Mi è tornata in mente, chiara e netta, nella sua apoditticità, questa citazione dl Plinio, nell’ascoltare le esternazioni (come le vogliamo chiamare?) di Monti in Giappone, a proposito dei “Tecnici” e della “Politica”. “Calzolaio, non andare oltre la scarpa! Non fare il passo più lungo della gamba! Non sentenziare su ciò che non ti compete! Sei un tecnico? E fai il tecnico…!
Anche se su questo nuovo ritornello delle telenovela italiana, che come mantra ci viene ripetuto in maniera ossessiva, fino ad addormentare la ragione mettendo a tacere ogni voce critica, c’è molto, ma molto da ridire. E, infatti, pensate voi che esiste una tecnica che sia neutrale e che non sia interna o funzionale ad un progetto di economia o di società che pur si voglia? Ma qua siamo, allora, già nel politico!
Credete voi che possano esistere scelte “neutre” e indifferenti ai fini del “vivere”, dell’ “operare” e del “sentire” degli uomini e delle donne nella concretezza della vita di ogni giorno? Se anche così fosse (ma così non è!) la stessa tecnica diventerebbe “ideologica” e modificherebbe anche a livello antropologico, l’uomo che da essere “cogitans” diventerebbe semplice “homo faber”. Cosa di più tristemente politico di ciò?
Questo pericolo è avvertito da persone non credenti come Umberto Galimberti e da teologi come Giannino Piana.
Il primo scrive: “Si ha l'impressione che, nella nostra epoca, la tecnica non sia più uno strumento nella mani dell'uomo, ma, nel governo del mondo, abbia preso il posto dell'uomo, riducendo quest'ultimo a semplice funzionario, quando non a semplice ingranaggio dell'apparato da essa dispiegato". (La Repubblica, 11 nov. 2005)
Giannino Piana, teologo e moralista gli fa eco: "Laddove la tecnica diventa il valore preponderante non vi è più spazio per ciò che sta fuori dalla logica del fare, mentre ad attanagliare le coscienze è una sorta di volontà di potenza, che ha i caratteri di un vero e proprio pregiudizio ideologico, per il quale l'unico obiettivo è la trasformazione della natura e della società secondo un modello di mera funzionalità". (Pregare e fare giustizia; p.31)
Ma già il compianto e grande Raimond Panikkar ebbe a stigmatizzare che "una delle caratteristiche più insidiose della tecnologia è quella di presentarsi come un fatto compiuto, dichiarandosi poi indispensabile per risolvere i problemi che ha suscitato".
E quindi a Monti ripetiamo e gridiamo a squarciagola: “Sutor non ultra crepitam”!
E noi, anche di fronte ai tecnici, non stiamo zitti, ma prendiamo posizione. Perché la neutralità favorisce sempre l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato".
Aldo Antonelli
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