Leggo questo messaggio dell'amico Amedeo Piva, messaggio che non posso non far mio e comunicare a voi. Come al solito, generalizzare non va, e rinunciare a distinguere è solo e sempre segno di pigrizia mentale.
Che la delinquenza di una minoranza di parlamentari, perché di minoranza si tratta, debba offuscare la rettitudine di una maggioranza che non fa cronaca e non va in prima pagina, è segno di un analfabetismo socialpolitico che preoccupa e mette paura. La democrazia richiede una maturità che molti non hanno e che invece pretendono dagli altri. Se anche fosse vero che tutti i politici sono ladri e delinquenti, la domanda che si pone e che mette in crisi noi e non loro è: "Ma chi ce li ha mandati in parlamento? Lo Spirito Santo?".
Finchè andremo alle urne, imbalsamati nelle bende consortili e cortigiane dei nostri piccoli e immediati interessi familiari o amichevoli e di simpatia o di mercantili favori, ma incoscienti del nostro essere CITTADINI, preoccupati della GENERALE situazione e di un FUTURO cui mettere fondamenta, la democrazia sarà sempre zerbino per maneggioni, ladri e millantatori! Così come la storia degli ultimi venti anni ci insegna! Eccovi, allora, il messaggio dell'amico Amedeo. Un abbraccio.
Aldo Antonelli
“I PARTITI SONO I VERI NEMICI DI MONTI”
Ho provato un forte senso di fastidio nel leggere questo titolo, “I partiti sono i veri nemici di Monti”, che riassume la posizione dell’economista e giornalista Ernesto Auci su Firstonline
Auci muove da constatazioni e considerazioni piuttosto diffuse, per offrire la sua ricetta, non certo originale, su come far ripartire l’economia. La ripresa dell’Italia dovrebbe trovare avvio in un robusto taglio della spesa pubblica che potrebbe, nel breve tempo, dare le risorse necessarie per abbassare le tasse su redditi, lavoro e imprese e rimettere in moto, quindi, consumi ed investimenti.
L’autore condisce questa sua analisi con un’invettiva pericolosa e demagogica (va molto di moda, ora!), rivolta indiscriminatamente a tutti i partiti che andrebbero "alla ricerca di una facile popolarità con proposte demagogiche ed irrealistiche che, spacciate come eque e compassionevoli nei confronti dei sacrifici dei cittadini, finiscono in realtà per acuire i malanni del Paese condannandolo ad una lunga depressione.”
E poi “Il Governo Monti deve guardarsi dall’abbraccio dei partiti che formalmente lo sostengono, ma che in realtà sono solo alla ricerca di formule miracolose per continuare a fare quello che hanno sempre fatto e cioè distribuire soldi e posti alle proprie clientele”.
Mi ha infastidito questa filippica dell’economista perché consolida, ingiustamente, un modo di pensare che si sta diffondendo, e cioè che si salverà l’Italia demonizzando i partiti. E proprio nel momento in cui sarebbe indispensabile entrare nel merito e riconoscere il grande lavoro di ricucitura che, sia pure con limiti-errori-ambiguità, stanno realizzando insieme Alfano, Casini e Bersani.
Provasse il Governo Monti a guidare il Paese senza queste difficili mediazioni e in un baleno gli sconvolgimenti della (piccola) Grecia travolgerebbero l’Italia e non lascerebbero tranquilla l’Europa!
L’economista Auci ritiene anche che la riduzione della spesa pubblica sarebbe “uno scherzo per qualsiasi buon manager chiamato a risanare un’impresa in difficoltà”. Non ne sarei così sicuro. Qualcun altro, in un recente passato, ha creduto di poter gestire un Paese come fosse una grande azienda ed esportare in ambito politico i suoi successi imprenditoriali. In tanti ci hanno creduto, cedendo a un’illusione le cui conseguenze ci stanno costando un carissimo prezzo.
Sull’abilità e capacità dei “salvifici” manager – rispondendo a demagogia con demagogia – basterebbe ricordare che una delle tappe di questa crisi ha avuto come protagonisti i prodotti finanziari inquinati messi sul mercato non dai politici ma dai banchieri, che hanno rubato i risparmi e avvelenato il mercato.
Ma forse vale di più un invito a riflettere con maggior pacatezza, non fare di ogni erba un fascio, non cedere né alla demagogia anti-partitica, né all’arroccamento acritico su posizioni di strenua difesa dello status quo. Vale molto di più condividere le responsabilità e rimboccarsi le maniche (sì, proprio rimboccarsi le maniche, come fanno Bersani ed Enrico Letta).
Aldo Antonelli
Caro Aldo,
vorrei ricordare a te e ai lettori chi è Ernesto Auci. Giusto per non aiutarlo ad essere definito "un economista". Leggiamo le sue note biografiche da una fonte non sospetta:
ERNESTO AUCI - Nato a Roma nel 1946, ha conseguito la laurea in Economia e Commercio presso l’Università della capitale nel 1969. Giornalista praticante a “Il Globo”, quotidiano economico romano di proprietà della Confindustria, è diventato professionista nel 1970. Due anni dopo è passato a “IlSole24Ore” di Milano con la qualifica di redattore. Del quotidiano allora diretto da Alberto Mucci è stato, quindi, capo servizio per la finanza (1974) e vice direttore (1978).
Passato al Gruppo Rizzoli in qualità di vicedirettore de “L’Europeo” nel 1979, quando il giornale era affidato a Mario Pirani, ha, quindi, lavorato a “Il Mattino” di Napoli: prima come caporedattore e poi come inviato articolista. Nel 1984 è stato nominato Direttore Centrale per la Relazioni Esterne della Confindustria e dal 1992 al 1997 è stato responsabile dell’Ente Informazione e Stampa di Fiat SpA.
Nel 1997 è stato nominato Direttore responsabile de “IlSole24Ore” ed in seguito è stato anche Amministratore delegato de "IlSole24OreSpA". Nel dicembre 2002 è diventato Presidente e Amministratore delegato della ITEDI, Amministratore delegato dell’Editrice “La Stampa” e Presidente della Publikompass. Dal 1° dicembre 2004 è responsabile delle Relazioni Istituzionali di Fiat SpA. Cura i rapporti con le istituzioni nazionali ed internazionali e coordina tra l’altro le attività delle sedi di Roma e di Bruxelles. Alla stessa data ha lasciato le cariche ricoperte in ITEDI, nell’Editoriale La Stampa e in Publikompass rimanendo come consigliere nelle prime due società.
Insomma, una vita sotto l'ombrello della Confindustria e della Fiat, cioè di due organizzazioni specializzate nell'arte suprema del "chiagne 'e fotte". Gli manca solo una cattedra alla Luiss (ma arriverà, prima o poi, vedrai...) e il suo destino sarà compiuto. Quale meraviglia se esprime le idee che esprime? Mi meraviglierei se esprimesse qualche idea in favore non già dei padroni delle ferriere, ma della "ggente comune".
Quando un sedicente economista - nato e cresciuta sotto la coperta di Linus della Fiat e di Confindustria - fa affermazioni come questa: "...la riduzione della spesa pubblica sarebbe “uno scherzo per qualsiasi buon manager chiamato a risanare un’impresa in difficoltà...”, mi viene da chiedergli un paio di cosine:
-a) I partiti suoi amici, dalla nascita della Repubblica in poi, hanno governato per l'85% del tempo. Perchè Auci non li ha bacchettati, quando giocavano a "culo e camicia" con la classe imprenditoriale?
-b) se tutto è "as simple as that", perchè il prode Augi, anzichè limitarsi a far uscire aria dall'orifizio orale, non si è mai proposto come genio della politica attiva, o almeno come piccolo padroncino, dove rischiare - grazie alla sua genialità - soldi suoi e idee sue, senza salvagente, coperte di Linus e poltroncine confindustriali? Ad Auci la spiegazione.
Un abbraccio, Antonio
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