l'Espresso di questa settimana pubblica una serie di articoli sul "Porcaio Italia", e sulla fine della festa. Ne pubblichiamo alcuni stralci, a futura memoria
La festa è finita - Tesorieri spregiudicati. Lussi e "porcili". La politica come grande tavolata in cui ognuno prende più che può. Così si chiude la Seconda (di Marco Damilano)
La politica è questo: fare le cene. E io per quelle quattro che ho offerto ho pure dovuto anticipare i soldi», si lamenta a "Ballarò" Veronica Cappellaro, consigliera regionale Pdl del Lazio. «Ma quali cene? Duemila euro di porchetta la chiama cena? Ne prendi una, la metti in mezzo, quelli se la magnano e so' tutti contenti», corregge su "Pubblico" il nuovo maître à penser, Franco "Francone" Fiorito. Finisce così la Seconda Repubblica, come immaginato negli anni Settanta da Leonardo Sciascia in una pagina di "Todo Modo": «Nell'insieme, pareva che tutti parlassero della refezione consumata a mezzogiorno. Quello mangia, quello ha una fame, quello non ha mangiato ancora, non vuole mangiare, vuole, non può, bisogna farlo mangiare, deve finire di mangiar tanto, c'è un limite al mangiare; e così via. Mi resi conto che era un parlar figurato, e spinsi la figurazione a vederli tutti annaspare dentro una frana di cibi in decomposizione».
La frana e la decomposizione. Muore la politica nella Grande Mensa della Pisana, dove il cibo, i fondi pubblici, si arraffavano con le mani. La Prima Repubblica morì quando i magistrati di Mani Pulite svelarono che i partiti discendenti dei padri della Costituzione si spartivano le tangenti come un consiglio di amministrazione. «Non entreremo nella porcilaia fascista», tuonò Umberto Bossi dopo quella stagione, all'alba della Seconda Repubblica, nel 1994, alludendo al Msi di Gianfranco Fini. Dopo, però, nella porcilaia ci hanno sguazzato tutti. Hanno chiamato la loro legge elettorale Porcellum. Hanno trasformato i consigli regionali in «un porcile» (copyright Carlo Taormina, l'avvocato di Fiorito). E alle feste si sono travestiti da maiali. Al Partito Unico degli Affari si è sostituito il Partito Unico della Porchetta. Ai tesorieri di Tangentopoli, i Citaristi, gli Stefanini, i Balzamo, gentiluomini che per sé non tenevano una briciola, sono subentrati i Lusi, i Belsito, i Fiorito, che amministrano le risorse nell'impunità assoluta. «Una classe politica che vuole il potere domenicale», si indigna Giuseppe Pisanu, antica saggezza dc, perché per i nuovi arrivati la politica è gozzoviglia e nessuna fatica.
Silvio Berlusconi riassume in sé questa privatizzazione della politica, la Pork Republic con le sue Minetti ha trovato in lui il degno fondatore. E ora il Cavaliere
prova l'ultimo travestimento, azzera il Pdl ormai putrido, si maschera da moralizzatore, invece del predellino sale sul treno e Daniela Santanchè esulta: «Evviva! È cominciato il cambiamento! Berlusconi in viaggio in treno verso Roma tra la gente». Una mossa disperata per rientrare nel prossimo Parlamento con un manipolo di fedelissimi e provare a ridare le carte. Ma è scosso anche il Pd che puntava sulla ricostruzione del sistema dei partiti, che con i Penati e i Montino si è seduto a tavola sperando di non imbrattarsi troppo e che ora rischia di farsi sommergere dall'indignazione. I sondaggi raccontano di una rivolta popolare contro la politica, il contagio coinvolge tutti, senza distinzioni tra buoni e cattivi, neppure Grillo si salva più. La festa è finita, tutti a casa.
Lo scandalo del Lazio, a base di ostriche e Suv, ha fatto cadere la Polverini. Ma lo sperpero dilaga. Dalla Val d'Aosta alla Sicilia le Regioni bruciano fondi pubblici. Tra rimborsi, consulenze e spese pazze (di Paolo Fantauzzi e Andrea Managò)
Macché caduta della Pisana, qua si va a casa tutti». Dentro il covo di "Er Batman", il parlamentino del Lazio travolto dalle spese folli di Fiorito & C, si divina la fine della Seconda Repubblica.
Cade il Lazio. Poi a domino gli altri. Una profezia facile, e d'altra parte di magie se ne intendono loro che hanno fatto sparire milioni di euro in ostriche, champagne, Suv e vacanze vip. Ora stanno per assistere addirittura a un miracolo: alla Pisana svaniranno a giorni nel nulla 402 persone, in pratica un paesetto della Ciociaria [...] Sotto la valanga di quattrini pubblici sperperati nell'era di Renata, insomma, scorreva un fiume di sprechi legali. E a far due conti, c'è da prendere paura: 97 milioni in un anno per tenere in piedi la baracca. Fanno un milione 366 mila euro per ogni eletto. Mentre per lavorare c'è sempre tempo visto che le leggi varate dall'aula nell'ultimo anno sono solo 14. In pratica costano 6 milioni e 900 mila euro l'una. Un cachet che basterebbe a ingaggiare Michael Keaton, il Batman originale, al posto del "federale" di Anagni.
Il problema è che così fan tutti. Perché dietro queste cifre non si sgretola solo l'impero romano, anzi romanesco, ma vacilla tutta la politica italiana. A suon di sprechi, assunzioni facili, consulenze milionarie, lo scandalo del Lazio si fa metafora dello sfascio generale. Dalla Lombardia di Roberto Formigoni, alla Sicilia di Raffaele Lombardo, fino alla Calabria a un passo dal tracollo, passando per il ricco Veneto della Lega di Luca Zaia e per le minuscole ma affamate regioni autonome, la musica è la stessa della capitale. Mentre le stangate di Mario Monti succhiano euro e tasse agli italiani sempre più poveri, i partiti sguazzano nei milioni dovunque. È una slot machine la politica dei nostri tempi. Fa i conti la Uil: ci costa più di un miliardo l'anno solo mandare avanti giunte e consigli regionali.
Un altro miliardo, serve per Camera e Senato. Via via per il resto. Fanno una manovra finanziaria. E i governatori - Polverini in testa - alla faccia della spending review, ogni anno spendono di più invece di tagliare. Non serve spingersi troppo a Sud, basta guardare il Piemonte del leghista Roberto Cota, che costa quasi 10 milioni in più del 2010: da 64,9 a 74,2 milioni. Stesso spartito fra i più piccoli, Molise in testa. Lì bruciano 36,2 milioni l'anno. Contro i 30 dell'ultimo bilancio.
(1 - continua)
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