Caro Monti,
su certe cose lei sembra proprio non voler capire, e allora ci tocca continuare nella nostra opera di "divulgazione". E ricordiamo i fatti.
-1) FATTO: il governo Berlusconi, grazie anche all'apporto del craxiano Sacconi, ha sprecato una legislatura intera ad affrontare le mille criticità del mercato del lavoro, parlando ossessivamente di una sola cosa: l'articolo 18. Tutti felici, tentativi (a volte riusciti, a volte no) di spaccare il sindacato. Quello vero, da quelli gialli Angeletti e Bonanni. Poi un giorno, persa la partita, come per incanto Sacconi ci ha spiegato che l'art. 18 non era la chiave di volta del sistema-lavoro. Insomma, hanno scherzato per più di un anno su un aspetto marginale.
-2) FATTO: l'art. 18 non è una difesa corporativa di ladri e fannulloni, ma una conquista di civiltà nei rapporti fra aziende e lavoratori. Il dipendente ladro o fannullone può essere licenziato (anche in vigenza di art. 18); l'operaia che non permette al figlio del padrone - o al padrone - di palparle il culo, non può essere licenziato.
-3) FATTO: su circa 31.000 cause contro licenziamenti illegittimi avviate dalla Cgil negli ultimi 5 anni, le decisioni del giudice nel senso del reintegro nel posto del lavoro sono state appena 300 (l'1%). Sui circa 300 ordini di reintegro nel posto di lavoro decisi dai giudici, le persone reintegrate sono state solo 70, mentre le altre 230 hanno scelto il risarcimento.
-4) FATTO: lei sta ricominciando a fare sull'art. 18 - col supporto della Fornero - la stessa battaglia ideologica persa da Sacconi, lisciando il pelo al revanchismo della destra e della parte più becera della Confindustria. Magari perchè pensa che i banditi del PdL possano ricattarla e farla cadere, mentre il PD sarebbe impedito dal compiere una mossa speculare e opposta, per senso di responsabilità. Non si illuda. Anche la pazienza degli elettori del PD ha dei limiti. Quindi si occupi dei problemi seri (l'abolizione del precariato che somiglia allo schiavismo, gli incentivi alle assunzioni dei giovani, la formazione, le coperture minime per i periodi di vuoto lavorativo. Erano queste le cose illustrate nel suo programma, non il ritorno a Maurizio Sacconi sotto altre spoglie).
-5) FATTO: Stiamo rimettendo in discussione una relativa pace sociale per un problemone che in cinque anni ha riguardato ben 70 reintegri per licenziamenti privi di giusta causa. I reintegri per questa motivazione sarebbero sacrosanti anche se anzichè essere stati 70 fossero stati 70.000. Ma sono stati 70 (settanta) in 5 anni. Quattordici all'anno. poco più di uno al mese. Lasci perdere, Professore. Non saranno 14 reintegri all'anno a frenare l'economia italiana.
-6) FATTO: Abissale per stupidità e inattuabilità l'éscamotage pensato dal suo governo per superare l'impasse. Scrive il Manifesto del 5 gennaio scorso: "...partiamo dall’art. 18. comunque. Il cavallo di Troia sarebbe rappresentato da una norma che lo sospende «solo» per i nuovi assunti, i disoccupati e i dipendenti di «nuove aggregazioni industriali». In pratica, per tutte le newco – secondo il modello inaugurato per Alitalia e poi «standardizzato» da Marchionne. In ogni caso, si tratterebbe di una mezzuccio ben rodato da molti anni: formalmente non si tocca un certo istituto, ma si introduce una «eccezione limitata», che poi diventa la norma. Era accaduto anche per i «contratti atipici», fino alla mega-presa in giro del «modello Pomigliano», che si giurava sarebbe valso solo per lo stabilimento campano…"
Non funziona, Professore. Anche perchè è una norma che si spiaccicherebbe (con danni) al primo ricorso di incostituzionalità. Un professore come lei dovrebbe saperlo, e farsene una ragione. Non possono coesistere due diversi "diritti del lavoro", magari nella stenza azienda e per le stesse funzioni, solo in funzione di una diversa data di entrata in azienda. Si concentri, Professore. Da lei ci aspettiamo di meglio.
-7) FATTO: In gennaio era venuta fuori la fola (sempre la stessa) di un'Europa che non ci chiederebbe di mettere a posto e poi tenere in ordine i fondamentali della nostra economia, ma ci chiederebbe in dettaglio quale articolo di quale legge abrogare. Useless to say, "dobbiamo riformare l'art. 18 perchè ce lo chiede l'Europa". Menomale che è una minchiata, perchè se non lo fosse, la cosa sarebbe ancora più grave. Sarebbe una inaudita cessione di sovranità. Non già sui fondamentali (abbiamo liberamente accettato, col patto di Maastricht, di tenerli in ordine), ma persino sugli strumenti operativi coi quali ottenere l'obiettivo. E questa è un'idiozia che l'ultimo, agonizzante Berlusconi, ha chiesto all'Europa di chiederci. E che l'Europa non ci ha mai chiesto in questi termini.
-8) FATTO: Ieri il Segretario Generale dell'OCSE - Miguel Angel Gurria - spiega papale papale il pensiero dell'OCSE: la riforma non può consistere solo nell'abrogazione o nella modifica dell'art. 18:
"...Il segretario dell'Ocse, Miguel Angel Gurria, mette in luce i temi della riforma del lavoro al centro della manovra economica del governo Monti. Oltre alla riforma della norma sui licenziamenti, si deve parlare anche di flessibilità e ammortizzatori sociali [...] L'articolo 18 "non è il punto fondamentale" della riforma del lavoro allo studio Italia: in realtà "si parla di flessibilità, ma anche di reti di protezione per chi oggi non ce l'ha, e di reinserimento nel mercato del lavoro..."
Ecco... non è tutto e solo l'art. 18 ciò che non riluce. Vero, Professore? Si può fare di meglio, si può fare di più.
Professore, non la preoccupa l'improvvisa, sconfinata ammirazione di una super-fascista come Daniela Santanchè? Estraiamo fior da fiore dalle sue dichiarazioni di ieri, riprese dal Foglio, (quindi affidabili);
Pasionaria a ruota libera: Monti è nostro, Fornero pure. Svolta grande di Santanchè
[...] “La Fornero deve diventare mia sorella, va protetta dai sindacati, va aiutata a vincere sull’articolo 18”. La nuova Daniela Santanchè, da ex anti montiana di ferro, dice tutto quello che non ti aspetti da lei: “Il governo di Monti va sostenuto fino in fondo. Chi non cambia idea è un cretino, e io ho cambiato idea. Fornero e Cancellieri sono due donne cazzutissime, cento volte meglio di Merkel. Cancellieri ha parlato dei ‘mammoni’, di quelli che vogliono il posto fisso. Queste due ministre sono politicamente scorrette e se ne fregano del consenso, non vogliono compiacere ma vogliono agire. Sono brave”. E poi:
“Questo è il nostro governo, fa le cose che vogliamo noi. Stanno smontando uno per uno i dogmi consolidati di questo paese, la concertazione, il potere dei sindacati. Hanno riformato le pensioni e ora vogliono intervenire sul mercato del lavoro. Come possiamo non stare con loro? Sono politiche di destra, sono il nostro programma” [...]
Caro Professore, a leggere queste dichiarazioni in arrivo sulla sua testa da parte di una delle peggiori rappresentanti della destra becera, razzista e classista, non sente un brivido percorrere la sua colonna vertebrale? Fino a che punto, e fino a quando, pensa di poter avere il sostegno del PD (che, qualora non avesse afferrato, è vitale per lei esattamente quanto quello di Berlusconi?). Davvero pensa di poter contare all'infinito sulla nostra pazienza, e sul nostro sostegno? A quanti altri episodi come quello del voto conto i magistratri voluto da un leghista evasore fiscale pensa che possiamo reggere? Perchè al Senato su questo ignobile voto non pone la questione di fiducia? Ci rifletta, Professore, ci rifletta...
Tafanus
APPENDICE: Un ripassino sulla licenziabilità (dal citato articolo del Manifesto):
[...]Non è inutile ricordare che in Italia le aziende possono licenziare ricorrendo a ben quattro tipologie diverse.
La più nota riguarda i licenziamenti collettivi in caso di crisi aziendale, che richiedono però una trattativa con i sindacati, il rispetto di criteri stabiliti dalla legge e la verifica da parte del ministero del lavoro.
Ma ci sono anche i licenziamenti individuali per «giustificato motivo oggettivo», in pratica la scomparsa di una determinata posizione lavorativa in azienda (ne sanno qualcosa tipografi e dattilografe).
Sui «motivi soggettivi» non c’è ovviamente nessun ostacolo giuridico (grave insubordinazione, rissa, danneggiamento dei beni aziendali, ecc).
E infine c’è il licenziamento per «giusta causa», più difficile da dimostrare («fatti gravi» addebitabili al singolo lavoratore, ecc). L’art. 18, insomma, sanziona soltanto il licenziamento «illegittimo» da parte dell’azienda. Ovvero quello in cui si accusa falsamente di qualche mancanza il lavoratore per mascherare la volontà aziendale di disfarsi di delegati sindacali o dipendenti «troppo attenti» a far rispettare i propri diritti o i confini contrattuali della prestazione lavorativa (turni, ritmi, nocività, ecc). Insomma, quei dipendenti che costituiscono in genere la spina dorsale del «movimento sindacale» in qualsiasi posto di lavoro.
Per questo la partita sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori è da oltre 10 anni una partita decisamente politica, non solo sindacale. Riguarda il mantenimento di un tasso accettabile di democrazia sui luoghi di lavoro, né più né meno [...]
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