Ricevo dall'amica Silvana un rimprovero, per il fatto di non aver scritto nulla su quello che lei chiama il "Caso Nappy", e che io chiamo invece il "Caso Nicola Mancino - Loris D'Ambrosio". Nelle parole di Silvana ho letto quasi una velata accusa di non aver scritto nulla per difendere Napolitano. Insomma, una sorta di fuga da un argomento scomodo. Ho spiegato a Silvana che non ho scritto niente perchè è un caso che non mi ha incuriosito a fondo, e quindi un caso sul quale - lo confesso - sono scarsamente documentato.
Come molti sanno, nei limiti del possibile parlo solo di cose che conosco. Quindi cerco di rimediare. Prima di tutto pubblicando, in calce, una sintesi dell'affaire, che avrei potuto trarre da mille fonti. Per comodità (e perchè ha il pregio della sintesi) ho scelto di servirmi di un post tratto da [fattidicronaca.it].
Giorgio Napolitano si difende. Nei giorni delle intercettazioni di Nicola Mancino, che gettano ombre sul Presidente della Repubblica, è lo stesso Napolitano a intervenire sulla faccenda. “Una campagna di insinuazione e sospetto sul Presidente della Repubblica e i suoi collaboratori costruita sul nulla“,
ha definito la vicenda il Presidente, lasciando la caserma della
Guardia di Finanza di Coppito, in provincia dell’Aquila, dove ha
presieduto alla cerimonia per il 238esimo Anniversario della fondazione
del Corpo. Quelle che sono apparse sui media sono “interpretazioni arbitrarie e tendenziose, talvolta persino versioni manipolate“, tra l’altro riferite ad atti di indagini giudiziarie sulle “più sanguinose stragi di mafia degli anni Novanta“.
Il
suo nome compare nelle intercettazioni tra l’ex ministro [Nicola Mancino] e Loris
D’Ambrosio, consigliere del Quirinale per gli Affari Giuridici; sulle
intercettazioni Napolitano ha parlato di “una questione da risolvere con largo consenso“.
Tutta la vicenda però non ha scosso il Presidente che ha dichiarato di aver reagito con “serenità e la massima trasparenza“, agli attacchi che hanno investito il Colle. Da parte sua Napolitano ha confermato che andrà avanti “nel modo più corretto ed efficace anche attraverso i necessari coordinamenti dell’azione della magistratura“.
Trattativa Stato-Mafia, le telefonate segrete di Mancino al Colle
Leggo questo titolo della sintesi, e quando leggo di telefonate al Colle ovviamente, come tanti, penso a telefonate a Napolitano. Poi mi immergo nella lettura dell'articolo, e scopro che si parda di telefonate fra Mancino e D'Ambrosio, Le telefonate di Mancino a Napolitano sono citate al condizionale. Sui contenuti, zero parole. Mancino "avrebbe chiesto" l'appoggio di Napolitano, ma nulla dice Il Fatto (Organo Ufficiale del Travaglismo) sulle eventiali reazioni che Napolitano avrebbe avuto. Insomma, more solito, Il Fatto costruisce un bel castello di sabbia fatto di condizionali, di avrebbe, di sarebbe, et similia. Tempo indicativo non pervenuto. Il peggior modo di fare giornalismo. Uno sgub fatto dal lancio di sassi nello stagno.
Un patto che da vent’anni tormenta i vertici del potere politico italiano. Quello con Cosa Nostra che insanguinava le strade del nostro paese e che oggi spaventa ancora molto i potenti, tanto che c’è chi arriva a chiedere la protezione e l’appoggio delle più alte cariche dello Stato pur di sfuggire alle inchieste della magistratura. Si arriva fino al Capo dello Stato, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come avrebbe fatto l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Ora che è indagato indagato per falsa testimonianza, chiede l’intervento delle alte cariche perché lo tirino fuori dai guai.
Le intercettazioni di Mancino
Nicola
Mancino dunque chiama spesso personalità della politica vicino al Colle
perché lo aiutino a evitare le indagini sul suo conto. Le
intercettazioni delle sue telefonate, i cui testi sono stati pubblicati
dal Fatto Quotidiano, raccontano come abbia cercato con insistenza l’appoggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si sente molto spesso con Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale (...peccato, veramente peccato che l'organo del travaglismo non ci illumini sul fatto centrale: con chi ha parlato Mancino? con Napolitano o con D'Amrosio? e Napolitano è stato informato? ed ha accolto UNA, almeno UNA delle richieste di Mancino? NdR))
La telefonata del 22 dicembre 2011
In una telefonata del 22 dicembre 2011 gli fa gli auguri di Natale e gli racconta di aver incontrato a una cerimonia pubblica Piero Grasso,
capo della Dna. Grasso però ha solo poteri di coordinamento delle
inchieste, non di avocazione ed è per questo che D’Ambrosio cerca di
confortalo puntando sul fatto che i pm di Palermo “fanno solo confusione. Si faccia il Natale tranquillo, tanto questi non arriveranno a niente“.
La telefonata del 5 marzo 2012
Il 5 marzo 2012 si risentono perché l’ex ministro è preoccupato. C’è il confronto con Martelli
e vuole evitare che venga accolta l’istanza del pm Di Matteo. D’Ambrosio gli risponde che parlerà con “il presidente perché se l’ha presa a cuore“.
Quando gli dice che l’unico che può intervenire è di Messineo,
D’Ambrosio gli sconsiglia di agire in quel senso, ma promette che
parlerà con Grasso, “tra oggi e domani”.
La telefonata del 12 marzo 2012
I
due si risentono il 12 marzo. Mancino chiede a D’Ambrosio di
intervenire direttamente su Napolitano, ma il consulente del Presidente
la vede difficile. L’ex ministro insiste (finalmente un passaggio chiave... persino in Fatto non riesce a schivarlo... Intervenire su Napolitano??? Persino D'Ambrosio, l'interlocutore privilegiato di Mancino, "la vede difficile"... Che avrà voluto di'? Forse che fare cetrti giochini con "Nappy" non è poi così semplice? Che non è neanche il caso di provarci? Il Fatto, sempre così ben disinformato, ci aiuti a capire... NdR)
“Va bene, ma anche
per la storia del Paese ma… ma che razza di Paese è… se tratta con le
Brigate rosse… le Br… se non tratta con Brigate rosse fa morire uno
statista. Tratta con la mafia e fa morire vittime innocenti . Non so… io
anche da questo punto di vista vedo che insomma… o tuteliamo
lo Stato oppure tanto se qualcuno ha fatto qualcosa poteva anche dire
mai io debbo avere tutte le garanzie, anche per quanto riguarda la
rilevanza statuale delle cose che sto facendo“, sono le parole di Mancino.
D’Ambrosio
gli dice che proverà a risentire Grasso, ma c’è “questo allungamento
della sentenza Dell’Utri rende ancora difficile tutto”.
Amato e le sue prove
Nel caso poi si aggiunge anche il memoriale che Nicolò Amato, ex direttore del Dap, ha stilato. Dieci pagine che “fanno luce sulla vera, mai rivelata e inconfessabile ragione della mia improvvisa destituzione il 4 giugno 1993“. Sono i fatti che parlano e che dimostrano come nel 1993 “Cosa
Nostra abbia esercitato sullo Stato una illecita pressione, basata
sulla commissione di stragi e sulla implicita minaccia di commetterne
altre“.
Fu Amato a far riaprire le carceri di Pianosa e
Asinara per i boss, a insistere con Martelli, allora ministro della
Giustizia, perché venisse dato il carcere duro a 532 mafiosi e ad altri
567, cosa che poi venne rifiutata da Martelli. Al suo successore
Giovanni Conso, chiese l’inasprimento del regime del 41 bis e che allor
fu l’unico a non cedere davanti ai boss.
“Ho, quindi, il
diritto di chiedere quante comunicazioni illecite e quanti delitti
sarebbero stati evitati se la mia proposta del marzo 1993 non avesse
dovuto attendere tanti anni prima di diventare legge dello Stato; e di
chiedere se la disattenzione o l’intenzionale disinteresse che hanno,
purtroppo, accompagnato tale proposta comportino una responsabilità
soltanto politica e morale o anche di rilevanza giuridica“, scrive Amato.
C’è poi quella lettera che i familiari dei mafiosi
mandarono a Scalfaro dove Amato e i suoi venivano definiti “aguzzini”,
lettera di cui lui non seppe nulla, ma che portò il presidente a
chiedere al monsignor Curioni, capo dei cappellani carcerari, e al suo
segretario monsignor Fabbri di trovare un modo “per comunicare che la mia permanenza al Dap doveva aver termine, invitandoli ad aiutare Conso a scegliere il mio successore“.
Il fatto che dopo solo tre mesi dall’arrivo della missiva, arrivò la sua sostituzione con Capriotti, a cui si aggiunge la “nuova politica penitenziaria” più leggera dopo il cambio al Dap: i detenuti in 41 bis passarono da 1.300 a 400.
20 giugno 2012 – Trattative Stato-Mafia, le telefonate segrete di Mancino al Colle
Mancino è indagato dai pm per falsa testimonianza
ed era sotto controllo da parte dei giudici per capire se, nel corso
delle sue testimonianze sulle trattative degli anni ’90 tra Stato e
mafia, concordasse le sue risposte con qualcuno.
L’ex ministro però telefona soprattutto per cercare appoggio e protezione, perché qualcuno lo allontani dai magistrati e dalle indagini, perché è un peso troppo grande da portare da solo.
Le
istituzioni che si accordano con il Male assoluto del nostro Paese: uno
scenario inquietante, che blocca il fiato anche ai più naviganti.
Così Mancino chiama. “Eccomi, io ho parlato con il Presidente e ho parlato anche con Grasso (il procuratore nazionale antimafia, ndr)”, gli risponde consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio il 12 marzo 2012, tempestato dalle sue richieste d’aiuto.
Si
sente perduto, i magistrati lo incalzano e gli chiedono chiarimenti di
certi comportamenti tenuti al tempo delle stragi. Mancino non ci sta a
essere lasciato solo: per lui i magistrati di Palermo, Caltanissetta e
Firenze che gestiscono le indagini, in realtà non si coordinano e “arrivano a conclusioni contraddittorie fra di loro“, come riferisce sempre al consigliere giuridico del Presidente Napolitano.
In
attesa che la magistratura faccia il suo corso e sveli uno dei più
grandi misteri della politica italiana, non si possono sottolineare le
parole di Ingroia che coordina l’inchiesta di Palermo, secondo cui siamo davanti alla solita “cattiva abitudine molto diffusa, quella di cercare scorciatoie per affermare la propria innocenza“.
Dunque, sul coinvolgimento di Nappy, per quanto io abbia ben cercato, ho trovato solo un de relata, dal quale apprendo che il solito D'Ambrosio avrebbe detto al solito pressante Mancino di aver "parlato col Presidente". Non dice quando, non dice cosa avrebbe chiesto (posso usare anch'io il condizionale?). Ma soprattutto non dice se Napolitano abbia concesso qualcosa, o lo abbia mandato cortesemente a cagare.
La sollevazione del conflitto di attribuzioni
E veniamo all'intervento di Napolitano sulla Consulta: Napolitano non ha chiesto alla Consulta di mettere il bavaglio ai magistrati. Ha chiesto una interpretazione autentica del supremo ordine giudicante sulla liceità di certe intercettazioni, e dell'eventuale sorte che dovranno subire eventuiali supporti di registrazioni, qualora queste risultassero illecite o irrilevanti. Pronto - come da sua perenne correttezza costituzionale - ad accettare senza discutere le decisioni della Consulta. Parere del Tananus? No. Non ho competenze e titoli. Quindi lascio parlare un magistrato (un appartenente alla categoria che secondo il travaglismo sarebbe sotto attacco di Napolitano: Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia):
"Il capo dello Stato non può essere e non potrà mai essere
intercettato. Lo è stato in modo occasionale. E' giusto che un giudice
terzo, la Consulta, decida come bisogna comportarsi in questi casi". Lo
ha detto il procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso e proposito
del conflitto sollevato davanti alla Consulta dal presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano per le intercettazioni disposte dalla
Procura di Palermo nell'ambito delle indagini sulla presunta trattativa
Stato-mafia. Il conflitto tra il presidente Napolitano e la Procura di
Palermo, ha aggiunto, è "una questione giuridica, il nostro ordinamento
non prevede una norma specifica, bisogna aspettare il giudizio della
Consulta". ''I magistrati di Palermo - ha proseguito - hanno agito in
buona fede, secondo come ritenevano fosse giusto applicare la legge. Ora
la questione è in buone mani, deciderà la Consulta''. Grasso ha
sottolineato anche di non aver ricevuto alcuna pressione dal Quirinale.
''Sono stato chiamato a dare contezza della mia funzione istituzionale
di coordinamento - ha detto -, non ho subito alcuna pressione e neanche i
magistrati di Palermo hanno subito pressione, come dichiarato fin
dall'inizio''.
Non basta il parere di Grasso, che per ragioni che ignoro potrebbe essere troppo schierato a favore di Napolitano? Vediamo allora cosa dice il presunto nemico N° 1 di Napolitano, Ingroia (l'Unità)
Ingroia: «Non ci strumentalizzate negli attacchi a Napolitano - Certi toni di Di Pietro e del "Fatto" non mi appartengono»
«Io posso capire le semplificazioni giornalistiche, anche se non le amo, ma il fatto che le vicende delle ultime settimane siano ridotte a uno scontro tra la Procura di Palermo e il Quirinale, e ancor più tra il sottoscritto e il presidente della Repubblica, non solo non mi piace, ma non corrisponde in alcun modo alla realtà», dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Il quale prova a districarsi tra polemiche e scontri che — al di là di apparenze e strumentalizzazioni — hanno il loro fondamento nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Giorgio Napolitano nei confronti della Procura.
«Quello è un fatto, e ora sarà la Corte costituzionale a decidere — spiega Ingroia —. Noi riteniamo di aver agito correttamente e attendiamo sereni il giudizio della Consulta. Di certo però non penso nemmeno lontanamente che il presidente Napolitano si sia mosso con l'intenzione di attaccare la Procura di Palermo e fornire alibi a chi da tempo ci accusa delle peggiori nefandezze. Figuriamoci».
Il rispetto per la prima carica dello Stato il procuratore aggiunto l'ha ribadito anche ieri sulla prima pagina de l'Unità (che da mesi pubblica regolarmente i suoi articoli, con buona pace di chi ha accusato quella testata di «stalinismo» perché s'è schierata a difesa del Quirinale nella disputa politico-giornalistica), e qualcuno se n'è sorpreso. Ingroia invece chiarisce che non c'era da sorprendersi: «Da uomo delle istituzioni ho sempre avuto la massima considerazione della presidenza della Repubblica, da chiunque fosse rappresentata. In particolare, poi, so bene che il presidente Napolitano ha costituito, in questi anni di aspra contrapposizione, un caposaldo di tenuta istituzionale che ha scongiurato passaggi politico-legislativi che avrebbero danneggiato in modo forse irreparabile l'assetto costituzionale e di equilibrio tra i diversi poteri dello Stato».
Non solo. Proprio Napolitano ha affermato più volte la necessità di andare a fondo nella ricerca della verità sui misteri italiani, compresi quelli che ancora pesano sul biennio delle stragi mafiose, la stagione tra il '92 e il '94 lungo la quale si sarebbero dipanate le varie fasi della cosiddetta «trattativa» tra lo Stato e Cosa nostra.
L'articolo è lungo, ma chi è davvero interessato a sapere cosa pensi Ingroia di Napolitano e della sua sporca guerra, non può sottrarsi alla lettura dell'articolo completo . Dalla lettura dell'articolo-intervista ad Ingroia, si deduce che Il Fatto, Di Pietro, Grillo, e tutta l'Anonima Cazzari, non possono fare altro che parlare per loro, senza appoggiarsi su Ingroia, che si rifiuta nettamente di fare da supporto alla suddetta Anonima Cazzari.
Qualcuno vuol far fuori Napolitano?
...a pensar male, si fa peccato, ma spesso si indovina... (Giulio Andreotti, un esperto del ramo). Pensate, si vota al più tardi in primavera, ma voci molto insistenti vorrebbero ipotizzare il voto in autunno. Cosa cambia? Una cosa molto semplice: se si vota subito, il king-maker del nuovo governo sarebbe Napolitano. Sarebbe lui a dare l'incarico di formare il governo, pur con tutti i limiti nei suoi poteri di scelta. Se si vota in primavera, saremo in pieno ingorgo istituzionale, e Napolitano potrebbe essere tentato di dimettersi con qualche mese di anticipo, per superare il problema.
Interpretazione difficile del cui prodest. Ognuno si eserciti per conto suo.
Il Partito di Repubblica: una emerita minchiata
Una emerita minchiata, che appare e scompare come un fiume carsico. E' talmente una minchiata, che in questi giorni, sulla intercettabilità o meno del Quirinale, ha ospitato un civile dibattito - su posizioni opposte - di due grandi costituzionalisti: Gustavo Zagrebelski e Pietro Onida. Il primo più propenso ad affermare che - a prescindere da problemi di opportunità - non esiste una norma specifica che vieti di intercettare Napolitano; il secondo propenso a sostenere la cosa contraria. "Partito di Repubblica? Andiamo... siamo seri...
Dimmi con chi vai...
In genere, quando proprio non riesco a districarmi, se non con molta difficoltà, cerco ispirazione nell'osservazione delle formazioni delle squadre. In questi giorni si stanno chiarendo le formazioni di coloro che attaccano Napolitano, spesso a prescindere, e di coloro che lo difendono.
Fra gli attaccanti, spiccano i soliti noti: Il Fatto (Organo del Travaglismo), Grillo, Di Pietro, MicroMega. Spero di non aver dimenticato nessuno fra i peggiori. Ma vorrei riportare quella che giudico la Perla del cazzarismo: il parere esimio di un grillino doc,che ormai naviga a rimorchio del suo cognome, e del blog di Grillo, guidando uno dei tanti movimenti populisti fioriti in questi anni: il defunto Movimento delle Agende Rosse.
Ed ecco a voi la "superminchiata", candidata al Premio Oscar riservato alle Superminchiate Protagoniste:
Salvatore Borsellino: “Napolitano deve dimettersi, è attentato alla Costituzione”
"Un gesto che come conseguenza deve avere
la messa in stato d'accusa" del Capo dello Stato. Così il fratello di
Paolo commenta la decisione del Colle di sollevare alla Consulta il
conflitto d'attribuzione nei confronti della Procura di Palermo (...continua su MicroMega, of course...)
Fantastica la gaffe di MicroMega, che riesce a fare peggio di noi: [...così il fratello di Paolo...]. Certo, il "fratello di Paolo"... Uno che vive all'ombra di..., una rendita di posizione.... Caro Flores, e se parlassi di Salvatore Borsellino, e non del "fratello di Paolo"?
Pensierino finale per Napolitano
Tutto perfetto, dunque? Come direbbe Cesare Polacco nello spot sulla brillantina Linetti: "...anch'io ho commesso un errore... non ho mai usato la brillantina Linetti..."
No, non è tutto perfetto. Perchè, come era facilmente prevedibile, sulla richiesta di parere alla Consulta sul tema "intercettazioni" al Quirinale, si è fiondato come un sol uomo tutto il PdL (Partito dei Ladroni), per ricominciare a pressare per una legge anti-intercettazioni anti- ladroni, anti-evasori, ed anti-sporcaccioni.
No, Presidente. Questo "effetto collaterale" era facilmente prevedibile, e si sarebbe potuto evitare di fornire al Sig. Berlusconi l'alibi per ricominciare con questa tiritela, prontamente raccolta da alcuni rappresentanti del governo Monti. Ed anche questo era facilmente prevedibile.
Tafanus.
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