Quello che segue è il testo dell'articolo di Francesco Bei che uscirà domani su Repubblica online. Bei non ha approfondito troppo, a mio avviso, quali siano le ragioni che hanno spinto Berlusconi a quella che - più che la mossa del cavallo - sembra la mossa del bue. Una mossa disperata, per cercare di salvarsi dalla macellazione incombente. nella lotta alla sopravvivenza che ormai Berlusconi combatte su più fronti:
- I processi: per ogni processo che si chiude, se ne aprono due. E Silvio non può rischiare di restare privo di scudi, diritti di veto, legittimi impedimenti e quant'altro.
- La roba: la quotazione dei titoli Mediaset è passata dagli 8,5 € del collocamento, a 1,25 €. Il che significa che il pezzo maggiore del patrimonio è dimagrito dell'85%.
- I debiti: il bilancio a fine 2011 riporta debiti ber 1775 milioni di €, cioè dello stesso ordine di grandezza di quelli del '93 (3500 miliardi di lire) che avevano fatto candidamente ammette e Confalonieri che Silvio era sceso in campo per non dover portare i libri in tribunale. Da allora l'audience delle reti Mediaset non ha fatto che scendere (gli investitori non si sentono più vincolati a favorire il Re).
Da Pisanu a Tremonti, aria di diaspora - "All'ex premier restano solo i devoti" - E gli ex An avvertono: se torna Forza Italia, andiamo via
(di Francesco Bei - Repubblica)
La diaspora è iniziata. Dietro gli evviva, i bentornato, le pacche sulle spalle, dietro tutto quello che s'è visto dopo il gran rientro di Berlusconi, c'è un partito sull'orlo di una crisi di nervi. Perché magari sarà pur vero, come ha detto ieri il Cavaliere a Vespa, che senza di lui il Pdl sarebbe precipitato a percentuali a una sola cifra. Ma il rovescio della medaglia è il sospetto che corre di bocca in bocca: le liste del "nuovo" Pdl - si tornerà probabilmente al vecchio nome di «Forza ltalia» - stavolta saranno tutte militarizzate, epurate nome per nome, per lasciare posto a una nuova generazione di berluschini. Per questo chi può e chi sa già di essere nella lista nera, sta meditando di fare fagotto.
Tra peones e nomi illustri è una carovana di parlamentari quella che sta come d'autunno sugli alberi le foglie. I generali sono tanti. C'è Lamberto Dini e c'è Beppe Pisanu, che da tempo guarda a Casini e Fini. Del resto entrambi lo scorso aprile promossero un documento, firmato da una trentina di senatori, in cui auspicavano la nascita di «un nuovo movimento liberaldemocratico».
Saranno accontentati, ma il «nuovo movimento» farà a meno di loro. Un altro che ormai fa storia a sé è Giulio Tremonti. L'ex ministro dell'Economia confida in questi giorni agli amici di non essere affatto sorpreso perla nuova " epifania" del Cavaliere. La considera «inevitabile» vista la «natura dominicale» del Pdl, il suo essere proprietà del signore. E soprattutto considerata lanecessità di Berlusconi di tutelare le sue aziende. Eppure Tremonti non sembra troppo convinto del successo dell'operazione. Non ha fiducia nei sondaggi che individuano un bacino di potenziali elettori berlusconiani vicino al trenta per cento. «Ormai - l'hanno sentito dire a una cena - Berlusconi può raggiungere un massimo di 10-12 per cento di zoccolo "devozionale".
Anche perché gli imprenditori guardano tutti altrove». E dove guardano questi «imprenditori» orfani del centrodestra? Tremonti sta riflettendo, è pronto a mettersi in gioco di persona per costruire un approdo, «le risorse ci sono». Se Giorgio Stracquadanio è sceso dal predellino e si appresta a lanciare il movimento «Sedizione Liberale» («perché la rivoluzione liberale ormai è stata tradita da Berlusconi») insieme a Oscar Giannino e Marco Taradash, un altro nome storico forzista pronto a fare le valigie è Gaetano Pecorella.
Così come Marcello Pera, da tempo in rotta con il suo partito d'origine. Al Senato i rapporti fra Pera e il gruppo Pdl sono ridotti a zero. Con Schifani ormai è ai minimi termini, tanto da averlo attaccato pubblicamente in aula per la conduzione «di parte» del dibattito sulle riforme costituzionali. In molti si chiedono poi che fine farà Guido Crosetto, uno che aveva creduto alla leadership di Alfano. Tra le file degli ex forzisti sono in molti i personaggi a rischio, da Deborah Bergamini a Paolo Amato, da lsabella Bertolini allo stesso Mario Valducci, considerato come la mente politica che ha sostenuto l'iniziativa dei giovani "formattatori" del Pdl.
C'è poi Frattini. L'ex ministro degli Esteri è più montiano di Monti. E se il Cavaliere sterzasse su una campagna elettorale troppo urlata, prenderebbe il largo a vele spiegate. Tanto per far capire come la pensa, ieri ha rilasciato un'intervista a Liberal senza citare nemmeno di striscio Berlusconi candidato premier e augurandosi, al contrario, il proseguimento di Monti oltre il 2013 «perché il bene dell'Italia non finisce a marzo».
Un caso a parte è costituito da Gianfranco Rotondi, furibondo per essere tenuto sistematicamente lontano dalla stanza delle decisioni. L'ex ministro lo ha preannunciato in una telefonata ad Alfano: «È finita la fase dei parenti poveri; se voi sciogliete il Pdl me lo prendo io e vado avanti. Siete voi e Berlusconi che ve ne andate». Rotondi è pronto a difendere i suoi diritti di "cofondatore" in tribunale (...oddio... non è che la eventuale dipartita di Gianfranco Rotondi abbia creato del panico... Sono in molti a sperare che mantenga la minaccia di andarsene. NdR)
Ma la minaccia più grave è quella che arriva dagli ex An. Il passa parola tra i big è questo: «Berlusconi vuole chiamare il Pdl Forza Italia. Se lo fa ce ne andiamo tutti insieme». La decisione è presa, il nervosismo cresce. Tra i banchi della Camera gira anche un foglietto con un simbolo che lo stesso Ignazio La Russa si sarebbe presola briga di depositare. «Unione italiana», il nome ipotizzato. Pronti alla rottura anche Gasparri e Meloni (quoque tu, Gasparrus? NdR)
SOCIAL
Follow @Tafanus