Ascoltare oggi le sue parole - che raccontavano delle modifiche alle modifiche dell'art. 18 (scusate il bisticcio) e confrontandole con quelle dei giorni scorsi, secondo le quali il reintegro nei licenziamenti a carattere economico, era "materia non sottoposta a trattativa" - sembra che lei abbia vinto un incontro di boxe per KO tecnico.
Caro Monti, lei questa partita l'ha persa, e l'ha persa male. L'ha persa perchè pensava che fossimo ancora a novembre 2011, sotto la spinta e il terrore dell'emergenza default, che faceva accettare tutto a tutti. Invece siamo in aprile 2012, e la gente si è accorta che per evitare il default si sono menate le mani in una sola direzione, mentre si è accolto il principio che se notai, tassisti, banche, imprenditori e orefici rifiutano la loro quota di sacrifici, non c'è problema. Con cresce il rischio default, e non c'è la frase magica, passpartout, da declamare: "Ce lo chiede l'Europa".
Tutti hanno capito - e lei ha capito che tutti hanno capito - che all'Europa di come risaniamo i conti non gliene può fregar di meno. All'Europa frega solo che li risaniamo, possibilmente con provvedimenti strutturali. Articolo 18? Vuole scommettere con noi che se intervistiamo 10 eurodeputati stranieri estratti a sorte, non ne troviamo UNO che sappia raccontarci con larga approssimazione di cosa stiamo parlando?
Caro Monti, prima gli elettori di sinistra - ma anche molti di centro destra - hanno capito in che direzione lei preferisce pestare. A cascata, lo hanno capito i partiti di riferimento. Lo ha capito il PD, e Bersani le ha trasmesso forte e chiaro il messaggio che se avesse insistito su quella strada sarebbe andato a sbattere. Lo hanno capito gli Angeletti, e persino i Bonanni. Alla fine, lo ha capito anche lei.
Oggi leggiamo che secondo lei "l'articolo 18 è stata una grande conquista". Alla buon'ora! Meglio tardi, che mai. Ecco cone AdnKronos riporta le sue parole:
"...l'articolo 18 è stata una grande conquista, ma il mondo nel frattempo è cambiato - ha osservato ancora il ministro del Lavoro -. L'attuale rigidità in uscita contribuisce ad un deficit di investimenti esteri e ad una fuga di aziende italiane verso l'estero, una tendenza purtroppo già in atto». Per evitare un nuovo dualismo nel mercato del lavoro italiano, ha detto l'esponente del governo, è dunque stato scelto di non limitare la riduzione delle tutele ai soli giovani o ad un determinato lasso di tempo. Tra le novità c'è il ritorno del reintegro: nel caso di licenziamenti giustificati dalle aziende con la motivazione economica, il lavoratore potrà rivolgersi al giudice qualora ritenga che la motivazione stessa sia infondata. Il testo parla di «insussistenza» delle motivazioni: in questo caso il giudice potrà optare sia per il reintegro sia per l'indennizzo da 12 a 24 mensilità (nella prima versione si parlava del solo indennizzo per un importo pari a 15-27 mensilità)..."
Già, proprio quel reintegro che contro ogni logica, ogni principio giuridico, ogni principio di equità sociale, lei ha strenuamente escluso che potesse essere reintrodotto per i licenziamente per cause "oggettive, di tipo economico". Sano principio, che si è però sotterrato da solo sotto la slavina di "technicalities" scritte coi piedi (e poco interessa se siano state farina del suo sacco, o di quelli della Fornero, e/o della Marcegaglia (cha ancora oggi strillava come un'aquila contro l'upotesi di modifica).
Ci consenta, Prof. Monti: in tanti (e noi fra i primi), le avevamo indicato i punti che non stavano in piedi, in quella normativa premiale per i padroni delle ferriere di tutti i tipi e di tutte le dimensioni. Ne abbiamo scritto tanto, ma le ricordiamo un articolo per tutti:
Il Governo Monti, l'art. 18, e iol recupero della più becera ideologia di Berlusconi, Sacconi e Marcegaglia
Fra l'altro - e forse prima di grandi giornali e prima di sindacati gialli alla CISL e alla UIL, abbiamo provato a spiegarle alcune cose. Tre, su tutte:
-1) Addolcire la pillola limitando l'esclusione dall'art. 18 solo ai nuovi assunti (cioè riconoscere più diritti agli ultimi arrivati, che a chi si fa il mazzo da trent'anni) non solo era una trovata eticamente devastante, ma un'idiozia giuridica, che si sarebbe infranta al primo ricorso di incostituzionalità. Professore, lei è un Professore, quindi non ne avrebbe bisogno. Ma noi glielo ricordiamo lo stesso. L'art. 3 della Costituzione Italiana - primo comma - recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Possiamo consigliarle di farne un poster, da attaccare in camera da letto?
-2) La seconda bestialità umana e giuridica riguardava il principio che a decidere se un licenziamento fosse "economico" o "discriminatorio" fosse il datore di lavoro. Se un tribunale avesse capovolto questo giudizio, comunque il lavoratore sarebbe stato sottoposto al trattamento riservato ai licenziamenti economici (niente reintegro). Quindi avremmo avuto la possibilità di due tipi di licenziati: uno per motivi discriminatori, e l'altro per motivi discriminatori, ma definiti in prima istanza economici dal padrone. Mi consenta, Professore: i "licenziati col trucco" dovrebbero avere più diritti, non meno diritti rispetto ai licenziati per ragioni ingenuamente dichiarate discriminatorie. Se un licenziamento sia o meno discriminatorio perchè dovrebbe deciderlo il Commendator Brambilla, e non l'operaio Colombo? La parola di un cittadino contro quella dell'altro. In mezzo, la magistratura, che deve garantire gli uni e gli altri. O no?
-3) Infine, la "Scemata Suprema" (e mi scusi se le scemate le chiamo scemate, senza giri di parole): l'onere della prova a carico del licenziato. Cioè a carico della parte più lesa e più debole. E perchè mai? Se Tizio accusa Caio di avergli rubato la merenda, tocca a Tizio dsimostrare l'esistenza del furto, o tocca a Caio - che non ne ha la minima possibilità - l'onere di dimostrare il contrario? Di grazia, Professore, come farebba Caio a dimostrare di NON aver rubato la merenda???? Ma si rende conto di quanto sia scema questa scemenza? Sa... mi risuona in testa un vecchio adagio... "in dubio, pro reo"...
Sa, non c'è bisogno di elevata cultura giuridica, per capire questo semplice principio. Basta la mia colf, e Wikipedia:
"In dubio pro reo: locuzione latina usata in ambito del diritto penale, dal significato letterale «nel dubbio, [giudica] in favore dell'imputato». Questa frase, tratta dal Digesto Giustinianeo (D.50.17.125) indica che è meglio che il giudice, quando non v'è certezza di colpevolezza, accetti il rischio di assolvere un colpevole piuttosto che condannare un innocente"
E lei vorrebbe che fosse il Cipputi, neo-disoccupato potenziale, a dover pagare avvocati per dimostrare che a mentire non è lui, ma il Comm. Brambilla? Andiamo, Professore! siamo seri!
Lei non ha vinto questa battaglia. Sono gli altri che, sconfiggendola, forse consegneranno al suo governo un "certificato di permanenza in vita". A sua insaputa. E ora si dia una calmata, Professore. E dopo essersi occupato con molta benevolenza dei problemi del decile più ricco, potente e protetto della popolazione, cerchi di ricordarsi di quell'altro 90%. Esiste, sa?
Tafanus.
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