Cara Signora, vorrei tranquillizzarla. La CGIL non protegge i ladri. La CGIL, per statuto, storia e consolidate abitudini, protegge i lavoratori. CGIL è acronimo di Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Del Lavoro, non dei Ladroni. E, col suo consenso, dopo aver brevemente illustrato i fatti, vorrei fornirle un piccolo ripassino su chi siano, in Italia, i "protettori dei ladroni". Lei dovrebbe conoscerne un certo numero, I suppose... Dunque, i fatti:
ANSA - La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, parlando di articolo 18, ha invitato i sindacati a «non proteggere ladri e fannulloni». Affermazioni che hanno mandato su tutte le furie il sindacato con in testa il leader della Cgil Camusso che parla di «affermazioni offensive».
I SINDACATI - Risentita la reazione della Cgil. Laconico il commento del segretario della Cgil Susanna Camusso: «La trovo offensiva». Più articolato il ragionamento del segretario confederale Fulvio Fammoni che parla «di cose non vere che offendono e mettono in discussione il ruolo del sindacato confederale italiano. La presidente di Confindustria deve smentire queste affermazioni» [...] Il segretario della Uil Luigi Angeletti ha tenuto a ribadire che la sua organizzazione «non protegge assenteisti cronici né ladri. Gli imprenditori possono dire altrettanto?».
MARCEGAGLIA PRECISA - Una selva di reazioni che ha indotto il leader della confindustria a precisare: «Nessuna mancanza di fiducia e rispetto nei sindacati confederali, con i quali abbiamo firmato l'importante accordo del 28 giugno sul lavoro e con i quali stiamo conducendo una trattativa seria e costruttiva.» Ma comunque ha tenuto a puntualizzare: «Va tuttavia rimarcato che a volte l'articolo 18 diventa un alibi dietro il quale si possono nascondere dipendenti infedeli, assenteisti cronici e fannulloni».
Sbaglia, signoramia. Dietro l'art. 18 - essendo questo un baluardo eretto a difesa di licenziamenti discriminatori e non motivati, non si nasconde la difesa di nessun ladrone cronico, che può essere tranquillamente licenziato.
La Signora Marcegaglia sarebbe in grado di dirci, PER PIACERE, quale sia la media annuale di reintegri ordinati dalle "toghe rosse"? E magari - col nostro aiutino, calcolare quale sia la percentuale (anzi, la "permilluale") di reintegri in rapporto alle controversie? E ci vorrebbe anche dire quanti casi ci sono stati di tentativi di licenziamenti privi di motivazione, ingiusti, discriminatori, vendicativi, o semplicemente viscerali, che "toghe non rosse" hanno provveduto a disinnescare? Grazie.
La Signora Marcegaglia ci potrebbe dire quanti casi all'anno, in media, si verificano, di lavoratori che rubano, e di imprenditori che rubano, evadono, esportano danaro all'estero, corrompono funzionari pubblici, mettono le mani, per quattro lire, su beni dello Stato costati miliardi? la parola "Maddalena", associata a "Mita Resort" ricorda niente, alla signora Emma Marcegaglia? No??? Bene, provvederemo noi a rinfrescare la memoria della Signora Emma Marcegaglia sui trascorsi giudiziari di alcuni "Bravi ed Onesti Imprenditori" molto vicini alla sua famiglia.
La Signora Emma Marcegaglia ci potrebbe confermare se le risulta che solo fra il 1994 e il 2006 sono stati ammazzati, nel mondo, 1165 sindacalisti, difensori di delinquenti e fannulloni? Purtroppo non abbiamo dati più aggiornati... Stiamo parlando di circa due sindacalisti a settimana, signoramia, non dovrebbe esserle sfuggito, questo dato...
Signoramia, le rettifiche a posteriori sono un'arte difficile... la lasci al suo Maestro Emerito, tale Berlusconi Silvio, quattro processi in corso, suo king-maker, che della rettifica ha fatto una scienza esatta. Quindi non precisi. Si scusi, e basta. Perchè se andiamo alla busca di ladroni, c'è il rischio che ne trovino di più i lavoratori fra gli associati a Condindustria, e fra i re del tondino di ferro, che non viceversa. E per dimostrarle che pensiamo prima di parlare, le forniremo una non piccola documentazione. Scusandoci se ci capiterà anche di doverci citare. Siamo sicuri che una persona onesta come lei capirà le nostre buone intenzioni.
E iniziamo da alcuni passaggi di un un nostro vecchio post che riguarda una signora dal nome simile al suo, con molti affari - diciamo così - facilitati da rapporti politici privilegiati. Riportiamo solo alcuni passaggi, ma nulla le vieta di leggere tutto il post...:
[...] Chi controlla l'Arsenale dell'isola della Maddalena? Chi ha messo le mani sulla vecchia struttura militare rinnovata a spese dello Stato, e a cura della Protezione civile di Guido Bertolaso, per farne un polo turistico con albergo, ristoranti, sala conferenze e centinaia di posti barca? Chi ha vinto davvero questo bingo multimilionario al centro nei mesi scorsi delle inchieste giudiziarie sulla cosiddetta cricca degli appalti, ovvero la premiata ditta Angelo Balducci & C? Tutto fa capo a Mita Resort, una società guidata e controllata dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Questo almeno è quanto raccontano decine di comunicati ufficiali. Che, però, illuminano solo una parte della realtà. Restano nell'ombra scambi azionari, intrecci di quote societarie, ricchi compensi e incarichi professionali.
È una storia ancora tutta da raccontare. Una storia importante. Se non altro perché Mita Resort è stata protagonista di un'operazione a dir poco fortunata. Come noto, infatti, la società guidata dalla numero uno di Confindustria si è aggiudicata la gestione dell'Arsenale a prezzi di saldo: 31 milioni una tantum alla Protezione Civile, per una concessione di 40 anni. E appena 60 mila euro all'anno di canone alla Regione Sardegna, che dovrà accollarsi anche 400 mila euro annui di Ici sulla struttura (...non c'è che dire... per essere Cappellacci - governatore della Regione Sardegna - il figlio del commercialista sardo di papi, i conti non li ha fatti molto bene. O forse si... NdR)
Marcegaglia brinda a champagne, ma non è l'unica. Al suo fianco, con una quota vicina al 10 per cento della Mita Resort, spunta un socio che ha scelto di restare nell'ombra. Le sue azioni risultano intestate alla Aletti Fiduciaria. Insomma: uno schermo, una copertura. (...non vorrei sbagliare, ma Aletti mi ricorda il cognome di Urbano Aletti, pregiata ditta di agenti di borsa (Urbano Aletti era il Presidente dell'associazione degli Agenti di Borsa di Milano durante gli anni della Milano da bere. NdR)
Una soluzione poco trasparente per una società come la Mita Resort che ha partecipato a una gara pubblica, quella per la gestione del Nuovo Arsenale, e ha di fatto beneficiato di fondi dello Stato per decine di milioni. D'altra parte l'assetto proprietario della società guidata dalla presidente di Confindustria appare già di per sé piuttosto complicato. Vediamo. La Gaia Turismo, una holding controllata dalla famiglia Marcegaglia, possiede una quota del 50 per cento di Mita Resort. Il resto del capitale è intestato alla Olli Resorts che ha come socio principale Massimo Caputi, un uomo d'affari dal lungo curriculum e dalle mille relazioni nel mondo della finanza, scivolato di recente su un paio di bucce di banana. Da oltre un anno si trova al centro di un'inchiesta della Procura di Milano con varie ipotesi di reato, tra cui riciclaggio, e nel frattempo lo marca stretto anche la vigilanza di Banca d'Italia per qualche (presunta) acrobazia di troppo nella gestione di alcuni fondi immobiliari.
Caputi possiede il 72,8 per cento di Olli Resort ed è affiancato, con una quota del 17,2 per cento, da Andrea Donà delle Rose, un manager-investitore che qualche tempo fa ha dato la scalata alla Marzotto. E il misterioso azionista rappresentato dalla Aletti fiduciaria? Per lui hanno aggiunto un posto a tavola sia Marcegaglia sia Caputi. Infatti, il socio senza volto possiede il 9 per cento di Gaia e una quota analoga di Olli Resorts.
La cordata di investitori ha preso una rincorsa lunga. Prima di approdare a La Maddalena ha fatto tappa nel 2007 sulla costa meridionale della Sardegna. Con un'operazione da svariate decine di milioni di euro è così finita sotto le insegne di Mita la gestione del Forte Village di Pula. E cioè otto alberghi, una ventina di ristoranti, un centro commerciale da 20 negozi in quello che viene considerato uno dei resort turistici più lussuosi del Mediterraneo, meta agostana di ricconi d'ogni sorta, dai nababbi russi ai calciatori in trasferta dalla Costa Smeralda. Un bel colpo per Marcegaglia e soci che hanno conquistato un business da oltre 70 milioni di giro d'affari all'anno. Ci sono riusciti grazie ai prestiti per 70 milioni di euro di due banche di prima grandezza come Banca Intesa e Monte dei Paschi (insomma, di loro non hanno tirato fuori un euro... e nel frattempo, chi si rivede... la Banca Intesa di Passera & Fornero... NdR).
A ben guardare, però, tutto l'affare ruota attorno a Caputi, che finisce per recitare più ruoli in commedia. Una corsa a perdifiato sul filo del conflitto d'interessi tra fondi d'investimento, istituti di credito, società personali. Si comincia nella tarda primavera del 2007. A quell'epoca il Forte Village è proprietà della Lehman Brothers, la grande banca d'affari americana che di lì a un anno finirà per essere travolta dalla crisi finanziaria. Caputi conosce bene i managers italiani del gruppo statunitense. Con il loro aiuto ha già concluso alcuni affari in passato. E anche con Emma Marcegaglia i rapporti sono più che buoni. Sin da quando, un paio di anni prima, l'attivissimo manager immobiliare, all'epoca alla guida della società di stato Sviluppo Italia, aveva coinvolto la futura presidente di Confindustria in alcuni investimenti in campo turistico.
Tutto pronto allora, si parte. Lehman vende il resort di lusso e anche la società che lo gestisce, cioè Mita Resort. Chi compra? Il primo finisce per 210 milioni di euro a tre fondi immobiliari amministrati da Caputi tramite la Fimit. Come dire che i soldi ce li mettono in parte (40 per cento) migliaia di investitori e il resto le banche. Mita Resort invece passa alla cordata della Marcegaglia. Anche qui è decisivo il ruolo degli istituti di credito, in testa il Monte dei Paschi di Siena, che finanziano l'operazione con 72 milioni di euro e a garanzia dei loro crediti ricevono in pegno l'intero capitale della società. Il crocevia di tutto, il vero garante dell'operazione è però Caputi. È lui che manovra i fondi immobiliari che possiedono il Forte Village e allo stesso tempo è azionista importante della società che lo gestisce.
In altre parole la medesima persona, cioè Caputi, sarebbe chiamata a fare gli interessi degli investitori, chiedendo il canone più alto possibile, e allo stesso tempo, come azionista in proprio della società locataria, dovrebbe puntare al ribasso dell'affitto. C'è di più. Caputi, ancora lui, è legato a doppio filo al Monte dei Paschi, la principale banca finanziatrice dell'operazione, di cui è stato per anni consigliere d'amministrazione e poi gestore di alcune controllate. Insomma, un groviglio di interessi in conflitto tra loro che finisce per rendere ben poco trasparente tutta l'operazione. A maggior ragione se si considera che la Fimit, la società di gestione dei fondi immobiliari, paga ogni anno commissioni milionarie a una società personale di Caputi.
Niente paura: arriva comunque il lieto fine. Nell'estate 2007 Mita Resort sbarca al Forte village inaugurando la campagna acquisti che l'avrebbe portata fino a La Maddalena. E allora sarà anche per tanto impegno personale che alla fine del 2008 gli amministratori della società turistica, Marcegaglia in testa, hanno deciso di staccare un assegno da 500 mila euro a favore del vicepresidente Caputi. Mica male. Soprattutto se si considera che il resto del consiglio di amministrazione ha incassato compensi poco più che simbolici.
Tutti felici e contenti? Non proprio, perché Caputi finisce nel tunnel delle indagini di magistratura e Banca d'Italia. Sarà forse anche per questo che ai primi di febbraio il manager ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente di Mita Resort. Ancora pochi giorni e l'Arsenale della Maddalena, con i suoi costosissimi lavori di ristrutturazione, finisce al centro dell'indagine su Bertolaso e i suoi amici.
(dI Vittorio Malagutti - l'Espresso)
Finiti qui, gli strani colpi di fortuna della Signora Confindustria? Macchè... La rete ha la memoria lunga... la Signora ci consentirà di attingere, ancora una volta, ad un nostro posto del Gennaio 2010...
Tutti i guai di Emma Marcegaglia, Lady Confindustria
...non è strano? una presenzialista inossidabile, una che non si perdeva una comparsata in TV neanche sotto tortura, prima giovane e poi attempata industrialessa per meriti ereditari, faccia da boscaiolo e mini-minigonne da viados, sembra da mesi essersi liquefatta. Ora ci pensa "Il Fatto" a tranquillizzarci. Emma esiste. Non è caduta distrattamente distrattamente in un altoforno; non è sparita cadendo in una buca del campo da golf di Albarella, "L'Isola dei Managers"; non sta partecipando in incognito all'Isola dei Fumosi. No, poverina... ha solo qualche pensiero di troppo... o forse si è sfracellata contro dei guard-rails? Tafanus
Dietro il lungo silenzio forse ci sono i problemi giudiziari della famiglia
“Lo scudo fiscale è un male necessario”, aveva dichiarato Emma Marcegaglia il 17 dicembre scorso, a margine di un incontro organizzato dal Centro Studi di Confindustria. Il giorno prima era intervenuta alla presentazione del Fondo per le piccole e medie imprese, invitata dal ministero dell’Economia. Poi un lungo silenzio interrotto solo da un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera alla vigilia di Natale: “L’Italia ha bisogno di riforme politiche, ma soprattutto economiche che possano realizzare un progetto-paese di medio termine”, aveva spiegato la presidente di Confindustria alla giornalista Raffaella Polato (...caspita, che profondità... NdR).
Da allora nessuna dichiarazione, nessun intervento pubblico, almeno fino a ieri, quando la Marcegaglia ha detto che Confindustra “sta ragionando” sulla riforma del fisco. La donna che il Sole 24 Ore ha messo al terzo posto nella classifica dei “personaggi del 2009” (dopo il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne) si avvia alla conclusione di un mese anomalo, lontano dalle scene. Starà forse dedicando più tempo agli affari di famiglia? Gli eventi degli ultimi mesi suggeriscono che questa ipotesi potrebbe essere la più plausibile.
GUARD RAIL - Basta tornare indietro di qualche mese per capire quali possono essere le priorità di Emma Marcegaglia in questo periodo. Leggendo gli atti della Procura di Trento, citati dal Corriere del Veneto e dal quotidiano l’Adige lo scorso agosto, si viene a sapere che Antonio, fratello di Emma, è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Come amministratore delegato della Marcegaglia Building Spa, Antonio Marcegaglia compare in una lista di imprenditori e società che “si suddividevano il mercato nazionale della vendita delle barriere stradali ad altre imprese o enti pubblici, mediante la ripartizione in quote predeterminate” e si “accordavano su quale delle aziende consorziate avrebbe dovuto approvvigionare il compartimento Anas (azienda nazionale autonoma delle strade)”.
Un vero e proprio cartello del guard rail, riunito nel consorzio Comast, che avrebbe pilotato gli appalti per le barriere stradali delle autostrade italiane fino al maggio del 2007, data di scioglimento del consorzio. E’ questa l’ipotesi del pubblico ministero di Trento Giuseppe De Benedetto che ha avviato le indagini già nel 2007, in seguito alla scoperta di irregolarità in un appalto per l’Autobrennero. Tra il 2003 e il 2007 le “sorelle del guard rail” si sarebbero aggiudicate in modo fraudolento almeno 16 gare d’appalto per circa 180 milioni di euro, con un profitto illecito di 8 milioni e mezzo di euro. Cifra per la quale il giudice per le indagini preliminari Giulio Adilardi ha concesso in agosto il sequestro preventivo. Sui conti correnti di Marcegaglia sono stati congelati 2,1 milioni di euro, in attesa di dipanare la matassa delle barriere stradali.
Emma la Tosta
CONTI SVIZZERI - Di altri diciassette conti dei Marcegaglia, domiciliati in Svizzera presso la banca Ubs, si sta invece occupando il pm di Mantova Antonino Condorelli. L’ipotesi questa volta è di falso in bilancio. I conti, secondo quanto riportato in luglio da Repubblica, sarebbero stati utilizzati per depositare milioni di euro in fondi neri dal 1994 al 2004. Per dieci anni la Marcegaglia Spa, specializzata nella trasformazione dell’acciaio, non avrebbe comprato la materia prima direttamente dai venditori, ma da una serie di società di trading che gonfiavano le fatture per permettere alla famiglia di far uscire dall’Italia fondi neri. Un vecchio trucco, utilizzato da molte imprese italiane, per portare comodamente oltre confine milioni di euro. In tutto il saldo dei fondi neri avrebbe toccato nel 2004 i 22 milioni di euro anche se fonti svizzere, citate da Repubblica, parlano di un tesoretto da 400 milioni.
LA TANGENTE ENIPOWER - I conti svizzeri dei Marcegaglia li aveva scoperti già nel 2004 la Procura di Milano, indagando sulle tangenti Enipower. Uno scandalo, quello delle centrali Enipower, che ha coinvolto la Marcegaglia Spa e una serie di altre società (come la multinazionale francese Alstom) che avrebbero pagato tangenti da milioni di euro a manager di Enipower in cambio di appalti per la fornitura di servizi di manutenzione, caldaie, valvole, torri di raffreddamento nelle centrali termoelettriche di Mantova, Brindisi, Ferrera Erbognone (Pv) e Ravenna.
A Milano il caso si è chiuso nel marzo del 2008 con il patteggiamento di Antonio Marcegaglia. Il fratello della presidente di Confindustria ha ammesso di aver versato, nel dicembre del 2003, una tangente da 1 milione 158 mila euro al manager di Enipower Lorenzo Marzocchi per assicurarsi una fornitura di caldaie da 127 milioni di euro. Come si legge nella sentenza depositata il 28 marzo del 2008 al Tribunale di Milano, la tangente è stata pagata “ad aggiudicazione avvenuta” mediante la “copertura formale di fittizi contratti di consulenza” stipulati con società off-shore come la Potz Sa di Lugano e la Daggie Engineering Ltd, registrata nell’Isola di Man. La corruzione dei manager Enipower è costata alla Marcegaglia Spa la confisca di 250 mila euro oltre a 500 mila euro di pena pecuniaria, mentre la Ne Cct Spa (controllata da Marcegaglia al 70 per cento) ha dovuto versare a Eni ed Enipower 4 milioni di euro come risarcimento danni. La condanna a 11 mesi per corruzione comminata ad Antonio Marcegaglia è stata di conseguenza sospesa.
GRUPPO VACANZE. Un altro grattacapo per Emma potrebbe arrivare dalle indagini su Massimo Caputi, ex numero uno di Sviluppo Italia (oggi Invitalia), la società per azioni del ministero dell’Economia creata nel 1999 “per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, in particolare nel Mezzogiorno”. Alla fine di luglio Caputi si è dimenticato una busta con 45 mila euro in contanti in un hotel di Milano ed è finito sotto inchiesta per riciclaggio.
Se è ancora presto per dire dove potrebbero portare le indagini, un fatto è chiaro: Caputi, fin dal 2005 – quando guidava ancora Sviluppo Italia – è in stretti rapporti con la famiglia Marcegaglia, a cui ha venduto alcune perle del turismo italiano, un tempo in mano allo Stato. Dal 2008 è anche entrato direttamente in affari con la presidente di Confindustria, diventando socio e vicepresidente di Mita Resort Srl (di cui Emma è presidente). Una società che i Marcegaglia controllano al 50 per cento tramite Gaia Turismo Srl. Mita Resort gestisce oggi il lussuoso resort di Castel Monastero, sulle colline senesi, e il Porto Arsenale la Maddalena. Un complesso da 109 camere e 600 posti barca che si è visto soffiare sotto il naso gli ospiti del G8, ma potrà presto ospitare quelli della Louis Vuitton Cup. Come ha annunciato a novembre Guido Bertolaso.
Vede, signoramia, com'è facile essere sospettati? basta un patteggiamento, o la locazione di un polo turistico alla Maddalena a prezzi da pura vincita al lotto, o certe fortunate vincite di appalti, e subito le malelingue si mettono in moto... il mondo è pieno di malpensanti, signoramia, e di gente che divide 400 milioni di euro per 1000 euro mesili per capire a quanti salari mensili di operai-fannulloni corrispondano 400 milioni... Dunque, ad occhio, 400 milioni sono 400.000 volte il salario di un fannllone, pari a 33.333 mesi di salario, pari a 2.778 anni di salario, pari a... Vada avanti lei, signoramia, che a me scappa da ridere... Tafanus
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