Per mesi, in ogni talk-show che Dio ci infligge, il Celeste, anzichè rispondere alle domande sulle favolose vacanze "aggratis" ad Aguilla o su mega-yachts, ci ha letteralmente sfrantumato le palle parlandoci delle "eccellenze" della sanità lombarda. Ora abbiamo deciso di faru un paziente lavoro d'archivio, per raccontare chi sia il Celeste, e da quanti lustri sia ammanicato con tutti gli "eccellenti" (preferibilmente nell'area degli affari sanitari privati) della Lombardia. Iniziamo con la sintesi di un articolo d'archivio de l'Espresso, risalente al 9 Gennaio 1997. Sono passati più di tre lustri, ma sembra ieri... Tafanus
Vi prego, restate con noi". E' il contenuto di una lettera che la Usl 39 di Milano, una delle più popolose della città, ha mandato ai suoi assistiti il primo novembre. Il giorno dopo sarebbero entrate in vigore le nuove regole volute dalla giunta della Regione Lombardia, capeggiata da Roberto Formigoni: tariffe più care per visite ed esami, ma soprattutto libertà di scelta tra strutture pubbliche e private, senza più bisogno del timbro della Usl.
(di Luca Carra - l'Espresso - 9/01/1997)
[...] In gioco sono le spoglie del Servizio sanitario nazionale e i 135 mila miliardi destinati alla cura degli italiani. Da una parte sono schierati i vecchi ospedali e laboratori pubblici, afflitti dalle piaghe di sempre. Dall'altra c'è una nuova generazione di centri clinici privati che si stanno attrezzando per garantire tempi rapidi e alti standard alberghieri. Il tutto pagando gli stessi ticket degli ospedali pubblici, poiché su di loro la Regione Lombardia ha fatto piovere un'insperata manna: tutti quei centri che godevano della vecchia convenzione, anche se parziale, si sono visti automaticamente accreditare tutti i letti. Per ogni degente, sarà la Regione a pagare la tariffa corrispondente alla prestazione: ovvio che la sanità tornasse ad attrarre capitali.
Capostipite dei nuovi ospedali milanesi privati è il San Raffaele, emanazione della Fondazione del Monte Tabor di Don Luigi Verzè. Dalla sua fondazione nel 1972 è cresciuto fino a diventare una Silicon Valley della medicina milanese. Oggi conta 1.100 posti letto, con 600 mila prestazioni ambulatoriali e 400 mila giornate di degenza all'anno. Solo nel 1995 i ricoveri sono aumentati del 30 per cento, contro una media del 6 per cento degli ospedali pubblici. Nato come centro di riferimento per la cura del diabete e delle altre malattie del metabolismo, oggi il San Raffaele comprende tutte le specialità e si sta lanciando nella nuova avventura della medicina molecolare e della terapia genica. Nel perimetro del Parco scientifico appena costituito, si trova, oltre l'ospedale, il
Dipartimento di ricerca biologica e tecnologica (Dibit), con 350 ricercatori; l'università privata del San Raffaele e i laboratori di ricerca delle principali società farmaceutiche, come Roche, Bayer, Schering-Plough e Boehringer-Mannheim. Il nuovo consigliere per gli affari economici della Fondazione, l'ex presidente della Cariplo Roberto Mazzotta, sta cercando soci per portare il San Raffaele in Borsa e far partire le cliniche previste a Roma e a Taranto. (...bene ricordarli, i 350 ricercatori di boiologia... Fra questi, c'era la figlia di uno dei miei più cari amici. Una ragazza preparatissima, gran testa... Anni ed anni di precariato senza orari e senza prospettive a 800 euri al mese, finchè, per disperazione, ha fatto, come tanti, la valigia... NdR)
Il confronto con il privato è impari. Giuseppe D'Amico, primario di Nefrologia del San Carlo di Milano, fa un esempio: .Alla Clinica Mangiagalli, un ospedale di altissimo livello dove avvengono la maggioranza dei parti della città, ci sono 116 letti, ma solo 7 bagni, 23 water, 13 bidet, 7 docce, 2 vasche.. Collasso anche sul versante delle liste d'attesa: 120-180 giorni per una Tac, 150-300 giorni per un'ecografia, 180 giorni per una coronarografia. In un ospedale ortopedico di punta come il Gaetano Pini, per ricevere una protesi all'anca bisogna aspettare dai 4 mesi ai due anni; per un'artroscopia, dai 3 mesi a 1 anno.
Di fronte a questà sanità zoppicante, spicca a Rozzano il nuovo ospedale Humanitas, inaugurato lo scorso marzo. Costruito in tre anni con un investimento di 200 miliardi dal gruppo Techint (famiglia Rocca), l'ospedale è dotato di 378 letti, in camere singole o da due; 68 ambulatori; 16 sale operatorie; con 140 medici assunti e 250 infermieri. Più che un ospedale sembra la Rinascente: in un decor di tinte pastello e finiture di ciliegio, le scale mobili portano agli ambulatori, ciascuno con una reception e una caffetteria per passare il tempo in attesa del proprio turno. La qualità sembra garantita dai nomi dei medici soffiati ai principali ospedali pubblici di Milano.
L'accreditamento da parte della Regione non è ancora arrivato, ma lo si dà per scontato. Spiega l'amministratore delegato dell'Humanitas Rosario Bifulco, già dirigente Fiat e master in Business Administration ad Harvard: .I capitali investiti, che rientreranno in due-tre anni, permetteranno di garantire un'alta qualità di assistenza e di dedicare risorse anche alla ricerca e alla didattica.. Che l'efficienza sia al centro della gestione del nuovo ospedale di Rozzano lo rivela, per esempio, la lunghezza della degenza media: 4,9 giorni. Meno di così proprio non si può.
Il direttore scientifico Nicola Dioguardi, uno dei grandi nomi dell'epatologia, ha lavorato per molti anni al Policlinico come internista. Oggi si innova soprattutto con i capitali privati., spiega. .Comunque credo che tra pubblico e privato non ci sarà una competizione distruttiva, ma piuttosto un processo di emulazione.. A giudicare dalle polemiche le cose non stanno proprio così: .E' osceno il modo in cui si sta programmando la morte della sanità pubblica, con il beneplacito della giunta regionale capeggiata da Formigoni., sbotta Alberto Malliani, primario di Medicina interna all'Ospedale Sacco e coordinatore del Forum della salute dell'Ulivo. .Dobbiamo renderci conto che in sanità i privati fanno profitti con i soldi pubblici, e questo non è ammissibile..
Franco Rilke, direttore dell'Istituto dei tumori, se la prende con la Regione che, nel delineare i dipartimenti oncologici, non ha considerato l'istituto un punto di riferimento per lo studio e la cura dei tumori. Una bella sberla. Si fanno insistenti anche le voci di un mini esodo di medici dall'Istituto di via Venezian verso strutture private forse favorito dall'entrata in vigore, il 31 gennaio prossimo, dell'incompatibilità tra lavoro in ospedale e libera professione. Certo, la vita all'INT non è più la stessa da quando Umberto Veronesi lo ha lasciato per creare l'Istituto Europeo di Oncologia (IEO), nato nel 1994 da una Fondazione non profit costituita da Fiat, Montedison e Mediobanca. Oggi che i suoi 175 letti sono accreditati dalla Regione, l'IEO si prepara a entrare in competizione con l'Istituto dei tumori [...]
(fine 1° puntata - continua)
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