Possiamo dire "l'avevamo detto"? Le auto-glorificazioni di Grillo in rete, crollano miseramente, sotto i colpi di una ricerca scientifica condotta dal docente di Comunicazione aziendale e linguaggi digitali allo Iulm di Milano, Marco Camisani Calzolari.
Di fatto noi avevamo già da anni contestato i dati della partecipazione alla "Leopolda" dei rottamatori Renzi & Civati, che straparlavano di 10.000 "partecipazioni", in uno spazio dove ce n'entrano si e no un quinto. Messi di fronte ai numeri - come sempre implacabili - Renzi non ha mai risposto, Civati ha ammesso che di trattava di "adesioni via facebook" (cioè di click), non di presenze in carne ed ossa.
Stessa diatriba sui "sondaggi con metodologia CAWI" della SWG. Abbiamo denunciato con un'inchiesta sui criteri di reclutamento degli "intervistandi" il fatto che addirittura gli intervistandi - registrati - venivano immessi in una sorta di raccolta di punti-fedeltà. E nell'arte di ficcarsi in questi panel, chi più adatto dei grillini, ignoranti di tutto, ma espertissimi di meetup e affini?
Ora viene fuori questo studio, serio, sulla sòla dei "mi piace" Grillo, su Twitter e Facebook. Grillo minaccia querele a "Repubblica" e al "Fatto". Chissà perchè non all'autore dello studio, e alle altre decinde di giornali e siti che hanno dato conto della notizia, incluso il nostro! Eh no Grillo, ci tengo alla mia querela. Mi spetta. Direi che sono addirittura un pioniere, nello smascherare tanti aspetti del suo cazzarismo. Perchè privarmi del piacere di una querela?
Ma veniamo ai fatti. Avrei potuto prenderli da qualsiasi giornale, ma ho sceltoun articolo di Davide Casati su "l'autorevole" Corriere della Sera (si dice così?) anche perchè, nei giorni a cavallo delle amministrative, il corrierone è stato acriticamente fra i maggiori amplificatori del trombonismo grillista, arrivando a pubblicare, nei giorni di massima gloria, fino a circa quaranta fra lettere ed articoli al giorno sul cazzarismo grillista. Che almeno adesso il Corrierone paghi un prezzo...
Grillo su Twitter? «Sono fasulli il 54% dei seguaci» - Studio sui «follower» di partiti e leader: «Il seguito reale è di 164.751» (...su 600.000 dichiarati. NdR). Ma lui ribatte: «È una ricerca inattendibile»
MILANO - Gli ultimi sondaggi lo danno in calo. Ma c'è un campo nel quale il Movimento 5 stelle, e il suo fondatore Beppe Grillo, vantano un primato: ed è quello dell'uso della Rete. Primato indiscusso - almeno fino a ieri. Quando una ricerca ha messo in dubbio la stessa esistenza «reale» del 54% dei follower su Twitter del comico. Insomma: oltre la metà delle persone che leggono i tweet di Grillo non sarebbero esseri umani ma «Bot», ovvero programmi in grado di effettuare operazioni in automatico sul web «fingendosi» umani.
A far emergere il dato è uno studio condotto dal docente di Comunicazione aziendale e linguaggi digitali allo Iulm di Milano, Marco Camisani Calzolari. Il professore, patron della Digital Evaluations (società specializzata nella misurazione del valore dei social media), ieri ha pubblicato sul suo sito i primi risultati di una mappatura dei follower twitter di partiti e leader politici. E quei risultati sono decisamente interessanti.
Sui circa 600 mila fan del guru dei 5 Stelle, quelli ritenuti quasi certamente falsi sono 327.373. Ovvero il 54,5%. I follower sicuramente reali sono invece «solo» 164.751, il 27,4% del totale. Il resto è invece composto da un 6,3% di account protetti - dei quali non è possibile controllare le interazioni - e da un 11,6% di incerti. Il tutto, spiega Calzolari nelle conclusioni del suo paper, «secondo l'algoritmo descritto» nella ricerca.
Non si tratta di una precisazione di poco conto. Perché Beppe Grillo, una volta letto lo studio, ha reagito. Con apparente noncuranza, dietro la quale si celava un'indubbia irritazione. «Certe accuse lasciano il tempo che trovano», ha scritto sul suo profilo facebook, demandando all'articolo del sito Linkiesta.it l'onore della smentita. Il pezzo del quotidiano online, firmato dall'epistemologo Paolo Bottazzini, mette in discussione la ricerca del docente dello Iulm dalle fondamenta: «La questione che suscita perplessità nell'operazione di Camisani Calzolari - si legge - è la pretesa di etichettarla come ricerca scientifica». Il punto, secondo Bottazzini, è che lo studio non ha motivato i criteri usati per distinguere un «umano» da un Bot.
Ma Calzolari, al «Corriere», respinge l'accusa. «I parametri usati sono molti più di quelli indicati da Bottazzini. Non solo: abbiamo confrontato comportamenti presumibilmente associabili a Bot e altri associabili a umani, "pesando" ognuno di essi. Ma soprattutto, anche rendendo più stringenti i criteri, i risultati non cambierebbero di molto».
Ma perché Grillo («attenzione, non solo lui», corregge il professore, rimandando al resto della sua ricerca, in arrivo nelle prossime settimane) avrebbe interesse a farsi seguire da «non umani»? «I politici, ancor più delle aziende, hanno bisogno di usare numeri per mostrare la loro forza in termini di consenso politico: chi sbandiera consenso, attrae consenso». In ogni caso, Calzolari si dice «pronto al confronto nel merito». E spiega: «La mia ricerca non ha a che fare con una valutazione politica. Anche se capisco perché possa aver scatenato simili reazioni in un politico come Grillo». Umano, forse troppo, e seguito da molti, forse troppi non umani. Davide Casati (Corriere della Sera).
Per gli amanti del genere "cazzarismo e lotta al cazzarismo", linko un mio post (datato ma non troppo) dal quale si evince che quando Grillo accampava 700.000 visitatori unici al giorno al suo blog-partito, forse non arrivava a 70.000: (la Babele dei Blog).
Sarebbe interessante se Calzolari si applicasse anche a condurre uno studio serio sun cazzarismo nei sondaggi con metodologia CAWI... sono sicuro che ne vedremmo delle belle. Tafanus.
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