Come premessa a questa ultima pagliacciata (Tonino Presidente della
Repubblica, Grillo Primo Ministro, Renzi Papa, Gelmini alla Pubblica
Istruzione), vogliamo riproporre un vecchio post del Tafanus (mi scuserete, ma
di tanto in tanto occorre un ripasso...) dal titolo "La farsa tragica del populismo - Tonino, il Popolo Viola, Nichi, i Grillini, i Rottamatori, volevano spolpare il PD, e invece sono costretti a mangiarsi fra di loro", datato 1° luglio 2011... La cosa è necessaria come premessa a un post che pubblicherò pià tardi sull'ultima farsa di Beppe che nomina Tonino Presidente della Repubblica.
E a fronte di tanta stupidità, la stampa della Repubblica delle Banane, anzichè liquidare la cosa con due vignette di Altan e di Ellekappa, apre dibattiti, tavole rotonde e quadrate, e offre "aggratis" al cazzarismo spazi mediatici che a parole i cazzari dicono di rifiutare (tanto ci penseranno i giornali - anche quelli "intelligenti" - Santoro, Formigli, Floris, Vespa, ad amplificare. Che è un modo molto redditizio per essere perennemente sotto i riflettori, facendo finta di volerne stare lontani. Tafanus
Certo che per essersi accorti persino a Micromega, all'Espresso, al
Fatto che "c'è del marcio nel populismo", qualcosa di devastante
dev'essere successo (e non siamo ancora alla fine) fra i commensali che
tentano di dividersi quel segmento di mercato, che non si sposta (e ne
siamo felici) da quel perenne 15% complessivo. Un segmento sul quale si
accaniscono sempre più ferocemente i quattro contendenti, senza riuscire
né a far lievitare la torta, né a strappare in maniera definitiva una
fetta più grossa agli altrri. Anzi... la torta si sta ammosciando come
un soufflé venuto male.
Vogliamo ricordarle, le tappe di questa enorme pagliacciata?
Prima fase - Settembre 2008: primo "Vaffanculo-Day".
Per questa intelligente manifestazione, le partership non si contano
(prima, durante e dopo): Grillo, Di Pietro, Pancho Pardi, Travaglio,
Oliviero Beha, Elio Veltri, Micromega, Adinolfi... Si raccolgono 350.000
firme per una legge di iniziativa popolare scritta talmente coi piedi
che la legge non andrà mai neanche in commissione. Una boiata pazzesca.
Seguono fiumi di dibattiti televisivi, sempre con la stessa compagnia di
giro.
Seconda fase - Novembre 2009: Il Popolo Viola prepara il primo No-B-Day.
Grillo dapprima sposa il movimento. Poi, di colpo, dal suo blog
sparisce qualsiasi riferimento. Grillo ha scoperto che non salirà sul
palco a fare la prima ballerina, e quindi quel movimento non gli
interessa più. Nel frattempo il modesto Tafanus produce una massa enorme
di documentazione, che inchioda Di Pietro, e in parte Ferrero, come
manovratori occulti del "Movimento". Manovratori di seconda fila tutti
legati a Tonino: Franca Corradini, il cui sito è "ospitato" sul server
di un parlamentare toscano dell'IdV; il patetico Gianfranco Mascia, che
finirà - dopo tanta fatica sempre in prima linea della seconda linea - a
fare l'impiegato di Tonino nelle strutture dell'IdV; coloro che
credevano di essere una struttura nata "dal basso", finiscono col
prendersi a pesci in faccia, con siti web e pagine facebook
contrapposte, e con reciproche minacce di querele. Qualcuna di queste
minacce, più o meno velate, di querele, arriva persino in direzione
dell'umile Tafanus: dal desaparecido Pascale, da Franz Mannino, da
Franca Corradini... Si occuperanno di me, però, solo dopo il 5 Dicembre.
Ora non hanno tempo. Sono troppo impegnati a preparare la rivoluzione.
Sta per scoppiare la rivoluzione, e non sanno cosa mettersi... Alla fine
una sciarpetta o una pochette viola saranno sufficienti. Il "Movimento creato dal Sig. Dalbasso" naufragherà in un mare di risate e di risse.
L'ultimo segno di vita di questa pagliacciata sarà il movimento dei "fischiettatori" anti - Napolitano
(dietro sempre loro, i patetici Tonino & Gianfranco): riescono a
portare davanti al Quirinale i "Fischiettatori": movimento i cui membri
sono dotati di un'arma fine-di-mondo: dei fischietti, coi quali svegliare Morfeo-Napolitano.
Risultato: la popolarità di Napolitano, in pochi mesi, passa dal 55/60%
all'84%. Un successone. Di Napolitano. Le ricordo, le foto di gruppo
dei fischiettatori: signore romane dei quartieri alti, armate di
fischietto e sciarpetta d'ordinanza, borsa di Fendi, cagnolino pechinese
al guinzaglio... Insomma una vera rivoluzione di popolo.
Nichi, ma cosa dichi? Entra in scena Nichi.
Vince le primarie in Puglia, viene disciplinatamente eletto coi voti di
Sel e del PD, ma rimane vittima di un delirio di onnipotenza. Parla
sempre più spesso come l'Oracolo di Giovinazzo, ed inizia un'OPA sul PD,
che nei periodi di massimo splendore (ma solo per poche settimane)
porterà SeL all'8% nei sondaggi. A Milano viene eletto sindaco Pisapia, e
in Vendola cresce il senso di onnipotenza. A Milano, alla Grande Festa,
sale sul palco e piscia fuori dal vaso, attribuendosi - con toni
striduli e fuori luogo - la vittoria di Pisapia.
Poi qualcuno gli fa
notare - voti di lista alla mano - che Pisapia ha preso voti dall'area
dell'astensionismo, dal PD (29%), e anche da SeL (4%). Nichi si da una
calmata, ma ormai la pisciata è fatta. E mentre Nichi predica, con toni
da Savonarola e formats linguistici finto-Saramago, di etica e di
legalità, non riesce a dare spiegazioni soddisfacenti dei suoi strani
rapporti col clan dei Columella, e con don Verzé socio di Berlusconi. Intanto
in Puglia la sanità formato Nichi fa acqua da tutte le parti. Un anno e
mezzo per una mammografia, restaurazione dei tickets per coprire i 240
miliardi "del vecchio conio" regalati a don Verzé, un assessore alla
sanità targato PD finito in galera, ospedali medio-piccoli chiusi per
preparare il mercato all'ingresso di Don Verzè e dei suoi cari... Un
disastro.
La Leopolda: Entrano in scena i "rottamatori", guidati da Renzi &
Civati. Prima fermata, Firenze; seconda fermata, Arcore; terza fermata,
lo sfasciacarrozze. Ricordate? i nostri Due Eroi non fanno in
tempo a mettersi insieme, che già si sfasciano. Motivo scatenante: la
cena carbonara di Matteo Renzi ad Arcore. Piace tanto sia a Silvio che a
Barbara, Matteo. il Ciwati osa scrivere sul suo blog "io non ci sarei
andato". E' troppo, per il boy-scout Renzi. Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu. Il sodalizio si rompe di fatto. Il sito del movimento, [prossimaitalia.it], passa dalle 3/4.000 visite del momento del lancio, alle meno di 300 attuali. Renzi & Ciwati abbandonano di fatto il sito, che vola sempre più in basso.
Attualmente (ultimi dati Alexa) vale circa 1/14mo del pur modesto
Tafanus. Il Tafanus, per il gestore del sito, era un "troll", una sorta
di disturbatore. Il sito dei rottamatori non è ancora morto, ma non ha
una bella cera.
E
intanto il mite Bersani, senza insultare nessuno (ma senza piegarsi a
nessuno) parlando come mangia, e facendo una "rivoluzione silenziosa",
ha portato il PD al 30%, e cioè ad essere il primo partito
italiano, senza cercare di rubare le patatine al vicino di tavolo, ma
rubando piuttosto nel campo avverso. Come si dovrebbe fare in una
coalizione. Nel frattempo, i cani all'osso del 15% continuano a sbranarsi sempre più.
Tonino cambia pelle, e ci informa di non essere mai stato "uomo di sinistra". Lo
sapevamo, Tonino, e lo scriviamo da anni. Tonino e Nichi si sbranano in
silenzio. la sinistra dura e pura corre veloce verso la totale
irrilevanza politica. Il grillismo si sfascia fra lotte intestine, e
lotte fra aspiranti leaderini e leadership reale della Casaleggio, e del
suo marketing virale. Sono patetici. Adesso scoprono l'esistenza della
Casaleggio. Noi ne parliamo da più di tre anni, e per almeno due anni
l'unica reazione che abbiamo avuto da campo dei grillini è stata:
"Perchè tanto astio nei confronti di Grillo?"... Ho smesso di
rispondere. Anche la mia pazienza ha dei limiti.
Oggi, dopo che l'anno scorso c'era stata la silenziosa fuga del "Fatto"
dal grillismo, e la fuga rumorosa di Micromega dal "toninismo",
finalmente anche l'Espresso inizia un processo di "ravvedimento
operoso", e scopre cosa sta succfedendo al populismo italiano. Meglio
tardi che mai. Quello che segue è un approfondimento che potete trovare
su l'Espresso oggi in edicola. Tafanus
La
svolta dell'IdV - Tonino al centro della bufera - Di Pietro non vuole
fare il doppione di Vendola. E allora sfodera la tessera dc del papà e
guarda al Terzo polo. Ma i suoi non ci stanno. Ecco che cosa gli
rimproverano
Se non fosse un ciclone, non
si chiamerebbe Antonio Di Pietro. Animale da palcoscenico oltreché da
transatlantico, cuore contadino e anima mediatica, bravo quanto
Berlusconi a sembrare un non professionista della politica pur
essendolo, capace di inscenare una svolta e negarla nello stesso tempo,
ciclone si conferma anche adesso che gioca (pare) la carta del profilo moderato o, come dice lui, di "proposta". Basta piazza, andiamo oltre l'antiberlusconismo,
proclama oggi l'uomo che più di tutti ha incarnato il "No B.":
dall'Idv, all'Idv2, per gli appassionati della numerazione progressiva.
Un riposizionamento che ha fatto insorgere la base sul Web, l'ala
sinistra del partito, e anche gli amici del popolo viola: "Non abbiamo
forse detto per due anni che il nostro paese vive un'anomalia
democratica? Che la protesta ha un valore costituente?
Cosa è cambiato? Berlusconi è ancora lì. Quale oscuro vantaggio tattico dovrebbe spingerci ad abbassare la guardia?",
gli hanno scritto spiazzati in una lettera aperta. L'altolà più forte è
arrivato dall'uomo che ormai contende a Di Pietro il primato
carismatico nel partito, Luigi De Magistris: "Cercare
la svolta centrista è un errore", ha tuonato il neo sindaco di Napoli,
tra un'emergenza rifiuti e l'altra, "non è ciò che vogliono i nostri
sostenitori". Da Strasburgo Gianni Vattimo si dice perplesso: "Sono d'accordo con Luigi, non vorrei che si perdesse troppo il legame con la gente arrabbiata". Da Roma Francesco Barbato,
deputato ma senza tessera, con soavità spara la parola magica.
Congresso. "Ci sarà pure l'Idv2 per Di Pietro. Per me non è cambiato
nulla", spiega: "E se fosse vero quel che leggo, se si vuol modificare
il posizionamento del partito, serve un congresso straordinario e io lo
chiederò ".
Vera
o presunta che sia, improvvisa o invece da tempo meditata, la più
recente pennellata del leader Idv ha spazzato in pochi giorni l'immagine
del "compagno Tonino", tutto megafono e movimenti, lungamente
coltivata. Prima la chiacchierata con Berlusconi nell'aula di
Montecitorio, poi, soprattutto, una serie di suggestioni che hanno
trovato il loro trionfo in un'intervista al "Corriere della Sera", tutta
suonata al ritmo di "Berlusconi è una persona sola", "se fa le riforme
vere lo sosterrò", "attaccarlo non basta più", accompagnata con il basso
continuo del "io vengo dai cattolici, dai moderati", "ho studiato in
seminario", "non sono un uomo di sinistra".
Per
dimostrarlo, Di Pietro ha persino giocato la carta della famiglia, come
prima di lui usavano fare Ciriaco De Mita e Clemente Mastella: "Mio
padre aveva la tessera della Dc. La Libertàs, la chiamava".
Parole in libertà? Tutt'altro. Se è vero che il leader Idv si prodiga in
"rassicurazioni", spiegando "che continueremo a chiedere le dimissioni
del premier", quel che emerge parlando con gli esponenti più in vista
del partito è un vero e proprio mutamento di prospettiva. "Per
noi la primavera del 2011 segna il D-day, una svolta politica che è
avvenuta nel Paese: inizia una nuova fase, e quindi anche un altro ruolo
per noi", spiega il portavoce del partito Leoluca Orlando. Ma guai a
parlare di svolta centrista, perché "l'Idv non è né di centro, né di
destra. Epperò nemmeno di sinistra, e forse De Magistris ha frainteso
questo". Tutti hanno cura di articolare, del resto, il "post-ideologismo" dell'Idv ("In Europa non a caso siamo nel gruppo dei liberaldemocratici", è il refrain), così come l'assenza di qualsiasi tentazione Terzopolista.
"La
nostra permanenza nel centrosinistra non si discute, non tireremo fuori
il coniglio dal cilindro", assicura il capogruppo al Senato Felice
Belisario, "siamo stati radicali quando serviva, ma a questo punto
dobbiamo costruire un'alternativa di governo: dunque argomentare, non urlare". Un passaggio che, puntualizza il presidente dei deputati Idv, Massimo Donadi, non nasce oggi: "Un
anno fa il nostro congresso si intitolava "Dalla protesta alla
proposta". Si teorizzò una svolta che allora era prematura e che oggi
stiamo avviando. Chi si finge stupito o deluso - penso per esempio a
Pancho Pardi - farebbe meglio ad avere più memoria, e lealtà".
Pronta la replica del senatore dell'Idv che fu tra gli animatori dei girotondi: "La
svolta di Di Pietro non mi convince, mi sembra più tattica che
strategica: provare a pescare tra i moderati delusi può anche andare
bene se funziona, ma alla lunga ci porta verso un orizzonte che non è il
nostro. È vero che Sel ci sottrae una parte del nostro elettorato, ma
non è nemmeno una tragedia: il nostro bacino futuro è tra gli
astensionisti, che sono tanti, e hanno bisogno di una radicalità
costituzionale che possiamo interpretare meglio di altri".
A guardare bene, sembra proprio questa l'inconfessata origine della
svolta "moderata": il tema delle alleanze nel centrosinistra, e in fondo
la paura di essere scaricati dal Pd. È il capitolo più scottante, per
un partito che a partire dal 2008 ha "riempito" a colpi di
antiberlusconismo il vuoto lasciato dalla sinistra-sinistra e che ora,
in tempi di vendolismo rampante, si ritrova di nuovo la casella
occupata. Un problema non da poco, per il "sensitivo" Di Pietro
che, confessano nel retropalco dei Valori, sfodera l'anima moderata
perché a questo punto sa di essere un alleato più appetibile come alternativa a Casini, piuttosto che come doppione di Vendola.
"Insomma, non possiamo stare fermi quando meditano di lasciarci
indietro", confidano. La questione è talmente delicata che nell'Idv, più
che affrontata di petto viene evocata. Si coglie tra il dipietrese
"progetto ad includendum, invece che ad escludendum", il continuo
battere su un'idea "ambiziosa" per costruire "un partito di massa" e
quell'aggettivo, "soli", che stranamente spunta qua e là nei conversari.
Si esplicita con il timore che "una parte del Pd ci voglia
escludere dall'alleanza, imbarcando invece l'Udc", come spiega Pardi
("Ho appunto scritto una lettera aperta a Vendola per chiedergli cosa
farebbe in questo caso") e l'orgogliosa rivendicazione della propria
forza. "Alle prossime elezioni arriveremo a due cifre", spiega Maurizio
Zipponi che viene dalla Fiom, "perché gli altri prima di decidere
impiegano mesi, noi no. Se Bersani ci vuol chiamare benissimo, se non ci
convoca fa niente: noi parliamo all'area elettorale che ha deciso di
partecipare al referendum, il nostro progetto è partito e funzionerà".
Un progetto che, spiega più sornione Orlando "per funzionare ha bisogno
di tutti: spero che nessuno voglia lasciarci da soli, comunque faremo di
tutto per evitarlo". Perché, aggiunge ripescando un classico del gergo
democristiano, "vogliamo essere il lievito culturale per il centrosinistra: vogliamo dire il suo centro, categoria che io rifiuto? Diciamolo" (...certo
che il pensiero che il "lievito culturale" del centro-sinistra possa
essere assunto dal partito degli ex De Gregorio, dei Razzi, degli
Scilipoti, delle Marylin Fusco, è qualcosa che fa scorrere dei brividi
lungo la schiena... NdR)
Del
resto, che Di Pietro possa essere credibile come leader moderato, lo
dice pure Pino Pisicchio, che abbandonò l'Idv per l'Api in polemica con
la "metamorfosi di sinistra" dell'ex magistrato: "Qualche anno fa mi
disse: io sono un democristiano, e sposo quei valori con un forte senso
della legalità. Certo sarà complicato per lui far rientrare l'immagine
di politico delle piazze e dell'ultra sinistra, ma la sua può essere una
svolta durevole". Verso dove? "Chissà, alla fine casa sua potrebbe
diventare il Terzo polo". Il Pd è avvertito.
Grillini contro grillini: l'implosione di chi voleva cambiare il mondo con la politica-spettacolo
Una riunione convocata in segreto, con divieto di video e foto, e
quattro nomine piovute dall'alto: ecco la vicenda che ha scatenato la
tempesta tra i seguaci di Beppe Grillo. Lo scorso 18 giugno a Milano,
gli oltre cento eletti del Movimento 5 Stelle sono stati radunati da
Beppe Grillo e dalla Casaleggio Associati, la società che
gestisce il blog e la comunicazione del comico. L'incontro è stato
l'occasione per fare il punto della situazione e annunciare la nomina di
quattro "coordinatori", scelti dalla Casaleggio. Una
decisione che ha acceso la riunione e i cui strascichi hanno alimentato
per giorni il dibattito nei forum e nei Meetup della rete di Grillo,
compresi i big del Movimento. "I ruoli di coordinatori tecnico-politici
andavano condivisi, non dico con la base, ma almeno con i 135 eletti",
ha scritto Davide Bono, consigliere regionale del Piemonte.
Tra
Bono e l'altro piemontese Vittorio Bertola, consigliere comunale di
Torino, e uno dei quattro "nominati" dalla Casaleggio, si accende un duro scontro verbale
non privo di stoccate personali. "Non esiste alcun coordinatore
nazionale", ha risposto Bertola "se non nella testa di Bono, che rosica
perché lo voleva fare lui". Ma dopo aver alimentato la diatriba, il
primo a gettare acqua sul fuoco è proprio Bono, che a qualche giorno di
distanza cambia posizione. "È stato solo un problema di comunicazione, alla fine si tratta di ruoli tecnici",
dice a "l'Espresso". "Qualche candidato si è sentito tirato in ballo
per ragioni personali ed è stata montata una polemica che però è già
rientrata".
Sulla
stessa linea anche David Borrelli, consigliere di Treviso, un altro dei
quattro "nominati". "Sono polemiche normali e già viste", dice. "È una
questione banale: noi chiedevamo a chi gestisce il blog di Beppe di
poter fare alcune cose on line, come votare i programmi, scambiarci le
idee.
E nella riunione è stato proposto a quattro persone, con un
profilo da informatici, di dare una mano". Se va tutto così bene, ci si
chiede perché nei forum e nei Meetup lo scontro si sia propagato tanto
in fretta. "La mia impressione è che queste polemiche siano state
alimentate da altro", continua Borrelli. "Forse da antipatie interne ai
piemontesi, ma non conosco abbastanza la situazione per dirlo. Comunque
noi lavoriamo alla luce del sole e queste cose possono succedere". Non è
dello stesso parere un altro esponente del Movimento, che chiede di non
essere citato: "Non bisogna fare l'errore di ridurre questa
storia a una lite tra consiglieri. Abbiamo un problema di trasparenza
per colpa di una sola persona: Gianroberto Casaleggio". Il
fondatore della Casaleggio Associati è una figura discussa: numerosi
critici ed ex sostenitori di Grillo sostengono sia il vero "burattinaio"
del comico. Serenetta Monti, candidata dei grillini a sindaco di Roma
nel 2008, ha detto apertamente che "Grillo prende ordini dalla
Casaleggio". Altri spiegano che "Beppe ha un animo da artista e non
vuole seguire l'organizzazione, così si fida della Casaleggio che,
invece, vuole controllare tutto. Se qualcuno dei candidati alza la voce
finisce in "lista nera", scomparendo dagli articoli del blog".
(di Susanna Turco e Mauro Munafò - l'Espresso)
SOCIAL
Follow @Tafanus