In questi giorni di calcio, palme, agnelli, gite fuori porta con la frittata di pasta, molti giornali hanno riportato con molta meraviglia la notizia che negli ultimi tre anni, nelle classi d'età under 35, si sono persi più di un milione di posti di lavoro.
Nessuno ha colto la vera notizia, tragica, che diamo a livello previsionale da anni, con testardaggine: che in un paese che invecchia, nel quale i posti di lavoro sono inchiodati da mille anni intorno ai 23 milioni, e nel quale il traguardo dell'età pensionabile (e del ricambio del personale) si sposta sempre più avanti, non poteva che succedere quello di cui finalmente sembrano accorgersi persino i nostri mitici giuslavoristi. Vediamo la tabella, presa da Repubblica di ieri:
La notizia, di fatto, non è che si siano persi 1.053.000 posti di lavoro fra gli under 35; la notizia è che i posti di lavoro persi in totale sono stati 434.000 (comunque tantissimi) fra tutte le classi d'età. Con una spaventosa variante qualitativa: 1.238.000 posti di lavoro persi fra gli under 44 (cioè fra persone nel pieno delle loro forze e del loro potenziale creativo e lavorativo), e 804.000 posti di lavoro "guadagnati" fra gli over 44.
In altri termini, come ampiamente previsto e predicato da anni, da noi e da altri non-giuslavoristi, spostare sempre più avanti l'età della pensione non permette un ricambio generazionale, lascia al lavoro persone stanche, demotivate, e costose, e crea masse di giovani sfiduciati, sbandati, senza futuro, e pronti a qualsiasi richiamo, anche eversivo. Cos'hanno da perdere?
Una ultima considerazione: negli anni del baby-boom, 1.238.000 persone rappresentavano grosso modo 15 mesi di nascite. Da quando la natalità italiana (insieme a quella giapponese) è scesa ai livelli più bassi al mondo, ciò che stiamo combinando in Italia significa, sic et simpliciter, che in tre anni siamo riusciti a rimandare l'età d'ingresso al lavoro dei nati in circa due anni e mezzo. Una tragedia epocale.
Credo che se non ci sarà una seria, profonda inversione di rotta, l'Italia potrebbe ritrovarsi, fra non molto, a vivere una nuova stagione di anni di piombo. E non è certo un augurio, il mio, ma solo un grande, profondo, fondato timore.
Tafanus.
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