Un elemento che viene raramente sottolineato dagli “economisti” è che l'Italia ha sempre avuto il più basso debito privato del mondo sviluppato, ed una massa di depositi privati percentualmente decisamente maggiore degli altri paesi europei, perlomeno dal fallimento Lehman Brothers fino all'estate dell'anno scorso.
Fino al 2006 il Paese aveva reagito all’aggravarsi di una chiara fase di crisi economica internazionale con un mix di relativa disciplina fiscale (ed un avanzo statale aggiustato per il ciclo dopo Singapore sul totale delle trenta economie avanzate censite dall'Fmi di livello assoluto), di discreta tenuta dei consumi delle previdenti famiglie italiane e di contenimento della crisi occupazionale grazie all’efficacia degli ammortizzatori sociali.
Ora, grazie all’allegra (eufemismo al posto della parola scriteriata ed imbelle) politica finanziaria del governo Berlusconi, il debito pubblico Italiano, già elevato sia percentualmente che in termini di importo complessivo, ha avuto un’impennata drammatica negli ultimi quattro anni, e con il contemporaneo allargarsi del contagio greco ed il crescente discredito del precedente governo in carica la situazione rapidamente precipitata causando un pauroso allargamento del nostro spread rispetto ai bund decennali tedeschi.
La successiva scelta di percorrere un percorso di risanamento a spron battuto ha però enfatizzato tutte quelle che sono le criticità del nostro paese: la scarsa competitività dovuta all’azione di lobbying, insieme all’incapacità decisionale endemica dei cosiddetti “tecnici” hanno portato alla stagnazione dei consumi ed alla perdita progressiva di potere di acquisto, acuito anche dalla tassazione scriteriata che sta portando questo paese al collasso.
I cosiddetti “tecnici” hanno imposto ad una nazione che basava i propri elementi forti sul tessuto connettivo sano (la piccola e media impresa) un salasso che oggi sta progressivamente impoverendo proprio l’area di forza Italiana. Dovunque ci si giri si osservano chiarissimi segni di caduta sociale: tralasciando i fenomeni a tutti evidenti di crollo dei consumi delle famiglie, la verità è che questo “risanamento” non sta in realtà portando vere evidenze di miglioramento economico congiunturale, tanto è vero che il debito pubblico aumenta in luogo di diminuire e che lo spread si è attestato su valori più bassi (certamente…) dell’era Berlusconi ma pur sempre superiori di almeno 200 punti base rispetto ad un valore ragionevole.
A questo punto la logica vorrebbe che il primo ministro cominciasse, grazie ad una congiuntura sostanzialmente favorevole (voglio vedere chi si sarebbe messo di traverso…) un’operazione di pressing verso i partiti politici oltre che verso la governance europea che davvero investisse i problemi strutturali di questo paese. Non è certamente necessario sottolineare la corruzione devastante e l’ingessatura burocratica tipicamente Italica dovuta ad una classe di dipendenti statali variamente distribuita, la lotta contro una finanza di scarsissimo spessore deregolamentata ai limiti dell’autolesionismo, oltre che una legislazione che ammazza le piccole e medie imprese a favore delle grandi aziende che privatizzano i profitto rendendo pubbliche le perdite.
In effetti si hanno enormi sperequazioni anche all’interno dei servizi (di scarsa qualità) che questo stato Borbonico eroga ai propri cittadini: se infatti è chiarissima l’efficienza più che accettabile della sanità e della scuola, incredibilmente ad oggi gravemente sottocapitalizzate sia dal punto di vista umano che economico, è chiaro che altre aree (come la giustizia e le istituzioni periferiche) soffrono di elefantiasi numerica e di sostanziale sottocapitalizzazione economica, scelta che è stata portata avanti per anni con lo scopo di creare ampie aree di supporto politico con scarsa efficienza.
Per dirla con Catalano, il vero regno della burocrazia dove un funzionario incapace riesce a fare danni enormi senza per questo rischiare alcunché, ma in questi ambiti nessuna azione incisiva è stata vista nell’ultimo anno. Il governo Monti ha invece reputato che la scelta di sopravvivere grazie all’incremento di tassazione diretta ed indiretta fosse la (facile) soluzione che permetteva di salvaguardare la propria posizione senza andare a toccare le ampie aree di intervento strutturale davvero necessarie allo sviluppo economico Italiano.
Quindi nessun intervento sull’evidente voragine pubblica causata da una politica di incapaci (e qui ci metto tutte le forze politiche espresse oggi in parlamento), con l’unico obiettivo di mantenere viva la casta, di inconfessabili pastette con strutture ecclesiastiche, di disgustose decisioni che mantengono attivi ordini di armamenti inutili e missioni all’estero che non hanno alcun motivo logico se non quello di garantire rendite di posizione ad aziende private.
Quanto sia stata sbagliata la terapia del rigore estremo applicata all'Italia emerge chiaramente dalle statistiche trimestrali dell'Eurostat su consumi privati, disoccupazione e rapporto debito pubblico/Pil che sono state pubblicate dal Sole 24 ore: osservando infatti i dati dei quattro maggiori Paesi Ue (Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia) e di una decina tra i Paesi europei più colpiti dalla crisi immobiliare-finanziaria e dall'escalation dei debiti privati o pubblici (cioè i quattro cosiddetti Pigs oltre a Cipro, i tre Paesi baltici, Ungheria, Olanda e Danimarca).
Da questa analisi risulta che dal quarto trimestre 2007 al terzo trimestre 2011, cioè in 15 trimestri, l'Italia aveva sperimentato la minor caduta dei consumi privati (-0,8%) dopo Germania e Francia (due economie in cui la spesa era addirittura aumentata), mentre in tutti gli altri Paesi considerati si erano verificati autentici crolli dei consumi delle famiglie (da -5,7% in Gran Bretagna e Danimarca a -6,4% in Spagna, sino a -10,1% in Irlanda e oltre -21% in Lettonia e Islanda).
Quanto al tasso di disoccupazione, in Italia era aumentato di meno in termini di punti percentuali (+2,3) dopo quelli di Germania, Francia e Olanda, contro incrementi ben più elevati negli altri Paesi (dove si erano registrati peggioramenti in un intervallo da +3,2 punti per la Gran Bretagna a +4 per la Danimarca sino a +9,8 per l'Irlanda, a +10,3 per la Grecia e a +13,3 per la Spagna).
Infine, per quanto riguarda il debito pubblico, quello Italiano era quello cresciuto di meno insieme a quello tedesco (rispettivamente, +16,6 e +15,7 punti percentuali di Pil), mentre nelle altre economie analizzate si erano registrati veri e propri cataclismi delle finanze statali (con incrementi del debito pubblico tra i 30/40 punti di Pil in Spagna, Lettonia e Regno Unito, di oltre 40 e 50 punti, rispettivamente, in Portogallo e Grecia e 79 punti in Irlanda).
Con la cura del pareggio di bilancio anticipato, l'Italia, invece di conservare i decorosi risultati fino a quel momento conseguiti, dal terzo trimestre 2011 sino al secondo trimestre 2012 ha peggiorato sostanzialmente i propri conti economici: nei consumi privati, in soli nove mesi siamo crollati del 3,2% (il peggior risultato dopo il Portogallo).
In pratica i consumi delle famiglie italiane sono diminuiti negli ultimi tre trimestri 3 volte di più che in tutti i tre anni e mezzo precedenti di crisi. Nel tasso di disoccupazione in nove mesi siamo saliti di 2,1 punti, mentre nel rapporto debito pubblico/Pil, nonostante il rigore, siamo cresciuti di ben 6,2 punti, collocandoci per incrementi nel periodo più recente alle spalle solo di Spagna, Irlanda e Portogallo (i dati della Grecia degli ultimi trimestri non sono raffrontabili con i precedenti).
Mario Monti in diverse occasioni ha ricordato che egli ha ereditato dal precedente Governo l’impegno assunto con la Ue del raggiungimento del pareggio di bilancio entro il 2013 e che, non avendo alternative (considerata anche la crisi reputazionale in cui versava il nostro Paese) si è semplicemente adoperato per rispettarlo: come potesse Berlusconi soltanto pensare di realizzare questo obiettivo dimostra non solo l’incapacità endemica del precedente governo, ma anche il suo oggettivo distacco dalla realtà.
La storia, a dire il vero, ormai conta abbastanza poco perché sono altri fatti a contare ben di più. L'obiettivo del pareggio di bilancio anticipato all'anno prossimo ha costretto l'Italia a un giro di vite fiscale assolutamente controproducente: non era certo difficile immaginare che la serie di aumenti impositivi avrebbero influito negativamente sull'economia reale e sul rapporto debito/Pil. In altri termini i cosiddetti “professori” per centrare un obiettivo (peraltro mancato) ne hanno sbagliati due.
Monti ha tempo solo pochi mesi, prima degli esiti elettorali incerti che sono all'orizzonte, per convincere i mercati, la Ue e Angela Merkel che troppa austerità fa male all'Italia, all'economia tedesca ed all’Europa in toto, visto che nei primi 8 mesi del 2012 gli italiani hanno importato dalla Germania 1,6 miliardi di euro in meno di autovetture. Monti deve rinegoziare con la Ue una strategia fiscale per l'Italia che, pur mantenendosi sempre rigorosa - e anzi diventando più capace di aggredire la spesa e gli sprechi di quanto non sia stato fatto sinora - sia un po' meno recessiva nel breve termine e meno infarcita di tasse.
I risultati di bilancio del nostro Paese parlano chiaro: sono ottimi, mentre quelli economici, purtroppo, sono molto negativi, e se i secondi non migliorano rapidamente rischiano di mettere a repentaglio i primi. Quello che davvero ci lascia perplessi è che si arrivi a far gestire una situazione tutto sommato abbastanza chiara a chi afferma in parlamento che una manovra a saldo positivo in termini di tassazione sia “…vantaggiosa al 99% dei contribuenti”.
Stante la mancanza di supertassazione ai redditi più alti (del resto certamente sconsigliabile, a mio modesto avviso) davvero non si capisce come questa condizione potesse essere veritera. Ma sinceramente abbiamo smesso di farci domande sulla variegata compagine governativa, specchio del parlamento di banditi di cui disponiamo.
Axel
Purtroppo Mario Monti da mesi "vede la lucina in fondo al tunnel". Con parole meno roboanti, ricalca il Berlusconi degli alberghi pieni e degli aereri per i Caraibi dove non si trova un posto. E dei giovani che nello scegliere il lavoro, fra le molteplici occasioni loro offerte, sono troppo "choosy". Monti vede la lucina, e gli istituti di economia - tutti - rivedono al ribasso i dati della recessione italiane, e spostano al 2014 la (eventuale) inversione di tendenza.
Nel frattempo - e senza alcun piacere - dobbiamo ribadire che "l'avevamo detto": le politiche recessive ordinate dalla Merkel (e dagli altri troppo supinamente accolte) sarebbero continuate, finchè anche Herr Mueller non avesse cominciato a star peggio. E, se Dio vuole, quel momento sembra arrivato.
E' vero che pareggio di bilancio e fiscal compact (due follie pure, in tempo di recessione) sono state imposte all'Italia di Berlusconi dall'Europa; ma è altrettanto vero che Monti non ha fatto nulla per rinegoziare queste follie, dimenticando che l'Italia è pur sempre la seconda nazione della UE allargata per struttura produttiva, e la prima per patrimonio delle famiglie. E dimenticando chhe il debito oitaliano, proprio perchè pesa un quarto del debito totale dell'area euro, è un'arma contro di noi, ma è anche un'arma che noi possiamo usare per costringere la Germania alla ragionevolezza. L'Italia non è la Grecia, e se dovesse cadere l'Italia... Insomma, simul stabunt, simul cadent. Monti se ne faccia una ragione, e piuttosto che costringere il paese a sei mesi di palude, sia lui, con un atto di generosità, ad aprire una crisi che ci consenta di tornare al più presto ad un governo politico.
I tecnici hanno fatto ciò che hanno saputo e potuto fare. Non molto. Non tutta colpa loro, visto che sono condizionati sia da sinistra che da destra. Ma la palude e l'immobilismo non servono a niente. Quindi grazie di tutto, ma ora torniamo a votare. Con la legge attuale. Tafanus
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