Nella lunga diatriba sulla possibilità o meno, per la BCE, di contrastare eccessi quasi sempre speculativi sugli spread, attraverso l'acquisto di titoli di stato dei paesi dell'area euro "in quantità illimitate", Draghi ha vinto la sua battaglia. Quasi tutti i paesi si sono schierati contro la Germania, inclusa - e la cosa ha sorpreso non poco - quella Olanda che sembrava "embedded" alle politiche rigoriste della Germania, senza se e senza ma. Non che la quota olandese fosse determinante (4,43%), ma aveva indubbiamente un forte valore simbolico. In calce, riportiamo la distribuzione dell'azionariato all'interno della BCE.
SuperMario (Draghi) ha vinto, ha perso? Draghi, intanto, vince su alcuni punti di principio importantissimi:
- -a) La Germania dovrà acconciarsi a contare in ragione del suo peso, che non è illimitato;
- -b) Viene riaffermata la primazia della BCE sulla Deutsche Bank (cosa che ha fatto uscire fuori dai gangheri i falchi della stessa DB);
- -c) La sola possibilità teorica che la BCE possa erigere muri molto robusti contro la speculazione sui titoli di stato, ha fatto andare indietro gli spread dei paesi a rischio di circa cento punti in 48 ore.
Sul piano dei fondamentali, che senso ha che lo spread sui titoli italiani (l'Italia ha dei fondamentali molto più solidi di quelli spagnoli) sia così ridicolmente vicino a quello sui titoli spagnoli? E che senso ha che lo spread sia stato sempre sostanzialmente molto alto, mentre le aste dei btp sono andate quasi sempre molto bene? Uno solo: che investitori istituzionali e privati sono ben lungi dal vedere l'Italia sull'orlo del default.
La Germania è stretta in questo momento in una morsa: da una parte le elezioni politiche incombono, e il populismo della destra alimenta il razzismo economico, e l'immagine di una Germania chiamata a pagare gli sciali e le caramelle dei paesi del Mediterraneo. Dall'altra persino la Merkel inizia a capire che la Germania ha smesso di crescere, e che alcuni settori sono addirittura in crisi. Il cavallo (i paesi importatori, inclusi i cattivi paesi semi-africani) importano sempre meno. La Merkel inizia a capire che la gallina dalle uova d'oro non è morta, ma non ha una bella cera. E però capisce anche che la eventuale vittoria della "battaglia dello spread" da parte di Super Mario, potrebbe significare che anche il debito tedesco (che in valori assoluti vale quello italiano) non potrà più essere finanziato a tasso zero a spese dei paesi cialtroni.
Ma torniamo all'Olanda, ai perchè e all'importanza del suo voto a favore dello scudo antispread. Un articolo dell'Espresso di questa settimana, mostra come l'Olanda non sia più quel paradiso di campi di tulipani intercalati da mulini a vento che ci viene rappresentato oleograficamente. In Olanda, paese modello, il debito privato ha raggiunto il 250% del PIL, e una bolla speculativa di enorme portata è in agguato in campo edilizio. Leggiamo un estratto di questo articolo:
L'Olanda verso le elezioni: un ex maoista marcia su Amsterdam
(di Alberto D'Argenzio - l'Espresso)
Il socialista Roemer come Tsipras in Grecia. Vuole più spesa pubblica e i sondaggi lo premiano. Se vince, la Germania perde un alleato nella politica del rigore [...] Che vinca o meno, Roemer è la vera novità del panorama politico olandese. Grazie a lui, è la prima volta che la sinistra estrema vola così in alto nel paese e non è un caso: è l'effetto dell'austerità, compagna di vita di milioni di cittadini nell'Europa del sud e sempre più presente anche a queste latitudini con i suoi effetti in termini di tagli, disoccupazione ed erosione dei diritti sociali. «Le persone sono più importanti delle regole, vogliamo l'Europa delle persone e non delle regole», ripete Roemer alludendo al Patto di Stabilità e al cappio del 3 per cento fissato «nel lontano 1992». «Tagliare, tagliare, tagliare, se non investi nell'economia i problemi saranno sempre più grandi, non lo dico solo io, anche grandi economisti come Krugman e Stiglitz».
Dopo Alexis Tsipras, arrivato con Syriza a un soffio dal successo alle elezioni greche di giugno, un altro uomo fa tremare i dogmi anti-crisi dell'Europa. Un'eventuale vittoria di Roemer sarebbe però ancora più scioccante perché l'Olanda non è la Grecia e non è la stessa cosa se la sinistra estrema vince in un paese con le spalle al muro o in uno di quelli che ha il dito sul grilletto, che mette i soldi, detta i compiti e rappresenta la quinta economia dell'eurozona. In gioco ci sono gli equilibri all'interno della stessa eurozona e la cosa crea un certo scompiglio: gli eretici non piacciono. «Lo si può paragonare a Tsipras», assicura André Krouwel, politologo dell'Università di Amsterdam, «entrambi vogliono un'Europa sociale e sono fortemente critici, da sinistra, su come viene affrontata la crisi. Ma rischia anche di fare la stessa fine del greco, primo nei sondaggi e secondo al voto, anche per via delle pressioni internazionali» [...]
«Per vincere le elezioni in Olanda la gente deve pensare di te due cose», spiega il politologo Krouwel: «Che puoi essere un primo ministro e che puoi avere una coalizione alle spalle e questo è un doppio problema per Roemer. Non ha una grande coalizione dietro di sé, perché anche unendo tutta la sinistra non arriverà alla maggioranza di 76 seggi, e la sua empatia, il suo accento regionale del Sud, il suo essere una persona alla mano non gli danno l'immagine di un leader forte. Roemer è uno con cui andare al bar o a un barbecue, non è visto come quello che può rappresentare l'Olanda a un vertice dell'Unione europea» [...]
La sua ricetta è fatta di tasse più alte per i ricchi e per le società, rispettivamente al 65% e al 30% per cento, «cioè ai livelli di altri paesi europei», e di 3 miliardi di investimenti pubblici in infrastrutture. «Bisogna fare, non parlare». Quanto a parlare, ripete spesso la parola "solidarietà", ma come un prodotto per la casa, non di esportazione. «Altri soldi alla Grecia? Non è una soluzione, negli ultimi mesi glieli abbiamo dati varie volte e le cose non stanno andando meglio. La Grecia ha bisogno di più tempo, non di più soldi». Spagna e Italia hanno invece bisogno di consolidare i conti pubblici e «di una Bce più attiva nel mercato dei titoli, è l'unico modo per abbattare le speculazioni e andare avanti». Sostegno quindi a Mario Draghi nel suo braccio di ferro con la Bundesbank. Quanto a Mario Monti, sospira, sorride e allarga le braccia: non è il suo tipo, glielo si legge in faccia.
Il problema per Roemer è proprio quello delle alleanze, fuori e dentro l'Olanda. «Vedremo cosa succederà», conclude pensando al 12 settembre. «Io voglio un governo il più di sinistra possibile, voglio una risposta sociale alla crisi, non andrò al governo con nessun politico di destra e un'agenda liberale. E vorrei lavorare in Europa con altri governi socialisti». Merce rara.
Intanto il debito privato è al 250 per cento del Pil
[...] Un paese frammentato, e che ha scoperto la paura, non più tanto quella per lo straniero o il musulmano, ma quella per la bolla immobiliare che ha fatto strage in Spagna e Irlanda, e potrebbe presto esplodere anche qui. "Hypotheekrenteaftrek" è il nome, ostico, della legge approvata nel 2001 che consente a chi compra casa di dedurre dalle tasse gli interessi sul mutuo. Per un decennio la norma ha fatto volare il mercato immobiliare con l'effetto per nulla secondario di gonfiare il debito privato fino al 250 per cento del Pil. Da alcuni anni il Fmi chiede all'Aja di cancellare o almeno ridurre la deduzione, ma finora nessuno ha osato tanto, temendo i contraccolpi elettorali.
«Tutti parlano di cambiare la legge», spiega Philip Ebels, analista politico del giornale "Groene Amsterdammer", «ma nessuno lo fa e ciò crea incertezza. Così il mercato è bloccato e i prezzi delle case scendono». Meno 15 per cento in quattro anni. E la bolla avanza. Il debito pubblico, al 70 per cento, è sotto controllo, come la disoccupazione, al 5,3%, ma l'economia non si muove, con l'Olanda che sfoggia il primato di unico paese del nord Europa con crescita negativa. Una situazione sicuramente non tragica, ma che potrebbe ingarbugliarsi pericolosamente in caso di elezioni dall'esito poco chiaro e successivi lunghi negoziati per trovare un governo.
Con il panorama attuale sono necessari almeno quattro partiti per formare una coalizione forte di almeno 76 seggi. Il proverbiale pragmatismo ha fatto in passato, anche recente, dei miracoli, come l'ammucchiata parlamentare (Liberali di destra e di sinistra, Dc, Cristiani unitari e verdi di sinistra) che ha approvato la finanziaria 2013 dopo che il populista xenofobo Wilders, contrario ai tagli necessari per tornare sotto il 3%, aveva tolto il suo sostegno al governo di destra. Un esperimento che però difficilmente verrà ripetuto [...]
La novità di queste elezioni 2012 è che per la prima volta la Regina Beatrice non avrà un ruolo nella nomina del "formatore", colui che sonda possibili coalizioni, e quindi del primo ministro incaricato. Sarà il Parlamento a gestire il processo. L'altra è che Wilders ha scambiato la lotta all'Islam con quella all'Unione europea, vorrebbe tornare al fiorino o almeno coniare il "Neuro", parola che da noi suona come una beffa ma che significa un euro con la N di Netherlands davanti. «È un opportunista, nessuno vuole più collaborare con lui, verrà emarginato», pronostica Ebels. Lo dicono anche i sondaggi: Wilders avrebbe ballato per una sola stagione.
BCE - Composizione dell'azionariato
Germania: 23,40%
Francia 16,52%
Inghilterra 15,98%
Italia 14,57%
Spagna 8,78%
Olanda 4,43%
Belgio 2,83%
Svezia 2,66%
Austria 2,30%
Grecia 2,16%
Portogallo 2,01%
Danimarca 1,72%
Finlandia 1,43%
Irlanda 1,03%
Lussemburgo 0,17%
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