Su Repubblica di oggi è apparso un fondo di Ezio Mauro magistrale per concisione, e per aver rimesso a posto alcune tessere del mosaico democratico del paese, che rischia di essere mandato in frantumi dal governo Fornero/Monti. A questo punto veramente non si capisce se abbiamo consegnato il Paese ad un ricco borghese che ha poche idee ma confuse su come funzionino i sistemi democratici parlamentari, o se l'abbiamo consegnato ad un ricco borghese che sa benissimo come funzionano, ma sta giocando una pericolosa mano di poker: quella di tentare, per via di bluff, di impadronirsi della testa (o meglio: della pancia) dell'elettorato di centro e di destra, con incursioni anche nel campo della sinistra moderata.
E' puntare alla pancia quando si dice alla Camusso che "deve stare al suo posto". Caro Monti, il posto della Camusso è esattamente dove la Camusso sta. Cioè alla guida del maggior sindacato del paese, il cui compito è quello di difendere gli interessi di una non insignificante quota di cittadini. Strano, vero, che alle "ingerenze" della Camusso sullo Statuto dei Lavoratori (maiuscolo voluto) abbia reagito con questa frase infelice, e invece non abbia invitato a "stare al suo posto" la signora Marcegaglia, che istituzionalmente svolge funzioni speculari - ma istituzionalmente non più importanti - di quelle che svolge la Camusso.
Cosa dedurne? che chi difende i lavoratori deve accucciarsi e "stare al suo posto", e chi difende gli industriali può invece debordare a piacimento? No, caro Monti. Non ci siamo. Lei saprà tutto su Tobin e Klein, ma noi la invitiamo caldamente a rileggersi i classici della sociologia politica, ad iniziare dal "Contratto Sociale" di Jean Jacques Rousseau. Lo tiri fuori (sono sicuro che alla Bocconi lo avete); se lo metta sul comodino, e ogni sera, prima di addormentarsi, se ne legga qualche paginetta...
"...Trovare una forma di associazione che difenda e protegga le persone e i beni degli associati sfruttando al massimo la forza comune, associazione nella quale ogni uomo, pur unendosi a tutti gli altri, non obbedisca che a se stesso e resti libero come prima". Questo è il problema fondamentale di cui il contratto sociale offre la soluzione. Le clausole di questo contratto sono talmente determinate dalla natura dell'atto, che la minima modificazione le renderebbe vane e di nessun effetto, sicché, anche se tali clausole non fossero mai state formalmente enunciate, esse sono dovunque le stesse, dovunque tacitamente ammesse e riconosciute, fino a quando - nel caso che il patto sociale venisse violato - ciascuno rientri nei suoi diritti originari e riprenda la propria libertà naturale, perdendo quella libertà contrattuale per la quale aveva rinunciato alla prima.
Queste clausole, ben interpretate, si riducono tutte ad una sola, e cioè alla cessione totale di ogni associato con tutti i suoi diritti alla comunità tutta; poiché ciascuno dona l'intero se stesso, la condizione essendo uguale per tutti, nessuno ha interesse di renderla più pesante per gli altri. Essendo inoltre tale cessione fatta senza riserve, l'unione che ne risulta è la più perfetta possibile e nessun associato ha alcunché da reclamare, infatti, se restasse qualche diritto ai singoli, dato che non vi è nessun superiore comune che possa decidere tra costoro e la collettività, ciascun uomo, potendo essere in qualche caso il suo stesso giudice, pretenderebbe di esserlo per ogni fattispecie che lo riguardasse; in tal caso lo stato di natura sussisterebbe e l'associazione diverrebbe di necessità o tirannica o inutile.
Infine, poiché ciascuno si dà a tutti, non si dà a nessuno in modo particolare, e, poiché non vi è un associato sul quale ciascuno non acquisti lo stesso diritto che egli gli cede, si guadagna sempre l'equivalente di ciò che si perde e in più un aumento di forza per conservare quello che si ha. Se dunque si leva al patto sociale ciò che non gli è essenziale, si troverà che lo si può ridurre ai seguenti termini: "Ciascuno di noi mette in comune la propria persona e ogni potere sotto la suprema direzione della volontà generale; e noi riceviamo ogni membro come parte indivisibile del tutto..." (J.I.Rousseau)
E veniamo alla lezione che le ha impartito oggi Ezio Mauro, sui rapporti fra volontà del governo e del Parlamento in una democrazia parlamentare. Lezione necessaria, visto che in questi giorni, fra inviti alla Camusso a "stare al suo posto" (inviti non fatti alla Marcegaglia), e giudizi tranciati sul "Paese" che non merita uno come lei, ha dato ampia prova di avere un concetto - diciamo così - forse alquanto sbilanciato verso l'alto, della sua persona e del suo ruolo. E se fosse lei a non meritare qiuesto paese? Tafanus
Il tabù rovesciato - di Ezio Mauro
Dunque, "se il Paese non è pronto" il governo potrebbe anche lasciare. Non è una frase felice quella pronunciata a Seul dal Presidente del Consiglio riguardo all'articolo 18. Chi certifica infatti quando il Paese è "pronto" e in base a quale canone? E soprattutto non siamo a scuola e non tocca ancora ai governi dare il voto ai cittadini: semmai l'opposto.
Non c'è alcun dubbio che se fino ad oggi il voto dei sondaggi per Monti è stato così alto, questo è dovuto in gran parte a due caratteristiche del Premier: il disinteresse personale e la capacità di decidere. C'è dunque un timbro di sincerità quando il Capo del governo spiega che non tirerà a campare pur di durare e non lascerà snaturare dalle Camere quello che considera "un buon lavoro".
Tuttavia la terza caratteristica di Monti è sempre stata, finora, il buonsenso governante. E qui nascono due questioni, una formale ed una sostanziale. La prima è che quando si sostiene che il Parlamento sovrano è il principale interlocutore del governo, bisogna poi saper ascoltare la discussione che si svolge nelle sue aule, rispettando la decisione finale.
La seconda è il carico improprio di ideologismo con cui la destra sta avviluppando quella che chiama "la libertà di licenziare", e che rischia di trasformare l'articolo 18 in un nuovo tabù, questa volta rovesciato. Per la "feroce gioia" di chi non guarda al lavoro ma intende solo regolare per legge conti sospesi dal secolo scorso con la sinistra e con il sindacato.
Occorre tornare in fretta al merito del problema, de-ideologizzandolo. Il modello tedesco non penalizza certo la produttività e la competitività delle imprese, ma lascia al giudice la possibilità di decidere il reintegro per il licenziamento economico, se si rivela illegittimo. È la forza del buonsenso governante: il Paese è già "pronto". Ezio Mauro.
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