Dieci anni sembrano passati invano. Oggi (segno del destino?) ci ritroviamo ancora una volta uniti a lottare per la difesa dei diritti fondamentali e per la dignità dei lavoratori. Ieri come oggi, c'era un governo arrogante, che giurava "Tireremo Diritti", come faceva scrivere il buonanima sulle spallette dei ponti e sui muri delle "kaserne". Come è finita nel 2002 ce lo ricordiamo tutti. A dieci anni da quella data, l'art. 18 è ancora parte dello Statuto dei Lavoratori. Legge dello Stato, legge di Civiltà. Ieri come oggi, il sindacato giallo denominato CISL era schierato col governo. Ieri si chiamava Pezzotta, oggi si chiama Bonanni. E nulla significa (se non in peggio) l'episodico cambiamento di atteggiamento dell'inutile Bonanni, da quando si è accorto che forse dalla nuova, magnifica riforma del lavoro, sarebbe stato toccato anche il suo popolo di riferimento, in gran parte costituito da inamovibili impiegati statali.
Due giorni fa abbiamo inviato un "warning" al Governo Fornero: "...attenti, continuando così potreste andare a sbattere...". Oggi ci sentiamo di togliere il condizionale. Con questa assurda battaglia di retroguardia, SIETE andati a sbattere. E oggi potrete uscire dal cul-de-sac nel quale vi siete cacciati con la vostra insipiente arroganza, solo pagando il pedaggio di una clamorosa figura di merda. Cara Fornero, spieghi al suo ministro Monti che il PD, prima di lasciarsi disintegrare da voi, disintegrerà il suo governo. Non gli avete lasciato alternative, ma a questo punto non ne avete neanche voi.
Forse una ripassata su cosa è successo dieci anni da può risultare salutare per il suo governo, signora Fornero. Questa volta succederà di peggio, perchè già ieri, senza alcuna azione organizzativa, le manifestazioni spontanee si sono contate a decine. Abbia fede, LA Fornero. Non ha ancora conosciuto il volto peggiore della piazza. Lo conoscerà, perchè sta mettendo in gioco i progetti di vita di milioni di persone. LA Fornero se ne faccia una ragione, e cerchi di convincere il suo ministro Monti. Il Nuovo 23 Marzo non sarà una festa colorata, come quella del 2002. Questa volta non sarà una festa. Tafanus
L'invasione colorata di Roma - "Mai così tanti in piazza" - Tanti slogan, bandiere a lutto, ovazioni per Cofferati - Polemiche con la questura sul numero dei partecipanti
(di Andrea Di Nicola - Repubblica, 23 Marzo 2002)
ROMA - "Serenità", aveva chiesto Sergio Cofferati dopo che gli assassini di Bologna avevano scippato il sorriso che nelle intenzioni del leader avrebbe dovuto caratterizzare la giornata dei sei cortei. E la serenità hanno portato in piazza i tre milioni di persone che hanno risposto all'appello della Cgil "contro il terrorismo e per i diritti". Sereni i pensionati arrivati da tutta Italia alla loro ennesima manifestazione anche se una così forse non l'avevano mai vista, sereni i lavoratori con indosso i cappellini rossi della loro organizzazione. Sereni i girotondisti davanti alla Fao e sereni i ragazzi dei Social Forum con il loro Tir che fungeva da palco dal quale partivano musiche e le parole d'ordine contro la guerra e il neoliberismo. Sereni anche i dirigenti della Cgil nella loro risposta ai numeri (700 mila persone) dati dalla questura: "Quando potranno vedere le nostre fotografie dagli elicotteri allora saremo pronti a fare congiuntamente le stime. Così vedremo chi ha le valutazioni più giuste e chi il metro corto. In piazza c'erano almeno tre milioni di persone, mai viste così tante dal dopoguerra a oggi". E la gioia degli organizzatori arriva anche sul sito della Cgil che titola: "Tu no, noi tre milioni", giocando sullo slogan "Tu si tu no art. 18 io non ci sto".
Che sarebbe stata una giornata speciale i manifestanti lo avevano capito da subito. Da quando, alle prime luci dell'alba, vedevano le corsie dell'autostrada occupate dai 10 mila pullman e dai torpedoni a formare dei rivoli che avrebbero poi formato il fiume multicolore che avrebbe invaso la città. Oppure dai treni carichi di bandiere rosse che hanno invaso le stazioni di Roma. E giornata speciale è stata.
Speciale per i numeri, speciale per la composizione dei manifestanti. C'erano tutte le organizzazioni territoriali e di categoria della Cgil, dai chimici ai metalmeccanici, dagli edili alla funzione pubblica, i professori delle università, i pompieri. C'erano i pensionati abituati ad essere la spina dorsale di ogni corteo e che invece oggi erano minoranza. A fianco a loro sfilavano i giovani, quelli precari, quelli dei lavori atipici, quelli di Genova. Da una parte i nonni in tuta da ginnastica per stare comodi, con i loro borselli demodé ma comodi per portare l'occorrente per sopravvivere ad una giornata dura. Dall'altra i nipoti, i ragazzi dei Social Forum con i loro vestiti da rapper e i piercing dappertutto e le bottiglie di vino e di birra che alimentavano i balli scatenati. Due mondi diversi che sembravano incompatibili e che invece, lo hanno detto sugli striscioni: ("Noi, i figli in piazza per i nostri diritti con i nostri padri") e lo hanno dimostrato in strada, sono capacissimi e felici di stare insieme.
E allora via con la commistione. Lo spezzone dei No Global mandava musiche e ritmi rap e distribuiva adesivi con su scritto: "L'unico generale che ci piace si chiama sciopero", oppure "Articolo 18 e reddito sociale per tutti" oltre a quello di ricordo per Carlo Giuliani: "Verità e giustizia per Carlo" e i nonni della Spi si attaccavano volentieri addosso questi slogan. Gli operai della Teksid propongono uno scambio indecente: "Dateci Bin Laden noi vi diamo Berlusconi" e gli studenti applaudono convinti quel lenzuolo irriverente. E così si va avanti con le fisarmoniche che suonano canzoni popolari e gli amplificatori che rimandano i 99 posse, gli immigrati che battono sui tamburi i loro ritmi e la banda di ottoni che sceglie le note delle combattive canzoni delle mondine. Mentre intorno qualcuno gira chiedendo soldi per "il fondo scorte" di Antonino Caponnetto, l'antico magistrato padre spirituale di Falcone e Borsellino. Una miscela inspiegabile e inaspettata che ha fatto saltare ogni schema politico o organizzativo.
Sberleffi ce n'erano per tutti. Per Bossi: "Bossi hai avuto la poltrona ora ti piace Roma ladrona"; per Berlusconi con orecchie da somaro e la scritta "articolo 18 per tutti licenziamolo per giusta causa" [...] Solo una minoranza è riuscita ad arrivare al Circo Massimo, ma in tutto il centro di Roma alle 12,45 cade un silenzio innaturale. Dal palco chiedono un minuto di silenzio per il professor Biagi e, come un'onda che dove passa cancella tutto, dal Circo Massimo a raggiera i suoni e i rumori si spegnevano per un lunghissimo minuto.
La rievocazione di Eugenio Scalfari, il giorno dopo: L'immensa forza tranquilla
(di Eugenio Scalfari - Repubblica - 24 marzo 2012)
Era difficile contarli, i manifestanti di ieri, il mare di bandiere agitate dal vento, le età diverse di quegli uomini e di quelle donne, di quei ragazzi, i loro volti, una moltitudine di volti, di lavoratori, di studenti, di impiegati, di militanti sindacali e politici. Due milioni? Tre milioni? Tutta l'area del Circo Massimo, Porta Capena, l'Archeologica, il Colosseo, le vie fino a Santa Maria Maggiore, l'Ostiense, le pendici del Colle Oppio, un mare di folla.
Ma non era una folla, non era un'indistinta marea, erano persone che pur nella loro diversità anagrafica e sociale avevano alcuni tratti comuni: la compostezza, la maturità degli atteggiamenti, la tranquilla ma ferma decisione di difendere una causa giusta, in nome proprio e in nome di tutto un paese: la causa della democrazia contro la violenza, della certezza dei diritti contro l'arbitrio, della libera eguaglianza contro il privilegio. Per questo non era una folla quella accorsa da tutta Italia alla chiamata del sindacato, ma un soggetto sociale e politico.
La questura di Roma ha detto che erano in settecentomila. Se questi sono gli esperti ai quali affidiamo la sicurezza della popolazione non c'è da star tranquilli perché anche la stupidità dovrebbe avere un limite. Ma il calcolo quantitativo comunque conta poco. Come conta poco la gaffe del segretario della Cisl quando ha sentenziato: "È una manifestazione di parte". Poteva risparmiarsela Pezzotta questa invidiosa battuta poiché è stata la manifestazione di una parte del sindacato, di una parte dei lavoratori e della sinistra italiana, ma una parte rappresentativa anche di chi fisicamente non c'era ma era lì con la mente e con il cuore, anche i lavoratori della Cisl erano lì senza bisogno che ce li portasse per mano il loro segretario.
Di solito ci si commuove quando tante persone si riuniscono per sostenere tutte insieme una visione del bene comune. L'etica tocca le corde del cuore e il bene comune è un fatto etico molto prima che politico. E c'era, la si vedeva su quei volti di giovani e di anziani, una commozione diffusa. Da vecchio cronista che manifestazioni del genere (ma non di queste dimensioni e di questa intensità) ne ha vissute tante, segnalo due momenti nei quali commozione, fierezza, determinazione hanno raggiunto il livello massimo di intensità.
È stato quando quei milioni di persone si sono chiusi nel silenzio di un minuto per celebrare la memoria di Marco Biagi e quando un boato immenso ha interrotto Cofferati mentre diceva: "Noi siamo guidati da un principio che fa la nostra identità ed è quello della solidarietà". Un silenzio e un'esplosione di consenso che hanno unificato milioni di anime. Lì la folla immensa è diventata un soggetto. In televisione il senatore Schifani farfugliava del clima di odio che favorisce il terrorismo. Qualcuno dovrebbe avvertirlo che se c'è un seminatore di odio - peraltro di bassissimo conio - è proprio lui. È un guaio per lui e per la sua parte che nessuno si prenda la briga di dirglielo.
Di fronte alle immagini di quello sterminato corteo e di altre immagini che abbiamo visto nei telegiornali di venerdì scorso sui funerali del professor Biagi celebrati nella privatezza della famiglia, degli amici e della dolente presenza del presidente della Repubblica, tanto più stridente è risultato lo spot (come altro chiamarlo) trasmesso venerdì sera dalle tv pubbliche di Silvio Berlusconi. Stridente e avvilente poiché il presidente del Consiglio ci teneva a far sapere che Biagi era un consulente del suo governo, che le proposte sociali da lui suggerite riguardavano proprio le modifiche dell'articolo 18, che infine chi lo ha ucciso voleva attaccare il governo e contrastare il suo programma che sabato è stato respinto senza appello dai lavoratori convenuti a Roma. Non avendo potuto celebrare un funerale di Stato per l'uomo che le prefetture di quattro città avevano abbandonato nelle mani degli assassini, si è tentata una sorta di appropriazione ideologica di cadavere per usarla come strumento di lotta politica [...]
Sergio Cofferati ha detto, parlando ieri al Circo Massimo, che la tempistica dell'omicidio Biagi a tre giorni dal raduno di Roma deve far riflettere. Certo, deve far riflettere: il terrorismo riconosce solo se stesso e la lotta armata. Tutti quelli che non stanno con lui sono contro di lui, Berlusconi come D'Alema, Pezzotta come Cofferati, Agnoletto come Moretti e Bertinotti come Buttiglione; ma è pur vero che tre milioni di lavoratori in piazza sono un segno potente di democrazia e di partecipazione che asciuga l'acqua in cui potrebbe nuotare il pesce terrorista. L'incompatibilità tra la cultura della morte e quella della solidarietà e della vita è totale e sta scritta nella storia dell'ultimo secolo. Non c'è bugia o manipolazione che possa offuscarne la nitidezza [...]
Martedì intanto il presidente del Consiglio incontrerà di nuovo le parti sociali "per parlare di tutto" ribadendo però che sull'articolo 18 il governo non cederà di un millimetro. Come mai tanta rigidità? Dicono gli esperti: perché è diventata una questione simbolo, perché si deve pagare la cambiale alla Confindustria e questa è la prima rata, perché nel governo adesso volano i falchi.
Sarà certamente così, ma di ragione ce n'è anche un'altra assai più corposa: tutte le altre misure proposte dal professor Biagi e dagli altri consulenti del governo costano soldi, molti soldi. La sola decontribuzione costa 6 mila miliardi di euro; il salario sociale varrebbe a dir poco 40 mila miliardi di vecchie lire e così via. E chi glieli dà questi soldi al povero Tremonti che è anche in ritardo con la diminuzione delle tasse che stanno anzi addirittura aumentando? C'è una sola riforma che non costa assolutamente niente ed è quella dell'articolo 18. Quella brucerà soltanto sulla pelle dei lavoratori colpiti. E in fondo in fondo di loro chi se ne frega? Eugenio Scalfari. 24 Marzo 2002
...fa una certa impressione, leggere questa roba, e leggere la data... Oggi come ieri, ieri come oggi, si ritrova tutta la immensa stupidità di una "classe dirigente" da buttare in blocco in una fossa biologica, da sigillare poi con cemento a presa rapida... Ma è anche istruttivo - giacchè siamo in tema di rievocazioni - fare un piccolo volo radente sui proclami del "day after". C'è tutta la stupidità degli "opinion makers" embedded al centro-destra, lo sconcerto di chi vede frustrato il proprio presunto senso di onnipotenza, l'ignoranza del solito leghista che - ignorando la storia del terrorismo, e dell'impegno della sinistra CONTRO il terrorismo, spara minchiate che neanche il trota... Leggiamo, sempre dall'archivio di Repubblica:
Le critiche del centrodestra alla manifestazione - "Nessuna marcia indietro sull'articolo 18" (...the last famous words...)
ROMA - Una manifestazione "politica" volta a "delegittimare il governo". Berlusconi per il momento tace ma il centrodestra si fa sentire forte e chiaro nel criticare il Cgil-Day, definita tra le altre cose un'iniziativa di piazza nel segno dell'"ipocrisia" e dell'"ambiguità". Per la Cdl l'obiettivo reale del sindacato era quello di dare una spallata al governo, costringerlo a un dietro-front sulla riforma del lavoro, sotto la spinta di una piazza indottrinata da una "falsa propaganda" (...chi è cresciuto nel culto del Buonanima e del suo MinCulPop non riesce proprio a concepire che altri possano pensare col proprio cervello... NdR)
Secondo il ministro Tremonti, poi, la manifestazione di oggi è stata "una grande prova di forza soprattutto dentro la sinistra: hanno vinto Cofferati, Bertinotti e Agnoletto, mentre hanno perso Fassino, Rutelli e D'Alema che - ha ironizzato - sembrano un po' come i capretti che si preparano per la Pasqua". La maggioranza ha inoltre attaccato frontalmente Cofferati che, come ha denunciato il leghista Alessandro Cè, prima ha "seminato odio" preparando il terreno all'assassinio di Marco Biagi, poi oggi si è presentato come il paladino che combatte contro il terrorismo. Non sono mancate poi ironie e sarcasmo, da parte della maggioranza, sulle presenze in piazza che, secondo gli organizzatori ha registrato il tutto esaurito (Dunque ora lo sappiamo. Il mandante dell'omicidio Biagi è stato Sergio Cofferati. Parola di Alessandro Cè. Ma Alessandro Cè o ci fa? NdR) (1)
L'europarlamentare azzurro Antonio Tajani non è andato per il sottile e ha bollato come vera e propria "bufala" la cifra di 3 milioni indicata dalla Cgil. Anche Giorgio Lainati ha preso in giro l'ottimismo degli organizzatori: "Sono state moltiplicate per 6 le 500 mila bandiere rosse... imbarazzante" (...imbarazzante, ha ragione Tajani... per la prima volta nella storia le stime degli avversari politici sono state aqddirittura sotto quelle della Questura, normalmente molto benevole col governo in carica... Persino la Questura aveva parlato - suscitando l'ilarità collettiva - di 700.000 partecipanti. Tajani ha fatto "meno uno". NdR)
Per il governo, dunque, l'iniziativa di piazza è come se non ci fosse stata: sulla riforma dell'articolo 18 si va avanti senza tentennamenti né ripensamenti perché in gioco c'è il futuro dei lavoratori. Lo ha confermato il ministro Tremonti. E anche i ministri Franco Frattini, Antonio Marzano e Rocco Buttiglione, osservando che se è indiscutibile il diritto alla protesta, lo è anche quello, per l'esecutivo, di procedere sulla giusta strada della riforma (...sembra ieri... sostituite le facce da dementi di dieci anni fa con quella della Madonna Piangente, ma le parole sono identiche: fotocopia di uno sciocchezzaio inarrestabile. NdR)
"La nostra è una scelta giusta - ha sottolineato il ministro per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione - la Cgil non pensi di delegittimare il governo o di rendersi complice di chi invoca la resistenza". "Il governo è più coeso che mai - ha fatto presente Franco Frattini - e la Cgil sbaglia di grosso dato che ha una visione conservatrice della politica". Ma l'avvertimento più esplicito è venuto proprio dal ministro per le Attività produttive Antonio Marzano: "Cambiare la posizione del governo non è possibile. E tanto meno è possibile oggi, pochi giorni dopo il crimine compiuto contro un nostro collaboratore. Se si facesse marcia indietro adesso si potrebbe interpretare come il riconoscimento di questo tipo di azioni e mai e poi mai noi lo potremmo fare" (...come tutti sanno, la marcia indietro - con grattata del cambio - c'è stata. Un lustro dopo ci ha riprovato ancora lui - quello delle cene eleganti - in collaborazione col superfluo Sacconi. Ora siamo al Governo Fornero, ed al Ministro Monti. NdR)
Altri "maîtres à penser" (corpo grasso attorno al pensiero debole)
Anche Giuliano Ferrara ha accusato la piazza chiamata dal sindacato di essere schierata a favore della "conservazione di certe norme" (...ma va?...) Il direttore del "Foglio" è poi andato giù duro con Cofferati ("cattivo maestro dell'ambiguità politica") definendo il suo discorso "irresponsabile e rozzo". Renato Schifani ha letto nella iniziativa di piazza il "trionfo dell'uso politico del sindacato" (...ma va?...). Il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi ha esternato tutto il suo malessere politico. "E' un brutto giorno quello in cui si manifesta contro le idee di Biagi il cui Libro bianco la Cgil aveva definito 'limaccioso'. E' una manifestazione contro il governo ma anche contro Cisl e Uil". A suo giudizio la manifestazione di oggi "completa un circolo politico" avviato dalla Cgil fin dall'inizio della legislatura: il sindacato punta a diventare "la guida politica di uno schieramento sociale e politico antagonista senza 'confini' a sinistra"
Si, decisamente il tempo si è fermato. prendete gli articoli del marzo 2002, mixateli disordinatamente con quelli del marzo 2012, cancellate i nomi (non tutti... alcuni sono gli stessi) e poi provate a sbrogliare la matassa delle minchiate. Mission Impossible. Tafanus
(1) Alessandro Cè, nella sua lunga ed inutile esistenza, è riuscito già a militare prima nel craxismo, poi nella Lega Nord per l'Indipendenza della Padania, salvo stabilire, nel 2007, che la Lega «è diventato un partito di Palazzo, autoreferenziale, che fa solo gli interessi dei poteri forti». Cè andrà in regione Lombardia, al gruppo misto, fondando la corrente "Cristiani e Federalisti", di cui si è persa ogni traccia. Poi però, dopo lunga irriflesione, l'anima celtica ha finito col prevalere di nuovo, e ritroviamo il nostro (Alessandro c'è) coi "Lombardi Verso Nord", gruppo federato al movimento Verso Nord, fondato tra gli altri da Massimo Cacciari e Maurizio Fistarol (...ma Massimo Cacciari non potrebbe scegliere meglio le sue compagnie??? Prima Rettore dell'Università di don Verzè, professione bancarottiere, poi l'associazione con Fistarol e Cè... Caro Cacciari, ci dovrebbe essere un limite a tutto, persino alla stupidità... NdR)
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