Cronistoria delle dichiarazioni del magistrato sulla sua possibile discesa in campo. Tra dinieghi, smentite a mezze aperture. Fino all'adesione al Movimento Arancione e alla decisione di chiedere l'aspettativa al Csm per «motivi elettorali» (di Fabio Chiusi - l'Espresso)
Per Antonio Ingroia, è noto, «un magistrato deve essere imparziale nell'esercizio delle sue funzioni». Ma ciò non significa che non debba avere opinioni politiche. Anzi: «io confesso che non mi sento del tutto imparziale». Un «partigiano», sì, ma della Costituzione (e della verità), nelle sue stesse parole. Che, pronunciate dal palco di un congresso del Pdci lo scorso autunno, non poterono che scatenare polemiche. Ma non dubbi. Perché da tempo si chiede al magistrato volato da Palermo in Guatemala di fare un passo ulteriore: candidarsi, fare il suo ingresso in politica. Glielo ha suggerito anche Berlusconi («Ama fare le battute», la risposta). E lui, il «costituzionalista radicale» che rimpiange l'«intransigenza etica» di Berlinguer, alterna smentite a mezze aperture.
Fino all'adesione al Movimento Arancione e alla decisione di chiedere l'aspettativa al Csm per «motivi elettorali», subito interpretata come una discesa in campo. «Io non ho nessuna brama di seggi elettorali», ha precisato Ingroia al Fatto. Parlando tuttavia anche di un ancora imprecisato «impegno per una politica nuova».
Un passo in avanti, uno indietro. Niente di nuovo, come dimostra questa cronistoria del rapporto tra il magistrato della «trattativa» e la politica.
«Non è compito di un magistrato occuparsi di politica, ma non può esistere una politica neutrale» (31 marzo 2001).
«Agli occhi del cittadino il magistrato non soltanto deve essere imparziale ma deve anche apparirlo. Il che non significa non avere idee, né non avere idee politiche. Ogni cittadino le ha e ha diritto ad averle». Tuttavia è «inopportuno candidarsi nel medesimo territorio dove si è esercitata fino a quel momento una funzione giudiziaria. E' molto delicata, inoltre, la questione di incarichi politici, assunti non sulla base di un'investitura da parte dei cittadini-elettori ma in virtù di una designazione fiduciaria: un caso in cui i profili di inopportunità crescono. Infine, bisogna valutare con attenzione il rientro in magistratura dopo avere svolto un mandato politico» (18 giugno 2008).
«Fino a quando potrò fare il magistrato in autonomia e con serenità non lascerò mai il mio lavoro» (14 marzo 2011, quando l'Ansa annota che «il magistrato sottolinea di non avere nessuna intenzione di entrare in politica»).
«Fermo restando il diritto di ciascuno di sottoporsi al giudizio degli elettori per iniziare un nuovo percorso personale, questo diritto non si affievolisce di fronte all'inopportunità di candidarsi come sindaco proprio nel medesimo comune ove si è esercitata fino a quel momento una funzione giudiziaria? Io credo proprio di sì» (27 luglio 2011).
«Io candidato? Non mi pare ci siano le elezioni in vista. Rivendico, tuttavia, il diritto all'elettorato attivo e passivo dei magistrati» (26 novembre 2011).
«Mai dire mai. Sicuramente dopo la magistratura mi voglio occupare della società. Ho già rifiutato varie proposte di candidatura e comunque se decidessi di fare politica non lo farei mai nella città di Palermo. Dunque a fare il sindaco non ci penso proprio» (13 marzo 2012, rispondendo alla domanda su un possibile ingresso in politica).
«E' un refrain dei giornalisti. Per ora faccio bene il lavoro che faccio qui a Palermo» (20 maggio 2012, rispondendo alla stessa domanda).
«No, resto un magistrato, anche se sono deluso» (29 luglio 2012, la domanda è sempre la stessa).
«E' escluso che possa candidarmi in nome di liste o sigle di partiti. Non mi pare che allo stato ci siano le condizioni per mie candidature in generale, ma certamente mai sotto le bandiere di un partito» (29 agosto 2012, la domanda questa volta riguarda le regionali in Sicilia).
«E' troppo presto per parlare di queste cose, intanto io continuo a fare il mio lavoro. Poi si vedrà» (8 settembre 2012, su una possibile candidatura alle prossime politiche).
«Se in Italia la politica invece di provare a ricacciare indietro la magistratura, avesse fatto dei passi avanti sui temi della responsabilità, della verità, probabilmente la magistratura avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo nella sua sede appropriata, senza doversi caricare sulle spalle ruoli e funzioni improprie»
«Non sono in prossimità di nuovi incarichi, pertanto non rispondo alla sua domanda» (22 settembre 2012, ancora su una futura candidatura).
«Indiscrezioni giornalistiche, non c'è nulla di concreto» (4 novembre 2012).
«Io sto andando in Centro America e l'ultimo dei miei pensieri è correre dietro a fantasie che al momento non hanno nulla di concreto. Ma mai dire mai vale per tutti, anche per i magistrati in partenza per il Guatemala. Candidarsi è un diritto di tutti» (5 novembre 2012).
«Non c'è niente di concreto. Non c'è una lista arancione. Non ci sono dichiarazioni di De Magistris in merito, ed io sono in Guatemala» (24 novembre 2012).
«Non si può dire che non è un no, non si può dire nulla. Io andrò li da osservatore, poi vediamo» (27 novembre 2012, rispondendo al Mattino a una richiesta di commentare l'idea di De Magistris di essere il candidato premier del Movimento arancione).
«Ci vuole una rivolta morale contro mafia e corruzione che ci hanno privati dei nostri diritti. Facciamo la nostra rivoluzione civile e io sarò nella partita, ci sarò anche dal Guatemala» (12 dicembre 2012, portando la sua solidarietà al Movimento arancione).
«Ringrazio Luigi De Magistris per il suo apprezzamento e sostegno ma correre troppo non è mai consigliabile. Io non vesto toghe o casacche colorate, né rosse né arancioni. L'ho detto e lo ribadisco. Sono solo un cittadino e un magistrato impegnato da anni per difendere la Costituzione. Farlo dall'Italia o dal Guatemala poco importa» (14 dicembre 2012).
«Ad oggi non ho deciso di essere in lizza per le consultazioni che daranno un nuovo Parlamento e un nuovo Governo al Paese. Sto ancora riflettendo. La mia richiesta al Csm di aspettativa per motivi elettorali è solo cautelativa» (17 dicembre 2012).
«Io non ho nessuna brama di seggi elettorali. In Guatemala sto bene in un lavoro che mi impegna molto. E non intendo indossare casacche di partito, né di colorare la mia toga di rosso o di arancione. Sono convinto, però, del fatto che in questo momento difficile e cruciale il nostro Paese ha bisogno di atti di coraggio e di responsabilità da parte dei non professionisti della politica che diano il contributo che possono. E' con questo spirito che ho sottoscritto (...) il manifesto 'Io ci sto'. (...) Torno dal Guatemala proprio il 21, e dirò all'assemblea cosa intendo fare. E come ritengo di realizzare meglio questo mio impegno per una politica nuova: se in Italia o ancora dal Guatemala. (...) Fino ad oggi non ho ancora deciso» (18 dicembre 2012).
A metà novembre parte per il Guatemala, per ricoprire un incarico di non breve durata, al quale lui stesso aveva chiesto di essere destinato. Ha resistito un mese, ed eccolo di nuovo qui, a fare quello che da mesi TUTTI (o quasi) avevamo capito che fosse la sua vera meta. Complimenti, Ingroia
Tafanus
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