente.
(Michele Sasso - l'Espresso)
Contro CL l'ira di Dario Fo - Dario Fo dice no alla raccolta fondi dei ciellini e scoppia la polemica. È successo sabato scorso al teatro Apollonio di Varese dove il premio Nobel ha messo in scena il suo" Mistero Buffo". Nel foyer un gruppo di volontari di "Banco Nonsolopane Onlus" (associazione locale legata alla CdO), sono radunati per una raccolta fondi. E parte la richiesta a Fo di annunciare l'iniziativa alla fine della rappresentazione. Ma lui non lo fa. Perché? Interrogato da "l'Espresso" il maestro risponde: "Questi di Cl volevano farsi pubblicità politica con la scusa della carità. Non mi è piaciuto. Anche perché il volontario che è venuto nel camerino a fare la sua richiesta, non mi ha detto subito di essere di Cl. Ho avuto la sensazione che non volesse palesare con chiarezza la colorazione politica dell'iniziativa. Insomma, è stato tutto molto sgradevole". Le ragioni del suo dissenso col movimento di Don Giussani, il Nobel le riassume così: "Per anni i miei spettacoli sono stati boicottati da CL, che mi ha impedito di andare in scena in parecchie piazze. In particolare ricordo che per anni mi è stato vietato il teatro Verdi di Padova, di proprietà del Comune, ma in gestione a un società vicina alla Compagnia delle Opere". Per questo Dario Fo ha dovuto traslocare al Palasport della città. La cosa non gli è andata giù, e non se l'è dimenticata. Se ne sono accorti oggi quelli di Banco Nonsolopane.
C'è uno spallone dal Governatore - Per i vescovi cattolici l'evasione fiscale è peccato. Ma per Alberto Perego, amicissimo e convivente di Roberto Formigoni, non sembra un problema. "L'Espresso" aveva già rivelato che Perego, accusato di falsa testimonianza nell'inchiesta Oil for Food, vive da anni insieme al governatore lombardo in una casa-comunità affittata dai Memores Domini, la più potente e riservata organizzazione ciellina: una villa a Milano di proprietà della famiglia Ligresti. Imputato di aver mentito al pm negando di essere il beneficiario di due conti svizzeri, Perego è stato condannato dal tribunale, il primo febbraio scorso, a quattro mesi con la condizionale. La sentenza spiega che quei conti, chiamati Memalfa e Paiolo, sono serviti a Perego "per creare una riserva di fondi fuori dall'Italia", cioè per incassare segretamente soldi versati dal gruppo Finmeccanica e dai petrolieri italiani dello scandalo Oil for Food. Ma c'è di più.
Nelle deposizioni agli atti del processo, il suo fiduciario svizzero S.R. testimonia che "Perego disponeva di due società italiane, Estella e Professionals", con cui "gestiva una pianificazione fiscale per un gruppo di aziende italiane, attraverso la Fidinam di Zurigo e Lugano". La Fidinam è la fiduciaria svizzera che era già emersa nelle indagini di Tangentopoli e nei crac di Cragnotti e Tanzi come organizzatrice di sistemi riservati di conti esteri. Anche un ex socio milanese della Estella spa, L.B., ha confermato che Perego attraverso la Fidinam "offriva la possibilità di effettuare operazioni internazionali o societarie in cui non si rivelasse l'identità dei clienti italiani". Nel suo unico interrogatorio, Perego ha dichiarato di lavorare tuttora come fiscalista "con lo studio Sciumè e associati", guidato da professionisti ciellini, e di controllare anche "una società di revisione e una quota della Interfield srl", un'altra ditta di consulenze tributarie di Milano. La difesa di Perego ora prepara l'appello contro la sentenza di condanna, che ha definito "desolante l'atteggiamento menzognero" di chi predica "elevati ideali".
(di Paolo Biondani)
Hanno tradito don Giussani (Colloquio con Bruno Tabacci) - "È un sistema che arriverà al capolinea per ipertrofia. Ha conquistato tutto il potere che era possibile, la sanità, le infrastrutture, la Fiera, ma ora che tutto sta cambiando corre il rischio di essere eroso dall'interno".
Bruno Tabacci, deputato, assessore al Bilancio della giunta Pisapia, conosce bene Comunione e Liberazione, la Compagnia delle Opere e Roberto Formigoni. Ha assistito alla loro ascesa, nella Milano degli anni Ottanta, quando era giovane segretario regionale della Dc e poi presidente della Regione Lombardia.
"Guardavo con simpatia a quel movimento. Non condividevo certe esasperazioni, ma mi piaceva quel loro essere una minoranza intensa che esprimeva valori. Appena eletto segretario della Dc lombarda, nel 1986, andai a trovare don Luigi Giussani. Un uomo spartano, un cattolico integrale. Organizzai nell'87 un convegno con lui e con il gesuita padre Angelo Macchi. Lo scontro tra CL e la Curia del Cardinale Martini era così duro che dall'arcivescovato si tentò di impedire l'evento con pressioni su di me e su De Mita. Io le respinsi, era la prima volta che Giussani partecipava a un convegno della Dc e per i ciellini fu uno sdoganamento. Ricordo che Giussani era infastidito, già allora, per l'attivismo dei suoi ragazzi. Presagiva che la loro ossessione politica li avrebbe portati fuori strada. Era preoccupato che il movimento potesse essere contaminato da una gestione troppo disinvolta".
E oggi?
"Oggi mi permetto di dire che don Giussani aveva ragione. C'è stato un tradimento del suo insegnamento e del suo stile di vita. Quando c'è troppa commistione tra il potere e i valori si passa facilmente ai valori bollati".
Si riferisce agli scandali?
"Prima il San Raffaele, poi gli arresti degli ex assessori, Formigoni dice che lui non c'entra nulla, ma i casi giudiziari sono la conseguenza di un problema politico. In Lombardia c'è un potere tanto presuntuoso quanto incontrollato, tipico di un presidenzialismo senza contrappesi, costruito da un governatore che si compiace di farsi chiamare così per scimmiottare il modello americano. Le leggi sono fatte a sua immagine e somiglianza. Il segretario generale della Regione, l'ex deputato Dc e mio amico Nicola Sanese, fa parte della giunta, promuove e rimuove i dirigenti degli assessorati. È tutto centralizzato: le nomine nelle fondazioni sanitarie, il Niguarda, il Policlinico. Formigoni replica che la sanità lombarda è la migliore d'Italia. Sì, ma lo era anche quando governavo io. E lo è dai tempi di Alessandro Manzoni, anzi, di Carlo Borromeo e di Ambrogio".
Quel potere assoluto è arrivato al capolinea?
"In ogni sistema si creano gli anticorpi. Il caso di Berlusconi è emblematico: quale potere era più inossidabile del suo? Il sistema Formigoni sta franando per due motivi. La parte finale della conquista è stata bloccata: volevano mettere le mani sull'urbanistica a Milano, con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e con l'assessore Carlo Masseroli, ma i milanesi li hanno bloccati votando Giuliano Pisapia. E in questi giorni il nuovo assessore Lucia De Cesaris, una professionista preparata e specchiata, sta avviando il difficile percorso del nuovo piano regolatore. E poi c'è la vera questione: dall'alto del suo grattacielo oggi Formigoni è al massimo del suo potere, ma sul piano politico è al punto più basso. Esprime un nanismo politico. E si allontana dalla dimensione popolare che è sempre stata il suo punto di forza".
In cosa vede questo scollamento?
"Il successore di don Giussani alla guida di Cl, lo spagnolo don Julián Carrón, in un'intervista al "Corriere" ha preso nettamente le distanze dal sistema di potere formigoniano, dicendo che non esistono politici ciellini. Il messaggio è chiaro: da ora in poi nessuno potrà fregiarsi di quel distintivo, soprattutto di fronte a quelle migliaia di giovani che si impegnano con generosità e passione nel movimento. Lo stesso ha detto qualche giorno dopo il cardinale Angelo Scola, che è a Milano in nome di un progetto ben più universale di quello che si agita in Palazzo Lombardia".
Formigoni è già passato alla fase successiva candidando Passera premier per il 2013...
"Passera non ha bisogno di Formigoni. Soprattutto non ne ha bisogno il governo Monti. L'idea di dare il calcio dell'asino e giocare una partita nuova non regge".
Si può vincere in Lombardia senza fare i conti con la CdO e con CL?
"La CdO resta una realtà importante. E non si mette su uno schieramento politico contro CL che è un movimento ecclesiale. Serve un recupero di pluralismo, trasparenza, tolleranza. Sapendo che Milano e la Lombardia governano già la fase nuova del Paese: nessuno è più lombardo di Mario Monti".
E dunque serve un tecnico anche per la Lombardia?
"Monti non è un tecnico, è un grande politico. E in Lombardia per voltare pagina servirà un buon politico".
(di Marco Damilano)
Scritto il 27 febbraio 2012 alle 12:18 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 27 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (7)
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Mediaset, e l'arte della rettifica - Questa volta è toccato a Carlo Pellegatti, sedicente "telecronista fazioso", che lui preferisce definire "telecronista appassionato". E che io preferisco definire "telecronista testa di cazzo". Tanto poi rettifico...
Ogni volta pensi che questi giornalai a cottimo del padrone di Mediaset abbiano ormai dato il peggio di se, ed esaurito le loro riserve di zoticheria. Ma poi basta aspettare un attimo, e scopri che riescono sempre a superarsi. Ieri è toccato al giornalaio Carlo Pellegatti, che ha dato della testa di cazzo ad Antonio Conte, allenatore della Juve.
...però il Carletto ha l'alibi: pensava di non essere in onda...
Carletto, io non sono in onda. Quindi posso darle pacatamente, serenamente del "testa di cazzo"? Sa... credo di essere ancora in bozza con questo post. Se poi dovesse scapparmi una botta di mouse su "PUBBLICA", potrei sempre spiegarle che pensavo di non essere in onda (...pardon, online...). Era solo un pensiero privato. E pazienza se i pensieri privati sono i più sinceri...
D'altra parte lei ha un illustre predecessore, maestro e padrone: tale Berlusconi Silvio, che a me (e ad altri milioni di elettori come me) ha dato del coglione, reo di aver votato a sinistra... Lei la sua buchetta l'ha trovata "un sabato di febbraio", io l'ho cercata (e trovata) "una domenica di febbraio".
P.S.: mi sono a lungo interrogato sulla genesi di "coglioni" e "teste di cazzo". Sulla prima domanda mi sono fatto una ragione, e mi sono dato una risposta. Sono reo confesso. Ho votato komunista. Ma su Antonio Conte? L'ho sempre sentito parlare in maniera fin troppo corretta degli avversari (quelli che lei, probabilmente, chiama "i nemici"...). Poi, improvvisamente, ho trovato la quadra: Antonio Conte non ha accettato di farsi battere serenamente, pacatamente, dal Milan. Ha fatto quello che doveva. Ha fatto l'allenatore della Juve, anzichè il vice-allenatore del Milan.
Quindi lei ha ragione, caro pela gatti. Antonio Conte è una testa di cazzo, io sono un coglione, e lei, ahimè, è Carlo Pellegatti.
Tafanus
Scritto il 26 febbraio 2012 alle 22:01 nella Sport | Permalink | Commenti (1)
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Alla ricerca della materia strana
L'anomalia registrata dall'esperimento opera nella velocità del fascio di neutrini tra il CERN e il Gran Sasso sarebbe dovuta a problemi strumentali. Il comunicato ufficiale (red)
Secondo quanto riferisce l'edizione online di Science, e viene confermato - sia pure in forma ancora non ufficiale - da fonti vicine all'esperimento, la differenza di velocità registrata nei neutrini in viaggio tra il CERN e il Gran Sasso sarebbe stata dovuta in realtà a problemi di tipo strumentale che avrebbero influenzato la misura della velocità del neutrino rendendola apparentemente superiore a quella della luce.
In particolare, come si legge sul blog di Roberto Battiston, si tratterebbe di "due aspetti legati alla temporizzazione dei segnali, un connettore di una fibra ottica non completamente avvitato (e questo porterebbe ad una misura in cui il neutrino viaggia più veloce della luce) e un effetto legato all’orologio del computer che acquisisce i dati".
Com'è noto, il 23 settembre scorso un gruppo di ricercatori dell'esperimento OPERA, il cui portavoce è Antonio Ereditato, direttore del Laboratorio di alte energie all'Albert Einstein Center for Fundamental Physics dell'Università di Berna, aveva annunciato di aver rilevato che il fascio di neutrini inviato attraverso la crosta terrestre che separa il CERN di Ginevra dai Laboratori dell'INFN al Gran Sasso sarebbe arrivato a destinazione, secondo le stime, circa 60 nanosecondi prima del previsto.
Questa differenza tra il valore atteso e quello misurato implicava che nei 732 chilometri percorsi tra la Svizzera e l'Abruzzo i neutrini avrebbero viaggiato a una velocità superiore quella della luce nel vuoto, in apparente contrasto con quanto previsto dalla teoria della relatività ristretta formulata da Albert Einstein nel 1905 e della quale esistono decine di conferme sperimentali. Leggi il comunicato ufficiale
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Neutrini più veloci della luce, arriva la prima conferma
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Blog - Riecco i neutrini, probabilmente più lenti
Misurato il flusso dei neutrini solari
Scritto il 26 febbraio 2012 alle 18:20 nella Scienza | Permalink | Commenti (9)
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Pennetta regresa para ser la máxima reina de Acapulco (por Iván Pérez - El Economista)
Entre las necesidades, los gustos, la vanidad, hay algo mucho más tangible en el retorno de la italiana Flavia Pennetta al Abierto Mexicano de Tenis… la historia. Acapulco recibe a la tenista número 20 del mundo con una sensación de nostalgia y el reto más importante que una mujer haya enfrentado en la cancha del Fairmont Acapulco Princess: conquistar tres títulos, lo que nadie ha logrado hasta ahora.
Desde el 2001 se desarrolla el torneo femenil donde Pennetta, junto a sudafricana Amanda Coetzer y la estadounidense Venus Williams, son hasta ahora las máximas ganadoras del evento con dos coronas cada una. Flavia va a la conquista de ser la mejor tenista femenina de todos los tiempos en el Abierto de Acapulco, otra estrella más y se llevará el crédito de “la mejor” en soledad, sin que nadie más le ha sombra.
Pennetta afirma que el torneo del puerto, el más importante en la Gira Latinoamericana, “es mi favorito”, y como no serlo si ha estado presente en seis finales de las 11 que se han disputado en Acapulco, con 4 subcampeonatos y dos títulos (2008 y 2005). El Abierto sin Flavia vio coronarse en dos ocasiones a Venus Williams (2009, 2010) y a la campeona vigente, la argentina Gisela Dulko
“Acapulco me ha regalado mucho y estaré ahí después de tres años de ausencia”, dice al tiempo que alista su retorno a buscar ser top-10 en el ranking de la WTA y que mejor que iniciarlo en una tierra donde ella ha tenido éxitos [...]
“Acapulco será para mí una ocasión muy buena para verificar mi preparación de inicio de año y el torneo siempre me ha cargado para empezar de la mejor manera” advierte la italiana en entrevista [...]
Así es que el retorno tiene mucho más que el valor sentimental, es que Acapulco la reconozca como la jugadora con más títulos del evento, ganar su título 10 y superar los 6 millones de dólares en premios. Que mejor lugar que el puerto para continuar el idilio de Flavia con el torneo, por algo uno siempre tiene sus sitios favoritos...
ALGUNOS NÚMEROS DE LA ITALIANA
16 años como profesional.
10 su puesto más alto en el ranking, Agosto del 2009.
9 títulos tiene en singles como profesional.
14 títulos jugando dobles como profesional.
1 Juegos Olímpicos ha disputado (Beijing 2008)
...e noi auguriamo a Flavia, ai suoi numerosi fans messicani, e agli organizzatori del Torneo di Acapulco, che "el idilio de Flavia" possa continuare... Tafanus
Scritto il 26 febbraio 2012 alle 15:46 nella Sport, Tennis | Permalink | Commenti (1)
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Per una volta parliamo non di calcio (nessuna preoccupazione!) ma di giornalismo, e di etica della professione. Arbitri comprati o incompetenti, giocatori violenti, simulatori, tifosi esaltati, AD fuori di testa, allenatori-provocatori, e infine, loro: i giornalisti che uniscono incompetenza a faziosità. Non basta chiamarsi Maurizio Crosetti per essere ipso-facto un buon giornalista sportivo. Per essere un buon giornalista sportivo, sono necessari due requisiti:
-a) capire qualcosa dello sport di cui si parla;
-b) essere un "cronista dei fatti", e non un ultrà armato di penna anzichè di trombetta e di fumogeni.
Spiace dirlo, ma a leggere il vergognoso articolo di oggi di Maurizio Crosetti su Repubblica cartaceo (che ho scannerizzato e pubblico di seguto), vengono i brividi. Farò dopo qualche considerazione. Per ora, anticipo solo i due fatti più clamorosi, che per fortuna - al contrario di quanto non pensi Crosetti - non hanno condizionato il risultato.
Dunque, al 24° del primo tempo la terna arbitrale non vede, clamorosamente, un goal regolarissimo del Milan. Buffon ha parato a terra, ma abbondantemente oltre la linea di porta.
E passiamo al 33° del secondo tempo. Segna Matri per la Juve. Goal regolarissimo, a detta persino del Crosetti. Ma lo stesso guardalinee che non aveva visto il goal del Milan, annulla per fuori gioco inesistente il goal di Matri.
Un giornalista capace di fare il giornalista avrebbe stigmatizzato il comportamento della terna arbitrale, ma avrebbe onestamente ammesso che Milan e Juve si erano visti annullare un goal sacrosanto a testa. Non il prode Crosetti, affetto da strabismo da Curva Sud, e quindi inadatto a fare il mestiere che fa. Vediamo l'articolo prodotto da Crosetti.
Per comodità visiva, riporto in rosso le parole di indignazione di Crosetti per il goal negato al Milan, e in verde le parole di indignazione per il goal negato alla Juve, sicchè Crosetti possa valutare, già dall'impatto cromatico, la sua inadeguatezza a scrivere di calcio. Ma se vuole un aiutino, abbiamo messo in moto il conta-parole di word. L'articolo è, in totale, di 609 parole, di cui 438 dedicate al goal annullato al Milan, 16 (sedici) al goal annullato alla Juve.
I tifosi dovrebbero stare in curva, non nelle redazioni. Ecco il vergognoso articolo di Maurizio Crosetti:
Non era solo un gol, era un elefante entrato in porta senza bussare. Non era solo un gol, se poi Galliani e Conte se ne urlano di tutti i colori, compresala parola "mafia" (dopo, nessuno smentisce), e se ancora Galliani manda a quel paese in tribuna Agnelli e Braschi (dicono), e se Mexes prende a cazzotti Borriello in campo (lo aspetta la prova-tv, matematico). Non era solo un goal, era la macchina del tempo: infatti in un istante si è tornati all'epoca degli ululati contro la Juve, dei sospetti, di Moggi, degli arbitri "che stasera vanno a casa con una Giulietta Sprint".
Quando il signor Tagliavento sembra quasi indicare il centro del campo, ma il suo sodale Romagnoli resta invece immobile con la bandierina lungo il fianco, e la punta rivolta verso il basso, Sansiro comincia a gridare perché ha già capito. "Solo rubare, sapete solo rubareee!". "Ladri, ladri!". "C'è di nuovo Lucianone!" E altre cose peggiori. Corsi e ricorsi. Ora ci aspettano mesi terribili. Anche perché un gol fantasma potrebbe decidere il campionato per la differenza-reti nello scontro diretto. Immaginate gli scenari, se davvero finisse così.
Come si fa a non vedere un mastodonte del genere? Si fa. Si condiziona un sistema intero, dopo giorni e giorni passati a provocarsi? Forse sì. «Solo l'arbitro non l'ha visto», biascica Robinho. Nel tunnel si sfiora la rissa, è tutti contro tutti, litigano duro Galliani e Conte. «Sono volate parole grosse - ammette Conte - ma io non mi aspetto di trovare gente che m'insulta quando, nell'intervallo, salgo negli spogliatoi». Alla fine, Chiellini e Ambrosini devono essere separati, è Pirlo a fare da paciere, uno dei pochi equilibrati. Galliani se ne va a metà, come faceva Boniperti. Motivo ufficiale: problemi di pressione, dopo avere discusso conTagliavento.
Invece Allegri la butta sul ridere, ma prima aveva litigato con Marotta: «Forse hanno sbagliato a tracciare le linee del campo, quella di porta era più grossa... E' un episodio simpatico, dobbiamo accettarlo. Chiaro che ci ha danneggiato, sul 2-0 sarebbe stata un'altra gara. A star zitti, a volte si farebbe meglio, specie chi non è abituato. Il gol annullato a Matri? Magari, poi ne segnavamo un altro. Ma non parlo dell'arbitro senza il permesso di Marotta...».
Conte è molto più serio: "...troppo, stasera, non è stato sport, abbiamo caricato male questa partita cominciando da me. Il gol fantasma? Ma c'era anche quello di Matri, perfortuna sonostati commessi due sbagli e non uno soltanto, altrimenti sarebbe stato un disastro. Dobbiamo migliorare tutti, io per primo, e complimenti al Milan. Noi siamo stati anche fortunati. Speriamo che gli errori, alla fine, siano pari per tutte le squadre. Lo scudetto? Lasciamo stare, dopo 'sta partita".
Il fattaccio, dunque. Moviola: la prima parata di Buffon su Mexes è galattica, la seconda invece è fasulla. "Onestone, adesso dillo che era goal!" gli gridano itifosi dellatribuna. "Sono sincero, non mi ero accorto che il pallone fosse entrato, e se me ne fossi accorto non avrei proprio dato una mano all'arbitro. In campo si sbaglia tutti, guai sospettare complotti".
Dopo l'elefante invisibile, o meglio visibilissimo fuorché per arbitro e guardalinee, tutto il Milan circonda il quarto uomo Rizzoli, invano. Ormai è tardi. L'atmosfera dentro San Siro si arroventa ancora di più. Una dichiarazione di Marotta nel pre-partita («Le nostre critiche servono alla crescita della classe arbitrale»), riletta alla fine diventa una barzelletta. «Un goal fantasma come questo può anche decidere il campionato», ripete Robinho, pensando all'eventuale differenza-reti a maggio: uno spettro anche più ingombrante di quella palla che era dentro, dentrissimo. Proprio come quell'altra di Matri. PoveroTagliavento: adesso come potrà dimostrare che ha proprio, soltanto, semplicemente, incredibilmente sbagliato? - Maurizio Crosetti
Caro Crosetti,
ma chi ha deciso, e perchè, che lei fosse adatto a fare il giornalista di sport? Io, forse per un disturbo nel segnale digitale, ho visto un'altra partita. E se avessi fatto la cronaca io, avrei sottolineato, in ordine cronologico, i seguenti episodi:
14° del PT: goal del Milan. Un gran goal? No. Una tripla cagata del difensore juventino Bonucci. Reduce da un rinvio tanto morbido da costituire un assist per il Milan, un minuto dopo Bonucci si ripete, con un doppio regalo. Nuovo rinvio, che è un comodissimo passaggio al Milan. La palla finisce a Nocerino, che lascia partire un gran tiro. Buffon era sulla traiettoria, ma Bonucci, in giornata da sfiga totale, cerca di rimediare alle cappellate precedenti immolandosi alla pallonata. Riesce a deviare la palla. mandandola in rete (la propria). Buffon da una parte, palla dall'altra.
24° del PT: tiro in porta del Milan. Buffon para a terra, ma abbondantemente dentro la linea di porta. E' un goal sacrosanto, ma il collaboratore dell'arbitro dice di no.
1° del ST: un giocatore della Juve mette fuori la palla, perchè possa essere soccorso Borriello, a terra, dolorante, a 50 metri da dove si sta svolgendo il gioco. Cosa è successo? Per gli arbitri, niente. Si riprende a giocare. Per la TV, implacabile, è successa invece una cosa ignobile: lontanissimo dall'azione, Mexes insegue e raggiunge Borriello, lo affianca, e gli sferra un violento pugno al fegato. Per molto meno, Ibrahimovic si è beccato un rosso diretto, e tre giornate di squalifica. A Mexes neanche un giallo. Si riprende a giocare, ma in un mondo non crosettiano il Milan avrebbe giocato TUTTO il secondo tempo in inferiorità numerica. Ma Crosetti non si indigna. De minimis non rurat praetor.
33° ST: segna la Juve, su una verticalizzazione. Goal annullato per fuori gioco. Sempre lo stesso guardalinee del goal annullato al Milan... compensazione freudiana? Non lo sapremo mai, ma a quel punto le due squadre hanno subito un annullamento ingiusto per parte. Ma le due ingiustizie, per il prode scribacchino Crosetti, sono "diversamente uguali"...
35° ST: Mexes (quello del pugno) stende comn uno sgambetto da dietro un avversario. Sarebbe rosso diretto, anche in considerazione dell'episodio precedente... Se la casa con un giallo canarino.
38° ST: segna Matri, un goal da manuale, e questa volta nessuno può annullare. Il goal di Matri non è prescritto.
43° ST: Vidal fa lo stesso fallo fatto 8 minuti prima da Mexes. In tutta la partita, non ha preso a pugni nessuno. Rosso, espulsione diretta. La Juve in inferiorità numerica per gli ultimi sei minuti effettidi di gioco. Crosetti non stigmatizza.
Caro Crosetti, sarebbe il caso che d'ora in poi si dedicasse a sport nei quali l'arbitraggio è pressocchè irrilevante, perchè tutto viene deviso dall'elettronica, dal metro, dal cronometraggio... Si dedichi a far le cronache del salto in alto, delle corse piane, del curling, dello slalom, e delle gare ciclistiche (solo quelle a cronometro). Lasci perdere gli sport dove esiste il contatto diretto. Magari qualche cronaca di tornei minori di tennis, ma solo quando in campo sia disponibile il "falco" che giudichi le palle dubbie. E, infine, si dedichi a sport minori, spesso ingiustamente dimenticati: la lippa, campana, bandiera, e il lancio della forma di cacio.
Tafanus
P.S.: I venti lettori del Tafanus non si preoccupino. Non ho scritto - e non scriverò mai - di calcio. Non me ne intendo. Ho scritto un pezzo sull'etica nel giornalismo, in genere...Non vorrei dimenticare, nella fretta, le dichiarazioni provocatorie di tale Allegri, che la settimana scorsa, avendo compiuto la Grande Impresa di battere 3-1 il Cesena, ultimissimo in classifica, ha dichiarato: "Abbiamo inviato alla Juve un segnale fdorte e chiaro". Minchia....
Allegri, Crosetti... chi erano costoro?
Scritto il 26 febbraio 2012 alle 13:23 nella Media , Sport | Permalink | Commenti (32)
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Scritto il 26 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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Art. 3 della Costituzione Italiana: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Traduzione: "...la Legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale..."
"Quante volte, figliolo?" - Sei volte, padre... Tutte le prescrizioni che Silvio e i suoi fedeli chiameranno "assoluzioni"
COS'E' LA PRESCRIZIONE - Nel diritto penale la prescrizione estingue il reato dopo un determinato periodo di tempo trascorso dal momento in cui è stato commesso. E' un istituto che risponde a un principio di economia, evita cioè che il sistema giudiziario continui a impegnare risorse per perseguire un reato commesso troppo tempo prima e per il quale risulta meno sentita socialmente l'esigenza di tutela. E' una garanzia anche per l'imputato, perché col passare del tempo ha più difficoltà a recuperare fonti di prova a suo favore.
COME SI CALCOLA - La prescrizione si calcola aumentando di un quarto la pena massima stabilita dal codice per un reato. Ad esempio per la corruzione in atti giudiziari, di cui è accusato Berlusconi nel processo Mills, la pena prevista è di otto anni di detenzione. Otto anni (la pena) più due (un quarto della pena) porta a dieci anni il tempo di prescrizione. Il perno della normativa è l'articolo 157 del codice penale, modificato con molte polemiche nel 2005 con la cosiddetta legge "ex Cirielli", che ha accorciato di molto i termini. Una legge secondo molti ad personam a favore dell'allora premier Berlusconi e dell'ex senatore, e suo braccio destro, Cesare Previti. La prescrizione non equivale ad un'assoluzione con formula piena, anche se gli effetti per l'imputato sono praticamente gli stessi. I reati che prevedono l'ergastolo non sono prescrittibili.
LA PRESCRIZIONE NEL PROCESSO MILLS - Berlusconi è accusato di aver corrotto l'avvocato inglese David Mills con 600 mila dollari, trasferiti sul suo conto nel 1999 attraverso il defunto manager di Fininvest Carlo Bernasconi. Secondo la procura milanese, erano un "ringraziamento" nei confronti di Mills per avere testimoniato il falso in due processi a Milano nel 1997 (tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza) e 1998 (All Iberian).
I dieci anni per la prescrizione del reato cominciano dunque dal febbraio 2000, secondo il capo d'imputazione messo in piedi per Berlusconi dal pm milanese Fabio De Pasquale. Ma il calcolo è diventato fumoso e complesso a causa delle interruzioni dovute al "Lodo Alfano" e al "legittimo impedimento": secondo De Pasquale (che ha chiesto la condanna a cinque anni per Berlusconi) la prescrizione interverrebbe tra il 3 maggio e il 17 luglio di quest'anno, secondo la difesa del Cavaliere il tempo del processo è già scaduto tra l'8 gennaio e il 3 febbraio.
PROCESSO MILLS, UN PERCORSO A OSTACOLI - L'avvocato Mills finisce nel registro degli indagati a Milano l'8 luglio del 2002, la richiesta di rinvio a giudizio per lui e Berlusconi viene firmata da De Pasquale il 10 marzo 2006. La prima udienza si svolge il 13 marzo 2007. Ma già dopo un anno, il 23 luglio 2008, arriva il primo stop perché il Parlamento approva il Lodo Alfano, che sospende i processi penali per le alte cariche dello Stato. Quindi per Berlusconi. Per Mills invece il processo prosegue, e arriva la condanna a quattro anni e mezzo (reato confermato ma prescritto in Cassazione). In questa storia dunque c'è di certo un corrotto, l'avvocato David Mills. E il corruttore o presunto tale?
CANCELLAZIONE DEL LODO ALFANO - Il processo per l'ex premier segue tutta un'altra strada. La Consulta, il 7 ottobre del 2009, cancella il Lodo Alfano giudicandolo incostituzionale. Berlusconi torna imputato, ma il 7 aprile 2010 il centrodestra approva la legge sul "legittimo impedimento", che gli permette di non essere in aula, giustificando l'assenza con impegni istituzionali. Anche questa legge verrà bocciata dalla corte Costituzionale. Il processo riprende l'11 marzo 2011, quando ormai ci sono una manciata di mesi per arrivare alla sentenza di primo grado prima che cali la scure della prescrizione. Sono mesi in cui in Parlamento si discute di accorciare ulteriormente i termini della prescrizione (la cosiddetta prescrizione breve), in aula si prende tempo. Gli avvocati di Berlusconi, Longo e Ghedini, allungano la lista dei testimoni e fanno due istanze di ricusazione. Vengono rigettate entrambe, ma si dimostreranno utilissime per guadagnare giorni preziosi, verso il traguardo della prescrizione del reato.
LE "ALTRE VOLTE" DI BERLUSCONI - Già altre cinque volte Berlusconi si è salvato grazie alla prescrizione. Nel processo "All Iberian" la condanna in appello a due anni e nove mesi a suo carico per finanziamento illecito a Craxi è stata confermata ma dichiarata prescritta il 22 novembre 2000 dalla Cassazione per decorrenza di termini.
Nel processo sul Lodo Mondadori per Berlusconi è intervenuta la prescrizione per il reato di corruzione semplice, così come è stato prescritto il reato di falso in bilancio nel processo Lentini (versamento in nero di una decina di miliardi di lire dalle casse della squadra di calcio del Milan a quelle di Torino, per l'acquisto del calciatore Gianluigi Lentini). La decorrenza dei termini ha protetto Berlusconi dall'accusa di falso in bilancio e appropriazione indebita in altri due casi, legati a irregolarità nei bilanci di Finivest.
(Repubblica.it del 25 febbraio 2012)
Scritto il 25 febbraio 2012 alle 15:34 nella Berlusconi, Leggi e diritto | Permalink | Commenti (12)
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Sotto: una foto beneaugurante - Berlusconi in attesa della sentenza sul processo Mills. Non si è presentato in tribunale, ed attende sfiducioso, indossando il giaccone avuto in regalo dall'amico Vladimir Putin (un vero liberale), dietro le sbarre.
GIUSTIZIA E' SFATTA: Reato prescritto
Scritto il 25 febbraio 2012 alle 14:36 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 25 febbraio 2012 alle 09:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 25 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Flavia a tre anni, "figlia d'arte"
Cento di questi giorni a Flavia Pennetta, che oggi compie trent'anni. Cosa augurarle? per ora, un paio d'anni senza infortuni. Negli ultimi mesi non si è fatta mancare nulla. Problemi alla caviglia destra, alla coscia sinistra, alla spalla, e infine alla schiena. Aveva cominciato il 2012 alla grande, arrivando in scioltezza alla finale di Auckland. Poi, quella maledetta lombalgia, che da quasi tre mesi non le concede tregua.
E ciononostante, a Flavia (che non doveva e non poteva giocare) in coppia con Roberta Vinci, dobbiamo l'ingresso in semifinale della FedCup, grazie alla vittoria decisiva in doppio, a Biella, contro l'Ukraina.
Il nostro augurio è che si rimetta completamente alla svelta, perchè adesso - a causa dei malanni che la perseguitano da mesi - ha davanti un corridoio che arriva fino al Roland Garros, nel quale ha pochi punti da perdere, e molti da guadagnare, nella classifica WTA.
Dedico a Flavia due foto: una, "antica" (Flavia a tre anni, con la sua splendida famiglia di "tutti tennisti": papà Oronzo, mamma Concita, la sorella Giorgia). La foto è tratta dall'autobiografia di Flavia, alla quale abbiamo dedicato un post.
L'altra, recentissima (di pochi giorni fa) mostra il lato più bello di Flavia: la sua dedizione alla promozione del tennis fra i bambini. Nella foto è in compagnia dei bambini arabi di una "tennis clinic" di Dubai, ai quali ha trovato modo di dedicare parte del suo tempo, rendendoli felicissimi. Non tutti lo sanno, ma Flavia trova spesso il modo di stimolare con la sua presenza i bambini che frequentano i centri federali della FIT in Italia.
Flavia coi bambini della "Tennis Clinic" di Dubai"
A Flavia giungano i più affettuosi auguri da parte mia, della mia famiglia al completo, e dei numerosi tifosi del Tafanus
Scritto il 25 febbraio 2012 alle 00:01 | Permalink | Commenti (4)
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Pressing sul Sindaco perché renda pubblica una lista con tutti i nomi. (Sottotitolo: l'autogoal) (Lettera 43)
In quell'occasione, Renzi chiese piena trasparenza, spiegando che bisogna essere certi di «chi dà i soldi a chi». Un'iniziativa che David Allegranti, del Corriere Fiorentino, ha definito «lodevole, in tempi in cui non solo non sappiamo chi è che dà i soldi ma neanche chi li riceve davvero».
In un simile contesto non è passato inosservato che Lusi, qualche tempo fa, firmò un appello pro-Renzi insieme ad altri senatori. Niente di strano fin qui.
CASO LUSI, RENZI SOTTO PRESSIONE. Tuttavia, nel corso delle ultime settimane, sono cresciuti i sospetti che Lusi e i suoi 13 milioni siano confluiti nelle casse di Renzi, per finanziarne la campagna elettorale e/o la chiacchierata convention, il Big Bang.
Renzi non ha mai voluto rendere pubblici i finanziatori della sua attività politica, nonostante sia stato lui nei mesi scorsi a dare la sua disponibilità a dire chi aveva sostenuto finanziariamente l'iniziativa della Leopolda. Ma le pressioni affinché il Sindaco dia seguito, con i fatti, ai ripetuti appelli di trasparenza sono sempre più insistenti. A lui l'ultima parola. (08 Febbraio 2012)
Il caso era scoppiato per le accuse di un "insider" (un dipendente del Comune di Firenze), trasnesse alla Procura della Repubblica:
Caso Lusi, un dipendente del Comune: «Soldi rubati per il Big Bang di Renzi» - Alessandro Maiorano chiede al procuratore capo Giuseppe Quattrocchi di indagare.
Continua a far discutere il caso Luigi Lusi, l'ex tesoriere della Margherita accusato di appropriazione indebita. Un dipendente del Comune di Firenze, Alessandro Maiorano, in una lettera inviata al procuratore capo Giuseppe Quattrocchi, ha accusato Lusi di aver finanziato con parte dei 13 milioni sottratti alla Margherita la convention di Matteo Renzi, il cosiddetto Big Bang: "...se i soldi rubati da Lusi fossero finiti in parte per foraggiare tale convention sarebbe molto grave, soprattutto se qualcuno avesse saputo della loro provenienza...", si legge nella lettera. Maiorano, quindi, chiede alla procura di "...capire nell'interesse di tutti se sarà il caso di intervenire oppure no..." (Lettera43)
...Ora i casi sono due: o Alessandro Maiorano è un kamikaze disposto a beccarsi una querela milionaria per diffamazione da Matteo Renzi, oppure sa qualcosa che noi non sappiamo, che vorremmo sapere, e che Luigi Lusi e Matteo Renzi farebbe bene a chiarire.
Visto che i social networks non fabbricano soldi, ma solo qualche click "mi piace;" visto che le leopolde costano più delle bernarde e delle jolande, Matteo Renzi non potrebbe chiarirci, fattura su fattira, quanto sono costate le leopolde, e chi ha tirato fuori i soldini? e magari fornirci anche le scansioni delle pezze d'appoggio? Non che ci spettino per legge, ma un nuovo-che-avanza come Matteo non dovrebbe fare questo anche ove non vi siano obblighi di legge?
Tafanus
P.S.: Alessandro Maiorano mi ha inviato copia di un altro esposto appena presentato. Vuole sapere perchè alle 9,30 nessun esponente della Segreteria di Matteo Renzi (ben 17 persone) fosse presente in ufficio, dove l'inizio del lavoro è previsto per le ore 8:00...
Scritto il 24 febbraio 2012 alle 15:45 nella Renzi | Permalink | Commenti (22)
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Per restare al centro dei grandi affari stringe nuovi rapporti: da Alfano (ma questo non sorprende), al ggiovane "salve sono Matteo Renzi". Con un asso nella manica: il ministro Passera
Il loro futuro passa dalla rimozione del passato: cancellare l'abbraccio con Silvio Berlusconi ed evitare che i guai di Roberto Formigoni si trasformino in un problema per l'intera organizzazione [...] Non uno dei tanti "poteri forti" che spesso vengono evocati nell'eutanasia della Seconda Repubblica, ma l'unico network capace di unire aziende bianche, cooperative rosse e colossi delle infrastrutture fornendo sostegno nelle istituzioni nazionali, regionali ed europee. In più hanno un asse di ferro con Intesa Sanpaolo e tanti altri istituti di credito sul territorio, per garantire ossigeno alle ditte minacciate dalla crisi: la formula magica della Compagnia delle Opere (CdO), il braccio economico di CL che continua a prosperare in numeri e fatturato, facendo man bassa di appalti pubblici. E schierano il cardinale Angelo Scola che dal Duomo di Milano viene dato in pole position per prendere il posto di Benedetto XVI.
Nel nome di Passera - Oggi sulla scacchiera italiana gli eredi di don Luigi Giussani (che festeggiano i trent'anni del riconoscimento vaticano della loro Fraternità e vorrebbero la beatificazione del fondatore) contano sui pezzi più prestigiosi, in una manovra che assomiglia sempre più a uno scacco matto che potrebbe consegnare loro il potere spirituale e quello temporale. Come premier, puntano apertamente su Corrado Passera: persino Formigoni, nel tentativo di garantirsi una ritirata onorevole, ha tributato omaggio alla leadership del superministro. E nel segno della trasversalità, il legame con l'ex banchiere di Intesa è diventato politico dopo essere stato imprenditoriale, con il ruolo della banca in diverse operazioni della CdO, nonché familiare visto che la sorella e la prima moglie del ministro sono operosamente inserite nel network di Cl.
La storia l'hanno raccontata loro stesse a "Famiglia Cristiana". Tutto parte nel 2003, quando Bianca Passera e Cecilia Canepa si rivolgono a Mario Ciaccia, oggi vice di Passera al ministero delle Infrastrutture, per scrivere il testo della cosiddetta "legge del buon samaritano". All'epoca dare in carità i pasti non utilizzati nelle mense aziendali, nelle scuole o negli ospedali non era possibile per questioni igieniche. In pochi mesi Berlusconi fa propria la legge compilata da Ciaccia e le due cognate battezzano Siticibo, una fondazione che ogni giorno spedisce i propri furgoni in giro per Milano e Como a raccogliere le eccedenze di cibo nelle mense di aziende e enti pubblici, refettori scolastici e alberghi, per poi donarlo ai poveri. Fin dall'inizio, il partner dell'intera operazione per far approvare la legge in Parlamento, fornire personale e mezzi è il Banco Alimentare, un'istituzione di Cl che molti conoscono per le collette di cibo nei supermercati.
Al di là di Passera, però, il movimento conta su altri candidati ben piazzati: a sinistra hanno un feeling antico e profondo con Pier Luigi Bersani, il segretario del Pd che al Meeting di Rimini trattano come "uno di loro", affidandogli il commento delle opere di don Giussani. In più sono riusciti a diventare uno dei pilastri della Firenze di Matteo Renzi, che hanno sostenuto fin dalle primarie con migliaia di voti. Il vicesindaco Dario Nardella è ciellino; l'assessore alla mobilità Massimo Mattei era a capo di una società della CdO, dove tra l'altro lavoravano l'ex segretario cittadino dei Ds, Michele Morrocchi, e il coordinatore locale del Pdl, l'onorevole Gabriele Toccafondi. Ma la figura determinante della liaison è il braccio destro del sindaco: Marco Carrai, costruttore cattolico suo coetaneo e cugino dell'imprenditore che ha creato la CdO in Toscana. Come spiegava al telefono un manager intercettato: "Quello che dice Carrai è quello che dice Renzi, e viceversa". A chiusura del cerchio, l'amico di Matteo il Magnifico è entrato nel consiglio dell'Ente Cassa di Risparmio, azionista di Intesa e grande finanziatore delle attività culturali, sociali e politiche fiorentine.
Supermarket Sicilia - Che in uno scenario elettorale con il Pd al potere vinca il segretario o il rottamatore, per loro ci saranno dunque porte aperte. Ma anche a destra Angelino Alfano guarda a CL per rendere sempre più democristiano il Pdl e scaricare le anime nere di An e i plurinquisiti della defunta Forza Italia: suo fratello è uno degli uomini chiave della CdO in Sicilia, dove la compagnia raccoglie diversi produttori e consorzi agro-alimentari, dall'olio alle arance. E intorno ad Alfano fa quadrato Maurizio Lupi, che nella stagione berlusconiana ha tentato di scalzare Formigoni dall'empireo ciellino e che oggi combatte nell'ombra una sfida insidiosa contro il governatore lombardo, che nel 2008 lo aveva stoppato nella corsa a un ministero importante. Una battaglia di retroguardia, la loro, perché le interviste parallele e convergenti rilasciate qualche settimana fa al "Corriere della Sera" dal cardinale Scola e da don Julián Carrón, il successore di don Giussani che papa Ratzinger ha nominato di recente "Consultore del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione", sono state lette come un de profundis per le ambizioni di Formigoni e l'estrema unzione ai vecchi assetti politici
(...di Alessandro Alfano - nella foto - fratello di Angelino, avevamo trattato anche noi in un post nel quale davamo conto della laurea da sfigato, a 34 anni, nonostante si sia facilitato il percorso con alcuni esami comprati in contanti. Ciò non gli ha impedito di diventare Presidente della potente Unioncamere a 31 anni, quando era, ad occhio studente all'ottavo anno fuori corso in giurisprudenza. Un cursus honorum invidiabile... NdR)
Il passato però continua a vivere nei corridoi della procura di Milano. E può rovinare i piani per il futuro. La questione chiave oggi è il San Raffaele, che ridisegnerà gli assetti della sanità lombarda e potrebbe scoperchiare un verminaio di tangenti e finanziamenti opachi. Nel mirino c'è il rapporto con il Pirellone. Da novembre è in cella Pierangelo Daccò, compagno di yacht e di vacanze sarde del governatorissimo: è accusato come architetto dei fondi neri di don Verzè per aver incassato 2 milioni di euro che, sostiene lui, erano il semplice risarcimento per spese che aveva anticipato e che il San Raffaele gli ha poi restituito in modi un po' spicci [...]
La mano di Milady - Tanti attori secondari si muovono però in questa storia, tutti potenzialmente capaci di rivelazioni importanti. Si parla ad esempio di Milady, il soprannome rocambolesco assegnato alla manager di una fiduciaria elvetica, arrestata in Svizzera un mese fa e che ora rischia l'estradizione: è accusata per i soldi sporchi delle bonifiche lombarde, ma nelle sue mani sono passati molti altri denari. E nell'inchiesta sul San Raffaele sta crescendo l'attenzione per le mosse di Antonio Simone, che sarebbe socio di Daccò nell'arcipelago di società internazionali che l'imprenditore ha utilizzato per costruire, fra l'altro, un ospedale in Terra Santa.
Nel massimo silenzio Simone si è presentato già due volte dai pubblici ministeri per cercare di chiarire il suo ruolo: lo difende Giuseppe Lucibello, il legale uscito a testa alta dall'affaire dei prestiti ad Antonio Di Pietro, che oggi assiste anche Maurizio Lupi. Simone, tra i fondatori del braccio politico di Cl, è una vecchia conoscenza dei magistrati: fu arrestato durante Mani Pulite come smistatore di tangenti percepite assieme a un altro ciellino quando era assessore al Territorio in Lombardia. Condannato in primo grado, nel 1999 ha concordato con la Regione un risarcimento di 140 milioni di lire, mossa utile per puntare alla prescrizione in appello. Vent'anni dopo, qual è stato realmente il suo ruolo nel naufragio del San Raffaele?
Quella dell'ospedale creato da don Verzè è una ferita aperta per Cl. A differenza di quanto amasse mostrare in pubblico, il prete-manager scomparso il 31 dicembre non era per niente estraneo al movimento. È vero che aveva fondato fin dal 1964 una sua associazione di fedeli, i cosiddetti "Sigilli", che vivevano con lui in una grande cascina costruita accanto al San Raffaele e che facevano voto di dedicare la vita intera all'ospedale. Ed è altrettanto vero che nell'università che aveva creato dal nulla, don Verzè si era tolto lo sfizio - impensabile per le gerarchìe cielline - di chiamare a insegnare molti spiriti liberi, dal filosofo Massimo Cacciari al teologo Vito Mancuso.
Ha chiamato Don Luigi - Al San Raffaele si racconta però che negli anni Novanta don Luigi, come lo chiamavano i suoi medici, avesse il timore di non riuscire a fare nuovi proseliti per i Sigilli. E che, per questo motivo, avesse aperto le porte della sua cascina a numerosi Memores, che aveva collocato in posizioni chiave all'interno dell'ospedale. Per anni la comunione è filata liscia. Poi, qualche tempo fa, l'intesa è andata in frantumi e c'è stata la cacciata dalla cascina. Il motivo? Mistero. Una spiegazione che circola è legata ai timori di ridimensionamento che, viste le capacità e gli appoggi politici dei ciellini, nutrivano le due storiche assistenti di don Verzè, Raffaella Voltolini e Gianna Zoppei, tuttora molto presenti negli affari dell'ospedale e dell'università. Nonostante l'apparente rottura, però, don Verzè ha continuato a coltivare rapporti fortissimi con il mondo di Cl e l'entourage di Formigoni [...]
A che cosa arriveranno le indagini della magistratura è difficile prevedere. È però plausibile che l'acquisto del San Raffaele da parte di Giuseppe Rotelli cambierà gli equilibri che si erano ormai consolidati e che vedevano i ciellini in posizione di forza. Si dice che Formigoni avrebbe preferito pilotare l'ospedale verso il gruppo Humanitas della famiglia Rocca, guidato da Ivan Colombo, un altro manager transitato dal San Raffaele che viene indicato come uno dei protetti di CL. Ora, invece, il movimento dovrà cercare di riposizionarsi, visto che Rotelli, pur in buonissime relazioni con gli ex Forza Italia, non è ritenuto organico ai circoli ciellini.
Se la sanità è uno dei business più redditizi della CdO, che ha saputo infilarsi in maniera organizzata negli appalti pubblici e nei servizi affidati all'esterno dagli ospedali, nel tempo il ventaglio di attività si è allargato parecchio.
Il bosco del malaffare - Il concetto è quello della rete. Se un'iniziativa parte, si diffonde un nodo dopo l'altro fra le migliaia di imprese aderenti. Negli anni passati si è puntato tantissimo sull'energia verde e così fra gli associati spiccano progettisti, produttori e installatori di pannelli solari. Che a volte si uniscono in consorzio, come accaduto con le otto imprese lombarde riunite sotto il nuovo marchio B.next. La parola d'ordine è digitalizzazione? Ecco allora accorrere le ditte informatiche che incamerano valanghe di commesse. Per non parlare delle iniziative che nascono ad hoc, come il portale GTours che, partito dal Gargano, vuole catalogare, collegare e offrire con speciali convenzioni agli associati CdO alberghi, bed & breakfast, noleggi d'auto e tutte le strutture turistiche di proprietà dei soci [...]
(di Gianluca Di Feo, Luca Piana e Michele Sasso - l'Espresso) - Hanno collaborato Riccardo Bianchi e Natascia Ronchetti
Scritto il 24 febbraio 2012 alle 11:30 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 24 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (4)
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Roma, 23 febbraio 2012 - "La Corte d'Appello di Potenza ha accolto il ricorso della Fiom contro i licenziamenti fatti per attività sindacale. (quotidiano.net)
È un grande passo". A parlare è Emanuele De Nicola, segretario della Fiom Basilicata, a proposito dei tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi (due sono delegati del sindacato di Maurizio Landini), licenziati nell'estate del 2010 con l'accusa di aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno.
LACRIME DI GIOIA - "Sono felice, dopo un anno e mezzo in cui è successo di tutto...". Non riesce quasi a parlare Giovanni Barozzino, uno dei tre operai Fiom licenziati e che ora dovranno essere reintegrati. "Provo una grande felicità. Ora torno a vivere. Giustizia è fatta. Sono troppo felice. Non riesco a dire altro"
''Oggi è un bel giorno per Giovanni, Antonio, Marco e anche per noi. Anche alla Fiat di Melfi è stato riconosciuto che il lavoro ha la sua dignità'', commenta via twitter il presidente di Sinistra Ecologia Libertà, Nichi Vendola. E l'ex ministro della Giustizia Oliviero Diliberto (Federazione della Sinistra) rincara la dose: "Questa è una straordinaria vittoria. Malgrado Marchionne abbia cacciato la Fiom Cgil dagli stabilimenti Fiat, malgrado le impedisca ogni trattativa sindacale, nella fabbrica ha vinto la giustizia. Dovrebbero far tesoro dell'odissea di questi operai - continua Diliberto - tutti quelli che oggi attaccano l'articolo 18. La realtà del Paese non è quella che si racconta nel Palazzo e nel governo tecnico. La realtà del Paese sono questi tre operai, discriminati fino al licenziamento per essere della Fiom, che hanno combattuto e che hanno vinto'' [...]
IDV IN PIAZZA - Il leader dell'Idv parteciperà allo sciopero della Fiom il 9 marzo a Roma: "Quanto accaduto oggi dimostra che la Fiat, oltre a ignorare gli articoli 1 e 39 della Costituzione, ad annullare gli accordi liberamente sottoscritti e ad azzerare il contratto nazionale, genera un continuo conflitto sociale e un infinito contenzioso giuridico. Sarebbe bene che la Fiat pensasse a far bene il proprio mestiere e cioè costruire e vendere macchine ad alto valore aggiunto, facendo funzionare bene gli stabilimenti nel nostro Paese. Invece, da anni ormai, per coprire i propri clamorosi insuccessi nel mercato preferisce usare i tecnici e gli operari dell'azienda come capro espiatorio. Un altro fronte si sta aprendo a Pomigliano, dove i lavoratori, per essere assunti, subiscono vere e proprie discriminazioni in base al sindacato a cui aderiscono"
BLITZ PRO STATUTO - E su questo fronte va ricordato il disegno di legge presentato dal senatore del Partito Democratico, Paolo Nerozzi, per rivedere l'art. 19 dello Statuto dei lavoratori, assicurando così piena "democrazia sindacale" all'interno della Fiat. La proposta intende riconoscere la facoltà di costituire rappresentanze sindacali aziendali anche alle associazioni non firmatarie dei contratti collettivi applicati in un determinato stabilimento, a patto che si tratti di organizzazioni affiliate alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. In tal modo la Fiom potrebbe essere di nuovo rappresentata a Pomigliano d'Arco - così come negli altri stabilimenti Fiat - e l'ostracismo di Marchionne conoscerebbe una cocente sconfitta [...]
CONTROFFENSIVA FIOM - Che la situazione in Fiat sia pesantissima lo illustra il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Airaudo: "A Pomigliano la situazione è intollerabile. Su quasi duemila lavoratori assunti, non ce n'è nessuno iscritto al nostro sindacato, è in corso una discriminazione che pensiamo di poter e dover dimostrare". E ai microfoni di Rainews 24 Airaudo annuncia: "Presenteremo in questi giorni in venti tribunali italiani, per sessantuno stabilimenti, le cause per chiedere che la Fiat sia dichiarata antisindacale perché non sta riconoscendo i rappresentanti della Fiom. Bisogna ripristinare i diritti dei lavoratori a scegliersi liberamente i rappresentanti.
Scritto il 23 febbraio 2012 alle 19:15 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (0)
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Confesso che questa panoramica di Valentina Conte sulle retromarce silenziose del governo Monti mette i brividi. Almeno a me. All'epoca delle "lenzuolate" in gran parte abortite di Bersani, ero stato molto critico. Specie sul cedimento alla violenza dei "tascisti" romani. In particolare, avevo ricordato a Bersani un insegnamento che mi aveva trasmesso mio padre: "mai fare minacce che non sei in grado di mantenere". Speravo che la lezione di Bersani fosse servita a Monti. Speravo, sinceramente, che Monti se ne ricordasse, a avesse scientemente deciso di andare allo scontro, e di vincerlo.
Invece, noto con raccapriccio che sta scadendo nelle debolezze tipiche di un governo politico. Con l'aggravante che, al contrario dei governi politici, avrebbe la possibilità si andare allo scontro, con serie probabilità di vincere la partita. Invece, osservo che - lobby dopo lobby - sta calando le braghe, e che sta cercando di recuperare l'immagine decisionista, alquanto appannata, affrontando con inusitata durezza i poveracci dell'articolo 18. Spero di sbagliarmi, ma sembra questa sia l'unica categoria verso la quale Monti & Fornero abbiano adottato la provocatoria durezza del "cerchiamo di riformare l'art. 18 con l'accordo delle parti, altrimenti andremo avanti ugualmente".
No, caro Monti, non ci siamo. Se ha i coglioni, li deve sfoderare con TUTTI, e non solo col la parte più fragile e meno dotata di potere ricattatorio dei lavoratori dipendenti a reddito fisso, in un contesto di bassa occupazione. Troppo facile, troppo becero. E troppo somigliante a ciò che per anni ha irresistibilmente monopolizzato l'attenzione dei Berlusconi dei Sacconi, e - in cauda venenum - della Marcegaglia, e della sua folle ed offensiva uscita sui sindacati "difensori di criminali e fannulloni".
Le abbiamo dato piena ed entusiastica fiducia, ma non abbiamo sposato nessuno. Riportiamo i preoccupanti passi della review fatta da Valentina Cortese su Repubblica:
Sviluppo, dai taxi alle farmacie, l'asse governo-partiti frena le liberalizzazioni. Molti degli emendamenti dei relatori e dei senatori vengono incontro al costante pressing delle lobby. Sui temi forti si rischia il dietrofront completo. Le nuove licenze dei tassisti tornano in capo ai sindaci. L'Ici per la Chiesa non si farà subito ma con un emendamento
Liberalizzazioni a rischio - Il testo del decreto Cresci-Italia, sommerso da migliaia di emendamenti in commissione Industria del Senato, prosegue il suo faticoso percorso tra le pressioni delle lobby e la complicata quadra politica. La versione che arriverà il aula mercoledì prossimo per il voto - blindata in un maxi emendamento su cui il governo potrebbe porre la fiducia - rischia di essere migliorata solo in parte. Sui temi forti, si teme un dietrofront completo. Come per i taxi: la decisione su eventuali nuove licenze da mettere a bando torna in capo ai sindaci, così come l'extraterritorialità del servizio.
Sulle farmacie crescono le resistenze per le nuove aperture, così i malumori su tariffe e preventivi dei professionisti. Intanto alcuni capitoli - Srl dei giovani e tribunale delle imprese (sul punto, ieri la presidente di Confindustria Marcegaglia ha incontrato il ministro della Giustizia) - sembrano privi di copertura finanziaria. Per quanto riguarda l'Ici delle onlus, le nuove norme che dovrebbero estendere il pagamento dell'imposta anche agli immobili della Chiesa usati a fini commerciali, seppur in modo non esclusivo, con tutta probabilità non saranno inserite nel decreto sulle semplificazioni fiscali che il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare venerdì prossimo. Ma verrebbero affidate ad un emendamento ad hoc perché siano condivise anche dal Parlamento, nel successivo iter di conversione del decreto.
TRASPORTI - Indietro tutta sul capitolo "taxi". A decidere eventuali nuove licenze saranno Comuni e Regioni "nell'ambito delle loro competenze". Saltano doppia licenza, licenze part-time, taxi stagionali. L'Autorità dei trasporti, che avrebbe dovuto "adeguare i livelli di offerta" e aumentare le licenze "sentiti i sindaci", viene limitata ad esprimere "un parere obbligatorio, non vincolante", a "monitorare e verificare" il servizio, le tariffe, la qualità, le esigenze delle città, fornendo una semplice analisi costi-benefici in base alla quale i sindaci possono adeguare il numero delle auto, bandendo concorsi straordinari. Qualora non lo facessero senza valide motivazioni, l'Autorità ricorrerà al Tar. Confermato il taxi ad uso collettivo e il servizio fuori città ma solo in base ad accordi sottoscritti dal sindaco con i Comuni interessati. Maggiore libertà nel fissare le tariffe, a partire da quelle predeterminate dal Comune. Sarà possibile usare la stessa vettura per più turni. L'Autorità dei trasporti avrà una dotazione di 5 milioni per il 2012, potrà erogare sanzioni amministrative e partire prima, entro il 31 maggio, senza interim con l'Authority per l'energia.
CLASS ACTION - Rafforzata la class action e definite multe corpose contro le clausole vessatorie a danno dei consumatori. "L'azione di classe ha per oggetto l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori", definisce nero su bianco l'emendamento approvato. Il professionista o imprenditore che inserisce clausole vessatorie nei contratti e che poi, una volta scoperto, non si attiene alle disposizioni dell'Antitrust sarà multato: tra i 2 e i 20 mila euro per chi non rispetta le decisioni, da 4 a 40 mila euro per chi fornisce informazioni o documentazioni non veritiere, da 5 a 50 mila euro per chi non pubblica online e non diffonde i provvedimenti che certificano la vessatorietà.
BANCHE - Il capitolo banche, tra i più scarni e meno liberalizzati dal Cresci-Italia, è ritoccato solo in minima parte. Le banche potranno continuare a condizionare il mutuo o il credito al consumo (novità dell'ultima ora) alla sottoscrizione di una polizza sulla vita. Se lo fanno, hanno però l'obbligo di accettare la polizza scelta dal cliente, tra quella reperita da lui stesso sul mercato e la doppia opzione presentata dalla banca (di compagnie a lei non riconducibili). La banca non potrà poi vincolare mutuo e apertura di conto corrente. L'obbligo sarà considerato una pratica commerciale scorretta, come quello di sottoscrivere una polizza erogata dalla stessa banca. Sarà infine gratuito il conto aperto per accreditare la pensione fino ai 1.500 euro.
FARMACIE - Ancora non sciolto lo spinoso nodo delle farmacie. Se ne è discusso a lungo, ieri notte in commissione Industria. Ma la quadra politica non è stata ancora trovata. Lo scoglio maggiore riguarda le nuove aperture (se ne prevedono 5 mila in più con un ampliamento del 25% della pianta organica), considerate dannose dalla categoria. Il Pdl punta ad abbassare il quorum del decreto (una nuova farmacia ogni 3 mila abitanti) ad una ogni 3.800, in linea con quanto auspicato da Federfarma che sul punto fa notare che il quorum reale è una a 2.200, considerati i nuovi punti che, grazie al decreto, sorgeranno in stazioni, aeroporti, autostrade. I consumatori temono una retromarcia, su questo punto e sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C.
IMPRESE - I tribunali delle imprese e Srl ad un euro per gli under 35. Entrambi i capitoli rimangono per ora sospesi. Gli emendamenti dei relatori sono stati accantonati, in attesa di un parere della commissione Bilancio sull'effettiva copertura delle norme. La proposta è di portare da 12 a 20 i tribunali (uno in ogni capoluogo, tranne la Valle d'Aosta), a cui verrebbero sottratti almeno due competenze (class action e appalti pubblici). Mentre si pensa a un passaggio gratuito dal notaio per la Srl (ora ne è esentato, con rischi infiltrazioni) e il vincolo di destinazione del 25% dei ricavi annuali ad aumento del capitale. In entrambi i casi, il problema sono i soldi. Le misure costano: più giudici e bolli per la registrazione della Società (6-700 euro).
RETE GAS - Discussione ancora aperta sulla separazione tra Eni e Snam. Il governo punterebbe ad uno scorporo totale (ora Eni possiede il 52% di Snam), di reti, stoccaggio e rigassificatore di Panigaglia. Almeno secondo quanto riferito ieri dal sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, dopo una giornata di confusione e smentite con voci di un possibile freno dell'esecutivo sugli stoccaggi. Sui tempi, alcuni emendamenti (molti a firma Pd) chiedono un'accelerazione. Altre posizioni convergono su un orizzonte più lungo. De Vincenti ha confermato la tabella di marcia prevista nel decreto: sei mesi per il decreto del presidente del Consiglio che fissi le modalità della procedura. "Due anni è il tempo giusto per arrivare alla dismissione", ha però frenato la senatrice Vicari (Pdl), relatrice del provvedimento. Per quanto riguarda la quota residuale di Eni in Snam, quella prevista dal Cresci-Italia è il 20%, ma una direttiva europea consentirebbe di scendere al 5% sul modello Enel-Terna. "Siamo pronti a fare riferimento alla direttiva europea", ha aperto De Vincenti.
ASSICURAZIONI - Molte novità in tema di Rc auto. A partire dalla stretta sulle frodi alle assicurazioni e sui risarcimenti facili ai furbetti del "colpo di frusta". Misure inserite con tutta evidenza per calmierare le tariffe dell'Rc auto, tenute alte proprio dai frequenti raggiri, dicono le compagnie. E dunque i danni di lievi entità causati da incidenti stradali non saranno più rimborsati, a meno che non siano certificati da esami medici obiettivi. Chi simula il danno - fisico e all'auto - rischierà il carcere da 1 a 5 anni (oggi è da 6 mesi a 4 anni). Circolare senza Rc auto sarà ancora più rischioso: il nominativo passa alla polizia e al prefetto, se non si paga entro 15 giorni dall'inserimento dell'elenco di veicoli non coperti (...fatemi capire... con quelli che girano senza assicurazione, chiudiamo la stalla DOPO che sono scappati i buoi, e solo se li becchiamo per caso??? ma cosa c... ci vuole ad incrociare i dati del PRA con quelli dell'ANIA e/o dell'ISVAP, e andare a sequestrare le auto prive di assicurazione? NdR)
Nascono due nuove banche dati, accanto a quella dei sinistri presso l'Isvap: l'anagrafe testimoni e quella danneggiati. Tra le buone notizie, il certificato di rischio sarà inviato solo online (più veloce). Cancellato il taglio del 30% della somma risarcita, se l'auto è riparata da officine di fiducia (non convenzionate con le compagnie). Pagare il pieno con la carta, di credito o debito, sarà gratuito per benzinaio e cliente, fino a 100 euro.
Scritto il 23 febbraio 2012 alle 15:00 nella Economia, Lavoro, Politica | Permalink | Commenti (14)
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Cara Signora, vorrei tranquillizzarla. La CGIL non protegge i ladri. La CGIL, per statuto, storia e consolidate abitudini, protegge i lavoratori. CGIL è acronimo di Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Del Lavoro, non dei Ladroni. E, col suo consenso, dopo aver brevemente illustrato i fatti, vorrei fornirle un piccolo ripassino su chi siano, in Italia, i "protettori dei ladroni". Lei dovrebbe conoscerne un certo numero, I suppose... Dunque, i fatti:
ANSA - La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, parlando di articolo 18, ha invitato i sindacati a «non proteggere ladri e fannulloni». Affermazioni che hanno mandato su tutte le furie il sindacato con in testa il leader della Cgil Camusso che parla di «affermazioni offensive».
I SINDACATI - Risentita la reazione della Cgil. Laconico il commento del segretario della Cgil Susanna Camusso: «La trovo offensiva». Più articolato il ragionamento del segretario confederale Fulvio Fammoni che parla «di cose non vere che offendono e mettono in discussione il ruolo del sindacato confederale italiano. La presidente di Confindustria deve smentire queste affermazioni» [...] Il segretario della Uil Luigi Angeletti ha tenuto a ribadire che la sua organizzazione «non protegge assenteisti cronici né ladri. Gli imprenditori possono dire altrettanto?».
MARCEGAGLIA PRECISA - Una selva di reazioni che ha indotto il leader della confindustria a precisare: «Nessuna mancanza di fiducia e rispetto nei sindacati confederali, con i quali abbiamo firmato l'importante accordo del 28 giugno sul lavoro e con i quali stiamo conducendo una trattativa seria e costruttiva.» Ma comunque ha tenuto a puntualizzare: «Va tuttavia rimarcato che a volte l'articolo 18 diventa un alibi dietro il quale si possono nascondere dipendenti infedeli, assenteisti cronici e fannulloni».
Sbaglia, signoramia. Dietro l'art. 18 - essendo questo un baluardo eretto a difesa di licenziamenti discriminatori e non motivati, non si nasconde la difesa di nessun ladrone cronico, che può essere tranquillamente licenziato.
La Signora Marcegaglia sarebbe in grado di dirci, PER PIACERE, quale sia la media annuale di reintegri ordinati dalle "toghe rosse"? E magari - col nostro aiutino, calcolare quale sia la percentuale (anzi, la "permilluale") di reintegri in rapporto alle controversie? E ci vorrebbe anche dire quanti casi ci sono stati di tentativi di licenziamenti privi di motivazione, ingiusti, discriminatori, vendicativi, o semplicemente viscerali, che "toghe non rosse" hanno provveduto a disinnescare? Grazie.
La Signora Marcegaglia ci potrebbe dire quanti casi all'anno, in media, si verificano, di lavoratori che rubano, e di imprenditori che rubano, evadono, esportano danaro all'estero, corrompono funzionari pubblici, mettono le mani, per quattro lire, su beni dello Stato costati miliardi? la parola "Maddalena", associata a "Mita Resort" ricorda niente, alla signora Emma Marcegaglia? No??? Bene, provvederemo noi a rinfrescare la memoria della Signora Emma Marcegaglia sui trascorsi giudiziari di alcuni "Bravi ed Onesti Imprenditori" molto vicini alla sua famiglia.
La Signora Emma Marcegaglia ci potrebbe confermare se le risulta che solo fra il 1994 e il 2006 sono stati ammazzati, nel mondo, 1165 sindacalisti, difensori di delinquenti e fannulloni? Purtroppo non abbiamo dati più aggiornati... Stiamo parlando di circa due sindacalisti a settimana, signoramia, non dovrebbe esserle sfuggito, questo dato...
Signoramia, le rettifiche a posteriori sono un'arte difficile... la lasci al suo Maestro Emerito, tale Berlusconi Silvio, quattro processi in corso, suo king-maker, che della rettifica ha fatto una scienza esatta. Quindi non precisi. Si scusi, e basta. Perchè se andiamo alla busca di ladroni, c'è il rischio che ne trovino di più i lavoratori fra gli associati a Condindustria, e fra i re del tondino di ferro, che non viceversa. E per dimostrarle che pensiamo prima di parlare, le forniremo una non piccola documentazione. Scusandoci se ci capiterà anche di doverci citare. Siamo sicuri che una persona onesta come lei capirà le nostre buone intenzioni.
E iniziamo da alcuni passaggi di un un nostro vecchio post che riguarda una signora dal nome simile al suo, con molti affari - diciamo così - facilitati da rapporti politici privilegiati. Riportiamo solo alcuni passaggi, ma nulla le vieta di leggere tutto il post...:
[...] Chi controlla l'Arsenale dell'isola della Maddalena? Chi ha messo le mani sulla vecchia struttura militare rinnovata a spese dello Stato, e a cura della Protezione civile di Guido Bertolaso, per farne un polo turistico con albergo, ristoranti, sala conferenze e centinaia di posti barca? Chi ha vinto davvero questo bingo multimilionario al centro nei mesi scorsi delle inchieste giudiziarie sulla cosiddetta cricca degli appalti, ovvero la premiata ditta Angelo Balducci & C? Tutto fa capo a Mita Resort, una società guidata e controllata dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Questo almeno è quanto raccontano decine di comunicati ufficiali. Che, però, illuminano solo una parte della realtà. Restano nell'ombra scambi azionari, intrecci di quote societarie, ricchi compensi e incarichi professionali.
È una storia ancora tutta da raccontare. Una storia importante. Se non altro perché Mita Resort è stata protagonista di un'operazione a dir poco fortunata. Come noto, infatti, la società guidata dalla numero uno di Confindustria si è aggiudicata la gestione dell'Arsenale a prezzi di saldo: 31 milioni una tantum alla Protezione Civile, per una concessione di 40 anni. E appena 60 mila euro all'anno di canone alla Regione Sardegna, che dovrà accollarsi anche 400 mila euro annui di Ici sulla struttura (...non c'è che dire... per essere Cappellacci - governatore della Regione Sardegna - il figlio del commercialista sardo di papi, i conti non li ha fatti molto bene. O forse si... NdR)
Marcegaglia brinda a champagne, ma non è l'unica. Al suo fianco, con una quota vicina al 10 per cento della Mita Resort, spunta un socio che ha scelto di restare nell'ombra. Le sue azioni risultano intestate alla Aletti Fiduciaria. Insomma: uno schermo, una copertura. (...non vorrei sbagliare, ma Aletti mi ricorda il cognome di Urbano Aletti, pregiata ditta di agenti di borsa (Urbano Aletti era il Presidente dell'associazione degli Agenti di Borsa di Milano durante gli anni della Milano da bere. NdR)
Una soluzione poco trasparente per una società come la Mita Resort che ha partecipato a una gara pubblica, quella per la gestione del Nuovo Arsenale, e ha di fatto beneficiato di fondi dello Stato per decine di milioni. D'altra parte l'assetto proprietario della società guidata dalla presidente di Confindustria appare già di per sé piuttosto complicato. Vediamo. La Gaia Turismo, una holding controllata dalla famiglia Marcegaglia, possiede una quota del 50 per cento di Mita Resort. Il resto del capitale è intestato alla Olli Resorts che ha come socio principale Massimo Caputi, un uomo d'affari dal lungo curriculum e dalle mille relazioni nel mondo della finanza, scivolato di recente su un paio di bucce di banana. Da oltre un anno si trova al centro di un'inchiesta della Procura di Milano con varie ipotesi di reato, tra cui riciclaggio, e nel frattempo lo marca stretto anche la vigilanza di Banca d'Italia per qualche (presunta) acrobazia di troppo nella gestione di alcuni fondi immobiliari.
Caputi possiede il 72,8 per cento di Olli Resort ed è affiancato, con una quota del 17,2 per cento, da Andrea Donà delle Rose, un manager-investitore che qualche tempo fa ha dato la scalata alla Marzotto. E il misterioso azionista rappresentato dalla Aletti fiduciaria? Per lui hanno aggiunto un posto a tavola sia Marcegaglia sia Caputi. Infatti, il socio senza volto possiede il 9 per cento di Gaia e una quota analoga di Olli Resorts.
La cordata di investitori ha preso una rincorsa lunga. Prima di approdare a La Maddalena ha fatto tappa nel 2007 sulla costa meridionale della Sardegna. Con un'operazione da svariate decine di milioni di euro è così finita sotto le insegne di Mita la gestione del Forte Village di Pula. E cioè otto alberghi, una ventina di ristoranti, un centro commerciale da 20 negozi in quello che viene considerato uno dei resort turistici più lussuosi del Mediterraneo, meta agostana di ricconi d'ogni sorta, dai nababbi russi ai calciatori in trasferta dalla Costa Smeralda. Un bel colpo per Marcegaglia e soci che hanno conquistato un business da oltre 70 milioni di giro d'affari all'anno. Ci sono riusciti grazie ai prestiti per 70 milioni di euro di due banche di prima grandezza come Banca Intesa e Monte dei Paschi (insomma, di loro non hanno tirato fuori un euro... e nel frattempo, chi si rivede... la Banca Intesa di Passera & Fornero... NdR).
A ben guardare, però, tutto l'affare ruota attorno a Caputi, che finisce per recitare più ruoli in commedia. Una corsa a perdifiato sul filo del conflitto d'interessi tra fondi d'investimento, istituti di credito, società personali. Si comincia nella tarda primavera del 2007. A quell'epoca il Forte Village è proprietà della Lehman Brothers, la grande banca d'affari americana che di lì a un anno finirà per essere travolta dalla crisi finanziaria. Caputi conosce bene i managers italiani del gruppo statunitense. Con il loro aiuto ha già concluso alcuni affari in passato. E anche con Emma Marcegaglia i rapporti sono più che buoni. Sin da quando, un paio di anni prima, l'attivissimo manager immobiliare, all'epoca alla guida della società di stato Sviluppo Italia, aveva coinvolto la futura presidente di Confindustria in alcuni investimenti in campo turistico.
Tutto pronto allora, si parte. Lehman vende il resort di lusso e anche la società che lo gestisce, cioè Mita Resort. Chi compra? Il primo finisce per 210 milioni di euro a tre fondi immobiliari amministrati da Caputi tramite la Fimit. Come dire che i soldi ce li mettono in parte (40 per cento) migliaia di investitori e il resto le banche. Mita Resort invece passa alla cordata della Marcegaglia. Anche qui è decisivo il ruolo degli istituti di credito, in testa il Monte dei Paschi di Siena, che finanziano l'operazione con 72 milioni di euro e a garanzia dei loro crediti ricevono in pegno l'intero capitale della società. Il crocevia di tutto, il vero garante dell'operazione è però Caputi. È lui che manovra i fondi immobiliari che possiedono il Forte Village e allo stesso tempo è azionista importante della società che lo gestisce.
In altre parole la medesima persona, cioè Caputi, sarebbe chiamata a fare gli interessi degli investitori, chiedendo il canone più alto possibile, e allo stesso tempo, come azionista in proprio della società locataria, dovrebbe puntare al ribasso dell'affitto. C'è di più. Caputi, ancora lui, è legato a doppio filo al Monte dei Paschi, la principale banca finanziatrice dell'operazione, di cui è stato per anni consigliere d'amministrazione e poi gestore di alcune controllate. Insomma, un groviglio di interessi in conflitto tra loro che finisce per rendere ben poco trasparente tutta l'operazione. A maggior ragione se si considera che la Fimit, la società di gestione dei fondi immobiliari, paga ogni anno commissioni milionarie a una società personale di Caputi.
Niente paura: arriva comunque il lieto fine. Nell'estate 2007 Mita Resort sbarca al Forte village inaugurando la campagna acquisti che l'avrebbe portata fino a La Maddalena. E allora sarà anche per tanto impegno personale che alla fine del 2008 gli amministratori della società turistica, Marcegaglia in testa, hanno deciso di staccare un assegno da 500 mila euro a favore del vicepresidente Caputi. Mica male. Soprattutto se si considera che il resto del consiglio di amministrazione ha incassato compensi poco più che simbolici.
Tutti felici e contenti? Non proprio, perché Caputi finisce nel tunnel delle indagini di magistratura e Banca d'Italia. Sarà forse anche per questo che ai primi di febbraio il manager ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente di Mita Resort. Ancora pochi giorni e l'Arsenale della Maddalena, con i suoi costosissimi lavori di ristrutturazione, finisce al centro dell'indagine su Bertolaso e i suoi amici.
(dI Vittorio Malagutti - l'Espresso)
Finiti qui, gli strani colpi di fortuna della Signora Confindustria? Macchè... La rete ha la memoria lunga... la Signora ci consentirà di attingere, ancora una volta, ad un nostro posto del Gennaio 2010...
...non è strano? una presenzialista inossidabile, una che non si perdeva una comparsata in TV neanche sotto tortura, prima giovane e poi attempata industrialessa per meriti ereditari, faccia da boscaiolo e mini-minigonne da viados, sembra da mesi essersi liquefatta. Ora ci pensa "Il Fatto" a tranquillizzarci. Emma esiste. Non è caduta distrattamente distrattamente in un altoforno; non è sparita cadendo in una buca del campo da golf di Albarella, "L'Isola dei Managers"; non sta partecipando in incognito all'Isola dei Fumosi. No, poverina... ha solo qualche pensiero di troppo... o forse si è sfracellata contro dei guard-rails? Tafanus
Dietro il lungo silenzio forse ci sono i problemi giudiziari della famiglia
“Lo scudo fiscale è un male necessario”, aveva dichiarato Emma Marcegaglia il 17 dicembre scorso, a margine di un incontro organizzato dal Centro Studi di Confindustria. Il giorno prima era intervenuta alla presentazione del Fondo per le piccole e medie imprese, invitata dal ministero dell’Economia. Poi un lungo silenzio interrotto solo da un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera alla vigilia di Natale: “L’Italia ha bisogno di riforme politiche, ma soprattutto economiche che possano realizzare un progetto-paese di medio termine”, aveva spiegato la presidente di Confindustria alla giornalista Raffaella Polato (...caspita, che profondità... NdR).
Da allora nessuna dichiarazione, nessun intervento pubblico, almeno fino a ieri, quando la Marcegaglia ha detto che Confindustra “sta ragionando” sulla riforma del fisco. La donna che il Sole 24 Ore ha messo al terzo posto nella classifica dei “personaggi del 2009” (dopo il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne) si avvia alla conclusione di un mese anomalo, lontano dalle scene. Starà forse dedicando più tempo agli affari di famiglia? Gli eventi degli ultimi mesi suggeriscono che questa ipotesi potrebbe essere la più plausibile.
GUARD RAIL - Basta tornare indietro di qualche mese per capire quali possono essere le priorità di Emma Marcegaglia in questo periodo. Leggendo gli atti della Procura di Trento, citati dal Corriere del Veneto e dal quotidiano l’Adige lo scorso agosto, si viene a sapere che Antonio, fratello di Emma, è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Come amministratore delegato della Marcegaglia Building Spa, Antonio Marcegaglia compare in una lista di imprenditori e società che “si suddividevano il mercato nazionale della vendita delle barriere stradali ad altre imprese o enti pubblici, mediante la ripartizione in quote predeterminate” e si “accordavano su quale delle aziende consorziate avrebbe dovuto approvvigionare il compartimento Anas (azienda nazionale autonoma delle strade)”.
Un vero e proprio cartello del guard rail, riunito nel consorzio Comast, che avrebbe pilotato gli appalti per le barriere stradali delle autostrade italiane fino al maggio del 2007, data di scioglimento del consorzio. E’ questa l’ipotesi del pubblico ministero di Trento Giuseppe De Benedetto che ha avviato le indagini già nel 2007, in seguito alla scoperta di irregolarità in un appalto per l’Autobrennero. Tra il 2003 e il 2007 le “sorelle del guard rail” si sarebbero aggiudicate in modo fraudolento almeno 16 gare d’appalto per circa 180 milioni di euro, con un profitto illecito di 8 milioni e mezzo di euro. Cifra per la quale il giudice per le indagini preliminari Giulio Adilardi ha concesso in agosto il sequestro preventivo. Sui conti correnti di Marcegaglia sono stati congelati 2,1 milioni di euro, in attesa di dipanare la matassa delle barriere stradali.
Emma la Tosta
CONTI SVIZZERI - Di altri diciassette conti dei Marcegaglia, domiciliati in Svizzera presso la banca Ubs, si sta invece occupando il pm di Mantova Antonino Condorelli. L’ipotesi questa volta è di falso in bilancio. I conti, secondo quanto riportato in luglio da Repubblica, sarebbero stati utilizzati per depositare milioni di euro in fondi neri dal 1994 al 2004. Per dieci anni la Marcegaglia Spa, specializzata nella trasformazione dell’acciaio, non avrebbe comprato la materia prima direttamente dai venditori, ma da una serie di società di trading che gonfiavano le fatture per permettere alla famiglia di far uscire dall’Italia fondi neri. Un vecchio trucco, utilizzato da molte imprese italiane, per portare comodamente oltre confine milioni di euro. In tutto il saldo dei fondi neri avrebbe toccato nel 2004 i 22 milioni di euro anche se fonti svizzere, citate da Repubblica, parlano di un tesoretto da 400 milioni.
LA TANGENTE ENIPOWER - I conti svizzeri dei Marcegaglia li aveva scoperti già nel 2004 la Procura di Milano, indagando sulle tangenti Enipower. Uno scandalo, quello delle centrali Enipower, che ha coinvolto la Marcegaglia Spa e una serie di altre società (come la multinazionale francese Alstom) che avrebbero pagato tangenti da milioni di euro a manager di Enipower in cambio di appalti per la fornitura di servizi di manutenzione, caldaie, valvole, torri di raffreddamento nelle centrali termoelettriche di Mantova, Brindisi, Ferrera Erbognone (Pv) e Ravenna.
A Milano il caso si è chiuso nel marzo del 2008 con il patteggiamento di Antonio Marcegaglia. Il fratello della presidente di Confindustria ha ammesso di aver versato, nel dicembre del 2003, una tangente da 1 milione 158 mila euro al manager di Enipower Lorenzo Marzocchi per assicurarsi una fornitura di caldaie da 127 milioni di euro. Come si legge nella sentenza depositata il 28 marzo del 2008 al Tribunale di Milano, la tangente è stata pagata “ad aggiudicazione avvenuta” mediante la “copertura formale di fittizi contratti di consulenza” stipulati con società off-shore come la Potz Sa di Lugano e la Daggie Engineering Ltd, registrata nell’Isola di Man. La corruzione dei manager Enipower è costata alla Marcegaglia Spa la confisca di 250 mila euro oltre a 500 mila euro di pena pecuniaria, mentre la Ne Cct Spa (controllata da Marcegaglia al 70 per cento) ha dovuto versare a Eni ed Enipower 4 milioni di euro come risarcimento danni. La condanna a 11 mesi per corruzione comminata ad Antonio Marcegaglia è stata di conseguenza sospesa.
GRUPPO VACANZE. Un altro grattacapo per Emma potrebbe arrivare dalle indagini su Massimo Caputi, ex numero uno di Sviluppo Italia (oggi Invitalia), la società per azioni del ministero dell’Economia creata nel 1999 “per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, in particolare nel Mezzogiorno”. Alla fine di luglio Caputi si è dimenticato una busta con 45 mila euro in contanti in un hotel di Milano ed è finito sotto inchiesta per riciclaggio.
Se è ancora presto per dire dove potrebbero portare le indagini, un fatto è chiaro: Caputi, fin dal 2005 – quando guidava ancora Sviluppo Italia – è in stretti rapporti con la famiglia Marcegaglia, a cui ha venduto alcune perle del turismo italiano, un tempo in mano allo Stato. Dal 2008 è anche entrato direttamente in affari con la presidente di Confindustria, diventando socio e vicepresidente di Mita Resort Srl (di cui Emma è presidente). Una società che i Marcegaglia controllano al 50 per cento tramite Gaia Turismo Srl. Mita Resort gestisce oggi il lussuoso resort di Castel Monastero, sulle colline senesi, e il Porto Arsenale la Maddalena. Un complesso da 109 camere e 600 posti barca che si è visto soffiare sotto il naso gli ospiti del G8, ma potrà presto ospitare quelli della Louis Vuitton Cup. Come ha annunciato a novembre Guido Bertolaso.
Vede, signoramia, com'è facile essere sospettati? basta un patteggiamento, o la locazione di un polo turistico alla Maddalena a prezzi da pura vincita al lotto, o certe fortunate vincite di appalti, e subito le malelingue si mettono in moto... il mondo è pieno di malpensanti, signoramia, e di gente che divide 400 milioni di euro per 1000 euro mesili per capire a quanti salari mensili di operai-fannulloni corrispondano 400 milioni... Dunque, ad occhio, 400 milioni sono 400.000 volte il salario di un fannllone, pari a 33.333 mesi di salario, pari a 2.778 anni di salario, pari a... Vada avanti lei, signoramia, che a me scappa da ridere... Tafanus
Scritto il 23 febbraio 2012 alle 11:00 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 23 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (13)
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Scritto il 23 febbraio 2012 alle 07:00 | Permalink | Commenti (0)
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Una teoria rivoluzionaria? Non troppo. Piuttosto qualcosa di già sperimentato per uscire dai lunghi periodi di recessione. Vogliamo parlarne? (da uno scritto di Federico Rampini)
Le grandi crisi partoriscono grandi idee. Così fu dopo il crac del 1929 e la Depressione. Per uscirne, l'Occidente usò il pensiero di John Maynard Keynes, scoprì un ruolo nuovo per lo Stato nell'economia, inventò le politiche sociali del New Deal e la costruzione del moderno Welfare State. Oggi siamo daccapo. L'eurozona sprofonda nella sua seconda recessione in tre anni. Gli Stati Uniti malgrado la ripresa in atto pagano ancora i prezzi sociali elevatissimi della Grande Contrazione iniziata nel 2008 (almeno 15 milioni di disoccupati). Ma dall'America una nuova teoria s'impone all'attenzione. Si chiama Modern Monetary Theory, ha l'ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle sfide del XXI secolo.
Ha la certezza di poter trainare l'Occidente fuori da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta un cognome celebre: James K.Galbraith, docente di Public Policy all'università del Texas e consigliere "eretico" di Barack Obama. James K. Galbraith è figlio di uno dei più celebri economisti americani, quel John Kenneth Galbraith che fu grande studioso della Depressione e consulente di John Kennedy.
Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all'ortodossia vigente. Sfida l'ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l'austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica: perché taglia potere d'acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda.
Un semplice esercizio mette a nudo quanto ci sia di "religioso" nella cosiddetta saggezza convenzionale degli economisti. Qualcuno ha provato a interrogare i tecnocrati del Fmi, della Commissione Ue e della Banca centrale europea, per capire da quali Tavole della Legge abbiano tratto alcuni numeri "magici". Perché il deficit pubblico nel Trattato di Maastricht non doveva superare il 3% del Pil? Perché nel nuovo patto fiscale dell'eurozona lo stesso limite è stato ridotto a 0,5% del Pil? Chi ha stabilito che il debito pubblico totale diventa insostenibile sopra una soglia del 60% oppure (a seconda delle fonti) del 120% del Pil? Quali prove empiriche stanno dietro l'imposizione di questa cabala di cifre? Le risposte dei tecnocrati sono evasive, o confuse.
La Teoria Monetaria Moderna fa a pezzi questa bardatura di vincoli calati dall'alto, la considera ciarpame ideologico. La sua affermazione più sconvolgente, ai fini pratici, è questa: non ci sono tetti razionali al deficit e al debito sostenibile da parte di uno Stato, perché le banche centrali hanno un potere illimitato di finanziare questi disavanzi stampando moneta. E non solo questo è possibile, ma soprattutto è necessario. La via della crescita, passa attraverso un rilancio di spese pubbliche in deficit, da finanziare usando la liquidità della banca centrale. Non certo alzando le tasse: non ora.
Se è così, stiamo sbagliando tutto. Proprio come il presidente americano Herbert Hoover sbagliò drammaticamente la risposta alla Grande Depressione, quando cercò di rimettere il bilancio in pareggio a colpi di tagli (stesso errore che fece Franklin Roosevelt nel 1937 con esiti nefasti). Il "nuovo Keynes" oggi non è un profeta isolato. Galbraith Jr. è solo il più celebre dei cognomi, ma la Mmt è una vera scuola di pensiero, ricca di cervelli e di think tank. Così come la destra reaganiana ebbe il suo pensatoio nell'Università di Chicago (dove regnava negli anni Settanta il Nobel dell'economia Milton Friedman), oggi l'equivalente "a sinistra" sono la University of Missouri a Kansas City, il Bard College nello Stato di New York, il Roosevelt Institute di Washington. Oltre a Galbraith Jr., tra gli esponenti più autorevoli di questa dottrina figura il "depositario" storico dell'eredità keynesiana, Lord Robert Skidelsky, grande economista inglese di origine russa nonché biografo di Keynes [...].
La Teoria Monetaria Moderna è ben più radicale del pensiero "keynesiano di sinistra" al quale siamo abituati. Perfino due economisti noti nel mondo intero come l'ala radicale che critica Obama da sinistra, cioè i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, vengono scavalcati dalla Mmt. Stephanie Kelton, la più giovane nella squadra, ha battezzato una nuova metafora… ornitologica. Da una parte ci sono i "falchi" del deficit: come Angela Merkel, le tecnocrazie (Fmi, Ue), e tutti quegli economisti schierati a destra con il partito repubblicano negli Stati Uniti, decisi a ridurre ferocemente le spese. Per loro vale la falsa equivalenza tra il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia, che non deve vivere al di sopra dei propri mezzi: un paragone che non regge, una vera assurdità dalle conseguenze tragiche secondo la Mmt.
Poi ci sono le "colombe" del deficit, i keynesiani come Krugman e Stiglitz. Questi ultimi contestano l'austerity perché la giudicano intempestiva (i tagli provocano recessione, la recessione peggiora i debiti), però hanno un punto in comune con i "falchi": anche loro pensano che a lungo andare il debito crea inflazione, soprattutto se finanziato stampando moneta, e quindi andrà ridotto appena possibile. Il terzo protagonista sono i "gufi" del deficit. Negli Stati Uniti come nell'antica Grecia il gufo è sinonimo di saggezza. I "gufi", la nuova scuola della Mmt, ritengono che il pericolo dell'inflazione sia inesistente. Secondo Galbraith Jr. «l'inflazione è un pericolo vero solo quando ci si avvicina al pieno impiego [...]
Il deficit pubblico nello scenario odierno è soltanto benefico, a condizione che venga finanziato dalle banche centrali: comprando senza limiti i titoli di Stato emessi dai rispettivi governi. Ben più di quanto hanno iniziato a fare Ben Bernanke (Fed) e Mario Draghi (Bce), questa leva monetaria va usata in modo innovativo, spregiudicato: l'esatto contrario di quanto sta avvenendo in Europa.
Federico Rampini - 21 Febbraio 2012
Concordo solo su una parte di questa teoria: i parametri di Maastricht sembrano creati apposta per accentuare nel bene e nel male i cicli economici. Aiutano a surriscaldare economie in espansione, accentuano il trend negativo di economie in crisi. Fine della condivisione del pensiero.
E' chiaro che l'immissione di liquidità tende a favorire la nascita o l'accellerazione della crescita, ma è altrettanto chiaro che una crescita drogata genera inflazione, e l'inflazione è pagata, SEMPRE, dai ceti più bassi. Siamo tutti d'accordo che l'inflazione sia la più iniqua delle tasse, a progressività invertita.
Non è neanche vero che la crescita inizi a generare inflazione solo in prossimità del raggiungimento della piena occupazione. Questo pensiero è un retaggio dell'era della prima industrializzazione, quando il collo di bottiglia dell'economia era la capacità produttiva. Nell'epoca delle produzioni altamente automatizzate e della robotica, questo è sempre meno vero. Si stima che fino ad un tasso di crescita dell'economia del 3%, la domanda sia soddisfatta dall'incremento di produttività, senza durature incidenze sul livello di lavoro necessario. Dopo, e FORSE, si creano strutturalmente dei nuovi posti di lavoro.
Ma, assumendo per comodità, nell'Europa d'oggi, un tasso di disoccupazione del 10%, a bocce ferme servirebbero dieci anni consecutivi di crescita del PIL del 4% per arrivare alla piena occupazione. In Europa un ciclo così lungo, a tassi così alti, non lo abbiamo MAI conosciuto. Dunque? Nell'Europa allegra delle barche che andavano e del deficit spending, non avremmo mai dovuto conoscere tassi d'inflazione preoccupanti.
Eppure dal 1973 al 1984 inclusi (quindi per ben 12 anni) l'Italia ha conosciuto tassi d'inflazione a due cifre. Secondo la Modern Monetary Theory questo non è stato possibile, visto che in questo periodo siamo stati SEMPRE ben lontani dalla piena occupazione. Anzi, per dirla tutta, abbiamo perennemente avuto tassi di disoccupazione, in Italia, inferiori solo a quelli di Grecia, Portogallo, e talvolta Spagna.
Sarebbe buona norma, sempre, passare le teorie al vaglio degli insegnamenti del passato. Se i vincoli pro-ciclici dettati da Maastricht sono idioti, non è detto che le teorie dei novelli apostoli della spesa senza limiti e senza problemi siano intelligenti. La storia degli ultimi 50 anni direbbe il contrario.
Dunque, propendo per l'adozione di politiche anticicliche, tenute in equilibrio finanziario in un periodo medio di 5/10 anni. Si frenano economie surriscaldate drenando ed accantonando risorse, si spendono queste risorse nei periodi di recessione, per elevare il livello di investimenti pubblici e di incentivi allo sviluppo delle aziende private. Ogni altra politica (sia essa quella dell'Europa che vorrebbe la Merkel, sia essa quella attuata dal reaganismo, e sognata dal berlusconismo), le trovo demenziali. Tafanus
Scritto il 22 febbraio 2012 alle 19:00 | Permalink | Commenti (7)
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Non siamo così tronfi da pensare che il nostro apporto sia stato determinante, ma ci piace pensare che la rete, nel suo complesso, stia acquistando una forza crescente, grazie alla rapidità degli interventi, ed alla loro capillare diffusione. Ognuno di noi ha un valore prossimo allo zero, ma la sinergia ha una forza devastante.
Rimane il fatto che la rete (e noi siamo felici di essere stati fra i primi) ha appoggiato senza se e senza ma i precari della RAI. Solo dopo i giornali hanno afferrato l'importanza e la diffusione dello sdegno che la "clausola maternità" aveva generato). Sta di fatto che ad appena 24 ore dall'inizio della battaglia contro questa norma da pulizia etnica di Lorenza Lei, arriva la retromarcia. Fine (per ora) di una storia vergognosa.
Ma non cantiamo vittoria e non abbassiamo la guardia, perchè le parole della Lei, guardate in controluce, sono truffaldine, e presuppongono il progetto idiota di cambiare la formulazione della norma da pulizia etnica, senza toccarne la sostanza. Quindi i precaRai rimangano sul piede di guerra. La rete li appoggerà.
Noi riteniamo che comunque la Lei debba spiegare, e che anche i consiglieri RAI di centro-sinistra ci debbano delle spiegazioni. Come si fa a scegliere una così come DG della maggiore impresa culturale del paese??? Per ora prendiamo atto, attraverso questo articolo di Replubblica, che la battaglia per ora sembra vinta. Sembra. Ora dobbiamo vincere la guerra. Tafanus
Clausola gravidanza, la Rai interviene: "Troveremo un'altra formulazione" - Il dg: nessuna difficoltà a cambiare per non urtare la suscettibilità. Poi però torna a dire: sono norme che non abbiamo inventato noi. Il blog dei precari festeggia. La Fornero: "Inconterò la Lei"
Lorenza Lei, cristiana devota
"La Rai - si legge in un comunicato di Viale Mazzini - si vede costretta a tornare sulla vicenda relativa alla tutela (???) della maternità, intorno alla quale, nonostante i chiarimenti già forniti nella giornata di ieri, la confusione regna sovrana, al punto da far dubitare che tutti coloro che ne parlano o ne scrivono siano animati da assoluta buona fede" (...buono a sapersi... per la cattolica Lei la "tutela" della maternità consiste nel cacciare le precarie incointe. NdR)
"I cosiddetti precari - precisa l'azienda- della Rai sono i collaboratori legati all'Azienda da contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e godono, tutti, delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, quelle riferite alla maternità incluse. Al riguardo, giusto per evidenziare l'atteggiamento della Rai nei confronti del precariato, val la pena di aggiungere che la Rai è stata se non la prima, tra le prime aziende ad assicurare stabilità ai precari, garantendo loro un numero di mesi minimo di lavoro all'anno, nonchè l'assunzione a tempo indeterminato al maturare di determinati requisiti temporali. Questo ben da prima che intervenisse una legge dello Stato a regolare la materia, e, inoltre, addirittura riconoscendo i periodi di assenza per maternità come periodi lavorati validi ai fini della maturazione dei requisiti per il diritto alla garanzia di impegno". (...siamo felici...evidentemente il contratto prodotto dai precari col famigerato Art. 10 che "favorisce la maternità"è un'invenzione dei blogger comunisti. NdR)
"Vi sono, poi, i lavoratori autonomi - prosegue la Rai - che, invece, non godono delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, evidentemente per la scelta del legislatore - e non certo della Rai - di regolare in modo diverso le due tipologie contrattuali. E i contratti di lavoro autonomo hanno da sempre previsto clausole che regolano la impossibilità di proseguire il rapporto, sia per causa del lavoratore che per causa dell'Azienda, con previsione, solo per quest'ultima, di una somma risarcitoria da versare al collaboratore in caso di recesso anticipato" (...finalmente ci avviciniamo al punto... NdR)
"In ogni caso, conclude la nota dell'azienda -, onde evitare inutili strumentalizzazioni ad ulteriore testimonianza che la clausola in contestazione non ha il rilievo che le viene attribuito, la Direzione Generale non ha alcuna difficoltà a toglierla dai contratti per una diversa formulazione che non urti suscettibilità, fatta salva la normativa vigente che non è nella disponibilità della Rai poter cambiare"
(...cara Lei, col dovuto rispetto, e col nostro miglior linguaggio oxfordiano: a noi dei "cambiamenti di forma non fotte un cazzo. A noi interessa che venga cambiata la sostanza di questa norma nazifascista. E se non può cambiarla con le finte "consulenze" con partita IVA, adotti un'altro delle 46 forme di precariato disponibili, in luogo dell'attuale norma "anti-concezionale". NdR)
Ieri era scoppiata la polemica dopo una lettera aperta al dg di Viale Mazzini. La "clausola" si trova in una voce contenuta al punto 10 del contratto di consulenza che la Rai offre ai collaboratori esterni a partita Iva con cui l'azienda si riserva di terminare il contratto se una lavoratrice dovesse rimanere incinta e la sua condizione, assimilata a "malattia, infortunio, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento", dovesse incidere, compromettendola, sulla sua produttività.
AUDIO Io, 12 anni precaria, via dopo una figlia 2
La stessa Lei, a caldo, aveva affermato che in Rai non c'è mai stata alcuna discriminazione o rivendicazione in merito, nè certamente sono mai emersi, fin qui, dubbi di legittimità".
Fornero: "Inconterò la Lei". E' previsto un incontro nei prossimi giorni tra il ministro del Lavoro, Elsa Fornero e il dg della Rai, Lorenza Lei sul caso della cosiddetta clausola 'anti-gravidanza' nei contratti dell'azienda di viale Mazzini. Lo ha confermato lo stesso ministro a nargine di un'audizione in Commissione a Montecitorio.
"Vedrò la Lei nei prossimi giorni", ha detto Fornero rispondendo alle domande dei giornalisti.
I precari esultano. "Siamo emozionati, ci speravamo ed è una prima piccola vittoria". Questo il commento a caldo di Paola Natalicchio, portavoce di Erroridistampa, il blog dei giornalisti precari romani che ha portato alla luce lo scandalo della clausola gravidanza nei contratti della Rai.
"Prendiamo atto con soddisfazione dell'interessamento del dg Lorenza Lei di rivedere quel punto 10, che per noi significa eliminarlo", dice la Natalicchio annunciando l'avvio di una raccolta sul blog di testimonianze per un dossier da inviare alla Lei.
WARNING: i precari aspettino ad esultare, perchè la lettura della seconda parte del comunicato della sciuretta Lei mi induce a pensare che pensi di cavarsela riscrivendo la norma anti-maternità salvandone la sostanza, e cambiando solo il rimmel e il fondotinta. Tafanus
Scritto il 22 febbraio 2012 alle 15:00 | Permalink | Commenti (2)
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...cresci, giovane Camila, cresci...
Qualcuno forse se ne ricorderà... in un articolo sul futuro del tennis femminile italiano - quando terminerà l'epoca delle magnifiche "sorelle d'Italia" attuali, avevo scritto che all'orizzonte vedevo due soli nomi: Camila Giorgi, e Nastassya Burnett (italianissima).
Stamattina, facendo la mia visitina quotidiana al sito della WTA (Women Tennis Association), trovo questa fantastica notizia:
MEMPHIS - Nadia Petrova, testa di serie n° uno, è stata "tramortita" (stunned nel testo inglese) dalla qualificata Camila Giorgi, al primo turno.
Questa era la seconda apparizione in assoluto di Camila nel tabellone principale di un torneo WTA, dopo che l'anno scorso si era qualificata per il tabellone principale di Wimbledon, perdendo però al primo turno. Ma contro la russa Camila ha mostrato ben pochi segni di nervosismo, issandosi a 5-1 nel primo set, e a 4-0 nel secondo, prima di concludere il match con un trionfale finale di 6/4 6/2.
"Tutto ha funzionato bene, stasera", ha detto la Giorgi. "Il servizio è stato solido, e sentivo di essere in giornata positiva. Sono rimasta concentrata sul match. Spero di andare avanti così".
Nadia Petrova ha dichiarato: "Camila non mi ha dato ritmo. Ha giocato in modo molto aggressivo. Chiaramente la sua strategia è stata quella di chiudere gli scambi in due-tre colpi. E' stato davvero difficile per me entrare in partita. Camila ha prodotto un grande tennis, e io ho sperato che ad un certo punto avrebbe accusato qualche flessione, qualche difficoltà nel chiudere la partita. Ma Camila è rimasta solida per tutta la partita".
Per i non addetti ai lavori: Nadia Petrova non è una qualsiasi: è stata n° 6 della classifica mondiale nel 2006, e da dodici anni è sempre stata fra le prime venti giocatrici al mondo. L'anno scorso si è qualificata per la prima volta per il tabellone principale di Wimbledon (vedi foto), dove ha perso al primo turno contro la Pironkova, semifinalista dell'anno precedente.
Camila ha vent'anni, e l'anno scorso è entrata per la prima volta fra le prime 150 giocatrici al mondo. Ora potrebbe fare un nuovo balzo in avanti, verso il suo best ranking. Per saperne di più, leggere questo interessante articolo interessante articolo (Camila Giorgi e la mafia del tennis), sul blog dell'amico Ubaldo Scanagatta.
Chi invece volesse restare fedele al Tafanus, può leggere il nostro post del 16 giugno 2011, quando a parlare di Camila Giorgi eravamo in due gatti...Tafanus
Scritto il 22 febbraio 2012 alle 11:00 nella Sport, Tennis | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 22 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 22 febbraio 2012 alle 07:00 | Permalink | Commenti (0)
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Ieri ho ricevuto questa lettera da un giovane laureando, Andrea Gauderzo. La riporto senza modifiche, e senza tagli
Gentile sig. Tafanus, mi chiamo Andrea, sono uno studente di economia.
In questi mesi di turbolenza economica e politica ne vengono fuori, in internet e sui giornali, di tutti i colori. Non sono il tipo di persona che si forma delle opinioni basandole su un singolo articolo di giornale o sull'opinione di un singolo personaggio che ritengo più o meno autorevole. Mi piace ascoltare l'opinione di tutti, ragionare e su quella cercare di formare un pensiero.
Il motivo per cui scrivo a Lei è perché, per la prima volta, mi imbatto in una persona che non da minimamente credito alle teorie di complotto che, da quando è salito il nuovo premier, inondano la rete.
Ammetto di avere un'informazione discontinua poiché, in quando laureando, sono abbastanza impegnato a cercare di gettare le basi per il mio ingresso nel mondo del lavoro. Di conseguenza leggo ogni tanto i giornali ufficiali e quelli non ufficiali (in internet) e l'opinione che mi posso formare su certi argomenti è abbastanza lacunosa.
Come Le ho già detto, Lei è tra i primi che sento che abbiano una posizione decisamente contraria alle teorie del complotto. Anche io sono sempre stato lontano da queste teorie, definendolo per lo più fantascientifiche. Ovvio che non sono convinto che il complotto non esista "a priori", ma credo sia difficile, come si legge ultimamente, che gruppi di persone siano tutte unite e d'accordo nel perseguire un fine comune che è quello del c.d. "nuovo ordine mondiale", che mira fondamentalmente a creare tre grandi blocchi - americano, europeo e asiatico - per meglio controllare e gestire gli affari internazionali delle grandi multinazionali. Insomma, già una normale famiglia di 4-5 componenti fatica ad essere d'accordo su argomenti banali come "a chi tocca fare cosa", ecc ecc… non vedo come gruppi di persone di diverse etnie, con diverse culture, con diversi interessi economici, possano essere tutti d'accordo su un unico piano. (scusi l'esempio banale, ma è per rafforzare l'idea che credo sia impossibile che TUTTI i potenti tramino contro di noi).
Passo ora alle mia perplessità a riguardo.
Siccome nel web dilagano queste notizie e sempre più persone ne sono convinte, ho iniziato ad informarmi. Premetto che le idiozie del tipo "le iniziali del premier sono MM che corrispondono ad 1111 che moltiplicate per una altro numero corrispondono ad un altro numero che equivale al grado più alto della massoneria, ecc ecc…" non le calcolo minimamente - va bene interessarsi, ma non così stupidamente.
Però ho iniziato a leggere articoli come quello di Borghezio che ha provato ad introdursi alla riunione del Bilderberg dello scorso anno, con esito interessante quale naso rotto e messa in stato di fermo da parte della polizia elvetica. Oppure ancora, l'intervento dell'eurodeputato Speroni - sempre di Lega- al quale è stato spento il microfono mentre interloquiva con Monti (che si dice abbia superato il minuto e mezzo concesso, ma mi domando lecitamente perché in altri interventi, come i lunghi monologhi di Neil Farange, nonostante siano anti europei ma non trattano argomenti quali Bilderberg ecc, duranto anche 5-6 minuti).
Successivamente ho comprato il libro di Daniel Estulin "il Club Bilderberg" che racconta le sue "attività sinistre" e quelle di altri istituti come la Trilaterale e il CFR, ecc.. il quale mi ha lasciato, per il racconto di alcuni eventi, piuttosto spiazzato.
Devo essere sincero, nonostante io non abbia mai sostenuto la teoria del complotto, queste cose mi hanno messo un po' in guardia. Nonostante non creda a cosa come "nuovo ordine mondiale", credo comunque che un incontro tra l'élite mondiale in totale segretezza e sicurezza sia comunque ampiamente discutibile, sopratutto se ci partecipano anche, come nel nostro caso, membri del governo (ora c'è un grosso polverone per Monti, ma in passato erano invitati spesso anche Padoa Schioppa, Bonino, Tremonti, Letta, ecc..).
Detto questo, la domanda che volevo porLe è: che cosa ne pensa Lei? Visto che sembra anche molto informato sui fatti, quale posizione prende su questi argomenti, visto e considerato che comunque questi incontri avvengono realmente e sono segreti? Tra l'altro leggo anche di Josef Ackermann - ex CEO del Deutsche Bank se non erro - che ammette che "quella gente" trama cose vergognose o che JFK già in passato ci mise in guardia da queste società segrete? Insomma, secondo Lei quanto vanno prese in considerazione queste cose?
In buona sostanza Le pongo queste domande perché io, da giovane inesperto, vorrei poter sapere da chi ne sa più di me, cosa ne pensa. E visto che non amo fare il classico italiano che parla a vanvera per sentito dire, preferisco formare il mio pensiero contattando persone che sembrano saperla lunga su certi argomenti.Spero Lei voglia contribuire a saziare la mia curiosità!
La ringrazio in anticipo per La sua attenzione e spero di non averLa disturbata.
Cordiali saluti, Andrea Guderzo
Il "Bilderberg" dei compottisti
La "Rete Segreta" di cui è parte il Gruppo Bilderberg
Questa è stata la mia risposta ad Andrea:
Caro Andrea,
non mi disturba affatto. Tutt'altro. Quando sento un giovane farsi delle domande, e non lasciarsi afferrare da strade comode che non portano da nessuna parte (populismo, demagogia, complottismo) il mio cuore si apre alla speranza su futuro. Una precisazuone: le riunioni del Gruppo Bilderberg non sono segreti. Sono invece riservati gli atti delle stesse, per una ragione storica molto semplice: poichè il gruppo è costituito da personaggi quasi tutti importanti, e capaci di influenzare politica e mercati con le loro opinioni, mantengono per statuto riservati glia atti alla circolazione fra i soli membri.
Probabilmente lo ha già letto, ma tutto quello che avevo da dire sull'argomento l'ho già scritto su un post del 16 novembre scorso. Non potrei che dirle ciò che ho già scritto. Da novembre ad oggi non ho cambiato idea. Questo il link, qualora avesse voglia di leggere il post.
Credo che la sua intelligente lettera potrebbe servire da stimolo per riprendere la discussione sull'argomento.
Antonio Crea, alias "Tafanus"
Scritto il 21 febbraio 2012 alle 17:00 | Permalink | Commenti (6)
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...qualche giorno fa, sul Tafanus, si discuteva di primarie, prendendo spunto da quelle di Genova, dove il PD si faceva in quattro, finendo col perdere le primarie di coalizione contro l'unico candidato di SEL. Ora il copione, come avevo anticipato, si ripete a Palermo. E anche nella ex capitale del 61-0, dove avremmo dovuto stravincere - se solo fossimo stati capaci di stare fermi e lasciar fare al centro-destra, forse riusciremo a fare harakiri. Ricevo dal Fatto Quotidiano, e pubblico:
Dopo anni di centrodestra al governo la città è allo stremo, ma per scegliere il candidato sindaco la coalizione 'sfidante' è attraversata da lotte intestine e colpi bassi. Rita Borsellino: "Alla rissa non ci sto". Gori e Renzi sponsor del 'rottamatore' Faraone
Rita Borsellino con Luigi de Magistris e Debora Serracchiani
Per capire cosa sta succedendo sotto il Monte Pellegrino bisogna aggrapparsi disperatamente a un libro, “Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo”, si intitola. Lo ha scritto Roberto Alajmo e raccoglie decine di storie di palermitani, simpatici ma un po’ matti. Perché solo la follia può spiegare la lotta feroce che sta dilaniando Pd e centrosinistra per la scelta del candidato che dovrà tentare di strappare il Comune al centrodestra e ai comitati d’affari.
Breve riepilogo. A maggio si vota e il centrosinistra ha la possibilità di vincere. Palermo è allo stremo, indebitata fino al collo. Diego Cammarata, una volta pupillo e “pupo” di Gianfranco Micciché, ha scelto il metodo Schettino. Si è dimesso prima del tempo, prima di assistere al crollo del suo sogno. “Palermo città cool”, aveva promesso dieci anni fa.
Oggi i cumuli di “munnizza” ingrassano gabbiani e topi nei quartieri della periferia. Le aziende per la raccolta rifiuti non hanno più un cent, dopo che milioni di euro sono stati dissipati in fantasiose iniziative nell’Africa del nord accompagnate da quelli che qui chiamano “i bagordi di Dubai”. Cene da 800 euro a cranio e notti in suite da favola allo Sheraton, il pozzo senza fondo. Delle grandi opere pubbliche promesse – il passante per punta Raisi, il tram e la metropolitana leggera – neppure l’ombra. Cammarata fugge e il Pdl è alle corde, schiacciato dal Grande Sud di Gianfranco Micciché, dal Terzo Polo e dal Mpa di Raffaele Lombardo. Tanto che Angelino Alfano, ieri è volato a Palermo e ha indossato il saio del penitente. “Se Gianfranco non vuole le primarie, noi non le faremo, il nostro obiettivo è allargare l’alleanza”. Angelino sa che qui si gioca tutto, ma sa anche che i tempi d’oro del 61 a 0 sono ormai un ricordo del passato.
E il centrosinistra che fa? “Da quando qualcuno – scrive sul suo blog lo scrittore Alajmo – ha immaginato che perfino a Palermo si può vincere, si sono scatenati gli istinti peggiori”. Analisi lucidissima e drammaticamente vera. Il 4 marzo si vota per le primarie e il Pd va in mille pezzi, si frantuma Italia dei Valori. Ma il dato più drammatico è che si spacca il fronte degli uomini e delle donne che in questi anni sono stati i simboli della lotta alla mafia. Rosario Crocetta e Sonia Alfano appoggiano Fabrizio Ferrandelli, tessera Idv in tasca, insieme all’ex presidente dell’Antimafia Beppe Lumia e all’ala del Pd che sostiene il governo regionale di Raffaele Lombardo. Leoluca Orlando, invece, si batte per Rita Borsellino. La ginecologa Antonella Monastra, attivissima sul fronte sociale, corre per conto suo. Sull’altra sponda Davide Faraone, deputato regionale e “rottamattore”.
Giorgio Renzi e Matteo Gori. i cloni
Per sostenerlo ieri è sceso a Palermo Matteo Renzi. Un teatro e un palco un po’ Big-Bang e un po’ Celentano (una panchina verde, un bidone di benzina al centro e un tavolo scarno), il tutto ideato da Giorgio Gori, in città da giorni. E altre dosi di veleno portati da Firenze. Renzi gioca a Palermo la sua partita nel Pd. Per lui la Borsellino è “incoerente. Si fa bandiera della società civile ma poi ha dietro gli apparati di partito. Che tristezza!”. Faraone, 35 anni, ha parole di fuoco per il suo partito. “Sono l’unico candidato con la tessera del Pd, queste primarie sono un guerra civile, un congresso di partito camuffato. In ballo c’è l’alleanza con Lombardo. Gli altri candidati? Due pupi. Ferrandelli di Cracolici e Lumia, la Borsellino voluta da Bersani. Come finirà? Male, perché non è detto che chi vincerà le primarie avrà l’appoggio degli altri candidati”.
E giù colpi bassi, come quello, sferrato da Faraone e Renzi, sui finanziamenti del Pd. “Bersani ha dato 40 mila euro alla Borsellino, ho le prove”. Se non basta questo a dar il quadro di primarie avvelenate sentite l’altro candidato, il trentunenne Fabrizio Ferrandelli. “Palermo non può avere un sindaco come la Borsellino, qui il lavoro da fare sarà durissimo, troppo per una persona di 67 anni”. Toni sprezzanti. “Affatto, Rita la rispetto, ma lei e Leoluca Orlando appartengono ad un’altra stagione. Orlando è impazzito quando mi sono candidato, perché lui non permette a nessuno di crescere. Mi accusano di essere sostenuto dall’area del Pd che sostiene Lombardo, ma non esiste un Pd antilombardiano. Faraone da deputato regionale è con la maggioranza”.
Ferrandelli è appoggiato anche da Sonia Alfano. “Non capisco queste primarie avvelenate – dice l’europarlamentare eletta in Idv -. Rita è una persona perbenissimo, a settembre avevo sostenuto la sua candidatura scontrandomi anche con Orlando, poi ho notato che la cosa non era gradita. Stiamo scegliendo tra il meglio e nessuno dica che Ferrandelli è il pupo di quella parte del Pd filo-lombardiana, Cracolici e Lumia sono gli stessi che hanno votato per la Borsellino alle europee”.
Rotture anche nel partito di Di Pietro, perché Luigi de Magistris, invece, si schiera con Rita Borsellino. “Ha il mio appoggio massimo, la sua storia, il suo spessore civile, l’affetto che mi lega alla sua famiglia me lo impongono. La sua candidatura rappresenta un doppio segnale di cambiamento, perché è una donna e perché la legalità e la lotta alla mafia sono il suo grande dna civile”. Tutti si agitano, Rita Borsellino è tranquilla. Sorride dai manifesti e lo fa di più dal vivo. “Non mi faccio trascinare nella rissa, le primarie dovrebbero essere un confronto tra gente che ha identici valori e obiettivi. Evidentemente non è così. Io sto facendo una battaglia per Palermo, altri non so. Lo scontro non è sulle alchimie delle alleanze, Lombardo rappresenta una concezione della politica e del governo che non è la mia, e non è quella che può rinnovare Palermo e la Sicilia”. Fatto Quotidiano
Ringrazio il Fatto Quotidiano, ma non posso fare a meno di ricordare che quando noi lottavamo contro il populismo di Di Pietro e il cazzarisno dei "ggiovani renzini di tutto il mondo", il Fatto li sponsorizzava e li sosteneva con estrema convinzione. O forse ricorso male io, e allora mi piacerebbe se il Fatto mi inviasse il link di qualche articolo di fuoco contro il renzismo, diciamo fra la seconda metà del 2010 e l'autunno del 2011. Aspetto fiducioso e impaziente. Tafanus
Scritto il 21 febbraio 2012 alle 14:00 nella Renzi | Permalink | Commenti (0)
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Il cavaliere presenta il nuovo inno del partito e sottolinea come eventuali liste civiche potranno avere solo un ruolo di supporto ma non sostituiranno il Popolo delle Libertà alle amministrative
05:50 - Nel corso dell'incontro a villa Gernetto, Silvio Berlusconi ha confermato che il simbolo del Pdl sarà presente ovunque si voterà nelle elezioni amministrative. E ha bollato come "voci fantasiose" quelle circolate nelle ultime ore, che davano per archiviato il simbolo tradizionale. Eventuali liste civiche, ha sottolineato il Cavaliere, saranno valutate zona per zona, ma solo come supporto al Pdl.
Berlusconi ha quindi presentato "Gente della libertà", il nuovo inno del Pdl composto proprio in vista delle amministrative della primavera. Secondo fonti del partito, al testo avrebbe lavorato in particolar modo Maria Rosaria Rossi.
La fonte è assoultamente affidabile: TgCom24. Appena saremo in possesso della versione in musica , la diffonderemo ai fedeli. Ma temiamo che possa arrivare prima la versione di Sora Cesira... Facciamo servizio pubblico, abticipando le perle migliori del testo, ina ttesa della musica di Apicella: Tafanus
“...noi siamo il popolo della libertà, gente che spera, che lotta e che crede nel sogno della libertà...”, è il ritornello della canzone “Gente della libertà”, che Silvio Berlusconi ha appena fatto ascoltare allo stato maggiore del partito. Parole che ricordano “Gente che spera”, contenuta nel settimo album degli Articolo 31, datato 2002. E a chi glielo ha fatto notare ieri sera tardi attraverso i social network, chiedendo se si sentisse imbarazzato, J-Ax ha risposto su twitter, entro i canonici 140 caratteri: “Domani denuncio Berlusconi. Buonanotte. Incredibile. Cazzo”.
Ma ecco una breve sintesi dell'intelligentissimo testo, molto poetico, coinvolgente, di elevatissimo valore cul-turale:
“...noi siamo il popolo della libertà, gente che spera, che lotta e che crede nel sogno della libertà [...] Gente che non prova invidia, che non si arrende e non si arrenderà, che resisterà [...] Gente che ama la luce, che non prova invidia e odiare non sa. Gente che non ha rancore e ha come valore la sua libertà e porta insieme una bandiera nuova, che non si arrende e non si arrenderà, che lotta per la verità, è questo il popolo della libertà...”
“...Grande sogno che ci unisce, un sogno si realizzerà, grande la forza che ci chiama, la forza che ci dice che il bene vincerà per sempre. Grande la voglia di votare, la voglia di cambiare l’Italia che verrà. Noi siamo il popolo della libertà. Gente che crede e che lotta, che crede nel sogno della libertà, gente che prende la mano, che guarda lontano, che resisterà e porta insieme una bandiera nuova, che non si arrende e non si arrenderà, che lotta sempre per la verità. E’ questo il popolo della libertà. Grande è il sogno che ci unisce, il nostro sogno che si realizzerà, grande la forza che ci chiama, la forza che ci dice che il bene vincerà per sempre. Grande la voglia di lottare, la voglia di cambiare l’Italia che verrà. Noi siamo il popolo della libertà, noi siamo il Popolo della libertà”
FINE DELLA MINCHIATA
Scritto il 21 febbraio 2012 alle 11:00 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 21 febbraio 2012 alle 08:01 | Permalink | Commenti (0)
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Claudio Messora gestisce un videoblog di LIBERA INFORMAZIONE: Byoblu
Questa frase è tratta da una sua presentazione su Facebook:
”La rete può mettere in comunicazione diretta i cittadini e realizzare così il sogno, fino a ieri utopico, di immergere tutti noi dentro una sola, grande coscienza collettiva, dove ognuno ha le stesse potenzialità espressive, un unico linguaggio e gli stessi mezzi a disposizione degli altri. Tutto questo mi è sembrato degno di essere vissuto e perseguito come percorso e destinazione ultima della mia vita.”
Ogni tanto leggo il suo blog, a volte interessante, ma lo trovo un po’ troppo caricato di enfasi. Il 16 Febbraio appare un articolo:
Nel video si vede il leghista Speroni che parte con la sua sparata contro Monti piena dei soliti luoghi comuni (Bildeberg, la Trilaterale) condita di insulti anche a Napolitano. Non entro nel merito, non mi interessa. Dopo circa due minuti Martin Schulz, nella sua funzione di Presidente del Parlamento Europeo, essendo terminato il tempo, spegne il microfono di Speroni e concede la parola a un altro parlamentare.
Normale amministrazione, considerando il Regolamento del Parlamento Europeo (Art.149)
E invece il nostro Messora riprende una infelice battuta di Berlusconi che proponeva Schulz per il ruolo di “kapo” in un film sul nazismo per raccontare che il nobile pensiero di Speroni contro Monti viene censurato. Guarda caso, il primo commento sul suo stesso blog è il seguente:
“Claudio, erano interventi di 1.30 minuti. Speroni ha sforato e gli e’ stata tagliata la linea. Tu che sei sempre cosi’ preciso non fare disinformazione. Ascoltando bene si sente Schulz che fa squillare la campanella che indica il termine dell’intervento sia di Speroni che Gollnisch.”
Inoltre nell’articolo Messora cita virgolettando Monti che, nella conferenza stampa dopo la visita ad Obama avrebbe affermato “candidamente” che “le imprese americane hanno sempre fatto molta pressione per l’integrazione europea, per il loro stesso tornaconto”.
E per tutta risposta cosa scrive il “buon” Claudio Messora?
byoblu ha scritto il 16 febbraio 2012 alle 20.45
“L’ha detta in conferenza stampa negli Usa. L’ho sentita nelle rassegne di Sky tg 24. Detto questo, un blog funziona anche sul concetto di autorevolezza. Se scrivi “vorrei vedere se è vera la frase” significa che non me ne attribuisci, dunque ti consiglio vivamente di non leggermi più.“
Ma sembra un sistema di LIBERA INFORMAZIONE questo qui? Per altro ho guardato la conferenza stampa rilasciata da Monti dopo l’incontro con Obama e non ho trovato neanche l’ombra della frase attribuita da Byoblu a Monti … Qua il VIDEO della conferenza stampa. Ho cercato anche sul sito del governo dove è riportata la conferenza stampa, ma anche lì neanche una traccia della frase …
Perciò il dubbio del lettore diventa anche mio. Perciò mi permetto di postare un commento:
“Seguo byoblu saltuariamente, forse da 4 anni, a volte è interessante ma mi fido poco! In questo caso strumentalizza una banale applicazione del regolamento del Parlamento Europeo per inventarsi una censura che non esiste. Poi nel rispondere all’utente che cerca la fonte di un commento perde così tanto tempo inventandosi di non avere il tempo di postare il link, cosa molto più rapida… Secondo me Claudio è un bravo ragazzo, ma a volte esagera un po’ e poi si arrampica sui vetri … Peccato (P.S. in passato ha censurato anche me … con scuse un po’ banali…) Ciao”
Morale della favola: censurato e rimosso! (Clicca sull’immagine per ingrandire e vedere il commento, a destra, e a sinistra dopo la sua rimozione)
Se è questa l’INFORMAZIONE LIBERA … Una domanda a Claudio Messora: ti rendi conto che questo atteggiamento danneggia tutta la credibilità dei siti di INFORMAZIONE indipendenti? Temo proprio di no …
Scritto da giosby | Pubblicato: 18 febbraio 2012
Se questo può rasserenare Giosby, gli ricorderò delle cose che conosce, perchè le ha vissute insieme a me. Il sottoscritto, Tafanus, è bannato da molti siti che periodicamente scendono in piazza per combattere contro i bavagli all'informazione. Alla loro. Posso mettere nel mio medagliere Beppe Grillo, il sito noberlusconiday di Franca Corradini, il blog democratico di Piero Ricca, quello ultrademocratico e ggiovane ggiovane dei rottamatori Renzi & Civati, e Dio solo sa da quanti altri siti. Eppure i miei commenti - che pur non sono generalmente ed obbligatoriamente teneri, non violano mai la policy dei blog sui quali NONB sono postati...
Il caso di Claudio Messora è un caso di scuola. Nel caso della verve accusatoria contro Monti, non sono sorpreso. Se non ricordo male, in un dibattito TV immediatamente successivo alla nomina di Monti, era assiso in studio insieme ad altri complottisti in SPE, a spiegarci con toni drammatici della Trilaterale, delle Triade, della Bilderberg, della Spectre e della loggia pluto-masso-giudaica... Tafanus
P.S.: ritrovato. Ecco cosa scrivevo in un post del 16 novembre 2011...
[...] La logica dei complotti mi ha sempre dato ai nervi. Mentre avevo iniziato a scrivere questo post non sapevo ancora che Matrix avrebbe dedicato parte della trasmissione alla Spectre, ospitando personaggi che ormai fanno di mestiere i complottisti in servizio permanente effettivo: da Barnard, a Bechis, a Claudio Messora, ed al più grande di tutti: quel Giulietto Chiesa che da 10 anni spreca il suo talento nel cercare di convincerci che le due torri le hanno buttate giù gli americani [...]
Scritto il 21 febbraio 2012 alle 07:59 | Permalink | Commenti (4)
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Per alcuni consulenti previsto che il rapporto di lavoro possa terminare se la lavoratrice rimane incinta e questo "non permetta il regolare adempimento" del lavoro. La denuncia in una lettera aperta al dg di Viale Mazzini Lei
ROMA - E' la "clausola gravidanza". Una voce contenuta al punto 10 del contratto di consulenza che la Rai offre ai collaboratori esterni a partita Iva con cui l'azienda si riserva di terminare il contratto se una lavoratrice dovesse rimanere incinta e la sua condizione, assimilata a "malattia, infortunio, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento", dovesse incidere, compromettendola, sulla sua produttività. E' polemica sulla lettera aperta di un gruppo di giornalisti precari romani, riunitisi nel coordinamento "Errori di Stampa", al direttore generale della Rai Lorenza Lei perché la clausola venga immediatamente cancellata.
Le reazioni. Parte all'attacco il senatore Pd Vincenzo Vita, componente della la commissione di Vigilanza sulla Rai: "non può essere. Smentisca la direttrice generale della Rai l'esistenza di una clausola illegale che sarebbe apposta nei contratti con le donne... nell'anno di grazia 2012 non possiamo neppure immaginare che la denuncia fatta da "errori di stampa" non trovi immediata replica da parte del vertice del servizio pubblico. Ne chiederemo conto anche negli organi di vigilanza competenti".
Sul caso interviene anche Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà: "In questo Paese si parla, spesso a vanvera o in modo strumentalmente ideologico, di difesa della famiglia e della dignità della donna". Se i vertici Rai vogliono difendere i precari e la famiglia devono cancellare "quelle anacronistiche ed offensive norme capestro per le giovani collaboratrici del servizio pubblico radiotelevisivo". "Dalla Rai - incalza Giuseppe Giulietti di Aarticolo 21 - ci attendiamo una risposta argomentata e tempestiva alla denuncia della associazione "Errori di stampa"
Il testo. Nella lettera al direttore generale Lorenza Lei il coordinamento "Errori di Stampa" ricorda che in Rai lavorano 1.600 precari. Subito dopo chiede di mettere fine ai contratti "ultraleggeri", e non corrispondenti alle reali mansioni dei lavoratori, sottolineando come più della metà dei "precaRAI" siano giornalisti. Ma soprattutto, l'appello rivolto a Lorenza Lei è quello di eliminare la clausola che riguarda le lavoratrici donne.
Ecco il testo del punto 10 del contratto di consulenza: "Nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore od altre cause di impedimento insorte durante l'esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti Ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della Rai di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate. Comunque, ove i fatti richiamati impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest'ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore".
Una clausola retrograda e illegale, denuncia il coordinamento, non solo umiliante per il fatto che un figlio possa implicare la rinuncia al lavoro, ma "una palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione".
A Valeria Calicchio, giornalista precaria, portavoce di Errori di Stampa, non risultano casi in cui la clausola sia stata effettivamente applicata per una gravidanza, ma ha ricevuto diverse segnalazioni di giornaliste che si sono viste proporre quel contratto e lo hanno dovuto firmare. E sull'interpretazione di quel punto, per il coordinamento, non ci sono dubbi: "Se una donna rimane incinta la Rai potrà valutare l'incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto". (Repubblica.it 20/02/2011)
Ora questa donnetta, che è già riuscita a fare più danni di Mauro Masi (il che è quanto dire) ma in minor tempo, dev'essere cacciata dalla RAI a calci nel sedere, nel più breve tempo possibile. Perchè se una donna incinta può essere impedita dallo svolgere a pieno il suo lavoro per un certo numero di mesi, per un impedimento transitorio, questo cervello da gallina non ha scadenze da impedimento temporaneo come la maternità. E' impedita e sarà SEMPRE impedita, per la sua totale mancanza di senso etico, di senso del diritto, e di quello spirito cattolico che a parole professa ogni quarto d'ora.
Non ci sono fraintendimenti possibili. E' un'idiota, priva di senso della legalità, e quindi prima sarà mandata fuori dalle balle, meglio sarà per tutti (inclusa Lei, cara signora, che ha già dimostrato ampiamente di aver superato tutti i tests di inadeguatezza, professionale ed etica).
Poi con calma i consiglieri RAI nominati dall'opposizione ci spiegheranno (a cominciare da Garimberti) per quale misteriosa alchimia sia stato possibile eleggere questa sciuretta DG della RAI all'unanimità. Quindi anche col loro voto. Tafanus
Post Scriptum: abbiamo lanciato una petizione per la cacciata dalla Rai di questa sedicente cattolica, prima che finisca di rovinare l'azienda. Firmate la petizione che trovate sul banner della colonna di sinistra del blog, in alto. Se avete un blog, e volete condividere il banner, quello che segue è il codice html da ricopiare:
<object width="180" height="150">
<param name="movie" value="http://www.firmiamo.it/flash/180150black.swf"></param>
<param name="allowscriptaccess" value="always"></param>
<param name="FlashVars"value="host=www.firmiamo.it&url=lorenza-lei-fuori-dalla-rai"></param>
<embed src="http://www.firmiamo.it/flash/180150black.swf" type="application/x-shockwave-flash" width="180" height="150" allowscriptaccess="always" FlashVars="host=www.firmiamo.it&url=lorenza-lei-fuori-dalla-rai"></embed>
</object>
Se volete invece comunicare il link per la firma ai vostri amici, questo è l'indirizzo:
http://www.firmiamo.it/lorenza-lei-fuori-dalla-rai
Grazie a tutti. Tafanus
Scritto il 20 febbraio 2012 alle 19:00 nella Media | Permalink | Commenti (8)
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Indirizzo: http://www.gadlerner.it/
Posizione secondo blogbabel: 41°
Argomenti principali: politica, economia
Accessi (da contatore): N.A.
Visite uniche giornaliere stimate (da alexa.com): 1.800
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Interattività (commenti ultima settimana): 2.946
Scritto il 20 febbraio 2012 alle 09:00 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 20 febbraio 2012 alle 08:00 | Permalink | Commenti (1)
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Era dal 1991 che l'Italia non vinceva questo riconoscimento. "Il premio ci dà gioia soprattutto per i reclusi che hanno lavorato con noi. Noi siamo qui tra le luci, loro nella solitudine delle loro celle"
I fratelli Taviani con l'Orso d'oro (reuters)
BERLINO - L'Orso d'oro della 62ma edizione del Festival di Berlino è andato a Paolo e Vittorio Taviani per Cesare deve morire. Erano 21 anni che l'Italia non vinceva questo riconoscimento: nel 1991 aveva trionfato La casa del sorriso di Marco Ferreri. "Questo premio ci dà gioia soprattutto per chi ha lavorato con noi. Sono i detenuti di Rebibbia guidati dal regista Fabio Cavalli che li ha portati al teatro. Questi detenuti-attori hanno dato se stessi per realizzare questo film", ha commentato Paolo Taviani. Alla proiezione il film, unica opera italiana in concorso, era stato accolto da una standing ovation sia dal pubblico che dalla critica.I due fratelli avevano vinto due volte a Cannes, la Palma d'oro nel 1977 per Padre Padrone e il Grand Prix nel 1982 per La notte di San Lorenzo. Cesare deve morire è stato girato in sei mesi interamente all'interno del carcere romano di Rebibbia, nella sezione "Fine pena mai". Racconta la storia di un gruppo di detenuti che si prepara a interpretare sul palcoscenico la tragedia di Shakespeare Giulio Cesare.
"Spero che qualcuno tornando a casa dopo aver visto Cesare deve morire - ha detto Vittorio Taviani - pensi che anche un detenuto, su cui sovrasta una terribile pena, è e resta e un uomo. E questo grazie alle parole sublimi di Shakespeare". Paolo ha voluto rendere omaggio ai reclusi che, ognuno nel proprio dialetto, hanno interpretato il testo del Bardo: "Voglio fare alcuni dei loro nomi: a loro infatti va il nostro pensiero, mentre noi siamo qui tra le luci sono nella solitudine delle loro celle. E quindi dico grazie a Cosimo, Salvatore, Giovanni, Antonio, Francesco e Fabione".
"Intanto grazie. E' difficile parlare in questi casi ma sono davvero contento, perché la giuria ha deciso in armonia e non capita sempre che questo accada", ha aggiunto Vittorio mentre riceveva l'Orso d'oro. "Grazie alle parole sublimi di Shakespeare, questi detenuti sono tornati alla vita e a loro va il nostro saluto". Da Paolo ancora un ringraziamento alla giuria e soprattutto a Mike Leigh: "Abbiamo avuto fortuna ad avere lui come presidente di giuria, non sapete quanto amiamo i suoi film".
LA GALLERIA FOTOGRAFICA - IL TRAILER
Confesso di non essere né un grande tifoso del cinema (credo che non esistano più di 10 films all'anno che meritino l'uscire di casa, e il trovare un parcheggio), né un grande intenditore di cinema. Per dirla tutta, sono una capra. E tuttavia la notizia dell'Orso d'Oro ai fratelli Taviani per un film che non ho visto (e che quindi non posso giudicare) mi ha dato molta gioia, perchè ho pensato ai mesi di coinvolgimento dei detenuti, usciti dalla loro sepoltura, e all'orgoglio che avranno provato nell'apprendere la notizia.
Sono certo che - al di la del valore intrinseco del film, che non conosco e non giudico - questa esperienza cambierà profondamente chi l'ha vissuta. Ridarà un senso alla loro vita, e il segno che tutto è possibile. Persino venir fuori dalla buca.
Nelle parole e nei toni dei Taviani ho sentito commozione, orgoglio e felicità. Non era orgoglio autoreferenziale, per il premio che il LORO film aveva ricevuto, ma era orgoglio - sincero - relazionato a quelle celle scrostate e maleodoranti di Rebibbia, dalle quali alcuni detenuti sono usciti fisicamente per alcune ore al giorno, per alcuni mesi. Ma dalle quali sono forse usciti, con la testa, per sempre. Ora non dimentichiamoli, e non dimentichiamo che altri modi di stare in carcere sono possibili.
Scritto il 19 febbraio 2012 alle 16:00 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 19 febbraio 2012 alle 09:00 | Permalink | Commenti (2)
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Esemplare l'articolo di ieri di Barbara Spinelli sulla genesi di presidenti sbagliati in Germania, per volere della cancelliera di ferro. Parafrasando l'avvocato Gianni Agnelli: "...Horst Köhler humanum, Christian Wulff diabolicum..."
Conviene non dimenticare come nacque la candidatura di Christian Wulff, nel 2010. Nacque molto male, perché Angela Merkel s'era incaponita sul suo nome.
Lo preferì a quello di un personaggio di ben altra statura. Se i tedeschi avessero potuto eleggere direttamente il capo dello Stato, senz'altro avrebbero scelto Joachim Gauck, non il grigio uomo d'apparato democristiano. Gauck era l'uomo del momento giusto, per la successione di Horst Köhler alla massima carica dello Stato. Per aver conosciuto la paura quando era un pastore dissidente nella Germania comunista, sapeva quel che significa pensare con la propria testa, resistere, affrontare tempi difficili come i nostri.
Assieme a Havel, era stato uno dei rari dissidenti che non solo aveva combattuto il totalitarismo, ma era stato capace di guardare dentro se stesso, di intuire quello che può fare, di ogni uomo, un conformista o un ideologo, a seconda delle necessità e delle convenienze. Per dieci anni, fra il 1990 e il 2000, aveva diretto un'istituzione essenziale per l'unificazione tedesca e la rinascita democratica in Germania Est: l'autorità che archivia e mette a disposizione del pubblico gli atti della Stasi (servizi di sicurezza dell'Est). L'ex pastore era il candidato proposto da socialdemocratici e verdi, la sua popolarità nei sondaggi era immensa.
Angela Merkel predilesse Wulff, per mediocri calcoli di partito e probabilmente perché Gauck era figura troppo imponente per lei. L'outsider amato dai tedeschi l'avrebbe messa in ombra. Più
segretamente, forse, contava anche la vita diversa che ciascuno dei due aveva avuto nella Germania comunista: dissidente lui, non comunista ma certamente conformista lei.
Di Wulff non si conoscevano disonestà, quando fu designato. Ma era un personaggio senza spessore, senza grande passato. Ora che sono venuti alla luce tante macchie, e un intreccio così importante fra interessi pubblici e privati, la scelta del Cancelliere appare ancora più incongrua, e ottusa.
Wulff è il figlio della meschinità politica, del pensare corto e piccolo che ha prevalso in questi anni ai vertici tedeschi, specialmente democristiani. Roland Nessel, editorialista dello Spiegel, gli ha affibbiato un nomignolo: il Presidente altro non era che un Gernegroß, un "vorrei esser grande". In Italia diremmo: un "vorrei ma non posso". In Germania i capi di Stato non hanno poteri vasti come in Francia e America; non sono neanche paragonabili ai colleghi italiani.
Da loro ci si aspetta tuttavia un senso acuto dell'etica pubblica, un'attitudine leggermente aristocratica a volare alto: a dire - nei momenti critici - parole possenti e decisive. Cruciali furono nel dopoguerra, e poi tra gli anni '70 e '90, presidenti come Theodor Heuss, Gustav Heinemann, Richard Von Weizsäcker, Roman Herzog, Johannes Rau. Il declino della carica comincia nel 2004, con il predecessore di Wulff che fu Horst Köhler. Tutti e due sono stati uomini della Merkel, costretti a dimettersi prima del tempo.
Detto questo, la caduta di Wulff è un giorno memorabile per la democrazia tedesca. I legami del Presidente con finanzieri poco fidati, la maniera in cui aveva ottenuto crediti agevolati grazie ai favori dell'industriale Geerkens, ai tempi in cui era presidente della Bassa Sassonia, i piccoli favori ottenuti dal magnate dell'industria cinematografica David Groenewold: simili reati non reggono il paragone con la corruzione che mina la politica italiana, ma sono insopportabili per i tedeschi.
Sono il segno che i partiti nelle loro chiuse cucine possono sbagliare e deviare dall'etica pubblica, ma che nella società esistono fortissimi anticorpi, pronti a reagire a ogni sorta di malaffare, di bugia detta dal potere. E tutto questo, prima che comincino i processi veri e propri. Un caso Cosentino è impensabile in Germania. L'ultimo scandalo fu quello del ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg, costretto a dimettersi nel marzo 2011, quando si scoprì che la sua tesi di dottorato era frutto di plagio. Anche Guttenberg era uomo della Merkel.
Non ci sono grandi personalità a guidare la Germania, ma il controllo sociale sulla politica è intenso, e le campagne stampa godono dell'appoggio della popolazione. L'uguaglianza di tutti davanti alla legge è una regola aurea cui la nazione e le sue classi dirigenti non rinunciano. L'una e le altre non indietreggiano davanti ai capi di Stato. Non lasciano soli i magistrati e i giornalisti, a fare le loro inchieste. Per questo i risultati di tali battaglie sono tangibili, e tempestivi.
Non così in Italia. Sono stati necessari la crisi economica e lo spread impazzito, perché Berlusconi venisse spinto fuori dall'arena politica. E ancor oggi la corruzione dilaga, ancor oggi l'operazione Mani Pulite è ricordata con sospetto, rancore: per alcuni il malcostume ha toccato le vette odierne non malgrado, ma a causa dei procedimenti contro Tangentopoli. C'è perfino chi ritiene non irrealizzabile il sogno di Berlusconi di salire un giorno al Quirinale. Speriamo che la Germania diventi un esempio per il funzionamento della sua democrazia, e non solo per la disciplina finanziaria che sta imponendo all'Unione europea.
(Barbara Spinelli - Repubblica 18/02/2012)
Scritto il 19 febbraio 2012 alle 07:59 nella Politica | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 19 febbraio 2012 alle 00:01 | Permalink | Commenti (4)
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...no, non siamo nel campo della "archeologia leccatoria"... Questo magnifico pezzo di cabaret del pregiudicato Raffaele Fitto non è un blob da teche RAI... è roba datata 18 febbraio 2012 (oggi, se i miei calcoli sono esatti...)... Non ci credete??? cliccate sul simbolo del "Popolino della Libertà"
Certo che solo uno statista come Raffaele Fitto poteva scrivere una minchiata del genere OGGI, mentre la rete è piena di ironie su Verdini nominato "guardiano del pollaio", su un partito che in un anno scende nei sondaggi dal 30 al 20%, ma decuplica i tesserati... su un paesino dove non c'è una sede del PdL, ma ci sono 189 tesserati del PdL, tutti abitanti nella stessa strada. Un partito che resuscita i morti per appioppare loro una tessera del PdL...
Elementi surreali di contorno: rileggere questo trionfalistico articolo (non è del 1994, è del 1° Novembre 2011. Sono passati solo tre mesi e mezzo...
Ma gli avvenimenti esilaranti non finiscono qui...a Modena Isabella Bertolini (quella che noi avevamo battezzato, impietosamente, "'a culonnetta"), pasdaran desaparecida del Berlusconismo, resuscita per denunciare le infiltrazioni della criminalità nel tesseramento del PdL nella sua Modena. Sua ancora per poco. Lei non lo sa, ma è stata commissariata ed esautorata. Si ignora se la Bertolini legga o meno i quotidiani, perchè sul suo sito, ancora ieri (non un anno fa...) gioisce perchè finalmente il partito si avvia sulla strada della moralizzazione, con l'affidamento dei "poteri speciale" al pregiudicato Denis Verdini. Ecco cosa scriveva, solo ieri, 'a culonnetta, sul suo sito:
Pdl Modena, On. Bertolini: Con rinvio congresso e nomina Verdini scelta la strada della trasparenza
“Il rinvio del Congresso provinciale, previsto per il 25 febbraio, e la scelta del Segretario Alfano di nominare l’On. Denis Verdini come Commissario del partito sono scelte sagge. Si è scelta la strada della trasparenza e di questo non possiamo che compiacerc (...sic...!)
Le preoccupanti anomalie riscontrate nel tesseramento del Pdl a Modena rischiavano di inficiare il risultato del Congresso Provinciale. La valutazione del Coordinamento nazionale del partito smentisce chi ha inutilmente tentato di minimizzare le cose. Noi ci battiamo per un partito pulito, trasparente, fatto di persone oneste. Ora si faranno tutti i controlli del caso, affinché si ristabiliscano le condizioni per poter procedere all’elezione del nuovo Coordinatore provinciale. Al neo commissario modenese, l’Onorevole Verdini, l’augurio di un buon lavoro e la consueta disponibilità alla collaborazione per il delicato incarico che gli è stato conferito" [...]
Ma le perle non finiscono qui. Vediamo cosa scrive un insider del PdL (Galan, ex impiegato di Berlusconi, ex "Banal Grande", ex ministro, ex tutto):
"...Non prendiamoci in giro: a che cosa serve la tessera? Sono tutte fasulle. Non ho mai conosciuto un elettore che fosse anche iscritto [...] Gestire le tessere serve per gestire il potere, a tutti i livelli. Arriva uno con cento tessere, tratta e porta a casa un posto nella municipalizzata..."
Chi è Verdini il Moralizzatore
[...] nel febbraio 2010 è stato indagato dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in corruzione, riguardo ad alcune irregolarità a lui imputabili su alcuni appalti a Firenze e a La Maddalena, sede in cui si sarebbe dovuto tenere il G8, poi spostato a L'Aquila. Il gip si riserva la decisione di ricorrere ad eventuale rinvio a giudizio.
Nel maggio 2010 è indagato dalla Procura di Roma in un'inchiesta su un presunto comitato d'affari, la cosiddetta "cricca", che avrebbe gestito degli appalti pubblici in maniera illecita.
Nel luglio 2010 vennero arrestati l'imprenditore Flavio Carboni, coinvolto a Roma in un'inchiesta che puntava a scoperchiare una cupola che avrebbe avuto interesse nella gestione degli appalti sull'energia eolica in Sardegna (che vede indagato anche il governatore PDL della Sardegna Ugo Cappellacci) [...]
Queste persone vennero accusate dalla Procura di Roma di aver esercitato presunte forzature sui giudici della Corte Costituzionale al fine di favorire il giudizio di legittimità costituzionale sul Lodo Alfano, di aver sostenuto la riammissione della lista civica regionale "Per la Lombardia", collegata al candidato di centrodestra alle elezioni regionali del 2010 e successivamente eletto governatore della regione Lombardia Roberto Formigoni [...]
Dall'inchiesta è emerso che il 23 settembre 2009 avrebbe avuto luogo un incontro presso l'abitazione di Denis Verdini, a cui avrebbero preso parte l'imprenditore Flavio Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone (...il papà del ggiovane Michel Martone, professione viceministro e minchione - NdR) e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi. In questa riunione si sarebbe delineata la strategia di persuasioni indebite da adottare sui giudici della Consulta intorno all'approvazione del lodo che, il 7 ottobre 2009, verrà poi bocciato perché ritenuto incostituzionale [...]
Il 23 luglio 2010 si dimette da presidente e consigliere del consiglio di amministrazione del Credito Cooperativo Fiorentino a causa dello scandalo P3 che lo vede coinvolto per corruzione e violazione della Legge Anselmi sulle società segrete. Verdini ha affermato: "Su di me scatenata una tempesta mediatica e queste accuse rischiano di gettare ombra sulla banca". La Banca d'Italia, con delibera unanime del Direttorio del 20 luglio 2010, aveva peraltro già proposto al Ministro dell'Economia e delle Finanze "la sottoposizione dell'azienda alla procedura di amministrazione straordinaria per gravi irregolarità nell'amministrazione e gravi violazioni normative". Con decreto del 27 luglio il Ministro dell'Economia ha disposto il commissariamento della banca [...]
Scritto il 18 febbraio 2012 alle 18:00 | Permalink | Commenti (1)
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(da Libbbero del 16/02/2012) - Sugli ammortizzatori sociali tutto fermo per un anno e mezzo. Niente «accetta» sulla riduzione del numero delle forme contrattuali. «Nessun aut aut» sulla riforma. Quanto all’art. 18, sarà affrontato per ultimo. Dopo aver passato un paio di settimane a sbeffeggiare gli italiani mammoni e «sfigati» che si laureano in ritardo e preferiscono la «monotonia» del posto fisso alla flessibilità del mondo moderno, il governo, per bocca del ministro del Welfare, Elsa Fornero, dà un bel colpo di sterzo e inverte tranquillamente la marcia. Il tema era ed è strategico, ma le tensioni con le parti sociali, che si stanno ripercuotendo con forza nel mondo della sinistra, hanno evidentemente ridotto l’esecutivo a più miti consigli.
Durante l’ennesimo tavolo di confronto che si è tenuto ieri, anche con incontri bilaterali tra il ministro e i vari rappresentanti delle categorie, il governo ha accolto le richieste delle imprese e dei sindacati di non intervenire immediatamente sugli ammortizzatori sociali. Il tema, assicurano da Palazzo Chigi, non viene tolto dall’agenda e già lunedì sarà sul tavolo del ministero del Lavoro nel nuovo appuntamento fissato con le parti sociali nel tentativo di mettere a punto le regole che entreranno in vigore a babbo morto, l’applicazione sarà infatti rinviata di “almeno” 18 mesi. Il governo punta dunque a modificare un sistema considerato troppo generoso e soprattutto poco utile a reinserire nel mercato il lavoratore espulso dal ciclo produttivo, ma senza fretta, per i prossimi anni, magari quando a Palazzo Chigi ci sarà un altro premier e in Parlamento un’altra maggioranza.
Per quanto differita, comunque, la riforma inizia ad incardinarsi. L’apprendistato si appresta a diventare «la forma tipica di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Il ministro del Welfare intende sfoltire la giungla dei contratti pubblici e privati attraverso l’individuazione di «uno strumento per fare della formazione professionale seria» e la volontà di «valorizzare i contratti riportandoli alla loro funzione originaria». Per questo la linea del governo sarà anche all’insegna della «tolleranza zero» contro un «uso improprio» della nuova forma contrattuale. «Saremo severissimi perché l’apprendistato non può essere solo uno strumento di flessibilità», spiega ancora la Fornero. «Ci sono troppe partite Iva e occorre anche evitare la discontinuità e che migliaia di lavoratori finiscano in nero», prosegue.
La resa del governo ha riscosso grande successo tra le parti sociali. «Il confronto per ora parte con il piede giusto», ha detto la leader della Cgil, Susanna Camusso, perché «finalmente» si è cominciato a parlare non sulla base di un «elenco» ma di «idee», partendo da precarietà e ammortizzatori sociali, le priorità. Anche per il leader della Uil, Luigi Angeletti, è «un fatto positivo l’inizio concreto della trattativa». Bene la proposta del governo di lasciare per ultimo la discussione dell’articolo 18, ha detto anche il leader della Cisl, Raffele Bonanni, confidando, quando arriverà il momento, «nella ragionevolezza di imprenditori, governo e forze politiche, e dello stesso sindacato».
Molto più scettico appare il Pdl. «Superare le rigidità che finora hanno caratterizzato il mercato», ha spiegato il presidente dei senatori, Maurizio Gasparri, «è indispensabile per creare nuova occupazione. Ciò vuol dire superare anche alcuni tabù ed un presunto diritto di veto di qualche sindacato». Gasparri ha quindi chiesto al governo di agire «con rapidità e determinazione», perché «non possiamo tollerare titubanze o sotterfugi. È evidente che non si può essere rapidi e procedere per decreto in alcune materie, ed essere lenti e indecisi nel mercato del lavoro».
Scritto il 18 febbraio 2012 alle 14:03 nella Economia, Lavoro, Leggi e diritto | Permalink | Commenti (1)
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