Ormai sono sei anni che periodicamente ci tocca scrivere di Felice Crosta, funzionario di una delle regioni più disastrate d'Europa, ma pensionato felice. Da 1.400 euro. Non al mese, ma al giorno. Totò Cuffaro gliel'ha data, e guai a chi gliela tocca.
Bisogna capirlo. Eh già... i diritti acquisiti... Quelli che non valgono per i 390.200 esodati. Su Felice Crosta (omen, nomen) avevamo scritto un primo post il 23 ottobre 2006: Totò Cuffaro e Felice Crosta, e un secondo il 20 marzo 2010: Felice Crosta a tutti! Offre Totò Vasa Vasa Cuffaro.
Oggi ci tocca tapparci il naso, e ritornare sull'argomento, dopo aver letto questo articolo di Emanuele Lauria (Repubblica/Palermo), che riportiamo in sintesi:
Sicilia, lo scandalo del pensionato d'oro: "Rivoglio i miei 1400 euro al giorno" - Felice Crosta si aggrappa a un cavillo giuridico per non perdere i suoi privilegi.
Ha deciso di adire l'ultimo tribunale, la Cassazione, per far valere i suoi diritti di pensionato più ricco d'Italia, in grado di guardare dall'alto in basso ex governatori di Bankitalia e giudici della Consulta. Il 10 luglio toccherà alla Suprema Corte dire la parola definitiva su una vicenda che, dopo essere stata rivelata da Repubblica nel marzo del 2010, ha attraversato i tempi della crisi con la violenza di una deflagrazione, riempiendo pagine di libri e animando dibattiti televisivi.
Crosta era uno dei superburocrati siciliani più rispettati, che l'ex governatore Totò Cuffaro - ora in carcere per scontare una condanna a sette anni per favoreggiamento alla mafia - nominò nel marzo del 2006 a capo dell'Agenzia per i rifiuti: un incarico che valeva oltre 460 mila euro l'anno. Crosta accettò la proposta e si dimise dopo pochi mesi. Ma quell'indennità percepita così brevemente gli valse comunque come base pensionabile, in forza di una "leggina" che l'Assemblea regionale siciliana aveva varato a fine 2005, cioè proprio alla vigilia della nomina: un caso?
Chissà. Di certo, declinato l'astro di Cuffaro, Crosta passò all'incasso: e all'amministrazione, nel frattempo transitata nelle mani di Raffaele Lombardo e divenuta ostile, chiese il conto: «Non si tratta certo di un regalo, io ho lavorato per 45anni», spiegò il dirigente.
La Corte dei Conti, in primo grado, all'inizio del 2010 aveva pure riconosciuto il suo diritto. E la sua pensione da record. Crosta l'ha regolarmente e legittimamente percepita per un paio d'anni. Nel dicembre scorso l'appello ha però ribaltato il verdetto, stabilendo che al manager pubblico debba essere riconosciuta una pensione commisurata all'indennità percepita prima del "regalo" di Cuffaro: 227 mila euro annui, circa la metà dell'assegno fino a quel momento percepito. Una cifra che comunque pone Crosta ai vertici delle classifiche reddituali del pubblico impiego.
La storia sembrava essersi conclusa, con la soddisfazione dell'attuale governo della Regione Siciliana, ente che ha un indebitamento superiore ai cinque miliardi, e che ha subito chiesto al dirigente di restituire 1,5 milioni di euro di arretrati. Caterina Chinnici, la figlia del giudice ucciso dalla mafia, che fa l'assessore nella giunta Lombardo, parlò di una sentenza che restituiva equità al sistema pensionistico siciliano, visto come «emblema di sprechi e malcostume» e cancellava un «grave danno d'immagine» per l'amministrazione.
Ma Crosta, che di mestiere fa l'avvocato, non si è rassegnato. E, malgrado la Corte dei Conti preveda due soli gradi di giudizio, si è rivolto alla Cassazione, contestando la composizione del collegio che gli ha dimezzato l'indennità: ne faceva parte con voto deliberativo, è scritto nel ricorso, un referendario «non in veste di relatore». La legge lo vieterebbe. Un cavillo, appunto. Che però potrebbe annullare la sentenza della magistratura contabile e restituire al burocrate il suo maxi-assegno.
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