Niente paura. Non voglio parlarvi di tennis, ma di varia umanità (o, se ritenete, di varia disumanità). Raccontando di un paio di episodi di cui nessun giornale italiano - e men che meno inglese - ha parlato.
I personaggi sono:
- -a) una ragazza italiana, Karin Knapp, di 25 anni, da Brunico;
- -b) una ragazza "inglese" di circa trent'anni, nata a Kiev: tale Elena Baltacha;
- -c) il raffinatissimo pubblico inglese di Wimbledon, con la bocca sempre piena delle classiche fragole con la panna, e del non meno classico termine "fair play".
Perchè una ragazza che si chiama Elena Baltacha, nata a Kiev, è inglese? Semplice: perchè nella loro crisi d'astinenza di talenti tennistici al femminile, gli inglesi "naturalizzano". Chiunque abbia una classifica intorno alla 100ma posizione (non parliamo quindi di top players) può aspirare al passaporto di sua maestà. Basti pensare che le attuali top players inglesi sono, nell'ordine:
Anne Keothawong n° 77, di origini laotiane; Heather Watson, n° 79, inglese; la sunnominata Elena Baltacha, 29 anni, nata a Kiev; Laura Robson, n° 113, nata in Australia. Poi si passa direttamente oltre la 200ma posizione, su nomi assolutamente sconosciuti. Comunque gli inglesi sono contenti così: quando una di queste ragazzotte d'importazione riesce a passare un paio di turni, gli inglesi sono felici, orgogliosissimi delle loro vittorie.
Karin Knapp - lo dico a chi non ha familiarità col tennis - è una meravigliosa ragazza con una storia sfortunata. Ragazza piena di talento, con ottimi fondamentali, a 21 anni è una "promessa mantenuta" del tennis italiano. Arriva vicina alla 30ma posizione, e qui si ferma. Per ben due anni.
Due anni di calvario. Due interventi molto seri al cuore, due interventi molto seri al ginocchio sinistro. Sembra persa per lo sport. Ma Karin - lo dice il nome stesso - è una "crucca" (lo dico con tutta la simpatia possibile). Testarda, mai sconfitta. Due anni fa riprende la racchetta. Praticamente è fuori dal ranking. Ricomincia da torneini da 10.000 $ di montepremi (pochi soldi, e pochi punti), e in un paio d'anni ricostruisce la sua classifica. N° 200, n° 150, con qualche fugace apparizione fra le top 100.
Quest'anno, finalmente, il sole. Al torneo dell'Estoril gioca e vince le qualificazioni (si tratta di superare tre turni). Entra nel tabellone principale, e batte (quarta partita in quattro giorni) la n° 1 greca Daniidilou. Al secondo turno trova (e demolisce) Maria Kirilenko (numero due del seeding, e n° 14 del mondo), che al primo turno aveva demolito - quando si dice la combinazione!) la "signora" Elena Baltacha; al terzo turno batte la n° 1 kazaka, Galina Voskoboeva. Il giorno dopo è semifinale, contro Carla Suarez Navarro. Ma questa è anche la settima partita in sette giorni, e Karin non ha nelle gambe le sette partite importanti di seguito. Cede nettamente, ma noi siamo sicuri di aver ritrovato una giocatrice dal grande potenziale.
E poi arriva Wimbledon. Al primo turno è Knapp - Baltacha. Karin la prende a pallate, con un tennis estremamente concreto,e incamera il primo set. Stesso copione all'inizio del secondo set. Ma qui la maledetta erba bagnata di Wimbledon le gioca un brutto scherzo. Scivola, e forse, nel tentativo di proteggere, inconsciamente, il ginocchio operato due volte, si contrae, forse cade male. Sta di fatto che le va il quadricipite in iper-estensione (cosa dolorosissima). Karin cade (e giace per alcuni minuti) immobile, con la faccia ficcata nell'erba bagnata. Sono tutti molto efficienti, cortesi e preoccupati. Tutti. Tranne la sua avversaria. Quella che da qui in avanti chiamerò, affettuosamente, "la stronza",
Dunque, la stronza non fa una piega. Non fa neanche finta di chiedere "come stai". L'unica cosa che la stronza è capace di fare, all'approssimarsi della scadenza dei tre minuti regolamentari di "medical time-out", è di prendere la racchette, farsi dare le palline, e cominciare ad agitarsi vicino alla linea di servizio, per significare tutta la sua insofferenza per l'indebito prolungarsi - di qualche secondo - dei tempi regolamentari di sosta. Sente l'odore del sangue. Non sembra più neanche un essere umano. Si trasforma persino nei tratti somatici.
Karin potrebbe tranquillamente piantarla li in mezzo al campo e andarsene, senza neanche stringerle la mano, e non darle la soddisfazione di vincere con un punteggio ufficiale che non reciti "retired". Invece è crucca. Resta li, perde il secondo set, nel terzo non riesce neanche a camminare, cede in pochi minuti per 6/0. Karim, come si dice "fair play" in crucconia? Magari non si dice, ma si pratica.
Dal momento in cui la belva Karin è ferita, la stronza, ad ogni punto che riceve in regalo, abbaia i suoi "come on!", una, due, tre volte di segutio, con le vene del colpo che le scoppiano e il pugno sbattuto smetaforicamente sul viso della dolorante Katin. Ogni tanto dimentica di essere, da alcuni anni, suddita di Her Majesty, e abbaia in ucraino: "davai, davai!". Sempre con abbondante esposizione di pugni, decibel, vene del collo, tonsille e zanne. Al confronto, un rottweiler addestrato alla lotta, sembra un tenero pelouche.
Le miti signore inglesi, equivalenti delle nostre casalinghe di Voghera, applaudono felici ad ogni urlo della stronza. Hanno un alibi? No, non lo hanno. Conoscono la storia di Karin, perchè è sul magazine del torneo. E comunque anche un cieco vedrebbe che la stronza sta portando avanti l'impresa della vita (passare un turno a Wimbledon, per la gioia degli inglesi), giocando contro una disabile. Ma cosa importa? Forse, negli stessi campi sui quali fra due settimane inizieranno i Giochi Olimpici, già volteggia a mezz'aria la frase di De Coubertin:
L'importante non è partecipare, ma vincere!
Ma vorrei concludere con questo discorso su Wimbledon parlando ancora della "nota lieta":il sito della WTA ha scoperto tardivamente, come tanti, Camila Giorgi, e le ha fatto una lunga intervista, che non traduco, perchè è abbastanza lunga. Chi volesse leggerla può cliccare sull'immagine sottostante per accedere all'articolo (è in inglese molto piano:
Voglio solo riportare (e tradurre), due domande e relative risposte, dalle quali ho dedotto che o Camila è totalmente pazza, o è totalmente consapevole del proprio potenziale, e della propria determinazione nel lavorare duramente. Eccole:
Who has been your toughest opponent? - CG: I don't know, because I have played with so many players and all of them are tough and give me different challenges. I try to concentrate on me and what I am doing on the court and not to worry about the opponent.
What are your goals in tennis? - CG: I would like to be No.1. It will take time, but this is my main goal. In the short term, I am just looking to improve, because then the ranking will come. I try not to worry about my ranking, because if I just focus on one match at a time the results will come.
Chi è stata la tua avversaria più dura? - Non saprei... Ho giocato contro tantissime giocatrici, e ognuna mi ha posto di fronte a problemi diversi. Io provo a concentrarmi su me stessa e su coa IO sto facendo, e a non preoccuparmi dell'avversaria.
Quali sono i tuoi traguardi? - Mi piacerebbe diventare la numero 1. Questo richiederà del tempo, ma è il mio obiettivo principale. Nel breve termine, mi propongo solo di migliorare, perchè allora la classifica segue. Provo a non pensare al ranking, quando gioco, perchè mi concentro su un match alla volta. I risultati arriveranno.
Tafanus.
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