...correva il 4 novemre 2011...
Correva l'anno 1998 quando, in dicembre, veniva fissato il tasso di cambio euro/lira a 1936,27 lire per euro. Sono trascorsi quasi 14 anni, durante i quali il rendimento dei bpt decennali è passato dall'8% al 3%. Quattordici anni durante i quali l'Italia ha potuto godere di un risparmio sul costo del debito, a valori attuali, di 100 milioni di euro all'anno.
Ancora l'anno scorso, in luglio, lo spread btp/bund era sotto i 200 punti. Ancora in novembre, con lo spread che in qualche giorno avrebbe sfondato quota 500, c'erano degli stronzi, in giro per l'Italia, che ripetevano il mantra dei ristoranti pieni e delle stanze d'albergo introvabili.
A metà 2010 (12 anni dopo la fissazione del rappoprto di cambio lira/euro) lo spread continuava a restare sotto i 100 punti. Ma aveva toccato anche, per brevi periodi, addirittura valore zero).
...fino a maggio 2010, lo spread non aveva MAI superato quota 100. A novembre 2011 (quando i ristoranti erano pieni), lo spread aveva sfondato già quota 575...
Insomma, in 12 anni, i mitici mercati non si erano accorti che i rapporti di cambio fissati da Ciampi e Prodi erano sballati. Poi, improvvisamente, è arrivato l'economista del bunga-bunga...
Ma ecco cosa scriveva il 13 marzo 2006 lavoce.info sulla polemica stantìa del valore di concambio euro/lira:
Qualche verità sul cambio lira-euro
1. Chi predica che il prezzo di 1 Euro avrebbe dovuto essere fissato a 1500 lire dimentica che ciò avrebbe comportato una rivalutazione della lira di proporzioni insostenibili. Pur assumendo che partners commerciali importanti come Germania e Francia avessero fissato lo stesso cambio ora in vigore, le nostre esportazioni verso quei mercati sarebbero crollate in modo vertiginoso. E’ quasi superfluo aggiungere che cosa questo avrebbe comportato per la già comunque asfittica dinamica del Pil italiano.
2. Si aggiunga, che dopo la svalutazione della Lira del 1992, e l’uscita dallo SME, entrare nella moneta unica era già stato un mezzo miracolo per l’Italia. Si dimentica spesso che uno dei requisiti per l’ingresso nell’Euro era che il cambio della valuta (rispetto al paniere di riferimento europeo denominato Ecu) fosse rimasto, negli ultimi due anni precedenti l’ingresso, stabile entro le bande di fluttuazione previste dallo SME (e riviste dopo il reingresso della lira per riflettere la svalutazione del 1992). Perciò la lira arrivava alla prova di Maastricht con una parità di riferimento sancita dai mercati, ed è questa che è valsa per la fissazione della parità con l’euro. Fissare una parità largamente diversa avrebbe comportato una fortissima pressione all’apprezzamento delle nostre ragioni di scambio verso i partners commerciali.
3. In generale, però, sfugge quale sia il legame tra parità iniziale euro-lira e dinamica dell’inflazione in Italia nella fase post-euro. La confusione del dibattito corrente dimentica una serie di fatti sull’inflazione italiana. Vale la pena chiarirli:
- (i) Tipicamente si tende a confondere aumenti una tantum del livello dei prezzi con aumenti generalizzati dell’inflazione, cioè del loro tasso di crescita. Per chiarire, supponiamo che il livello dei prezzi sia stabile e pari a 100 prima dell’euro. In tal caso l’inflazione è zero. Se a cavallo del changeover il livello dei prezzi sale a 102 e poi rimane stabile, l’inflazione ha solo una fiammata temporanea del due per cento, e poi torna a zero, come prima. Non a caso, in Italia, l’Istat ha più volte ripetuto che l’inflazione è rimasta abbastanza stabile dopo il Gennaio 2002.
- (ii) Analizzando meglio le statistiche si scopre che l’aumento dei prezzi in Italia si è osservato soprattutto in alcuni settori (i servizi) e molto poco in altri (computer e software, per esempio, in cui i prezzi sono persino diminuiti). Tra i piccoli servizi spiccano i ristoranti, per i quali certamente la percezione della gente non sbaglia. In Italia, rincari si sono avuti anche in servizi di tipo più tradizionale, come le lavanderie e i piccoli alimentari, e soprattutto nelle aree geografiche con meno concorrenza [...]
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