Francia, i sondaggi lanciano François Hollande. Sarkozy cede voti alla destra di Le Pen. A quattro giorni dal primo turno, il presidente uscente crolla nelle ultime previsioni di voto: tra i suoi elettori sale la tentazione di preferire il Front National, mentre a sinistra il candidato socialista guadagna consensi
PARIGI - Fuga in avanti di François Hollande, crollo improvviso di Nicolas Sarkozy. A meno di quattro giorni dal primo turno, continuano le montagne russe dei sondaggi. Nelle ultime rilevazioni, il candidato socialista supera quello della destra di almeno due punti (29,5% per Hollande contro 27,5% per Sarkozy). Secondo altri istituti lo scarto sarebbe addirittura di quattro punti (29% contro 25%).
Tutti i sondaggisti registrano una rimonta di Marine Le Pen, tra il 14 e il 17% delle preferenze, a danno di Sarkozy. La leader del Front National dovrebbe conquistare la terza posizione nel voto di domenica, a scapito di Jean-Luc Mélenchon, candidato del Front de la Gauche (tra il 13 e il 15%) in leggero calo.
Molti esperti raccomandano prudenza. L'astensionismo potrebbe essere elevato, intorno al 30% dell'elettorato. Gli indecisi sono in aumento ed esiste una forte "volatilità" dell'elettorato tra i candidati degli stessi schieramenti. Alcuni elettori, dicono i politologi, possono cambiare idea fino al giorno prima del voto, addirittura al momento di entrare nel seggio. E' quello che rende imponderabile il primo turno, uno scrutinio che serve spesso a esprimere un voto di opinione.
La presenza di dieci candidati, alcuni quasi sconosciuti e "meteore" del mondo politico, rende complesse le previsioni di questo turno delle presidenziali. Non sarebbe la prima volta che i sondaggi sbagliano. E' ancora forte il ricordo del clamoroso flop del 2002, quando nessuno aveva previsto che Jean-Marie Le
Pen potesse superare l'allora candidato socialista Lionel Jospin e arrivare al secondo turno contro l'allora presidente Jacques Chirac.
Una tendenza che è confermata, sondaggio dopo sondaggio, è quella del vantaggio di Hollande su Sarkozy al ballottaggio previsto il 6 maggio. Su questo, tutti gli istituti concordano. Lo scarto è valutato con un minimo di sei punti (54% contro 48%) fino a un massimo di sedici (58% contro 42%) secondo l'ultima rilevazione pubblicata da Csa. "Se perdo, sarò il solo responsabile" ha detto il Presidente-Candidato Sarkozy in un'intervista a L'Express. Una battuta che lascia filtrare il dubbio della sconfitta. Come quando aveva detto, qualche settimana fa, che si sarebbe ritirato dalla politica in caso di mancata rielezione. Una minaccia, un modo di mettere pressione sugli indecisi a destra? A dispetto dei sondaggi, la campagna va avanti come se tutto fosse ancora possibile. "Mi batterò fino alla fine" ha annunciato Sarkozy ieri in Bretagna. Il suo ultimo comizio, prima di domenica, sarà a Nizza, feudo del Front National. Un elettorato che in parte lo aveva votato nel 2007 e che ora sembra voltargli le spalle
(ANSA/Repubblica)

Questa è una buona notizia, perchè potrà spostare voti di destra moderata da Sarkozy a Hollande, accrescendone le possibilità di vittoria. Ed è una buona notizia per noi italiani
Forse le presidenziali francesi potranno dare una svolta alle suicide politiche economiche dell'eurozona, fin qui guidate dalla folle ologarchia di Sarkozy e della Merkel, ma di fatto dalla Merkel, col comico Sarkozy al guinzaglio: obbediente cagnolino felice di scodinzolare accanto al capo-branco. I risultati delle folli politiche recessive della Merkel sono sotto gli occhi di tutti. L'Europa ridotta a una sorta di fortino dell'euro-marco, i "Piigs Countries" condannati a politiche economiche recessive pro-cicliche, che aggravano il male anzichè curarlo. Le previsioni delle istituzioni economiche (dalla BCE, al FMI, alla OCSE) che a turno peggiorano le previsioni economiche dell'eurozona, e spostano sempre più in avanti la data della radiosa ripresa. Un giorno saremo tutti senza debiti, senza lavoro e senza speranza.
Per quanto riguarda l'Italia, l'accettazione - senza oppore una linea Maginot di resistenza - ai diktat della culona, sono sotto gli occhi di tutti. Nonostante gli sforzi economici fatti dal paese (iniqui ma enormi), in cinque mesi il debito pubblico è passato dal 120% al 123,4% di un PIL in calo. Cambiali in bianco, che rassomigliano all'acquisto gioioso di una robusta corda insaponata a cui impiccarsi. Quale mente folle, in un paese che si trova nelle condizioni dell'Italia, ha potuto accettare di costituzionalizzare il pareggio di bilancio, e il rientro di un ventesimo all'anno della differenza fra il debito ammesso (60% del PIL) e quello effettivo?
Lo ha dovuto fare Berlusconi, quando ha dovuto abbandonare - obtorto collo - la favoletta della crisi che non c'era, e che ove mai vi fosse stata a sua insaputa, l'Italia ne era uscita prima e meglio degli altri. Ma la decisione è stata avallata da Monti, ed è una decisione folle, perchè rischia di far avvitare l'Italia in una sindrome greca.
Cinque mesi fa, con un PIL in calo di alcuni decimali di punto, e con un debito al 120%, ci eravamo impegnati a ridurre il debito di 3 punti di PIL all'anno, pari a circa 45 miliardi. Ai quali dobbiamo aggiungere 70 miliardi di costo del debito. Totale, 115 miliardi di avanzo primario all'anno da "costruire".
A cinque mesi di distanza, ci ritroviamo col debito passato dal 120% del PIL al 123,4%. Per il combinato-disposto dell'aumento del debito, e del progressivo aumento del costo per maggiori interessi su maggiori importi, il costo del debito passerà a non meno di 90 miliardi di euro, e il fiscal compact ci imporrà di ridurre il debito di 50 miliardi. L'avanzo primario che dovremmo generare passerà da un folle ammontare di 115 miliardi, ad uno - superfolle - di 140 miliardi.
Ormai possiamo finanziarci solo presso gli strozzini. Ci vorrebbe un Keynes, un Marshall, e invece ciò che abbiamo è la ridicola coppia Sarkozy-Merkel, con Monti a fare da comprimario, senza palle e capacità contrattuale per denunciare lo sciagurato fiscal-compact, mandare all'aria l'impegno estorto al'accoppiata Berlù-Tremò per la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, e spiegare che è giunto il momento, in Europa - a costo di pagare un prezzo in termini di ripresa di un certo tasso d'inflazione, di rimettere cautamente in moto la macchinetta che stampa gli euri.
Quindi durante il prossimo week-end, anzichè tifare per Del Piero, tiferò per François Hollande e per la Aubry.
Tafanus.
SOCIAL
Follow @Tafanus