Venti miliardi dagli ospedali - E' il giro d'affari annuo della sanità lombarda. E i Memores lo gestiscono in larghissima parte sia attraverso il sistema di potere costruito sulla rete degli uomini di CL nei posti chiave dei grandi ospedali privati, come dimostrano le vicende del San Raffaele e dell'Humanitas, sia controllando direttamente le poltrone pubbliche. E anche nei 29 nosocomi della regione vige la regola delle strette relazioni tra chi amministra gli appalti e le imprese legate, in qualche modo, alla Compagnia delle Opere. A partire dai nove ospedali controllati direttamente da un direttore generale di Cl. Per proseguire con gli altri 19 guidati da un uomo della maggioranza e ampiamente "forniti" dalle imprese della CdO. Come la Ngc Medical, leader del mercato lombardo delle emodinamiche per le cardiochirurgie, con un fatturato di oltre 50 milioni di euro. Gli ospedali bandiscono le gare e la Ngc le vince: 12 volte, da Varese a Mantova, ma anche al Sacco, al Fatebenefratelli, al San Carlo e al San Paolo. Con ampi sconfinamenti, in Piemonte, Veneto e Sardegna. Il fondatore Eugenio Cremascoli è ospite fisso al Matching, la fiera organizzata ogni anno dalla CdO, ed è personalmente molto vicino al presidente Roberto Formigoni. Proprio la Regione Lombardia gli ha venduto nel 2007 Avionord, la società che trasporta organi ed équipe mediche, e oggi gli ha confermato il servizio fino al 2013, garantendo 1.892.520 euro in tre anni.
Pubblici, naturalmente. Come lo sono quel miliardo e 400 milioni di euro spesi dai nosocomi (nel 2010) per i beni e i servizi dati in appalto a cooperative e società: lavanderia, pulizia, servizio mensa e trasporto. Ma anche consulenze e acquisti di materiale, e i posti di lavoro legati agli appalti: portinai, addetti alle pulizie, autisti di ambulanze. Senza dimenticare che anche una cospicua parte del personale sanitario (infermieri ma non solo) sono ormai dipendenti di imprese autonome alle quali l'ospedale appalta la fornitura del personale, con i relativi costi. E con un direttore targato CL per le imprese legate alla Compagnia delle Opere la strada è tutta in discesa. All'Asl di Monza, per esempio, le cooperative Pangea e H.c.m hanno l'appalto per gli infermieri, il personale sociosanitario e gli assistenti al servizio dentistico. Con centinaia di dipendenti sperimentano la gestione tanto cara a Formigoni: misto pubblico-privata con i ciellini a controllare gli appalti.
Come è accaduto ai Riuniti di Bergamo, saldamente guidati da Carlo Nicora, che gestisce quasi 80 mila ricoveri l'anno e che ha acquistato beni e servizi per 176 milioni di euro. In area Cl anche il direttore generale di Legnano, Carla Dotti - l'ospedale ha appaltato più di un terzo del suo budget (120 milioni su 346, nel 2010) - e Luigi Macchi, nominato lo scorso dicembre direttore del Policlinico di Milano dove è presidente Giancarlo Cesana (ex responsabile del movimento): dalle sue mani passano appalti che nel 2010 hanno toccato quota 178 milioni.
Ma il caso a Milano è quello del Niguarda: 114 mila ricoveri all'anno e un budget di quasi 500 milioni, saldamente in mano a Pasquale Cannatelli, ciellieno doc. Vincere uno di questi appalti è fare bingo.Così un universo di piccole e grandi imprese si buttano nelle gare: Noema Life fornisce software all'ospedale di Mantova, stessi prodotti per Delta informatica che ha come cliente l'azienda ospedaliera di Busto Arsizio. Beta 80 group si occupa dei collegamenti radio e della sperimentazione della centrale 118 di Varese. E mille altre ancora. Perché il binomio CdO-sanità è vincente.
(Michele Sasso - l'Espresso)
Contro CL l'ira di Dario Fo - Dario Fo dice no alla raccolta fondi dei ciellini e scoppia la polemica. È successo sabato scorso al teatro Apollonio di Varese dove il premio Nobel ha messo in scena il suo" Mistero Buffo". Nel foyer un gruppo di volontari di "Banco Nonsolopane Onlus" (associazione locale legata alla CdO), sono radunati per una raccolta fondi. E parte la richiesta a Fo di annunciare l'iniziativa alla fine della rappresentazione. Ma lui non lo fa. Perché? Interrogato da "l'Espresso" il maestro risponde: "Questi di Cl volevano farsi pubblicità politica con la scusa della carità. Non mi è piaciuto. Anche perché il volontario che è venuto nel camerino a fare la sua richiesta, non mi ha detto subito di essere di Cl. Ho avuto la sensazione che non volesse palesare con chiarezza la colorazione politica dell'iniziativa. Insomma, è stato tutto molto sgradevole". Le ragioni del suo dissenso col movimento di Don Giussani, il Nobel le riassume così: "Per anni i miei spettacoli sono stati boicottati da CL, che mi ha impedito di andare in scena in parecchie piazze. In particolare ricordo che per anni mi è stato vietato il teatro Verdi di Padova, di proprietà del Comune, ma in gestione a un società vicina alla Compagnia delle Opere". Per questo Dario Fo ha dovuto traslocare al Palasport della città. La cosa non gli è andata giù, e non se l'è dimenticata. Se ne sono accorti oggi quelli di Banco Nonsolopane.
C'è uno spallone dal Governatore - Per i vescovi cattolici l'evasione fiscale è peccato. Ma per Alberto Perego, amicissimo e convivente di Roberto Formigoni, non sembra un problema. "L'Espresso" aveva già rivelato che Perego, accusato di falsa testimonianza nell'inchiesta Oil for Food, vive da anni insieme al governatore lombardo in una casa-comunità affittata dai Memores Domini, la più potente e riservata organizzazione ciellina: una villa a Milano di proprietà della famiglia Ligresti. Imputato di aver mentito al pm negando di essere il beneficiario di due conti svizzeri, Perego è stato condannato dal tribunale, il primo febbraio scorso, a quattro mesi con la condizionale. La sentenza spiega che quei conti, chiamati Memalfa e Paiolo, sono serviti a Perego "per creare una riserva di fondi fuori dall'Italia", cioè per incassare segretamente soldi versati dal gruppo Finmeccanica e dai petrolieri italiani dello scandalo Oil for Food. Ma c'è di più.
Nelle deposizioni agli atti del processo, il suo fiduciario svizzero S.R. testimonia che "Perego disponeva di due società italiane, Estella e Professionals", con cui "gestiva una pianificazione fiscale per un gruppo di aziende italiane, attraverso la Fidinam di Zurigo e Lugano". La Fidinam è la fiduciaria svizzera che era già emersa nelle indagini di Tangentopoli e nei crac di Cragnotti e Tanzi come organizzatrice di sistemi riservati di conti esteri. Anche un ex socio milanese della Estella spa, L.B., ha confermato che Perego attraverso la Fidinam "offriva la possibilità di effettuare operazioni internazionali o societarie in cui non si rivelasse l'identità dei clienti italiani". Nel suo unico interrogatorio, Perego ha dichiarato di lavorare tuttora come fiscalista "con lo studio Sciumè e associati", guidato da professionisti ciellini, e di controllare anche "una società di revisione e una quota della Interfield srl", un'altra ditta di consulenze tributarie di Milano. La difesa di Perego ora prepara l'appello contro la sentenza di condanna, che ha definito "desolante l'atteggiamento menzognero" di chi predica "elevati ideali".
(di Paolo Biondani)
Hanno tradito don Giussani (Colloquio con Bruno Tabacci) - "È un sistema che arriverà al capolinea per ipertrofia. Ha conquistato tutto il potere che era possibile, la sanità, le infrastrutture, la Fiera, ma ora che tutto sta cambiando corre il rischio di essere eroso dall'interno".
Bruno Tabacci, deputato, assessore al Bilancio della giunta Pisapia, conosce bene Comunione e Liberazione, la Compagnia delle Opere e Roberto Formigoni. Ha assistito alla loro ascesa, nella Milano degli anni Ottanta, quando era giovane segretario regionale della Dc e poi presidente della Regione Lombardia.
"Guardavo con simpatia a quel movimento. Non condividevo certe esasperazioni, ma mi piaceva quel loro essere una minoranza intensa che esprimeva valori. Appena eletto segretario della Dc lombarda, nel 1986, andai a trovare don Luigi Giussani. Un uomo spartano, un cattolico integrale. Organizzai nell'87 un convegno con lui e con il gesuita padre Angelo Macchi. Lo scontro tra CL e la Curia del Cardinale Martini era così duro che dall'arcivescovato si tentò di impedire l'evento con pressioni su di me e su De Mita. Io le respinsi, era la prima volta che Giussani partecipava a un convegno della Dc e per i ciellini fu uno sdoganamento. Ricordo che Giussani era infastidito, già allora, per l'attivismo dei suoi ragazzi. Presagiva che la loro ossessione politica li avrebbe portati fuori strada. Era preoccupato che il movimento potesse essere contaminato da una gestione troppo disinvolta".
E oggi?
"Oggi mi permetto di dire che don Giussani aveva ragione. C'è stato un tradimento del suo insegnamento e del suo stile di vita. Quando c'è troppa commistione tra il potere e i valori si passa facilmente ai valori bollati".
Si riferisce agli scandali?
"Prima il San Raffaele, poi gli arresti degli ex assessori, Formigoni dice che lui non c'entra nulla, ma i casi giudiziari sono la conseguenza di un problema politico. In Lombardia c'è un potere tanto presuntuoso quanto incontrollato, tipico di un presidenzialismo senza contrappesi, costruito da un governatore che si compiace di farsi chiamare così per scimmiottare il modello americano. Le leggi sono fatte a sua immagine e somiglianza. Il segretario generale della Regione, l'ex deputato Dc e mio amico Nicola Sanese, fa parte della giunta, promuove e rimuove i dirigenti degli assessorati. È tutto centralizzato: le nomine nelle fondazioni sanitarie, il Niguarda, il Policlinico. Formigoni replica che la sanità lombarda è la migliore d'Italia. Sì, ma lo era anche quando governavo io. E lo è dai tempi di Alessandro Manzoni, anzi, di Carlo Borromeo e di Ambrogio".
Quel potere assoluto è arrivato al capolinea?
"In ogni sistema si creano gli anticorpi. Il caso di Berlusconi è emblematico: quale potere era più inossidabile del suo? Il sistema Formigoni sta franando per due motivi. La parte finale della conquista è stata bloccata: volevano mettere le mani sull'urbanistica a Milano, con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e con l'assessore Carlo Masseroli, ma i milanesi li hanno bloccati votando Giuliano Pisapia. E in questi giorni il nuovo assessore Lucia De Cesaris, una professionista preparata e specchiata, sta avviando il difficile percorso del nuovo piano regolatore. E poi c'è la vera questione: dall'alto del suo grattacielo oggi Formigoni è al massimo del suo potere, ma sul piano politico è al punto più basso. Esprime un nanismo politico. E si allontana dalla dimensione popolare che è sempre stata il suo punto di forza".
In cosa vede questo scollamento?
"Il successore di don Giussani alla guida di Cl, lo spagnolo don Julián Carrón, in un'intervista al "Corriere" ha preso nettamente le distanze dal sistema di potere formigoniano, dicendo che non esistono politici ciellini. Il messaggio è chiaro: da ora in poi nessuno potrà fregiarsi di quel distintivo, soprattutto di fronte a quelle migliaia di giovani che si impegnano con generosità e passione nel movimento. Lo stesso ha detto qualche giorno dopo il cardinale Angelo Scola, che è a Milano in nome di un progetto ben più universale di quello che si agita in Palazzo Lombardia".
Formigoni è già passato alla fase successiva candidando Passera premier per il 2013...
"Passera non ha bisogno di Formigoni. Soprattutto non ne ha bisogno il governo Monti. L'idea di dare il calcio dell'asino e giocare una partita nuova non regge".
Si può vincere in Lombardia senza fare i conti con la CdO e con CL?
"La CdO resta una realtà importante. E non si mette su uno schieramento politico contro CL che è un movimento ecclesiale. Serve un recupero di pluralismo, trasparenza, tolleranza. Sapendo che Milano e la Lombardia governano già la fase nuova del Paese: nessuno è più lombardo di Mario Monti".
E dunque serve un tecnico anche per la Lombardia?
"Monti non è un tecnico, è un grande politico. E in Lombardia per voltare pagina servirà un buon politico".
(di Marco Damilano)
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