NonSoloLongostrevi. Qualcuno si ricorda ancora degli undici disgraziati arsi vivi nella camera iperbarica di Ligresti, al quale la "Eccellenza Lombarda" aveva appaltato, a prezzi d'affezione, un servizio che sarebbe costato molto meno se la Regione si fosse attrezzata direttamente? Ecco, per gli smemorati, un "ripassino", tratto da un articolo de "l'Espresso" del 13/11/1997, firmato da Enrico Arosio, e dal caro amico Mario La Ferla. Tafanus
Da una decina d'anni è uno degli uomini più importanti di Milano. Attraverso la Antonino Ligresti Sanità, la finanziaria da lui creata alla fine del 1995, controlla il gruppo ospedaliero privato più ricco e prestigioso d'Italia. Ed è anche socio fondatore, con Mediobanca, Fiat, Pirelli e Comit, dell'Istituto Europeo di Oncologia di Umberto Veronesi. Catanese, 59 anni, cardiochirurgo, fratello minore del più noto Salvatore, il re decaduto del mattone protagonista di alcune delle più azzardate avventure politico-finanziarie degli anni Ottanta, Antonino Ligresti ha fatto un salto di qualità anche nella considerazione della business community milanese.
Nel febbraio 1996, con un'operazione dalle modalità non del tutto chiarite, è riuscito ad assicurarsi l'intero controllo del settore ospedaliero, uno dei gioielli dell'impero, un tempo floridissimo, del fratello. Salvatore Ligresti, che ai suoi bei dì nell'era craxiana era considerato uno dei padroni di Milano, era stato costretto, per evitare il crack finanziario e ripianare i pesanti debiti accumulati (oltre tremila miliardi), ad accettare il piano di salvataggio studiato da Mediobanca. E dentro al piano di salvataggio la dismissione delle cinque cliniche comprate negli anni d'oro.
Ebbene, di queste cinque cliniche, oggi controllate dalla sua nuova holding, Antonino Ligresti usava definire "il mio fiore all'occhiello" proprio l'Istituto Ortopedico Galeazzi, teatro della strage di venerdì 31 ottobre. Con quegli 11 sventurati, dieci pazienti e un infermiere, divorati dalle fiamme sprigionatesi all'improvviso dentro una camera iperbarica. (foto accanto)
Per il Galeazzi, per la Lombardia delle cliniche private e per Antonino Ligresti è un colpo durissimo. La Procura di Milano ha aperto immediatamente un'inchiesta per accertare le responsabilità della sciagura: errore umano, omesso controllo o inefficienza degli impianti. L'incidente rischia di avere gravi conseguenze anche per alcuni protagonisti della politica, a cominciare dal presidente della giunta lombarda Roberto Formigoni, che ha giocato tutte le sue carte proprio nella privatizzazione dei servizi sanitari.
Ora è attaccato sia dal ministro della Sanità Rosy Bindi sia dall'opposizione in Consiglio Regionale. Sono divampate polemiche sulle garanzie di qualità e sicurezza che il sistema della sanità convenzionata è in grado di offrire al cittadino; e sul particolare business, alimentato da generosi contributi pubblici, della camere iperbariche. Quanto ad Antonino Ligresti, ex cardiologo di punta del Policlinico, sostenitore appassionato delle nuove tecnologie medicali, si trova oggi ad aprire, con l'amministratore delegato Silvano Ubbiali, la lista dei sei indagati. Ipotesi di reato: disastro e omicidio colposo.
Alla magistratura Ligresti assicura la massima collaborazione. Ai familiari delle vittime manifesta sincero cordoglio. Ma da uomo d'affari si interroga sul danno che questa vicenda causerà ai suoi interessi. Che sono notevoli. Nel 1996 la Antonino Ligresti Sanità ha fatturato 180 miliardi. Oltre al Galeazzi, acquisito nel 1982, controlla due cliniche di lusso molto note: la Città di Milano, la prima a entrare (nel 1979) nell'orbita del fratello, e la Madonnina. In provincia di Bergamo possiede i policlinici San Marco di Zingonia e San Pietro di Ponte San Pietro. La grande maggioranza delle entrate proviene dal danaro pubblico. Le cliniche di Ligresti, infatti, sono in buona parte convenzionate con la Regione Lombardia.
Al Galeazzi, in particolare, l'ente pubblico rimborsa anche le spese delle famose camere iperbariche: 160 mila lire a seduta per una media quotidiana di 125 pazienti. Fatti i conti, risulta un incasso di 20 milioni al giorno. E le due camere (la terza è di emergenza) hanno lavorato finora a ciclo pressoché continuo. È lo stesso Ligresti a confermare che sono in funzione 365 giorni all'anno.
Nell'ambito dell'attività specialistica dell'Istituto Galeazzi, le tre camere iperbariche (da 14, 10 e 2 posti) rappresentano per così dire un'isola a parte. Non solo in senso terapeutico: l'utilizzo in ortopedia copre, infatti, solo una quota minima del totale. Ma anche e soprattutto in senso economico. Perché le camere iperbariche sono in realtà per Antonino Ligresti un grande affare. Vediamo perché.
Questo servizio speciale del Galeazzi assiste in media ogni anno 32 mila pazienti. Moltiplicati per le 160 mila lire a persona rimborsate dalla Regione Lombardia alla clinica, risulta un incasso complessivo di 5 miliardi 120 milioni. Dove sta il business? Prima di tutto nell'entità del rimborso della Regione che è molto, ma molto remunerativo: il 50 per cento di questa somma rappresenta il guadagno secco per la casa di cura. In secondo luogo nel rapido ammortamento degli investimenti. Una camera iperbarica come quella in dotazione al Galeazzi costa all'incirca 500 milioni e funziona così com'è per dieci anni; dopo di che dev'essere sottoposta al rinnovo di tutte le strutture deperibili.
La camera della sciagura del 31 ottobre, prodotta dalla Drass Galeazzi S.p.A. di Boltiere, Bergamo è stata installata nel 1989. L'investimento per la messa in opera delle tre camere, calcolabile in un miliardo e 300 milioni, si è dunque ammortizzato in meno di un anno. In altre parole, è da sette anni che le camere iperbariche sono per il Galeazzi di Ligresti una fonte di profitti ipergarantita.
Non è la prima volta che i rapporti tra i fratelli Ligresti e la Regione diventano materia di inchiesta giudiziaria. Già nel 1985 Salvatore era riuscito a far convenzionare la sua clinica Città di Milano per l'impiego, allora d'avanguardia, del litotritore, un sofisticato apparecchio per la cura dei calcoli renali (assessore alla Sanità era Sergio Moroni, il tesoriere del Psi lombardo poi suicidatosi all'inizio di Mani pulite). Nel luglio 1988, con un autentico blitz, la Regione approvò una nuova delibera che estendeva ad altre cliniche di Ligresti lo stesso tipo di convenzione. La vicenda sfociò nello scandalo delle cosiddette "cliniche d'oro".
Il terribile incidente del 31 ottobre minaccia ora di causare ferite più profonde di quelle inferte dai magistrati. Ma Antonino Ligresti le sue cinque cliniche le difenderà con le unghie e con i denti. Medico per vent'anni tra Pavia e Milano, azionista sì ma sempre agli ordini del fratello, Antonino ha lungamente coltivato un sogno: diventare il proprietario unico delle cliniche che a lungo aveva soltanto amministrato. Alla fine c'è riuscito. Nel febbraio 1996, quando Mediobanca, con il consenso di Salvatore, mise in vendita tutta una serie di società per ripianare il dissesto del gruppo, Antonino, che già possedeva il 49 per cento delle case di cura, si impuntò per ottenere anche il restante 51. E convinse le cinque maggiori banche creditrici (Credito Italiano, Banca Commerciale, Banca di Roma, Banco di Napoli, Fonspa) che lui era l'acquirente migliore. L'operazione gli è costata, in contanti, soltanto 69 miliardi. Nel suo genere, un colpo da maestro.
Da "Il padrone delle iperbariche" (di Enrico Arosio e Mario La Ferla - l'Espresso del 13/11/97)
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