La politica, Beppe Grillo e i suoi assessori a 5 stelle (lusso)

I sosia
Ci vuole niente a passare dalle buone intenzioni al surreale. La richiesta di curriculum per vagliare «assessori a 5 stelle», avanzata dal candidato sindaco grillino di Parma, è di quelle che non avrebbero sfigurato nella commedia all’italiana. Ma prima ancora bisogna soppesare questa storia degli «assessori a 5 stelle». Non solo partendo dal fatto che, come sosteneva il carosello di una marca di salumi (e un mirabile cantautore in una delle sue più belle canzoni), «le stelle sono tante, milioni di milioni» – tenuto conto dell’abbondanza, Parma potrebbe ritrovarsi con più assessori di quanti guerrieri di terracotta (circa ottomila) ebbe l’antico imperatore cinese. Non è questo, non è il rivangare in lode la società civile e il rimestare in letame quella politica: i ladri! i corrotti! i figli di mignotta! – di là; la gente! gli onesti! i poveri figli di mamma! – di qua! Sobrietà, soldi pochi, integrità – braccino corto sempre. Ottime intenzioni. Bene.
L’«assessore a 5 stelle» se lo potrebbero permettere, diciamo, al municipio di Dubai. A cena ad Arcore (una volta: assessora femmina, però). Alla corte di Putin, casomai. Ma con l’aria che tira – e l’aria che tira soffia voti dalla parte dei grillini come il polline agli allergici – sarebbe opportuno richiedere «assessore a mezzo servizio», oppure «assessore a 1 stella», crepi l’avarizia, «assessore a 2 stelle», ma con colazione e mezza pensione. L’«assessore a 5 stelle» ha un che di pretenzioso nella sua definizione giornalistica – lo immagini varcare la soglia municipale con un volpino al guinzaglio e un gessato di Cetto La Qualunque. Molto meglio – siamo a John Wayne, 1973 – «un assessore alla stella di latta»: amministratore coi controcazzi, lo sceriffo che la portava nel film.
IL NUOVO TOTEM - Poi, il curriculum. Ormai tutti vogliono il curriculum – dalla Rai ai primi cittadini. Il totem del nuovo che avanza, tra la rivoluzione e Alberto Sordi – ma ‘ndo vai / se il curriculum non ce l’hai? Vi immaginate se avessero chiesto, per dire, il curriculum a Luigi Petroselli? Funzionario di partito a Viterbo? Vade retro! Vagliare curriculum è noioso – oltre che, probabilmente, inutile. C’è da ipotizzare il trionfo di qualche personale, mesta megalomania. Sa di chiusa, faticosa burocrazia. Fidarsi del curriculum? Un curriculum (per 5 stelle o per un cielo di nuvole a pecorelle) sempre e comunque resta ciò che descriveva un’immensa poetessa, Wislawa Szymborska – ché niente del nostro essenziale un curriculum di micragna esistenziale può contenere, «conta di più chi ti conosce che chi conosci tu… l’appartenenza a un che, ma senza un perché. Onorificenze senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai con te stesso e ti evitassi…». Le stelle meglio cercarle nelle poesie (quelle grandi). Nel curriculum, a volte, a scrutare in controluce, s’intravedono stalle velate. (Di Stefado Di Michele - l'Unità)
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Grillo è uno. Tutti gli altri son nessuno
Ormai nei talk show si parla solo dei grillini, che poi non vogliono essere chiamati così, ma allora devono fornirsi di un altro nome, perché francamente movimentocinquestellisti richiede uno sforzo esagerato. Non per dare ragione al presidente Napolitano, ma almeno dalla nostra postazione televisiva, il «boom» dei grillini non lo abbiamo sentito neanche noi. Abbiamo però conosciuto tre nuovi personaggi, giovani e simpatici, ma abbastanza deludenti dal punto di vista politico.
Il primo dei tre è già sindaco di Sarego, paese noto per essere sede del parlamento padano, inesistente come la padania tutta. Si chiama Roberto Castiglion e ha l’aria gentile di quello che una volta si sarebbe detto un ragazzo dell’Azione Cattolica. A precisa domanda di Andrea Vianello, conduttore di Agorà, non ha voluto dire per chi ha votato nelle elezioni precedenti, ma siccome lo aveva già dichiarato in una intervista, abbiamo saputo che in passato ha votato un po’ per tutti, tranne che per la Lega. È già qualcosa.
Altro grillino, altra storia: Paolo Putti, laureato in fisica, molto votato a Genova. Purtroppo, nell’entusiasmo delle prime ore di esposizione televisiva è incappato in un fantozziano «se andessimo» che non possiamo proprio perdonargli. Meglio un vaffanculo alla Grillo.
Terzo grillino conosciuto in tv: Federico Pizzarotti di Parma, ancora in corsa nel ballottaggio. Anche lui, come gli altri, fa un gran parlare di «stare tra la gente» e ascoltare tutti, ma secondo noi della vecchia scuola, la politica deve anche saper dire la sua, perché se no rischia di fare la fine della Lega: si parte dal territorio e poi si comprano le lauree in Albania. In conclusione, ha ragione Beppe Grillo, che di spettacolo se ne intende: i grillini in tv farebbero meglio a non andarci, se non vogliono sembrare uguali agli altri. Magari anche un po’ peggio.
(Maria Novella Oppo - Fronte del Vodeo - l'Unità)
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