NON SARO' BREVE
A leggere certi commenti sul "Movimento Arancione", oggi, non solo su altri blog, ma anche sul nostro, c'è da rimanere basiti. Ingroia sarebbe l'ultimo (in ordine di tempo) potenziale salvatore della Patria. E poco importa che persino il maggior sponsor del movimento cazzaro (come sempre, il "Fatto Quotidiano") abbia preso le distanze. Abbiamo documentato questo - solo due giorni fa - in un post dove sono ampiamente documentate le retromarce con grattata di Peter Gomez, di Antonio Padellaro, di Marco Lillo. Travaglio tace, in attesa di capire come sia più proficuo posizionarsi. Non tace Oliviero Beha, che sulla demagogia ha campato una carriera.
Questo sul piano giornalistico. Sul piano politico, parleremo dopo. Cercheremo di capire chi c'è dietro e perchè, ed anche a cosa dovrebbe servire questa ammucchiata che imbarca tutti coloro che rischiano di rimanere a piedi. Sembra una patetica corsa verso l'ultimo metrò.
Ma, come si dice, "il pesce puzza dalla testa". E anche se l'abbiamo già scritto, ripetiamo perchè non ci piace Ingroia. Il fatto che sui commenti di questi giorni sia tornata a risuonare l'accusa di "astio verso Ingroia", esattamente come per anni è risuonata l'accusa di "astio verso Grillo", o di "astio verso Di Pietro", e che queste accuse feriscano non poco, proprio perchè provengono da lettori e lettrici storiche del blog, che dovrebbero aver ormai capito chi sono. Io non ho "astio" Io mi formo delle opinioni sui fatti. A volte le mie opinioni le cambio, a volte no. E verso le persone non ho "astio": disprezzo, a volte. Disprezzo che provo sempre a motivare. Ma torniamo ad Ingroia.
Ingroia ha lavorato bene nell'antimafia. Come tanti altri. Hanno lavorato bene contro la mafia, oltre Antonio Ingroia, anche tali Falcone (ammazzato), Borsellino (ammazzato), Caponnetto (che mai ha sfruttato la sua popolarità antimafia per "scendere in campo"). Idem Caselli. Idem Bocassini. Tutta gente che ha lavorato bene contro la mafia, ma che mai ha pensato di "scendere in campo".
Così come hanno lavorato bene contro la mafia ed altre forme di criminalità organizzata Pietro Scaglione, Francesco Ferlaino, Cesare Terranova, Gaetano Costa, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Bruno Caccia, Rocco Chinnici, Alberto Giacomelli, Antonio Saetta, Angelo Livatino, Antonio Scopelliti, Francesca Morvillo. Oltre ai già citati Falcone e Borsellino. Come si vede, c'è un sacco di gente che ha "lavorato bene" contro la mafia. Tanto bene, da creparci. Ma ovviamente noi non rimproveriamo a Ingroia di essersi salvato. Anche Caponnetto, Caselli, Bocassini si sono salvati. Ma non hanno mai pensato di scendere in politica a rimorchio della popolarità acquisita come magistrati antimafia. O si?
Ma veniamo agli ultimi anni di Ingroia. Ha aperto una doverosa inchiesta sui rapporti stato-mafia, ma è riuscito a macchiarla con dei comportamenti che (lo dice la Consulta, non io) sono stati illegittimi. Il Capo dello Sato non può essere intercettato, salvo che per l'accusa di "alto tradimento", ma non mi risulta che Napolitano sia stato incriminato o iscritto al regisrto degli indagati per Alto Tradimento. E la legge dice che quelle intercettazioni "riflesse" - oltretutto prive di qualsiasi rilievo giuridico - avrebbero dovuto essere distrutte. Ingroia invece ha preferito andare allo scontro istituzionale, causando un giudizio sul conflitto di attribuzioni fra magistratura e presidenza della repubblica. Giudizio dal quale ad uscire ammaccato è stato Ingroia, il suo populismo, e la sua caccia alla notorietà, e non certo Napolitano.
Normalmente, alla chiusura delle indagini, i magistrati inquirenti non vedono l'ora di arrivare alla fase dibattimentale, per poter dimostrare, attraverso il giudizio di magistrati terzi, quanto sono stati bravi e competenti. Invece Ingroia, alla vigilia della fase dibattimentale, quando si trattava di raccogliere i frutti del suo lavoro, è fuggito. Indecorosamente. Ha chiesto e ottenuto di abbandonare la sua indagine, per andare in Guatemala, per conto dell'ONU, come responsabile della lotta al narcotraffico.
In questa veste, ha fatto fare all'Italia l'ennesima figura da paese di perecottari. I fatti: dopo appena un mese di Guatemala (durante il quale ovviamente non ha fatto in tempo neanche a capire dove si trovasse), ha chiesto e ottenuto l'aspettativa "per ragioni cautelari" per motivi politici (ultima trovata procedurale, giusto per poter mantenere i piedi in due staffe). Ha lasciato l'ONU - che aveva accettato con favore la sua candidatura . in braghe di tela, e senza neanche chiedere scusa. Restiamo il paese che siamo. Pizza, ammore e mandolino.
E' tornato per una nobile causa? Per guidare una nuova Resistenza? (scusate, ma io scrivo ancora Resistenza con la R maiuscola, è un tic...). No, è tornato per giocarsi a rubamazzetto con De Magistris la guida dell'ennesimo movimento cazzaro, destinato ad essere sepolto e cancellato dal prossimo che arriverà. La lista è lunga: Forza Italia, la Lega Patana, e poi i girotondi, il dipietrismo, il vaffanculismo di Grillo, il popolo viola, le fischiettatrici, i rottamatori, i formattatori... Dimentico qualcosa? Ma davvero è così difficile inquadrare tutto questo "nuovo che avanza" in una sindrome che dovrebbe essere ormai più conosciuta del raffreddore comune? Davvero siamo ancora nella fase in cui l'ultimo cazzaro che impugna un piffero viene accolto come il timoniere dell'arca di Noé???? Davvero, trovo tutto ciò sconfortante, e trovo sconfortante l'idea di aver buttato nel cesso il 99% del lavoro che faccio da anni. per 12/14 ore al giorno, per cercare di inculcare la cultura dei "fatti separati dalle pugnette".
Ma diamolo, uno sguardo, a questo "nuovo che avanza", al quale siamo già pronti, come sempre, a consegnare i destini dell'Italia, già proiettata, grazie a loro (come già prima agli altri movimenti cazzari citati) verso "magnifiche sorti e progressive":
Leoluca Orlando: 65 anni, in politica da 34 anni, dove ha iniziato con la DC di Piersanti Mattarella (e magari critica il PD per i dieci parlamentari ai quali è stata concessa o addirittura richiesta l'autorizzazione a candidarsi "in deroga" allo statuto). Nel 1987 attacca Leonardo Sciascia per il suo articolo sui "professionisti dell'antimafia", ma qualche anno dopo si pente, ed assolve Sciascia, il quale "diceva cose giuste, ma è stato strumentalizzato". Da chi e perchè, Orlando non spiega. Nel 1990 il primo salto della quaglia: lascia la DC, e forma il suo partitino: "La Rete". Nello stesso anno attacca Giovanni Falcone, reo di aver incriminato per calunnia il pentito Pellegriti, il quale rivolgeva accuse al parlamentare europeo DC Salvo Lima. La polemica proseguì con Orlando che accusava Falcone di tenere nascoste nei cassetti le carte sugli omicidi eccellenti di mafia e le prove delle collusioni di politici con Cosa nostra.
Con la mascita della c.d. "Seconda Repubblica" (?) scioglie la sua "Rete" ed entra nel più comodo grembo dei "Democratici" di Romano Prodi, e poi nella Margherita. Nel 2000, tradendo il voto dei suoi elettori, si dimette da sindaco di Palermo, per concorrere alla più confortevole poltrona di Governatore della Sicilia. Subisce una delle peggiori sconfitte della sua vita:; battuto 59 a 37 dal mafioso Totò Vasa Vasa Cuffaro. Nel 2006 viene espulso dalla Margherita di Cicoria Rutelli, perchè in Sicilia si schiera (una delle poche cose buone fatte) in sostegno di Rita Borsellino, anzichè del candidato della Margherita Latteri. Ovviamente finisce in un partito cazzaro: l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Nel 2007 corre per l'Unione come candidato sindaco di Palermo. Perde contro la nullità Diego Cammarata. Ovviamente grìida ai "brogli elettorali". Nel 2012 altro cambio di casacca, e si fa sostenere alle primarie per sindaco di Palermo da un nuovo mix (IdV, Fed. della Sinistra, Verdi).
Luigi De Magistris e l'inchiesta "Why Not": "...un ruolo centrale nella vicenda sarebbe stato svolto dall'imprenditore Antonio Saladino, allora presidente della Compagnia delle Opere della Calabria. L'inchiesta ruota attorno anche a presunti contatti tra Saladino e l'allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi. Contatti successivamente smentiti dalle inchieste. Negli atti dell'inchiesta figurano anche alcune intercettazioni telefoniche riguardanti colloqui tra il ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata successivamente archiviata per insussistenza dei fatti, e l'imprenditore Antonio Saladino..." [...]
Il 21 gennaio 2012 il GUP di Roma Barbara Callari rinvia a giudizio Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi con l'accusa di aver acquisito nel 2009 in modo illegittimo i tabulati telefonici di alcuni parlamentari. De Magistris ha definito l'inchiesta "infondata". L'inchiesta è stata aspramente criticata anche da Marco Travaglio (...azz...) [...] Luigi de Magistris ha infine indagato sul caso denominato Toghe Lucane. Secondo il giudice un "comitato d'affari" comprendente politici, magistrati, avvocati, imprenditori e funzionari avrebbe gestito grosse operazioni economiche in Basilicata [...] Nel marzo 2011 l'intera inchiesta è stata infine archiviata dal Giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro Maria Rosaria di Girolamo, che ha definito l'impianto accusatorio «lacunoso» e tale da non presentare elementi «di per sé idonei» a esercitare l'azione penale. Tutti e trenta gli indagati sono così stati prosciolti.
Nonostante le richieste dei mezzi d'informazione, de Magistris si è rifiutato di lasciare alcuna dichiarazione in merito [...] Il 21 settembre 2007, il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha chiesto al CSM il trasferimento cautelare di de Magistris e del procuratore capo Mariano Lombardi. La richiesta venne proposta a seguito dell'istruttoria condotta dagli ispettori del ministero negli uffici giudiziari di Catanzaro e di Potenza: gli ispettori ritennero di aver rilevato "gravi anomalie" nella gestione del fascicolo "Toghe lucane", contestando a de Magistris il suo rifiuto a riferire gli sviluppi dell'inchiesta al procuratore capo Lombardi [...] Il18 gennaio 2008 è stato disposto dal CSM il trasferimento di Luigi de Magistris da Catanzaro e dalle funzioni di pubblico ministero: si tratta di una pena accessoria rispetto alla condanna principale di censura [...] De Magistris, contemporaneamente, è stato assolto dall'accusa di non aver adottato le misure necessarie per impedire la "fuga di notizie" sull'inchiesta Inchiesta Why Not e da quella di aver avuto "rapporti disinvolti" con la stampa.
Il 17 marzo del 2009, con un post sul blog di Antonio Di Pietro (vi ricorda qualcosa? vi ricorda qualcuno? NdR), Luigi de Magistris annuncia il suo ingresso in politica. Si unirà all'Italia dei Valori per le elezioni Europee del 2009 [...] La scelta di de Magistris di impegnarsi in politica ha lasciato perplesso Aldo Pecora, leader di Ammazzateci Tutti, il primo movimento a schierarsi accanto al magistrato facendolo conoscere al grande pubblico [...] Nonostante avesse dichiarato che una volta eletto avrebbe abbandonato l'attività di magistrato per dedicarsi completamente alla politica, ha chiesto ed ottenuto d'essere messo in aspettativa dal Consiglio Superiore della Magistratura (...vi ricorda mica Ingroia, per caso? NdR) [...] Il 5 novembre 2010 si apprende che de Magistris è stato rinviato a giudizio per omissione di atti d'ufficio, relativa alle indagini sul caso Why Not [...]
Dunque, riepiloghiamo gli ultimi passaggi: Nel 2009 è magistrato, ma si candida all'europarlamento, mantenendo i piedi nelle scarpe da magistrato, con l'aspettativa (come Ingroia...). Viene eletto. Ha promesso a chi lo ha votato di fare l'intero mandato a Strasburgo. Due anni dopo (2011) se ne fotte, e si candida a Napoli come sindaco. Viene eletto. E' stato votato per occuparsi di Napoli per 5 anni. E' passato appena un anno, ed ha già tradito il mandato ricevuto dagli elettori: "...Il 12 dicembre 2012 De Magistris promuove la fondazione del Movimento Arancione, formazione politica che raccoglie personalità di sinistra deluse dai partiti. Il Movimento Arancione intende costruire un polo alternativo al centrosinistra insieme alle forze riunite il 1º dicembre 2012 nell'assemblea pubblica "Cambiare si può", in particolare con ALBA, Rifondazione Comunista, Ecologisti e reti civiche e Italia dei Valori..."
Antonio Di Pietro: in politica dal 1996, col l'Ulivo. Entrato "senza concorso", per chiamata diretta di Prodi (al Ministero dei Lavori Pubblici). Quindi in politica da 16 anni. Secondo i parametri del PD, Di Pietro dovrebbe già essere incandidabile alla prossima legislatura. Un anno dopo si dimette perchè inquisito. L'anno successivo D'Alema gli consegna il colleggio PDS più blindato d'Italia: il Mugello. Viene eletto con un mare di voti. Promette che sarà nel collegio almeno un giorno alla settimana. Stanno ancora aspettando la sua prima visita. I contadini del Mugello lo aspettano coi forconi in mano. Raggiunge il gruppo misto (nonostante sia stato eletto coi voti del PDS), ma si mette a cercar di creare un proprio gruppo. Ma l'uomo è vulcanico. Abbandona il progetto del gruppo parlamentare, e crea con Elio Veltri un suo movimento, l'Italia dei Valori. Nel 1998, altra giravolta, e non appoggia più la SUA Italia dei Valori, ma si fa eleggere eurodeputato coi "Democratici" di Romano Prodi. Nel 2000, altro giro di valzer: litiga con Parisi, esce dai Democratici, non vota la fiducia al governo Amato, e rifonda l'Italia dei Valori. E siamo così al 2001. Altro giro. Si presenta da solo, nel SUO colleggio del Molise, dove non raggiunge la soglia del 4%, e resta fuori. Alle europee del 2004 nuovo clamoroso flop. Non entra nell'ulivo per l'opposizione dello SDI. Fa una mini coalizione Occhetto-Di Pietro ("Per il Nuovo Ulivo"): trombati clamorosamente (2,1% dei voti).
L'ingresso nell'Unione e il 4° posto alle primarie - Intanto, nasce la nuova coalizione di centrosinistra, L'Unione, che si apre all'Italia dei Valori e a Rifondazione Comunista. Il nuovo schieramento debutta alle elezioni regionali dell'aprile 2005: IdV ne è parte integrante in tutte le 14 regioni chiamate al voto, ma il partito conferma il suo trend negativo, raggranellando soltanto l'1,8% dei voti.
Prodi, in vista delle elezioni politiche del 2006, lancia l'idea delle primarie per la scelta del candidato premier. Il progetto va in porto, e Di Pietro presenta subito la sua candidatura. Le primarie si svolgono il 16 ottobre 2005 con sette candidati: Di Pietro è arrivato quarto, raccogliendo il 3,3% dei consensi, alle spalle di Romano Prodi, Fausto Bertinotti e Clemente Mastella (...arrivare alle spalle di Clemente Mastella... Insopportabile... NdR)
Alle elezioni del 2008 Veltroni decide di presentare da solo il PD. Poi accetta di inserire la lista Bonino, che ordinatamente rinuncia al suo simbolo. Di Pietro chiede di aderire (perchè sente "aria di trombatura), e il "flaccido cretino" (come D'Alema chiamava Veltroni) accetta di far correre Di Pietro col suo simbolo all'interno della coalizione. Richiesta che aveva rifiutato a Boselli e ad altri, usciti dal PD. Di Pietro si impegna a fare un gruppo unico alla Camera dopo le elezioni, ma una volta superata la soglia di sbarramento va per conto suo, e si mette a fare un'OPA continua sul PD. Come è finita, è sotto gli occhi di tutti. Lo Statista sale oltre l'8%, poi inizia il declino. Oggi non arriva al 2%. Peggio de "La Destra".
Altre perle dipietresche:
Di Pietro si schiera insieme a Casini ed a tutta la Casa delle Libertà contro la rimozione del capo della polizia De Gennaro, responsabile della polizia in carica durante le violenze del G8, adducendo come motivazione "non tanto il gesto ma le modalità di esecuzione", ritenendo preferibile che non venisse prontamente allontanato, troppo veementemente, un capo della polizia indagato per istigazione alla falsa testimonianza, allontanamento che Di Pietro definisce "una vendetta della sinistra massimalista".
In seguito di Pietro si schiererà contro la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti di Genova, insieme alla destra fascista, al PdL e alla Lega Nord. Come, più avanti, si schiererà contro Visco, in difesa del Generale Speciale (quello che si faceva portare le spigole fresche con l'elicottero di servizio, anche quando era in vacanza sulle Dolomiti)...
Di Pietro ha imbarcato, nel tempo, personaggi come Razzi, De Gregorio, Scilipoti, Marylin Fusco, più una serie interminabile di cascami di tutti i colori dell'arcobaleno. Ed ora emergono anche ladroni a grappoli: da Fiorito, a Maruccio.
Annuncia l'adesione di IdV all'iniziativa della rivista MicroMega per la manifestazione nazionale del 8 luglio 2008 in Piazza Navona, contro le cosiddette "Leggi canaglia", denominata No Cav Day. E' solo il caso di ricordare che per le allusioni di Sabina Guzzanti ai "pompini" della Carfagna, e per gli insulti di Grillo (in collegamento video) all'indirizzo di Napoilitano) sia Padellaro che Furio Colombo presero le distanze dalla manifestazione.
Di Pietro e Ferrero (entrambi "aspiranti arancioni") insieme a Pancho Pardi, vengono smascherati - grazie ad una approfondita inchiesta del nostro blog, ripresa da molti siti e giornali, e da un forum della RAI - come i manovratori occulti del Popolo Viola, il famoso movimento "nato da basso", nascosto dietro la faccia del disutile Gianfranco Mascia. La guerra per chi sarebbe stata la primadonna sul palco, crea la prima seria incrinatura fra Di Pietro e Grillo. Il Popolo Viola e il suo "noberlusconiday" scompaiono dal blog di Grillo.
Fin dall'inizio si è dichiarato favorevole al reato di immigrazione clandestina voluto dall'attuale ministro degli interni Roberto Maroni, oltre all'allungamento dei tempi di permanenza nei C.P.T. degli immigrati.
Nel marzo 2010, in seguito alla firma del Presidente della Repubblica Napolitano sul decreto legge che avrebbe permesso la riammissione delle liste PdL nel Lazio e in Lombardia, Di Pietro affermò che bisognava valutare se ci fossero gli estremi per mettere sotto impeachment il Presidente della Repubblica in quanto, a suo dire, il Presidente della Repubblica aveva violato la Costituzione contribuendo alla stesura del testo. L'attacco suscitò la reazione sdegnata sia del governo, sia del resto dell'opposizione.
Dopo le proteste del Movimiento 15-M che il 15 ottobre 2011 sono degenerate in duri scontri a Roma, il 17 ottobre 2011 alcuni organi di informazione hanno attribuito a Antonio Di Pietro la volontà di introdurre una nuova "Legge Reale" per gestire situazioni di violenza durante le manifestazioni, mentre lo stesso Di Pietro ha subito respinto e smentito tali affermazioni.
Il 3 febbraio 2009 Di Pietro è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma con l'accusa di Offesa all'Onore o al Prestigio del Presidente della Repubblica (articolo 278 del codice penale). L'atto è conseguente alla denuncia presentata il 31 gennaio dall'Unione delle Camere Penali Italiane, secondo la cui lettura dei fatti Di Pietro, nel corso del suo intervento durante la manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia il 28 gennaio 2008 a Piazza Farnese, non si sarebbe limitato a criticare il comportamento del Presidente Napolitano, ma avrebbe attribuito un atteggiamento mafioso ai suoi silenzi.
Di Pietro è tornato ad attaccare il Presidente della Repubblica sostenendo che la bocciatura dei referendum sulla legge elettorale avvenuta il 12 gennaio 2012 da parte della Corte Costituzionale sarebbe stata una scelta non giuridica ma di favore per compiacere il Capo dello stato e la sua «maggioranza inciucista».
Nell'aprile 2009 il Parlamento Europeo ha confermato (654 voti favorevoli, 11 contrari e 13 astenuti) l'immunità parlamentare a vantaggio di Di Pietro, bloccando la causa civile per diffamazione intentatagli dal giudice Filippo Verde a seguito di un articolo pubblicato sul sito dell'Italia dei Valori. Infatti, nel commentare il processo pendente dinanzi al Tribunale di Milano per la vicenda IMI-SIR/Lodo Mondadori, Di Pietro affermava che Verde era stato accusato di corruzione per aver accettato una tangente al fine di "aggiustare" una sentenza. In effetti, Filippo Verde non è mai stato coinvolto nella vicenda processuale del Lodo Mondadori, mentre lo è stato nel processo IMI-SIR, nell'ambito del quale era stato assolto da tutte le imputazioni contestategli. L'unico italiano che si è espresso con voto contrario è stato Roberto Fiore (destra estrema).
Nel 2010 vengono rese pubbliche alcune foto risalenti al 1992 che ritraggono Di Pietro a cena in una caserma dei carabinieri con alcuni esponenti dei servizi segreti, tra i quali Bruno Contrada, che solo nove giorni dopo sarà arrestato e poi condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Alla cena erano presenti anche alcuni agenti statunitensi della CIA.
Di Pietro e la CEPU - Fondato nel 1995, il CEPU ha inizialmente goduto dell'amicizia tra il suo fondatore Francesco Polidori e Di Pietro, che prese parte alle prime campagne pubblicitarie e tenne seminari in qualità di docente di Tecnica processuale. Inoltre, nel 1998 Di Pietro fondò l'Italia dei Valori in un hotel di Sansepolcro di proprietà del gruppo di Polidori.
Gli sponsor del cazzarismo nel tempo - Che strano... passano gli anni, si alternano i cazzari, ma gli sponsor sono sempre gli stessi. Costantemente schierati coi cazzari troviamo Il Fatto di Marco Travaglio e Antonio Padellaro. Le trasmissioni, sotto vari nomi e padroni, di Michele Santoro, e del "figlioccio" Formigli; Micromega, con tardivi pentimenti su Di Pietro; prolungate scivolate nel supporto al cazzarismo di Ballarò, e persino di Repubblica e de l'Espresso. Più una vasta coroncina di "followers", per mancanza o insufficienza di idee proprie. Quante trasmissioni, filmati, comparsate, dibattiti, ci siamo dovuti sorbire sul grillismo, sui rottamatori, sulle sciarpette viola? Ed ogni volta sembrava... "annunciazione, annunciazione"... che fosse arrivato il Salvatore di turno. Ora il Salvatore sembra si chiami Antonio. Antonio Ingroia. Votantonio.
Da qualche tempo, è iniziato (era ora!) un minimo di revisionismo. Ha iniziato MicroMega, dal quale silenziosamente sono spariti i banner sul Popolo Viola, le apologie del renzismo, ed è invece apparso un dossier sulle "Porcherie Assortite" dell'IdV in giro per l'Italia. Il revisionismo è iniziato con un numero speciale, un dossier dal titolo "C'è del marcio nell'IdV". Benvenuto fra coloro che usano i cervello, e che hanno memoria da elefante, Caro Flores. Santoro, per una volta, dopo le "epurazioni" grilline, non ci ha ammannito due filmati di Grillo a trasmissione, e ne ha parlato persino in termini critici. Wow!
Ed ora, "...al fin della licenza, io tocco..." arrivano quasi tutti i "main sponsors" del "Fatto" (da Peter Gomez, ad Antonio Padellaro, a Marco Lillo) a spiegarci che si, forse, ma anche, Antonio Ingroia sta sbagliando tutto. Tace Travaglio. Ma, si sa, nessuno in Italia e nel mondo ha mai sentito dire da Travaglio "ho sbagliato".
Cosa ci lascia, in ereditùà, l'Antonio Ingroia di questi giorni? l'Antonio Ingroia per il quale il Tafanus ha "astio"? Non so agli altri. A me lascia l'impressione dell'ultimo (in ordine di tempo) cazzaro capace di tutto per una carriera in politica. Capace di tradire due volte in trenta giorni il proprio mandato: prima non ultimando il lavoro iniziato con l'inchiesta sui rapporti stato-mafia, e fuggendo in Guatemala; poi, tradendo la fiducia dell'ONU, e tornando in Italia a creare l'ennesimo movimentino-partitino, insieme ad un altro ex magistrato che - come Ingroia - ha l'abitudine di non finire mai quello che comincia. E chi imbarca, questo movimentino-partitino? Un bel gruppo di trombati da se stessi, sempre e comunque schierati con la "inutile rumorosità". Decibel in libera uscita. Gente fuori dal 4%, in cerca di un alloggetto purchessia (i Bonelli, i Diliberto - che una volta stimavo -, i rifondaroli - che hanno fatto cadere due volte Prodi regalandoci Berlusconi - , gli Orlando, i Di Pietro, le soniealfano...).
Molti applaudono ed esultano per l'arrivo - finalmente! - di "gente onesta". Vuoi mettere, con quei disonesti del PD! E allora tutti fuori dal PD, tutti sulla barchetta autogonfiabile dei punti Galbani skipperata da Antonio Ingroia. Che - al primo sondaggio lo scopriremo - forse vale il due virgola qualcosa percento.
Ed ora il Prode Ingroia - al quale molti danno il benvenuto - ci invita - nientemeno! a lasciar perdere i partiti, e a parlare con Rifondazione (quella che ha fatto cadere due volte Prodi?) e a parlare con Grillo. Avete capito bene. Con Grillo. Ecco dov'è la salvezza del PD, che oggi naviga verso quote di consenso mai avute neanche dal PCI di Berlinguer. Dobbiamo fare opera di modestia, e "parlare con Grillo". Per dirci cosa, di grazia?
In me, l'idea di "parlare con Grillo", suscita solo un pensiero colto: "...ma vaffanculo!..."
Tafanus
Chiudo con un post non mio. Non ne conosco l'autore, non so di che colore sia, ma cosa importa? mi riconosco in ogni riga di ciò che scrive...
Ingroia, Grillo e Bersani: Come si dice "Perplessi", senza esagerare?
Roma, 22/12/2012 – Antonio Ingroia presidente del Consiglio dei Ministri? Perché no? Non è la novità che cerchiamo? Non sono garanzie di novità che portino l’Italia quanto più vicino possibile alla legalità e alla civiltà del lavoro e del sociale, quanto più lontano possibile dall’orgia del potere, che cerchiamo? Non è alla buona politica che aspiriamo? E allora Ingroia o Beppe Grillo, De Magistris o altri, non possono che essere accolti a braccia aperte se in grado di rappresentare la politica nuova (perché pulita): ciò che cerchiamo!
E "Beppe Grillo non è l’antipolitica ma la novità della politica”, ha detto ieri Antonio Ingroia nella sala del teatro Capranica a Roma. Politica pulita e alternativa. "Beppe Grillo - ha detto Ingroia - è uno che ha combattuto in anni di battaglie contro, Berlusconi prima e Monti dopo, come Di Pietro, Diliberto, Bonelli e Ferrero", presenti in sala.
Poi Ingroia - però - ha preso diligentemente le distanze dalle “esasperate espressioni verbali” di Grillo, da quel linguaggio aggressivo e senza ‘fronzoli’ che il comico genovese non fa niente per mitigare o trattenere. Pure questo si addice ad un ex pubblico ministero che aspiri a rivestire il ruolo di presidente del Consiglio dei Ministri.
Allo stesso modo si addice che Ingroia si rivolga a Bersani, che "non conosco ma ritengo una persona seria, ben intenzionata (anche se di buone intenzioni è lastricata la strada che porta all'inferno)" per sapere se ‘ci sta’. Se tra Quarto polo, Movimento Arancione, PD e Vendola possono incontrarsi i destini.
Certo, Bersani e il Pd - per Ingroia - hanno commesso gravi errori politici, non escluso il “sostegno al Governo Monti". Nel PD o centrosinistra ci sono “passaggi che non convincono”, ma Ingroia un confronto con Bersani vorrebbe averlo, con l’augurio che da parte di Bersani e del Pd “non ci siano pregiudizi nei nostri confronti”.
"La legge finanziaria per il 2013 si chiama Legge di stabilità. E' scritto da dei pazzi in libertà. Chi la legge rischia l'insanità mentale". Beppe Grillo sul suo blog si scatena, con il suo solito linguaggio, sulla "Legge approvata dalla Commissione di Bilancio del Senato con le opportune modifiche dell'ultim'ora per amici, parenti, lobby e quant'altro. La scrittura del Testo, pur nella sua oscurità montiana, nel suo stile kafkiano, nella sua neolingua propria dei burosauri, non riesce a rendere il minestrone legislativo di Rigor Montis del tutto intellegibile. Qualcosa trapela, dagli indizi si riesce a dedurre qualche dato. E quello che si capisce è sconvolgente".
Ecco, è questione di linguaggio (o di sostanza)?
Beh, ha ragione Ingroia: anche l'occhio vuole la sua parte. Ed è per questo che pure noi vorremmo dire che quanto meno sul 'buon incontro' con Bersani siamo 'perplessi'. Come si dice 'perplessi' senza esagerare? (Fonte: "parcodeinebrodi")
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