Recensione del film "RE DELLA TERRA SELVAGGIA" (di Angela Laugier)
Titolo originale: "Beasts of the Southern Wild"
Regia: Benh Zeitlin
Principali interpreti:
Quvenzhané Wallis, Dwight Henry, Levy Easterly, Lowell Landes, Pamela Harper, Gina Montanna, Amber Henry, Jonshel Alexander, Nicholas Clark, Henry D. Coleman,Kaliana Brower, Joseph Brown, Marilyn Barbarin, Kendra Harris, Jovan Hathaway, Hannah Holby, Jimmy Lee Moore, Philip Lawrence. - 91 min. – USA 2012.
L’uragano Katrina, che sconvolse qualche anno fa la Louisiana, ha forse ispirato, come molti sostengono, questa storia al regista, che l’ha, comunque, derivata da un lavoro teatrale. A mio avviso, però, nella vita di Hushpuppy, la piccola protagonista del film, gli uragani sono stati almeno tre. Tanti, infatti, sono i momenti in cui ha dovuto fare i conti con la realtà cruda dell’esistere e che hanno segnato fortemente il suo processo formativo: il primo riguarda la scomparsa della madre; il secondo è appunto l’arrivo di Katrina; il terzo è la malattia e la morte del padre. Hushpuppy vive con altri bambini e altri adulti nella “Grande Vasca”, cioè in una zona semi-palustre nei pressi del delta del Mississipi non lontano da New Orleans in una baraccopoli in cui viene educata dal padre Wink ad accettare innanzitutto la propria condizione di creatura vivente, sottoposta come tutti gli animali alla legge universale che permette alla vita di svilupparsi in una perenne relazione con la morte.
Egli le insegna anche, però, a cavarsela senza di lui, perché la grave malattia che lo minaccia gli lascia poco da vivere. La madre di Ushpuppy se n’era andata a nuoto dopo la sua nascita, secondo il racconto paterno, che lascia così in sospeso le ragioni dell’abbandono: forse è morta, forse ha preso altre strade, lasciandole un profondo bisogno di tenerezza, che in parte la bimba compensa attraverso il suo continuo colloquio con gli animali che ama e di cui ascolta battere il cuore. L’arrivo di Katrina, molto temuto da alcuni abitanti della Grande Vasca che infatti si dirigono verso la città, non sembra spaventare né Wink né Ushpuppy che, insieme a qualche vicino di casa, decidono di resistere alla furia tempestosa, rifiutando, però, successivamente, ogni forma di aiuto dal governo americano, che vorrebbe farli uscire dal degrado in cui si svolge la loro vita, offrendo cure, cibo e abiti, ciò che viene vissuto come una violenta imposizione della vita “civile”, una “normalizzazione” che essi non riconoscono lecita e a cui non intendono adeguarsi.
A Ushpuppy non resta che sognare un improbabile ritorno della madre, mentre il padre, ormai vicino alla morte, riuscirà a comprendere che la piccina ha raggiunto quell’autonomia e quella maturità sufficiente a vivere, vincendo antiche angosce e paure. Tutto il film è raccontato attraverso l’alternarsi di potentissime immagini, che rappresentano il mondo attraverso gli occhi di Hushpuppy: quello reale, della Grande Vasca e della vita intensa delle relazioni solidali, familiari e di vicinato; quello teneramente empatico col mondo degli animali che sembrano svelarle i segreti della vita, quello delle sue fantasie, dei suoi incubi e delle sue angosce, in cui domina l’aspetto catastrofico del pericolo imminente, di cui i favolosi bizzarri animali dei graffiti preistorici, che tornano vivi dai ghiacci millenari, per inseguirla, sono il simbolo più evidente.
Tutto il film assume perciò il carattere di una fiaba in cui realtà e fantasia sono difficilmente separabili: spesso, anzi, finiscono per confondersi, come avviene molte volte nella mente dei bambini e come mi pare accada in molti episodi misteriosi, fra i quali ricorderei il racconto di Wink sulle favolose circostanze del concepimento di Hushpuppy, allorché la bellissima donna, che le darà la vita, riuscì a evitare, uccidendolo in extremis, che un alligatore si avvicinasse a Wink, dormiente, per sbranarlo. Cinque minuti dopo, Hushpuppy avrebbe cominciato a vivere entrando nel ciclo universale dell’esistenza! L’alligatore è evocato anche nell’altro episodio, (fantastico?) in cui pare alla bimba di aver ritrovato la madre, cuoca su una nave, intenta a preparare frittelle di alligatore, e di essersi fatta abbracciare da lei, del cui affetto protettivo aveva voluto accertarsi, prima di tornare alla Grande Vasca, affrontando la prova decisiva dell’inseguimento dei mostri preistorici.
Opera prima del giovane regista Benh Zeitlin, questo lavoro ha ottenuto già molti riconoscimenti importanti, da Sundance a Cannes, dove nel 2012 ha vinto la Camera d’oro. Ha attualmente quattro nomination per gli Oscar, sia per la miglior regia, sia per il miglior film, sia per la migliore attrice (l’interpretazione davvero eccezionale della piccola Quvenzhané Wallis nel ruolo di Hushpuppy sarebbe davvero da premiare) sia per la miglior sceneggiatura non originale. Ce n’è abbastanza, mi pare, per dire che è un film da non perdere!
P.S.Piccolo, ma non tanto, particolare: il film, che è costato pochissimo, ha già guadagnato molto più di quanto sia costato. Qualche riflessione, credo, andrebbe fatta, magari anche da noi, in Italia.
Angela Laugier
SOCIAL
Follow @Tafanus