"Il ritorno di Berlusconi non
riavvolgerà il nastro. E chi teme (o spera) un ritorno al passato, sta
facendo male i conti. Perché Berlusconi è stato un fenomeno sociale,
prima ancora che politico. Un fenomeno che ha avuto un principio e
un’inevitabile fine caratterizzato, nel mezzo, da quell'inerzia tipica
di tutte le storie che hanno come protagonisti grandi masse di
individui."
Fonte Sondaggio Tecknè sul voto: al Pd il triplo dei consensi Pdl | IL PDF Di Carlo Buttaroni
Oggi vogliamo ragionare su questo articolo di Carlo Buttaroni su "l'Unità", e sul sondaggio della Tecné dal quale prende spunto l'articolo. Con una annotazione metodologia non menzionata in chiaro: il field work del sondaggio è stato effettuato fra il 6 e il 7 dicembre, vale a dire quando Monti non aveva ancora annunciato ufficialmente le sue dimissioni, e quando i mercati non avevano ancora mandato i segnali forti e chiari che sono invece arrivati puntualmente oggi
Sarà mooooooolto interessante leggere i sondaggi fatti dopo che si comincerà a metabolizzare nel modo giusto ciò che sta accadendo, e anche - perchè no - appena emergerà in tutta la sua epica grandezza il cazzarismo delle "parlamentarie" di Grillo, che già alcuni sondaggi danno sotto il 14%.
Ma ora concentriamoci sui passi salienti dell'articolo di accompagnamento di Carlo Buttaroni. certi che qualcuno troverà almeno un paio di righe a sostegno delle proprie tesi vetero-cazzare.
Fino a quando ci si sveglia accorgendosi che la favola è terminata, senza capire però bene il tipo di finale. Il «berlusconismo» è andato oltre Berlusconi, diventando un camaleontico sistema di potere e, progressivamente, un modo di pensare, una corrente sociale, uno stile linguistico. Un apparato incentrato sulla figura carismatica di un leader indiscutibile, nel cui linguaggio verbale e non, si sono rispecchiati una moltitudine d’italiani. Nel codice berlusconiano è indifferente se le frasi siano credibili e coerenti. Il senso di ciò che dice sta nel suono e nell’effetto che producono le parole. Per questa ragione ha sempre potuto permettersi di enunciare una cosa e il suo contrario, senza che la verità rappresentasse necessariamente una cifra del significato. Le sue affermazioni non devono passare il vaglio della coerenza logica, né tanto meno morale, perché ciò che conta è solo l’effetto delle parole. O la loro smentita.
Come affermato dal quotidiano tedesco Der Spiegel qualche anno
fa, il berlusconismo vanta alcune similitudini con il gaullismo francese
o il peronismo argentino: un leader carismatico fortemente odiato o
fortemente adorato, ma che possiede l’abilità di interpretare l’umore
della gente e comportarsi di conseguenza. A seconda delle situazioni,
poi, può essere ribelle o conservatore, liberale o autoritario.
Tra il 1993 e il 2011 è stato lo specchio di un’Italia che si credeva al
sicuro dai mostri che stava partorendo. Ma quel tempo è finito. E come
tutti i fenomeni che hanno a che fare con l’uomo, anche il berlusconismo
ha tracciato una parabola, con un’ascesa, un apice, un declino. Una
curva che, nella fase discendente, è implosa, liberando quell’energia
distruttiva che ha coinvolto l’intero sistema politico. Finendo ben
prima di Berlusconi, senza alternative da offrire agli elettori di
centrodestra e senza più una base sociale cui far sentire la propria
voce. È stato lo stesso Berlusconi a ripeterlo più volte, motivando il
suo ritorno in campo: abbiamo cercato qualcuno che fosse come il
«Berlusconi del ’94». Senza trovarlo. Un terremoto che è evidente nei
dati riguardanti gli orientamenti politici, che descrivono l’epilogo di
una forza politica che nel 2008 aveva ottenuto il 37% dei voti e che,
cinque anni dopo, perde oltre i due terzi dei consensi.
LO SPARTIACQUE DELLE PRIMARIE - L’incredibile vicenda delle primarie, annunciate, rinviate, indette e
poi annullate, rappresenta la caricatura di una pièce teatrale che si
trasforma in farsa. D’altra parte, non è stata la crisi economica a
determinare la caduta del governo Berlusconi, ma la messa a nudo delle
promesse mancate, anzi di autentici fallimenti economici e sociali che
rischiavano di travolgere i nostri stessi partner europei. E la
conseguenza è stata l’ennesima anomalia del nostro Paese: affidare a dei
tecnici l’emergenza crisi. In tutti gli altri Paesi, infatti, anche
laddove ha colpito in modo duro, è stata comunque la politica a cercare
soluzioni e a governare i processi. In Italia, invece, Monti ha dovuto
(e potuto) disporre di un gabinetto di soli tecnici, perché il Pdl non
aveva fiato, leve, capacità di rappresentare un Paese che stava voltando
pagina. La crisi del Pdl ha costretto tutti i partiti a fare un passo
indietro e a sedersi in panchina. Ma oggi il berlusconismo non c’è più. E
non sembra in grado di tornare, anche se Berlusconi è tuttora capace di
attrarre un numero cospicuo di elettori.
C’è invece un campo riformista, che negli ultimi vent’anni non era mai stato così forte. Le primarie hanno restituito, infatti, un’identità al centrosinistra e il Partito Democratico ha completato la sua evoluzione, collocandosi a pieno titolo e senza equivoci nel campo dei grandi partiti socialisti e democratici europei. È stato un percorso lungo e difficile, ma il risultato segna un passo in avanti per tutto il Paese. Un’evoluzione che è mancata al Pdl.
Più che orfano di Berlusconi, il
centrodestra ne è vittima. Un tradimento dell’ispirazione liberale e
della vocazione sociale della destra, mettendo invece in scena una
rappresentazione spettacolare (o addirittura pornografica) della
politica, che si è via via popolata di personaggi improbabili. A questa
deriva Angelino Alfano non è riuscito a porre argini. Con le primarie
sperava di agire su prospettive nuove, iniettando politica in uno
scenario in dissolvenza. Non ce l’ha fatta. Così come non ce l’hanno
fatta coloro che speravano di voltare pagina, di dare vita a un soggetto
politico nuovo, affrancato dalle liturgie che hanno segnato in maniera
indelebile il carattere e la vocazione del berlusconismo. I manifesti di
Giorgia Meloni, che annuncia la sua candidatura alle primarie, ancora
appesi nelle strade di Roma, rappresentano la metafora di questo
naufragio.
Le primarie del centrosinistra si collocano invece a distanza siderale
da tutto questo. Il 35% di elettori che oggi voterebbero il Partito
democratico rappresentano una domanda di discontinuità con il passato,
un cambio forte, netto, senza ambiguità. Un nuovo patto che vincoli la
politica a misurarsi nuovamente con se stessa, con i suoi modi di fare e
di essere, nelle scelte che compie e nei modi in cui le compie.
Il mandato ricevuto dal Pd e da Bersani è far tornare la politica a favore dell’uomo, rifondare la società su scelte che pongono la questione morale a fondamento di quella civile, dare corpo a un’idea di società dove la libertà dell’individuo si accresce e si rafforza in un sistema di solidarietà intelligente. Affinché, nel dopo Berlusconi, non ci sia più il berlusconismo. Non si tratta di affermare il primato di un modello economico, ma di operare una riconversione dell’idea stessa di società, basata su una visione sostantiva dei diritti e dei doveri, anche come medium dello sviluppo. E, sotto questo punto di vista, per Bersani la sfida non sarà con Berlusconi ritornato in campo, ma con la delusione, la rabbia, il sentimento di una promessa tradita. Perché l’astensione, l’allontanamento dalla politica, il ripiegarsi in un disincanto urlato, sono gli effetti collaterali della fine del berlusconismo.
Il «grillismo» ne rappresenta, per molti versi, il lato più evidente. Forse anche perché il movimento di Grillo si nutre delle stesse liturgie berlusconiane, di miti fondativi che esaltano la figura del leader carismatico, dispensatore d’indiscutibili virtù. Grillo non ha bisogno di quella coerenza logica che è a fondamento della politica, ma soltanto di stupire, rivelando una verità che non necessariamente deve essere «vera», basta che si depositi nell’animo e scateni pulsioni. Come Berlusconi, anche Grillo raccoglie una domanda sociale e la trasforma in un’ipnosi da videogames. Gli andamenti del consenso restituiscono la fotografia di un Paese profondamente diverso rispetto a quello che si è lasciato alle spalle il berlusconismo. E le prossime elezioni saranno le più importanti degli ultimi sessant’anni, perché si tratta di scegliere il futuro dell’Italia e degli italiani. Il punto di ricaduta di questa scelta dipende da cosa accadrà nei prossimi mesi. La sfida, adesso, è veramente cominciata.
Ora che si sa quando si vota, con quale legge elettorale, e con quali sondaggi, tentiamo di dare un senso pratico alle nostre cose. Oggi ci sono sei formazioni in grado di superare la soglia di sbarramento del 4% alla Camera, e solo tre in grado di superare la soglia di sbarramento al Senato. Il quadro tendenziale emerge chiaramente dal riepilogo annuale della Tecné, che pubblichiamo qui sootto in grafico:
Possiamo iniziare a trarre qualche conclusione:
-a) Il PD è ai massimi storici. Ai valori che aveva il PCI del "sorpasso" di Enrico Berlunguer. Nonostante l'uscita di Rutelli (o anche grazie ad essa?), nonostante l'OPA condotta per anni da IdV, ma anche (in forma più decente e in misura minore) da Vendola, nonostante Renzi, nonostante i margheritini alla Gentiloni e alla Fioroni.
-b) Contrariamente alla vulgata corrente, l'inversione di marcia del PD non è iniziata con le primarie. Superfluo quindi sbracciarsi in ringraziamenti a Renzi, che così tanto piace a Berlusconi. Il PD ha toccato il minimo storico in maggio-giugno, dopodichè è sempre salito, con una forte accelerazione a partire da settembre, quando le primarie erano ancora di la da venire.
-c) Come abbiamo sempre predicato, il populismo dei partiti proprietari attrae una massa a somma costante di amanti del cazzarismo. Se si osservano i dati del "Mò Vi Mento a 5 Stelle", e del "Popolo della Libertà" (una sola, quella di curare i cazzi propri), si scopre che dall'inizio dell'anno ad oggi la torta complessiva è rimasta sempre compresa fra il 31% di gennaio, e il 28% di oggi. Osservate la linea nera del grillismo, e quella azzurra del berlusconismo, e ditemi cosa ne pensate. La mia opinione è che si sia una sorta di cannibalismo fra due disperati cazzari. Grillo naviga intorno al 15%, secondo alcune anticipazioni già in forte calo dopo la pagliacciata delle "pirlamentarie"; Berlusconi potrà spendere i suoi voti (in crollo verticale) solo in combutta con altri statisti come Maroni e la Santanchè. Fine della Dallas della Brianza.
-d) Il "Nuovo Grande Centro" di Montizemolo - ammesso che mai nasca - dove prenderà i voti? chi comanderà? Vediamo: l'UDC di Casini (5,1% in pericoloso calo verso il 4%) è già pronto a servire, insieme all'API di Rutelli (0,1%), a FLI (2,4%), all'MPA (0,1), a Oscar Giannino (0,6%), ad Italia Futura di Montizemolo (3,3%). Fatta la somma? Siamo, ad oggi, a un totale di meno di 12 punti.
-e) Just in case, chi sarà il Capo di Stato Maggiore di questo esercito di franceschielli? Casini, Rutelli, Fini? Bonanni? Passera? Montezemolo? Lombardo? Giannino? Monti???? E se Monti si mischierà a questa stolida ammucchiata, è sicuro che conserverà una sia pur minima parte della fiducia popolare di cui forse oggi gode?
-f) La coalizione (PD+SEL+PSI) vale oggi il 42%. Come pensa il Grande Centrino di colmare il gap fra 12 e 42? Davvero basteranno alcuni voti in fuga da Berlusconi, ed alcuni in arrivo dal Renzismo e dalla "banda degli ONI (i Fioroni, i Gentiloni ed altri ONI del PD)? Davvero in tanti salteranno giù dal carro del vincitore? Ennio Flaiano diceva, mille anni fa, che "gli italiani sono sempre pronti ad andare in soccorso del vincitore". Lo abbiamo visto nel '94 col berlusconismo, lo stiamo vedendo adesso col PD. Che, by the way, bene farà a prestare molta "selettiva attenzione" al portellone d'ingresso del carro.
Infine, lasciatemi fare un po' di tatticismo. In fondo, nel porcellum, pensato per fottere il centro-sinistra, è incorporata la vendetta di Montezuma. Chi di Porcellum ferisce... Mi secca dire "l'avevo detto", ma è da mesi che predico che per il PD sarebbe stata opera demenziale rinunciare al regalo di Calderoli. Oggi le aggregazioni sono: Grillo 15% in calo, e comunque non spendibile. Berlusconi che viaggia a gran velocità verso il 10%. Una volta superata questa barriera psicologica, farà la fine di Craxi e del dopo Raphael; ma siamo generosi: Berlusconi + Maroni + Santanchè 15%. Centrosinistra al 42% in salita. Grande Centrino al 15%, e se ci arriva può accendere un cero alla Madonna dal Velo Azzurro.
Fine dei giochi? No. Se i partiti del centrosinistra sono solo un po' furbi, possono puntare a ben più di 340 deputati alla camera. Basta che il PD si presenti formalmente da solo alle elezioni, e 340 deputati sono suoi. Poi, affiancati di fatto, SEL e PSI potrebbero, con l'aiutino occulto (leggasi qualche voto pilotato dai piddini) presentarsi insieme, e concorrere, avendo ampiamente superato il 4% dello sbarramento, alla suddivisione proporzionale delle spoglie (i 290 deputati che spettano ai perdenti). Quanti deputati potrebbero prendere, SEL+PSI, nell'ipotesi che insieme prendano il 7% dei voti?
Bene, ai 290 deputati concorreranno pro-quota (perdonatemi qualche inesattezza dovuta al mancato computo dei partiti a base locale come Union Valdotaine, Suedtirolen Volkspartei eccetera), la coalizione degli avanzi berlusconiani e alleati (PdL+Destra+Lega), 15%. Ad essere generosi, altrettanto potrà prendere il Grande Centrino (15%); per marzo, il MòViMento sarà ad andar bene al 12%; SEL+PSI al 7%.
Totale dei "non maggioritari", 49% inclusi SEL e PSI. Quindi a SEL+PSI spetterebbero ad occhio 7/49mi di 290 deputati, cioè una quarantina di deputati, che sommati ai 340 del PD, porterebbero a 380 deputati, Cioè a 130 deputati di maggioranza.
Voglia di poltrone? No, semplicemente una forte maggioranza che possa, nonostante prevedibili parziali defezioni su singoli temi (bioetica, coppie omosessuali, finanziamenti ai preti, comflitto d'interessi, patrimoniale, legge elettorale, riforme istituzionali, walfare, lotta alla criminalità e all'evasione), imporre, con la dittatura della maggioranza, quel riformismo etico, e quei capitoli chiamati "equità" e "crescita", che non abbiamo conosciuto né sotto il berlusconismo, né col montismo.
Resta aperto il capitolo "Senato", su cui farò - appena ne avrò la forza e il tempo (PC permettendo) una analisi di dettaglio. Tafanus
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