ILA BICICLETTA VERDE
Titolo originale: Wadjda
Regia: Haifa Al-Mansour
Principali interpreti: Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdullrahman Algohani, Ahd Kame, Sultan Al Assaf -100 ‘- Germania-Arabia Saudita 2012
(di Angela Laugier)
In Arabia Saudita, nonostante i mutamenti intervenuti dopo la scoperta (1938) degli immensi giacimenti petroliferi, che ne fanno uno dei paesi più ricchi al mondo, le donne continuano a vivere nella più totale mancanza di libertà e di autonomia, anche perché quel paese continua a essere dominato da una dinastia islamico-wahabita, ultrareazionaria e fondamentalista, che fa applicare il Corano alla vita civile, dandone un’interpretazione rigidamente dottrinaria, in conseguenza della quale nelle città, soprattutto a Ryad, molte donne pur studiando fino all’Università e ricoprendo ruoli importanti nelle scuole femminili, così come in alcuni uffici degli ospedali e delle ambasciate, non possono guidare un’auto, o percorrere le strade a piedi o a capo scoperto, perché il velo nero, quello che lascia vedere i soli occhi, è imposto a tutte.
Proprio in questa città è ambientata la pellicola, girata dalla coraggiosa regista Haifa Al-Mansour, che, originaria del luogo, ora vive in Bahrain e che, tornando in patria per il film, si è attenuta alle proibitive condizioni a cui tutte le donne devono sottostare, riuscendo, tuttavia, a completarlo, pur fra mille difficoltà. Ha perciò, naturalmente, lavorato in strada al riparo di un tetto d’automobile; ha dovuto spostarsi nelle poco affollate periferie di Ryad; ha cercato di passare il più possibile inosservata e alla fine ce l’ha fatta, consegnando al resto del mondo un messaggio che è di durissima denuncia, ma anche di speranza. Ci ha raccontato con grazia e tenerezza le vicende di una bella e intelligente ragazzina, Wadjda, intraprendente e curiosa del mondo, scolara non troppo obbediente, figlia di una coppia che qui si direbbe di media borghesia, che l’ama senza riserve e che vorrebbe vederla crescere felicemente.
Non ci vuol molto, però, per comprendere che all’interno di questa famiglia, apparentemente solida, sono numerose le tensioni e che ciascuno ha motivi di preoccupazione e di scontento. La madre di Wadjda, insegnante per un certo tempo in una scuola locale, è molto inquieta e teme che il marito stia progettando un secondo matrimonio (la poligamia in vigore in Arabia Saudita, del resto, glielo consentirebbe): le sembra, infatti, troppo spesso fuori di casa, mentre qualche amica fidata le ha fatto arrivare la voce che la suocera sta preparandogli l’incontro con una signorina. Il padre, che ama la bimba, ma, almeno a suo dire, anche la moglie, non smentisce l’intenzione di cercare una donna che gli dia un figlio maschio e addossa, in una scena agghiacciante, a lei la colpa di non averlo. La bimba è insofferente alle ingiustizie: alle prepotenze maschili, a quelle che ingiustamente feriscono la madre e anche a quelle delle sue insegnanti, che non fanno altro che rimproverarle l’eccessiva disinvoltura negli abiti e nel comportamento, e lancia numerosi segnali di non volerle sopportare né ora, né da grande: non a scuola, non in casa, e neanche nei giochi con Abdullah, il suo inseparabile compagno di bricconate, al quale, anzi, dopo una bella litigata, lancia la sfida di vincerlo in una gara in bicicletta: quando riuscirà ad avere una bici tutta sua non solo lo raggiungerà facilmente, ma lo supererà agevolmente.
Da questo momento, tutte le sue energie saranno dirette a studiare la strategia che dovrebbe farle acquistare la bicicletta verde che le piace, nonostante divieti, tabù, e assurde superstizioni. Non svelerò altro del film, che merita di essere visto e apprezzato perché ci offre l’ indimenticabile ritratto di una bambina che cerca autonomia e libertà, nonché un posto nel mondo oltre che sull’albero genealogico di famiglia, sul quale invano si cercherebbero presenze femminili e sul quale invano lei stessa cercherà di piazzare il proprio nome, per testimoniare che esiste e che non vuole essere relegata nel mondo delle donne invisibili che l’hanno preceduta.
Il film è stato calorosamente accolto, all’ultimo Festival di Venezia, dove è stato presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti. Haifa Al-Mansour, alla sua opera prima, ha ottenuto una commossa e assolutamente meritata standing ovation al termine della proiezione. Ha firmato, per la prima volta, un film al femminile in Arabia Saudita.
P.S.: Angela ci informa che è ancora in programmazione il film La sposa promessa
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